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Art. 2395 c.c.
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20 Febbraio 2023

Azione individuale del creditore dopo la dichiarazione di fallimento

Seppure l’esercizio dell’azione di responsabilità sociale e dell’azione di responsabilità dei creditori ex art. 2394 c.c. sia riservato al Curatore una volta che sia stato dichiarato il fallimento dell’ente, la legittimazione all’azione di responsabilità ex art. 2395 c.c. (nonché ex art. 2476, comma 7 c.c.) permane comunque in capo al singolo creditore il quale lamenti il pregiudizio derivato non al patrimonio sociale in quanto tale ovvero alla massa dei creditori ma direttamente al proprio patrimonio da condotte illecite degli amministratori, in applicazione della previsione generale ex art. 2043 c.c. e, dunque, azionabile direttamente dal danneggiato. Tale azione ha natura extracontrattuale e, pertanto, è onere della parte attrice fornire la prova che i danni subiti nella propria sfera individuale siano conseguenza immediata e diretta del comportamento doloso o colposo dell’amministratore.

9 Febbraio 2023

L’azione di responsabilità ex art. 2476, co. 3, c.c.: sopravvenuta perdita della qualità di socio ed effetti processuali

Nel giudizio di responsabilità promosso dal socio di s.r.l. nei confronti dell’amministratore ai sensi dell’art. 2476 c.c., la società è litisconsorte necessario e l’amministratore, in quanto munito di poteri di rappresentanza dell’ente, versa in una situazione di conflitto di interessi che richiede la nomina di un curatore speciale, il quale mantiene la legitimatio ad processum solo fino a quando i soci non provvedono alla designazione di un nuovo legale rappresentante, spettando, poi, al giudice, acquisita la notizia, concedere un termine perentorio per la costituzione di quest’ultimo, in applicazione dell’art. 182, comma 2, c.p.c., pena la nullità degli atti processuali compiuti dopo tale designazione.

La legittimazione ad esperire il rimedio contemplato dal terzo comma dell’art. 2476 c.c. compete – altre che alla società interessata – esclusivamente a coloro che rivestano la qualità di soci della s.r.l. danneggiata dalle condotte di mala gestio degli amministratori. Inoltre, in quanto integrante il presupposto della speciale legittimazione ad agire in veste di sostituto processuale della società danneggiata, lo status di socio in capo all’istante deve persistere per l’intera durata del giudizio. Le condizioni dell’azione, infatti, devono sussistere non solo all’atto della proposizione della domanda giudiziale, ma anche al momento della pronuncia.

L’azione individuale del socio nei confronti dell’amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l’art. 2395 c.c. esige che il singolo socio sia stato danneggiato direttamente dagli atti colposi o dolosi dell’amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società. La mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione non costituiscono danno diretto del singolo socio, poiché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all’eventuale delibera assembleare di distribuzione e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell’amministratore.

La cessazione della materia del contendere, quale evento preclusivo della pronuncia giudiziale, può configurarsi solo quando, nel corso del processo, sopravvenga una situazione che elimini completamente ed in tutti i suoi aspetti la posizione di contrasto tra le parti, facendo in tal modo venir meno del tutto la necessità di una decisione sulla domanda quale originariamente proposta in giudizio ed escludendo così sotto ogni profilo l’interesse delle parti ad ottenere l’accertamento, positivo o negativo, del diritto, o di alcuno dei diritti inizialmente dedotto in causa. La cessazione della materia del contendere non preclude la decisione sulle spese di lite, che deve avvenire facendo ricorso alla regola della soccombenza virtuale.

1 Febbraio 2023

Responsabilità dei liquidatori di s.r.l.

L’azione individuale ex art. 2395, c.c., volta a tutelare i soci e i terzi, postula la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale del socio o del terzo che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio della società.

L’avverbio “direttamente” contenuto nel disposto dell’art. 2395, c.c. consente di delimitare l’ambito di esperibilità dell’azione individuale del socio o del terzo, chiarendo che se il danno lamentato costituisce solo il riflesso di quello cagionato al patrimonio sociale si è al di fuori dell’ambito di applicazione dell’art. 2395, c.c. in quanto tale norma richiede che il danno abbia investito direttamente il patrimonio del socio o del terzo.

La responsabilità dei liquidatori di s.r.l. nei confronti dei creditori sociali costituisce una responsabilità di matrice tipicamente extracontrattuale per lesione del diritto di credito del terzo e si fonda sulla prova di due presupposti, uno di natura oggettiva, relativo al mancato pagamento dei debiti sociali e l’altro di natura soggettiva, consistente nella riconducibilità del mancato pagamento al comportamento doloso o colposo dei liquidatori.

Non integra di per sé un profilo di responsabilità la mancata richiesta, da parte del liquidatore, del fallimento o dell’ammissione ad altra procedura concorsuale della società, in assenza della specificazione dimostrazione del fatto che tale declaratoria avrebbe permesso di pervenire alla soddisfazione dei creditori sociali.

18 Gennaio 2023

Differenza tra le azioni ex art. 2394 ed ex artt. 2395-2476, co. 7, c.c.

L’azione prevista dall’art. 2394 c.c. è caratterizzata dal fatto che il danno prospettabile dal creditore è esclusivamente quello indiretto scaturente dalla riduzione della garanzia patrimoniale costituita dal patrimonio sociale, danno che colpisce indistintamente tutto il ceto creditorio pregiudicato dall’insufficiente capienza patrimoniale del debitore. Ben diversa è l’azione individuale del socio e del terzo prevista dall’art. 2395 c.c. (per le s.p.a.) e dell’art. 2476, co. 7, c.c. (per le s.r.l.), che identificano la responsabilità dell’amministratore per danni diretti (cioè danni non indirettamente derivanti dalla perdita del patrimonio sociale) alle ragioni dei creditori per fatti dolosi o colposi. Dalla radicale differenza tra le due azioni discende che ogni eventuale mutamento di domanda in corso di causa costituisce inammissibile mutatio libelli.

23 Dicembre 2022

Inadempimento in sede di liquidazione fallimentare e responsabilità degli amministratori

L’inadempimento contrattuale di una società di capitali non implica automaticamente la responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente ai sensi dell’art. 2395 c.c., atteso che tale responsabilità, di natura extracontrattuale, richiede la prova di una condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi, del danno e del nesso causale tra questa e il danno patito dal terzo contraente, come si evince, fra l’altro, dall’utilizzazione, nel testo della norma, dell’avverbio “direttamente”, il quale esclude che l’inadempimento e la pessima amministrazione del patrimonio sociale siano sufficienti a dare ingresso all’azione di responsabilità.

In tema di vendita coattiva di beni mobili in sede di liquidazione dell’attivo fallimentare, ove il soggetto che abbia proposto l’offerta più vantaggiosa, con il quale il curatore sia stato autorizzato a concludere la vendita, non rispetti la sua proposta, scattano, non già le conseguenze di cui all’art. 1337 c.c. in tema di responsabilità contrattuale, ma quelle previste in materia di procedura espropriativa dall’art. 587 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 177 disp. att. c.p.c. (perdita della cauzione e, ove il prezzo derivante dal nuovo incanto sia inferiore, obbligo di pagare la differenza). Il ricorso a tale forma di autotutela resta legittimo in ogni caso, presumendosi l’imputabilità dell’inadempimento a carico dell’aggiudicatario, salva la prova contraria su quest’ultimo incombente.

22 Dicembre 2022

L’azione di responsabilità contro gli amministratori di fatto esercitata dal socio o dal terzo

L’art. 2395 cc delinea un sistema di responsabilità volto a tutelare i soci ed i terzi che si fonda sul presupposto di un pregiudizio arrecato direttamente al patrimonio del singolo senza che da ciò derivi un danno per la società: infatti, l’elemento di diversità dell’azione individuale di responsabilità rispetto all’azione sociale (art. 2393 cc) ed a quella dei creditori sociali (art. 2394 cc) è rappresentato dall’incidenza diretta del danno sul patrimonio del socio o del terzo: mentre l’azione sociale è finalizzata al risarcimento del danno al patrimonio sociale, che incide solo indirettamente sul patrimonio dei soci per la perdita di valore delle loro azioni, e l’azione dei creditori sociali mira al pagamento dell’equivalente del credito insoddisfatto a causa dell’insufficienza patrimoniale causata dall’illegittima condotta degli amministratori, e quindi ancora una volta riguarda un danno che costituisce il riflesso della perdita patrimoniale subita dalla società, l’azione individuale in argomento postula la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale del socio o del terzo che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio della società (nel caso di specie, la sottrazione non giustificata  da parte dell’amministratore alla società debitrice di risorse finanziarie necessarie per adempiere ad un mutuo della società aveva contribuito a porre la stessa in condizione di subire l’iniziativa espropriativa della banca mutuante e la conseguenza di tale azione è stata sopportata anche dal terzo assegnatario degli immobili costruiti dalla società, impendendosi la stipula degli atti di assegnazione entro il termine previsto contrattualmente).

L’interlocuzione sistematica con le banche e con gli altri soci, figurando nella veste di rappresentante della società, così come l’intervento continuo nella gestione dell’impresa, impartendo istruzioni rilevanti per il perseguimento dell’oggetto sociale, costituiscono prove sufficienti dello svolgimento dell’attività di amministratore di fatto il quale richiede lo svolgimento di funzioni gestorie con carattere di sistematicità e completezza tali da concretarsi nell’impartire direttive rilevati anche per le scelte operative della società.

 

29 Novembre 2022

Diritto di recesso del socio di s.r.l. per mutamento dell’oggetto sociale in via di fatto e azione individuale di responsabilità

Il mutamento dell’oggetto sociale idoneo a legittimare il recesso del socio può verificarsi in via di fatto se in concomitanza con atti gestori che, pur non incidendo sul dato formale relativo all’oggetto sociale determinato dallo statuto, ne comportano una modifica sostanziale, tale da legittimare l’esercizio del diritto di recesso da parte del socio dissenziente. Il cambiamento rilevante dell’oggetto sociale che comporti una modificazione radicale dell’attività tale da rendere l’oggetto dell’impresa effettivamente diverso da quello precedente è quello in cui la mutatio si traduca in un’attività sensibilmente difforme da quella precedentemente esercitata [nel caso di specie, una holding avente come oggetto sociale l’assunzione di partecipazioni in altre società, e il compimento di operazioni immobiliari solo in via strumentale e comunque non prevalente, aveva ceduto l’unico asset, costituito dalla totalità del capitale sociale di s.p.a., conservando solo i beni immobili di proprietà di quest’ultima].

L’azione individuale di responsabilità nei confronti degli amministratori ex art. 2476 c.c. non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale [nel caso di specie, il danno oggetto di domanda risarcitoria sarebbe derivato dalla cessione delle quote della società partecipata a condizioni che, ad opinione dell’attrice, sarebbero state ingiustificatamente peggiori rispetto a quelle offerte da precedenti potenziali acquirenti].

Responsabilità dell’amministratore per danni diretti al terzo ex art. 2395 c.c.

In presenza di un obbligo di custodia della società specializzata nella lavorazione di metalli, risponde ex art. 2395 c.c., per i danni cagionati al terzo direttamente, l’amministratore che non ha adottato modelli organizzativi idonei a garantire la custodia del metallo prezioso ricevuto.

20 Ottobre 2022

Ratio della risoluzione degli enti creditizi ed efficacia delle decisioni della Corte di Giustizia

In tema di risanamento e risoluzione degli enti creditizi, la ratio della disciplina del d.lgs. 180/2015, di derivazione europea, è quella di creare una netta distinzione tra l’ente in risoluzione e l’ente ponte al fine di garantire, nell’interesse pubblico generale, la stabilità del sistema finanziario con la prosecuzione dell’attività bancaria, a tutela anche dei rapporti di clientela in essere con la banca in crisi e al fine di scongiurare riflessi negativi sul tessuto economico delle aree interessate che deriverebbero dalla liquidazione della banca in crisi.

Le decisioni della Corte di Giustizia sull’interpretazione dei trattati sono vincolanti non solo per il giudice del rinvio, ma spiegano efficacia anche al di fuori del giudizio principale, data la loro portata generale ed astratta con efficacia vincolante erga omnes a garanzia dell’uniforme interpretazione del diritto dell’Unione Europea in tutto l’ambito europeo. Inoltre, alle sentenze interpretative va attribuita efficacia retroattiva come conseguenza dell’effetto di incorporazione dell’interpretazione della Corte UE nel testo della disposizione interpretata.

Le norme della Direttiva 2014/59 devono essere interpretate nel senso che esse ostano a che, successivamente alla svalutazione totale delle azioni del capitale sociale di un ente creditizio o di un’impresa di investimento sottoposti a una procedura di risoluzione, le persone che hanno acquistato delle azioni, nell’ambito di un’offerta pubblica di sottoscrizione emessa da tale ente prima dell’avvio di detta procedura di risoluzione, propongano, nei confronti dell’ente creditizio o dell’impresa in parola, ovvero contro l’entità succeduta a tali soggetti, un’azione di responsabilità a causa delle informazioni fornite nel prospetto oppure un’azione di nullità del contratto di sottoscrizione di tali azioni, la quale, in considerazione del suo effetto retroattivo, porti alla restituzione del controvalore dei titoli azionari suddetti, maggiorato di interessi a decorrere dalla data di conclusione di tale contratto.

Il d.lgs. 180/2015 non preclude in assoluto ogni facoltà di agire per il risarcimento del danno ex art 94 TUF, ma solo la facoltà di agire verso il nuovo soggetto, l’ente ponte, nelle sole ipotesi in cui l’iniziativa non è stata assunta prima della cessione ex d.lgs. 180/2015, restando immutata la facoltà di agire verso gli altri possibili co-responsabili (quali l’offerente, l’eventuale garante, le persone responsabili delle informazioni contenute nel prospetto, l’intermediario finanziario).