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Art. 2423 bis c.c.
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18 Gennaio 2023

Abuso di maggioranza e invalidità della delibera di approvazione del bilancio

L’abuso di maggioranza integra una violazione della clausola generale di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto sociale, che trova fondamento negli artt. 1175 e 1375 c.c., sull’assunto che le delibere assembleari costituiscano fondamentali momenti esecutivi del contratto di società. Tali norme impongono che i soci informino il proprio operato ai suddetti principi imponendo un impegno di cooperazione in base al quale ciascun socio deve tenere condotte idonee a soddisfare le legittime aspettative degli altri membri della compagine societaria.

Tale fattispecie rappresenta l’unica ipotesi in cui il giudice esercita non un controllo di mera legittimità, ma un vero e proprio sindacato nel merito della delibera societaria: infatti, non si configura formalmente una violazione di legge, ma una strumentalizzazione del principio di maggioranza a danno degli interessi della minoranza.

L’abuso di maggioranza è idoneo a determinare l’invalidità della delibera assembleare laddove quest’ultima non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società, perché tesa al perseguimento, da parte dei soci di maggioranza, di un interesse personale antitetico a quello sociale oppure perché espressione di un’attività fraudolenta dei soci di maggioranza, preordinata a ledere i diritti di partecipazione e i diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli.

Il discrimen tra la legittima soggezione della minoranza al principio maggioritario e l’abuso di detto principio, tale da rendere arbitrario e ingiustificato il voto apparentemente vincolante, è la ricorrenza di un superiore interesse sociale, che rende giustificato il pregiudizio sopportato dalla minoranza.

Grava sul socio impugnante l’onere di provare che alla base della decisione della maggioranza non vi fosse alcun interesse sociale e che alcun vantaggio per la società potesse derivarne.

Il socio ha diritto ad agire per l’impugnativa della delibera di approvazione del bilancio solo quando egli possa essere in concreto indotto in errore dall’inesatta informazione fornita sulla consistenza patrimoniale e sull’efficienza economica della società, ovvero quando per l’alterazione o incompletezza dell’esposizione dei dati derivi o possa derivare un pregiudizio di ordine patrimoniale. La delibera di approvazione del bilancio è nulla allorché le violazioni civilistiche commesse comportino una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche ogni qual volta dal bilancio e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni previste dalla legge per ciascuna delle singole poste iscritte.

Nell’impugnazione di una delibera di approvazione del bilancio, il socio deve assumere di aver subito un pregiudizio a causa del difetto di chiarezza, veridicità e correttezza di una o più poste contabili ed è onerato della indicazione di quali siano esattamente le poste iscritte in violazione dei principi legali vigenti, spettando poi al giudice, nel giudizio sulla fondatezza della domanda, logicamente successivo al vaglio del preliminare interesse della parte all’impugnazione, esaminare le singole poste e verificarne la conformità ai precetti legali.

L’azione sociale mira a far valere la responsabilità degli amministratori per le violazioni dei loro doveri, che abbiano cagionato un pregiudizio patrimoniale alla società. Essa ha natura contrattuale, originando dall’inadempimento dei doveri imposti agli amministratori dalla legge o dall’atto costitutivo ovvero dall’inadempimento dell’obbligo generale di vigilanza e di intervento preventivo e successivo; obblighi tutti che vengono a gravare sugli amministratori in forza del mandato loro conferito e del rapporto che, per effetto della preposizione gestoria e del susseguente inserimento nell’organizzazione sociale, si instaura con la società.

Di conseguenza, in termini di riparto dell’onere della prova, grava sulla parte che agisce l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni agli obblighi (che costituiscono obbligazioni di mezzi e non di risultato), i pregiudizi concretamente sofferti dalla società e il nesso eziologico tra l’inadempimento e il danno prospettato. Per converso, incombe sull’amministratore l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso ovvero di fornire la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi posti a suo carico.

Sui singoli soci che si assumono direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori incombe l’onere di provare la condotta illecita, anche sotto il profilo della colpevolezza, il danno e il nesso causale.

27 Dicembre 2022

Nullità della delibera di approvazione del bilancio non chiaro

L’art. 2423, co. 2, c.c. deve leggersi in combinato disposto con i principi elaborati dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC), i quali, pur non essendo fonte del diritto, hanno comunque funzione interpretativa e integrativa.

Nella disciplina legale del bilancio d’esercizio delle società, il principio di chiarezza non è subordinato a quello di correttezza e veridicità del bilancio medesimo, ma è dotato di autonoma valenza, essendo obiettivo fondamentale del legislatore quello di garantire non solo la veridicità e correttezza dei risultati contabili, ma anche la più ampia trasparenza dei dati di bilancio che a quei risultati conducono.

La normativa codicistica applicabile impone uno standard di chiarezza tale da consentire una comprensione del bilancio anche, e soprattutto, dall’esterno, in quanto la verità e la chiarezza del bilancio sono canoni posti a tutela non soltanto dei singoli soci, bensì di tutti i terzi e dei creditori.

Pertanto, le integrazioni e le precisazioni del bilancio che si rendono necessarie a tal fine risultano non tanto opportune, quanto piuttosto obbligatorie, poiché funzionali al raggiungimento dello scopo che la legge assegna al bilancio.

La mancata redazione del bilancio in conformità ai principi contabili prescritti dalle disposizioni di legge e dai principi contabili nazionali comporta la nullità, per illiceità dell’oggetto, della relativa deliberazione di approvazione.

Il bilancio d’esercizio di una società di capitali che violi i precetti di chiarezza e precisione è illecito, ed è quindi nulla la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato, non soltanto quando la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.

24 Novembre 2022

Sulla mancata appostazione di fondo rischi

La valutazione quanto al “rischio” di effettiva sussistenza di passività non ancora determinate al momento di chiusura dell’esercizio consiste (non nel rilievo di una vicenda gestoria oggettivamente già conclusa ma) nell’apprezzamento ex ante delle probabilità/possibilità di evoluzione di una situazione: la correttezza di tale apprezzamento – spettante in primis all’organo amministrativo quale redattore della bozza di bilancio e poi all’assemblea dei soci all’atto dell’approvazione del documento contabile – non è dunque ancorata a dati oggettivi, ma va rapportata ai canoni generali di prudenza e ragionevolezza che presiedono alla redazione del bilancio, la sola violazione dei quali può portare a far ritenere scorretta la valutazione e, conseguentemente, inficiato il bilancio da carenze quanto all’appostazione di fondo rischi e, quindi, contrastante anche con il principio di verità.

9 Novembre 2022

Responsabilità dei precedenti amministratori di una cooperativa edilizia in l.c.a. per indebita prosecuzione dell’attività

A fronte di una contabilità inattendibile non può utilizzarsi ai fini della quantificazione del danno il criterio prevalente della c.d. perdita incrementale, bensì va applicato quello residuale della differenza tra attivo e passivo fallimentare. Infatti, quando la mancanza di scritture contabili o l’inattendibilità delle stesse, addebitabile all’amministratore, impedisca di ricostruire con l’analiticità necessaria quale sia stato l’effettivo andamento dell’impresa prima della dichiarazione di fallimento, il giudice può utilizzare il criterio fondato sulla differenza tra attivo e passivo patrimoniale a supporto della liquidazione equitativa del danno risarcibile.

3 Ottobre 2022

Il dies a quo della prescrizione dell’azione di responsabilità dei creditori sociali

L’azione dei creditori sociali, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2394 e 2949, co. 2, c.c., è soggetta a prescrizione quinquennale. Dalla lettura combinata delle due disposizioni normative emerge che l’elemento essenziale posto a fondamento dell’azione di responsabilità è costituito dall’incapienza del patrimonio sociale che pregiudica la soddisfazione dei creditori sociali. Ne consegue che, essendo l’incapienza l’elemento determinante dell’azione di responsabilità, non dunque l’insolvenza o il dissesto, è al momento del verificarsi di siffatta condizione che occorre far riferimento per verificare il dies a quo del termine prescrizionale rispetto all’azione dei creditori danneggiati, non potendosi postulare la necessaria coincidenza di tale termine con l’eventuale data di dichiarazione del fallimento. A tal fine, occorre delimitare e precisare la nozione di insufficienza patrimoniale prevista all’art. 2394 c.c., in quanto la legge riconosce ai creditori sociali il diritto di ottenere, a titolo di risarcimento danni, da amministratori e/o sindaci l’equivalente delle prestazioni che, in quanto imputabili a colpa degli stessi, la società non è più in grado di adempiere. Ne deriva che è tale ipotesi a delineare concretamente la nozione di insufficienza patrimoniale, individuando un’eccedenza delle passività sulle attività, ovverosia una situazione in cui l’attivo sociale, raffrontato ai debiti della società, risulta insufficiente al loro soddisfacimento. La nozione di insufficienza patrimoniale, dunque, non è perfettamente sovrapponibile a quella di insolvenza, che corrisponde ad un’incapacità della società di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, potendosi verificare tale eventualità anche a seguito di una situazione di illiquidità, che non comporta necessariamente un’eccedenza del passivo sull’attivo. Pertanto, il momento in cui si verifica l’insufficienza del patrimonio, non coincidendo con il determinarsi dello stato di insolvenza, può essere anteriore o posteriore alla dichiarazione di fallimento.

L’azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società ex art. 2394 c.c., pur quando promossa dal curatore fallimentare a norma dell’art. 146 l. fall., è soggetta a prescrizione quinquennale che decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti (e non anche dall’effettiva conoscenza di tale situazione). È, pertanto, necessario che l’insufficienza del patrimonio sociale, destinato al soddisfacimento dei crediti, risulti da un qualsiasi fatto esteriore, che faccia ritenere che tale situazione potesse essere conosciuta oggettivamente dai creditori sociali anche senza verifica diretta della contabilità della società, non essendo a tal fine necessario che detta insufficienza risulti da un bilancio approvato dall’assemblea dei soci.

L’onere di provare un’anteriore manifestazione dell’insufficienza del patrimonio sociale, rispetto al momento storico individuato dall’attore, grava nell’azione di responsabilità dei creditori sociali sugli amministratori e/o sui sindaci che eccepiscono la prescrizione; ulteriormente, tale onere non può dirsi assolto mediante generiche deduzioni, non confortate da utili elementi di fatto, in quanto la nozione di insufficienza patrimoniale, come desumibile dall’interpretazione sistematica degli artt. 2394 e 2949, co. 2, c.c. inerisce ad una situazione oggettivamente conoscibile e percepibile da parte di tutti i creditori, non necessariamente coincidente con lo stato d’insolvenza, includendo dunque ogni fatto verificabile anche senza una diretta analisi della contabilità sociale e non richiedendosi, a tal fine che risulti da un bilancio approvato dall’assemblea dei soci.

22 Luglio 2022

Nullità della delibera di approvazione del bilancio per scorretta valutazione delle immobilizzazioni finanziarie e per omessa indicazione del compenso degli amministratori

L’interesse a impugnare la delibera assembleare di approvazione del bilancio non richiede che sia dimostrata la lesione attuale e concreta di un diritto patrimoniale, perché la lesione del diritto del socio alla corretta informazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa ricorre in tutti i casi in cui dal bilancio e dai relativi allegati non possa desumersi l’intera gamma di informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.

Ai sensi dell’art. 2426 c.c., la valutazione delle partecipazioni in società controllate o collegate può essere effettuata (i) con il metodo del costo, secondo i medesimi principi previsti per le altre immobilizzazioni, oppure (ii) per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio delle società medesime, una volta operate le rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato e quelle necessarie per il rispetto dei principi indicati negli artt. 2423 e 2423 bis c.c. Tuttavia, se il costo diventa significativamente superiore al patrimonio netto a causa di una durevole perdita di valore che colpisca la partecipata, in base a un canone di prudenza il criterio del costo storico dovrebbe essere abbandonato a favore del più realistico criterio del patrimonio netto. In caso di azzeramento del capitale sociale della controllata, deve richiedersi l’iscrizione nel bilancio della controllante di un “fondo copertura perdite controllate”, nel quale dev’essere appostata una somma pari all’ammontare dell’intero capitale di ricostituzione sul quale si eserciterà l’opzione, qualora la società non voglia rinunciare a partecipare alla ricapitalizzazione.

L’amministratore della controllante, nell’applicazione del metodo del patrimonio netto o della correzione del dato del costo storico, è tenuto a recepire nel bilancio il dato del patrimonio netto della controllata da lui conosciuto e riportato nel progetto di bilancio già formalmente redatto, anche se non ancora discusso e approvato.

Viola il principio di chiarezza il bilancio in forma semplificata che non contiene in calce allo stato patrimoniale l’informazione relativa al compenso dell’amministratore e nemmeno la nota integrativa, da cui la società deve intendersi dispensata solo a condizione che fornisca le informazioni richieste dalla legge, tra cui l’ammontare dei compensi concessi agli amministratori. La mancata indicazione dei compensi non integra un mero errore materiale, sanabile mediante il deposito presso il registro delle imprese di un progetto di bilancio differente da quello approvato e recante l’informativa, non sottoposto a nuova deliberazione ma fatto circolare tra i soci per posta elettronica. Essa costituisce, piuttosto, una vera e propria omissione, rilevante perché, da una parte, è condizione affinché gli amministratori siano dispensati dal redigere la nota integrativa, che è documento di bilancio indispensabile ai fini del rispetto del principio di chiarezza, e, dall’altra, l’informazione incide nel rapporto tra soci e amministratori, dando all’assemblea uno strumento di riscontro del rispetto dei limiti fissati alla remunerazione degli amministratori.

20 Luglio 2022

Impugnativa di bilancio e intervento adesivo dipendente del socio interessato alla conservazione della delibera

Nel giudizio di impugnazione di una deliberazione assembleare, il socio di una società di capitali che abbia partecipato all’adozione di una delibera assembleare poi impugnata, è portatore di un interesse, non di mero fatto ma giuridicamente rilevante, ad intervenire nel giudizio per sostenere le ragioni della società, interesse individuabile nella esigenza di evitare che siano posti nel nulla gli effetti di un atto, il cui contenuto è da presumere in sintonia con gli obiettivi dallo stesso perseguiti, alla cui formazione egli ha contribuito e dalla cui caducazione discenderebbero significativi e pregiudizievoli effetti, sotto il profilo della stabilità, sull’attività sociale successivamente svolta.

La domanda di accertamento della nullità della deliberazione assembleare di approvazione del bilancio, articolata su plurime censure a diverse poste del documento, avanza contestualmente una pluralità di domande, aventi comune petitum, ma distinte causae petendi e corrispondenti a ciascuna delle poste contestate, dal momento che l’accertamento della nullità non comporta la semplice invalidazione dell’atto, ma anche obbliga i competenti organi sociali ad approvare un nuovo bilancio esente dai vizi riscontrati nella sentenza, come previsto, per il caso di annullamento della delibera, dall’art. 2377, co. 7, c.c.

2 Febbraio 2022

Nullità della delibera, omissione di una posta attiva dal bilancio

La mancanza totale di convocazione assembleare di una s.r.l. rientra nell’ipotesi di “assenza assoluta di informazione” di cui all’art. 2479-ter, co. 3 c.c., che comporta la sanzione della nullità della delibera, rilevabile dal giudice anche d’ufficio, pure in difetto di una previsione espressa, diversamente dai vizi che inficiano la convocazione effettivamente eseguita, determinanti l’annullabilità della decisione: e ciò in quanto la completa carenza di convocazione dell’assemblea riecheggia, in materia di s.r.l., l’analoga previsione di nullità contenuta, per le deliberazioni assembleari delle s.p.a., nell’art. 2379, co. 1 c.c.

L’oggetto di una delibera assembleare è illecito ex art. 2479-ter, co. 3 c.c. laddove il contenuto della stessa contrasti con norme dirette a tutelare interessi generali o ad impedire una deviazione dallo scopo economico-pratico del rapporto di società. Le norme inderogabili volte a presidiare la chiarezza e la precisione del bilancio contengono precetti dettati, oltre che nell’interesse dei singoli soci, anche a tutela dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere l’effettiva situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente. Si tratta, dunque, di norme la cui osservanza è strumentale alla tutela di interessi generali. La loro violazione integra, quindi, un’ipotesi di nullità per illiceità dell’oggetto ex art. 2479-ter, co. 3 c.c.

In questo senso, la totale e ingiustificata omissione di una posta attiva confligge con il principio della c.d. continuità dei valori contabili di bilancio, sancito dall’art. 92 D.P.R. n. 917/1986 e dall’art. 2423-bis, n. 6 c.c., secondo cui il bilancio del nuovo esercizio di una società di capitali deve partire dai dati di chiusura di quello relativo all’anno precedente, non potendosi altrimenti ritenere che siano stati rispettati i principi di veridicità e correttezza di cui all’art. 2423, co. 2 c.c.

Agli effetti del tentativo di conciliazione prescritto dallo statuto, la nullità della delibera impugnata per illiceità dell’oggetto è da considerarsi diritto indisponibile, assorbente rispetto ai temi concernenti i vizi di invalidità della decisione eventualmente sanabili ex art. 2379-bis c.c. (come la mancata convocazione dell’assemblea).

4 Novembre 2021

Nullità della delibera di approvazione del bilancio e interesse ad agire

I principi di chiarezza, verità e correttezza costituiscono la c.d. clausola generale del bilancio di esercizio in quanto criteri cardine legislativamente disposti per la redazione del bilancio medesimo. La chiarezza del bilancio indica la sua comprensibilità al fine di assolvere la funzione informativa nei confronti dei soci e dei terzi, anche al di là della mera osservanza formale delle specifiche norme dettate per la minuta disciplina delle singole poste contabili; quanto al principio della rappresentazione veritiera e corretta, la sua applicazione implica la redazione del documento contabile conformemente alla struttura ed ai criteri di valutazione dettati dalla normativa civilistica. I principi enunciati sono sovraordinati rispetto alle altre regole che sovraintendono alla redazione del bilancio poste dall’art. 2423 bis c.c., cioè i criteri di prudenza, competenza, funzione economica dell’elemento dell’attivo e del passivo considerato, continuità di gestione e non modificabilità dei criteri di valutazione.

Nell’azione di nullità della delibera assembleare – a differenza che nell’azione di annullamento, ove la preselezione operata dal legislatore in punto di legittimazione attiva qualifica il relativo interesse – il terzo che impugni la delibera deve allegare e dimostrare un interesse concreto e attuale alla declaratoria di nullità stessa, in quanto esso è la fonte della sua legittimazione. In particolare, ai fini della proponibilità dell’impugnazione ex art. 2379 c.c. non è sufficiente un generico interesse al rispetto della legalità, laddove ne venga denunciata la nullità, ma è necessaria l’allegazione di un’incidenza negativa nella sfera giuridica del soggetto agente delle irregolarità denunciate riguardo al risultato economico della gestione sociale. Ciò sta a significare che la qualità di socio non è requisito necessario, essendo legittimato qualsiasi soggetto purchè titolare di un interesse concreto ed attuale all’impugnativa, interesse che deve sussistere non solo al momento della proposizione della domanda ma anche al momento della decisione.

L’interesse ad agire, in quanto condizione dell’azione ex art. 100 c.p.c., la cui carenza è rilevabile ex officio, implica a carico dell’attore l’onere di dimostrare l’attualità della lesione del proprio diritto ed il conseguente pregiudizio derivante dalla decisione impugnata alla cui eliminazione è diretto il provvedimento giurisdizionale richiesto. Tale requisito deve essere valutato alla stregua della prospettazione operata dalla parte e la sua sussistenza non può essere negata sulla base del presupposto che quanto sostenuto dall’attore non corrisponda al vero, attenendo tale valutazione di fondatezza al merito della domanda. Pertanto, nel caso dell’azione volta a far dichiarare la nullità di una deliberazione assembleare approvativa del bilancio di esercizio di una società, l’attore che assuma di aver subito un pregiudizio dal difetto di chiarezza, veridicità e correttezza di una o più poste contenute in bilancio ha l’onere di enunciare quali siano esattamente le poste iscritte in violazione dei principi legali vigenti lesive del suo diritto alla corretta informazione relativamente ai dati riportati in bilancio. L’esame delle singole poste e la verifica della loro conformità ai precetti legali è, tuttavia, compito logicamente successivo, che attiene al giudizio di fondatezza della domanda ma non al requisito dell’interesse ad agire [nella specie, il Tribunale ha rigettato la domanda in quanto l’attore ha fondato la propria impugnativa sul diritto alla corretta e veritiera informazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società, senza chiarire quale pregiudizio dallo stesso subito giustificasse l’adozione del provvedimento richiesto].

Il diritto ad ottenere informazioni corrette e veritiere rispetto alla situazione finanziaria della società non è configurabile in capo a chiunque, bensì solo a beneficio di quei soggetti che siano titolari di una posizione giuridica rilevante rispetto alla società, da cui discende tale diritto (ad esempio, un creditore che ha interesse a ricostruire con esattezza il patrimonio sociale in quanto garanzia generica del credito ex art. 2740 c.c.).