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Art. 2395 c.c.
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31 Marzo 2021

Il cessionario della totalità del capitale sociale non acquista il diritto all’azione ex art. 2395 c.c.

Deve ritenersi valida la dichiarazione dell’acquirente delle partecipazioni sociali di rinuncia all’esercizio dell’azione ex art. 2395 c.c. indirizzata agli amministratori e soci della società oggetto di acquisto. La dichiarazione deve ritenersi sufficientemente determinata anche quando faccia riferimento generico ai fatti inerenti l’acquisto delle partecipazioni.

Legittimato all’azione di responsabilità ex art. 2395 c.c. (così come ex art. 2497 c.c.) è il socio che era tale nel momento in cui si è verificato il danno al valore o reddittività della partecipazione. Tale danno, inerendo alla partecipazione, si manifesta direttamente nel patrimonio personale del socio, sub specie di danno all’investimento: è solo in questo patrimonio che si determina la diminuzione di valore della partecipazione o la sua mancata reddittività. Ne consegue che il diritto al risarcimento ex art. 2395 c.c. non circola unitamente alla partecipazione ed invece separatamente da essa. Perciò il socio mantiene la legittimazione ad agire, rispetto a danni subiti alla partecipazione quando era socio, anche dopo che ha ceduto la partecipazione ad altri. E viceversa, i cessionari non acquistano, per il solo fatto di essere cessionari della partecipazione, il diritto al risarcimento del danno causato dall’abuso antecedente all’acquisito salvo specifiche pattuizione contenute nel contratto di cessione.

La nullità di cui all’art. 1229 c.c. deve ritenersi predicabile delle rinunce preventive, non di quelle successive. La ragione del divieto sanzionato da nullità non ricorre quando l’accordo o l’impegno siano assunti dopo che la condotta da cui potrebbe sorgere la responsabilità si sia già compiuta e quindi in un momento in cui il creditore sia posto in condizione di esaminare la condotta fonte di responsabilità. Non si tratta infatti di accordo preventivo di esonero di responsabilità per dolo o colpa grave, ma dichiarazione di rinuncia ad un proprio diritto di azione e ad un (eventuale) credito risarcitorio.

25 Marzo 2021

Azione di responsabilità verso amministratori, liquidatori e sindaci: natura, prescrizione e determinazione del danno

L’azione di responsabilità nei confronti di amministratori, liquidatori e sindaci delle società di capitali, se esercitata a tutela della società ha natura contrattuale; se esercitata a tutela dei creditori sociali ha, invece, natura extracontrattuale.

L’azione di responsabilità nei confronti di amministratori, liquidatori e sindaci delle società di capitali di cui all’art. 146 l.fall. comprende in sé l’azione posta a tutela della società e quella posta a tutela dei creditori sociali.

In tema di azione di responsabilità confronti degli amministratori di società di capitali, non è sindacabile il c.d. merito gestorio, poiché l’obbligazione contratta dall’organo amministrativo è di natura professionale e, quindi, costituisce un’obbligazione di mezzi e non di risultato; conseguentemente, non possono essere addebitati ad amministratori gli esiti infausti di una scelta gestionale, purché questa sia stata posta in essere secondo criteri di ragionevolezza e previa assunzione di ogni elemento conoscitivo utile, da valutarsi ex ante sulla base delle circostanze note o conoscibili dagli amministratori al momento delle condotte in esame.

Non ogni condotta irregolare tenuta dagli amministratori (quali, ad esempio, le irregolarità formali nella tenuta della contabilità e l’omessa presentazione dei bilanci) è suscettibile di arrecare un danno al patrimonio della società, posto che le scritture contabili non determinano gli accadimenti, ma si limitano a descriverli.

In tema di prescrizione dell’azione di responsabilità, il termine di cui all’art. 2395 comma 2 c.c. comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere e, quindi, dal giorno in cui si sia avuta evidenza delle condotte eseguite dagli amministratori e del conseguente danno.

Al verificarsi di una causa di scioglimento della società, l’art. 2485 c.c. impone agli amministratori l’obbligo di attenersi ad una gestione meramente conservativa della società; il danno conseguente alla violazione di tale obbligo, in caso di successiva procedura fallimentare, può essere commisurato alla differenza tra il patrimonio netto calcolato alla data del fallimento e quello alla data in cui la società avrebbe dovuto essere posta in liquidazione, previa rettifica dei bilanci in prospettiva liquidatoria e detratti i costi ineliminabili, ossia quelli che sarebbero stati sostenuti ugualmente anche laddove fosse stata aperta la fase di liquidazione.

L’azione individuale del socio/terzo e la responsabilità dell’amministratore ex art. 2395 c.c.

I creditori sociali di società posta in fallimento possono agire nei confronti dell’amministratore a norma dell’art. 2395 c.c. anche dopo il fallimento della società, allo scopo di ottenere il risarcimento dei danni subiti nella propria sfera individuale, in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall’amministratore, solo se questi siano conseguenza immediata e diretta del comportamento denunciato e non il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito l’ente, ovvero il ceto creditorio per effetto della mala gestio, dovendosi, viceversa, proporre l’azione ex art. 2394 c.c. esperibile in caso di fallimento della società dal curatore, ai sensi dell’art. 146 L.F.

L’azione sociale mira al risarcimento del danno al patrimonio sociale, il quale incide indirettamente sul patrimonio dei soci per la diminuzione di valore delle loro azioni o della loro quota sociale; l’azione individuale richiede invece la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale del socio/terzo che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio della società.

Comunicare informazioni consapevolmente distorte, nonché rappresentazioni artefatte della situazione economico-patrimoniale della società e quindi celare lo stato di grave difficoltà economica e della relativa esposizione debitoria al fine di ottenere un finanziamento con la consapevolezza di non averne i requisiti e di non poterne onorare il pagamento, comporta la responsabilità dell’amministratore, il quale risponde ex art. 2395 c.c. e deve provvedere al risarcimento del danno conseguente.

Qualificazione dell’azione di responsabilità promossa dal socio in danno all’amministratore: azione sociale o azione diretta?

La domanda risarcitoria promossa dal socio contro l’amministratore unico avente ad oggetto un danno specifico che lo riguardi esclusivamente, in quanto fonte di responsabilità risarcitoria diretta, è da inquadrarsi sub art. 2395 c.c. per le S.p.A. ovvero sub art. 2476 c.c. per le S.r.l. A questo inquadramento consegue l’ammissibilità della domanda anche qualora la società abbia già rinunciato all’esercizio dell’azione sociale, poiché trattasi di domanda altra e diversa rispetto all’azione sociale rinunciata.

25 Febbraio 2021

Simulazione di società di capitali e natura dell’azione individuale dei soci e dei terzi nei confronti dell’amministratore di S.r.l.

La simulazione di una società di capitali iscritta nel registro delle imprese non è configurabile in ragione della natura stessa del contratto sociale, che non è solo regolatore degli interessi dei soci, ma si atteggia, al contempo, come norma programmatica dell’agire sociale, destinata ad interferire con gli interessi dei terzi, che con la società instaurano rapporti e fanno affidamento sulla sua esistenza, dovendosi ritenere che tipo e scopo sociale, una volta compiute le formalità di legge, siano quelli che emergono dal sistema di pubblicità, sicché l’atto di costituzione dell’ente non può più essere interpretato secondo la comune intenzione dei contraenti e resta consacrato nei termini in cui risulta iscritto ed è portato a conoscenza dei terzi [nella specie un soggetto contestava l’intestazione fittizia delle quote in capo al socio di maggioranza allegando di essere il vero titolare delle stesse].

L’azione individuale spettante ai soci o ai terzi per il risarcimento dei danni ad essi derivati per effetto di atti dolosi o colposi degli amministratori rientra nello schema della responsabilità aquiliana e presuppone che i danni medesimi non siano solo il riflesso di quelli arrecati eventualmente al patrimonio sociale, ma siano stati direttamente cagionati ai soci o terzi, come conseguenza immediata del comportamento degli stessi amministratori. Pertanto, tale azione individuale risulta essere un rimedio utilmente esperibile solamente quando la violazione del diritto individuale del socio o del terzo sia in rapporto causale diretto con l’azione degli amministratori.

Se il danno allegato costituisce solo il riflesso di quello cagionato al patrimonio sociale, si è al di fuori dell’ambito di applicazione dell’art. 2476, comma sesto, c.c., in quanto tali norme richiedono che il danno abbia investito direttamente il patrimonio del socio o del terzo. Pertanto, in assenza di un danno diretto che sia conseguenza della condotta dell’amministratore, la domanda risarcitoria dovrà essere dichiarata inammissibile.

10 Dicembre 2020

La prescrizione delle azioni risarcitorie ex art. 2394 c.c. ed art. 2395 c.c.

L’azione individuale di responsabilità spettante al singolo socio o al terzo, ai sensi dell’art. 2395 c.c., per il risarcimento del danno subito direttamente nella loro sfera giuridica per effetto di atti colposi o dolosi degli amministratori è soggetta a prescrizione quinquennale e la decorrenza del termine è specificamente stabilita dall’art. 2395 comma 2 c.c. con riferimento al momento del “compimento dell’atto che ha pregiudicato il socio o il terzo”. Il termine di decorrenza delle prescrizione deve intendersi quello del momento in cui il fatto doloso o colposo dell’amministratore si traduce obiettivamente in pregiudizio per il socio o il terzo.

L’azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori ai sensi dell’art. 2394 c.c., è soggetta alla prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 2949 c.c. che decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità e non anche dall’effettiva conoscenza da parte dei creditori dell’insufficienza dell’attivo patrimoniale a soddisfare i debiti sociali. L’insufficienza della garanzia patrimoniale generica non coincide con lo stato di insolvenza che rivela l’impossibilità dell’impresa a far fronte regolarmente alle obbligazioni assunte a prescindere dalla consistenza ed entità del suo attivo patrimoniale né con la perdita integrale del capitale sociale che sussiste anche in una situazione di parità tra il valore dell’attivo e quello del passivo patrimoniale ma consiste semplicemente nell’inesistenza nel patrimonio sociale di beni di valore tale da garantire ai creditori il soddisfacimento del loro diritto.

30 Ottobre 2020

Esercizio dell’azione di responsabilità ex art. 146 l.f.: il parametro di riferimento è l’effettiva consistenza patrimoniale della società

Il curatore del fallimento di una società di capitali che esercita azione di responsabilità ex art. 146 l.f. nei confronti dell’amministratore unico e liquidatore della stessa deve dare prova degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore e a quella del liquidatore differenziando tra gli obblighi specifici che gravano sull’amministratore di una società in bonis e i compiti del liquidatore dovendo consistere il parametro di riferimento per l’esercizio dell’azione nell’effettiva consistenza patrimoniale della società a prescindere dalla rappresentazione che della stessa viene data in bilancio non essendo, peraltro, il curatore  fallimentare legittimato a proporre azione in vece di quei creditori che potrebbero aver subito un danno diretto per aver fatto affidamento su una consistenza patrimoniale insussistente che, se del caso, potranno tutelarsi con l’azione ex artt. 2395 e 2476, c. 7, c.c.

Nessun danno subiscono creditori (e società) da bilanci non veritieri.

Legittimazione attiva della società fiduciaria a far valere domande risarcitorie ex art. 2395 c.c. per i titoli intestati fiduciariamente

In assenza di una specifica indicazione di diritto positivo, il negozio di intestazione fiduciaria di partecipazioni in favore di società fiduciarie di cui alla L. n. 1966/1939 deve essere ricondotto allo schema della fiducia germanistica, in base al quale la società fiduciaria non è la titolare effettiva e sostanziale dell’investimento e non è legittimata a fare valere, in nome proprio, alcun diritto risarcitorio derivante dalla lesione del patrimonio, poiché tale diritto spetta in via esclusiva al fiduciante, che rimane il titolare effettivo del diritto e può esercitare l’azione di rivendicazione in caso di uso del bene contrario allo scopo convenuto. Il fiduciario, che agisce in base alle direttive impartite dal fiduciante, ha il compito di amministrare, per conto del fiduciante, il suo patrimonio, ma non può disporre della proprietà del bene rimasta in capo al fiduciante.

L’attività di amministrazione compiuta dalla società fiduciaria è qualificabile come mandato senza rappresentanza, con la conseguenza che le azioni a tutela della proprietà dei beni spettano al fiduciante, mentre quelle inerenti alla gestione dei beni affidati spettano al fiduciario.

19 Settembre 2020

Azione individuale di responsabilità e efficienza causale del danno

L’inadempimento contrattuale di una società di capitali non implica automaticamente la responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente ai sensi dell’art. 2395 c.c., atteso che tale responsabilità, di natura extracontrattuale, richiede la prova di una condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi, del danno e del nesso causale tra questa e il danno patito dal terzo contraente.

31 Agosto 2020

Mancata accettazione della proposta irrevocabile di acquisto del ramo di azienda e responsabilità degli amministratori

La mancata accettazione della proposta di acquisto del ramo di azienda non può essere addebitata a condotta dolosa dell’amministratore, qualora la stessa condotta non sia venuta a concretizzarsi in un radicale ostacolo alla prosecuzione della produzione oggetto del ramo di azienda affittato o in uno “spoglio” di beni aziendali (nella specie, diniego allo spostamento di taluni macchinari produttivi dal sito produttivo del ramo di azienda affittato alla sede dell’affittuario che non ha tuttavia comportato l’interruzione della produzione del ramo di azienda, già affidata ad altra subfornitrice).

In caso di mancata accettazione della proposta irrevocabile di acquisto di ramo di azienda o in caso di caducazione dell’offerta, rimane comunque acquisita dall’affittante la parte di canone di affitto imputata ad acconto sul corrispettivo finale di acquisto, se la proposta di acquisto non prevede alcun meccanismo restitutorio della parte di canone di affitto imputata a prezzo né per l’ipotesi di cessione a terzi dei rami di azienda, né per quella di mancata accettazione della proposta entro il termine di validità della medesima.