hai cercato articoli in
Art. 2467 c.c.
165 risultati

Prestito erogato da un socio e clausola compromissoria statutaria

E’ soggetta alla clausola compromissoria statutaria la controversia che verte sulla domanda di restituzione di un prestito erogato da un socio, anche se tale domanda viene formulata dall’erede del socio a seguito del decesso dell’originario titolare della posizione. Il successore a titolo universale, subentrando in tutti i rapporti giuridici sopravvissuti al venir meno dell’originario titolare, prende automaticamente il posto di questi nel rapporto posto in essere con la stipulazione del negozio compromissorio, anche ove non subentri nel rapporto giuridico controverso compromesso in arbitri, attesa l’autonomia della clausola compromissoria.

Il solo fatto che il finanziamento provenga da un socio implica – soprattutto quando si tratta di valutare se sussistono, o meno, i presupposti per pretenderne il rimborso – valutazioni che si ricollegano al rapporto societario.

L’atto di cessione di quote di S.r.l. non comprende il finanziamento già effettuato dal cedente alla società le cui partecipazioni sono oggetto di trasferimento

L’atto di cessione di quote di S.r.l. non comprende anche il finanziamento già effettuato dal cedente alla società le cui partecipazioni sono oggetto di trasferimento, dal momento che del finanziamento, una volta effettuato dal socio, diviene titolare la società finanziata ed il socio finanziante perde la titolarità dei beni trasferiti (ossia, del denaro) ed acquista, nei confronti della società finanziata, un diritto di credito avente ad oggetto la loro restituzione e regolato dall’accordo di finanziamento e dall’art. 2467 c.c.

10 Aprile 2020

Principi in tema di azione di responsabilità proposta dal curatore fallimentare e di finanziamento soci

L’azione di responsabilità contro amministratori e sindaci, esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 L. fall., compendia in sé sia l’azione prevista dall’art. 2394 c.c. che quella ex art. 2393 c.c., e la stessa è certamente ammissibile anche nel caso di s.r.l.: la riforma societaria di cui al D.Lgs. 6/2003 non spiega alcuna rilevanza abrogativa sulla legittimazione del curatore, ex art. 146 l. fall., della S.r.l. che sia fallita, in quanto per tale disposizione tale organo è abilitato all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilità contro amministratori, organi di controllo, direttori generali e liquidatori della società.

La decorrenza del termine prescrizionale di 5 anni dell’azione di responsabilità è per pacifica giurisprudenza – salvo prova contraria gravante sul convenuto – ancorata alla data di dichiarazione del fallimento, ovvero inizia a decorrere dal momento in cui l’insufficienza patrimoniale diviene oggettivamente conoscibile dai creditori, vale a dire dalla data di deposito del bilancio che segnali la situazione di squilibrio patrimoniale.

Il risarcimento del danno cui è tenuto l’amministratore ai sensi dell’art. 2393 c.c. – sia che derivi da responsabilità per illecito contrattuale, sia che si ricolleghi a responsabilità extracontrattuale, sia che si configuri come effetto di responsabilità “ex lege”, e tanto se si tratti di danno emergente come di lucro cessante – riveste natura di debito di valore e non di debito di valuta, il quale è, pertanto, sensibile al fenomeno della svalutazione monetaria fino al momento della sua liquidazione, ancorché il danno consista nella perdita di una somma di denaro, costituendo questo solo un elemento per la commisurazione dell’ammontare dello stesso, privo di incidenza rispetto alla natura del vincolo.

Viene rimesso all’interpretazione della volontà negoziale delle parti lo stabilire se il versamento effettuato dal socio tragga origine da un rapporto di mutuo o se invece esso sia stato effettuato a titolo di apporto del socio al patrimonio di rischio dell’impresa, al fine di stabilire se sussista un diritto alla restituzione: della prova del diritto alla restituzione è onerato il socio che ha operato il versamento, e la prova va tratta non tanto dalla denominazione attribuita al versamento nelle scritture contabili della società, quanto piuttosto dalla concreta conformazione che le parti hanno dato al rapporto.

Il principio di postergazione del rimborso del finanziamento dei soci a favore della società rispetto alla soddisfazione degli altri creditori, ai sensi dell’art. 2467 c.c., è applicabile, come reso evidente dal secondo comma della disposizione, non a ogni forma di finanziamento da parte dei soci, ma, esclusivamente, alla figura dei cosiddetti prestiti anomali o “sostitutivi del capitale” al fine di porre rimedio alle ipotesi di sottocapitalizzazione cosiddetta nominale.

Finanziamenti effettuati dai soci a favore della società

L’art. 2467 c.c. affronta la questione dei finanziamenti effettuati dai soci a favore della società, che formalmente si presentano come capitale di credito, ma nella sostanza economica costituiscono parte del capitale proprio.

Nel caso in cui i soci, anziché conferire capitale, dispongano un “prestito soci” a favore della s.r.l. (ossia effettuino un semplice finanziamento), il rischio dell’impresa viene trasferito agli altri creditori. Tuttavia, così facendo – ossia evitando il ricorso a versamenti di capitale o, comunque, a fondo perduto – il socio intende, innanzitutto, garantirsi la restituzione di quanto erogato alla società, addossando invece agli altri creditori il rischio di un’eventuale insolvenza della società.

Proprio in considerazione di ciò, l’art. 2467 c.c. stabilisce che il rimborso dei finanziamenti soci a favore della s.r.l. è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori qualora si tratti di finanziamenti concessi in un momento in cui risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.

Il fondamento della postergazione ex art. 2467 c.c. è proprio quello di sanzionare i soci che, erogando il finanziamento, hanno eluso il rischio del conferimento di capitale, determinando, in questo modo, un danno agli altri creditori sociali.

Il rischio collegato all’aumento degli apporti da parte dei soci a titolo di capitale di debito è che la società si venga a trovare in una situazione di sottocapitalizzazione.

La sottocapitalizzazione nominale va tenuta distinta dalla c.d. sottocapitalizzazione materiale: infatti, mentre la prima si caratterizza per l’insufficienza del capitale di rischio e per la copertura del fabbisogno finanziario mediante la assunzione di debiti, nella seconda, invece, la società risulta essere materialmente priva di mezzi adeguati, sia sotto forma di capitale sia sotto forma di somme ottenute a titolo di debito.

È estensibile ad altri tipi di società di capitali il disposto di cui all’art. 2467 c.c.

14 Febbraio 2020

Assoggettamento dei finanziamenti soci alla disciplina della postergazione ai sensi dell’art. 2467 cod. civ.

I presupposti per l’applicazione della disciplina legale della postergazione ex art. 2467 cod. civ. ai finanziamenti effettuati (i) dai soci di una società a responsabilità limitata; (ii) da chi esercita attività di direzione e coordinamento; ovvero (iii) dalle società c.d. “sorelle” appartenenti al medesimo gruppo sono da interpretarsi come l’estrinsecazione di una situazione di crisi qualificata, equiparabile, in termini sostanziali, all’insolvenza. Invero, i presupposti dell’“eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio” e della “situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento” individuano una nozione unitaria di crisi che si identifica con il “rischio” di insolvenza, tale da giustificare un “concorso potenziale” tra i creditori sociali. Inoltre, i presupposti in esame devono sussistere sia al momento in cui il finanziamento è effettuato sia al momento in cui ne è richiesto il rimborso.

13 Febbraio 2020

Aumento di capitale sociale mediante compensazione di un credito del socio conferente

In sede di aumento del capitale sociale, è legittimo il conferimento attuato mediante compensazione tra il debito del socio verso la società ed un credito vantato dal medesimo nei confronti dell’ente, atteso che la società stessa, pur perdendo formalmente il suo credito al conferimento, acquista concretamente un valore economico, consistente nella liberazione da un corrispondente debito. Nè al riguardo può invocarsi la disciplina relativa alla postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci di cui all’art. 2467 c.c.: infatti, attraverso l’estinzione del credito per compensazione, il socio ottiene il pagamento di quanto gli è dovuto in base al rapporto extra-sociale (come tale escluso dal regime di cui all’art. 2467 c.c.) e provvede nel contempo ad effettuare il versamento di quanto è tenuto a pagare in ragione della sottoscrizione dell’aumento di capitale.

5 Febbraio 2020

Finanziamenti soci e rimborso preferenziale a danno dei creditori sociali

Allorché risulti provato che il ricorso da parte della società ad un finanziamento da parte di soci sia stato dovuto alla necessità di porre rimedio ad una situazione di perdurante crisi finanziaria, il danno di cui il curatore fallimentare, esercitando azione ai sensi dell’art. 146 L.F., chiede che la società sia reintegrata è direttamente ascrivibile al comportamento dell’amministratore che, avendo operato un rimborso (anche parziale) del finanziamento-soci, in spregio del divieto di cui all’art. 2467 c.c. e nella piena consapevolezza della crisi finanziaria in cui la società versava, sia contravvenuto ai doveri impostigli dagli artt. 2392 e 2394 c.c.

5 Febbraio 2020

I presupposti della postergazione ex art. 2467 c.c.

I presupposti di postergazione ex art. 2467 c.c. sono individuati dalla norma nell’eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio e in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento, in situazioni cioè di rischio di insolvenza che possono manifestarsi sia in fase di start up se la società è sottocapitalizzata (proprio perché i soci hanno preferito finanziarla anziché conferire capitale di rischio) e quindi v’è il pericolo che il rischio di impresa sia trasferito sui terzi creditori, sia in seguito, quando a fronte di perdite i soci, anziché conferire capitale come sarebbe ragionevole, effettuino finanziamenti, aumentando l’indebitamento e concorrendo, quindi, con i creditori terzi (su cui verrebbe trasferito il rischio di impresa in situazione di “crisi”).
[ LEGGI TUTTO ]

28 Gennaio 2020

Responsabilità solidale del socio di s.r.l. e irrilevanza del momento del rimborso dei finanziamenti soci

Ai fini della configurabilità della responsabilità solidale con gli amministratori del socio di s.r.l., l’art. 2476, co. 8, c.c. richiede la prova della intenzionalità nella decisione o nella autorizzazione dello specifico atto dannoso, ovvero qualcosa di più della mera conoscenza o conoscibilità dell’atto fonte di danno. Ciò implica una diretta (dolosa) partecipazione, non solo consapevole ma anche attiva, ovvero una vera e propria ingerenza da parte del socio (anche per un singolo atto) nel potere gestorio, altrimenti prerogativa esclusiva dell’organo amministrativo.

L’art. 2467 c.c. individua i finanziamenti dei soci, postergati nel rimborso, in quelli concessi in un momento di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto. Non rileva il momento del rimborso, fuori dal caso previsto dal primo comma della norma citata [vecchio testo] (ossia che se avvenuto nell’anno anteriore al fallimento deve essere restituito). La citata disposizione, infatti, regola i finanziamenti furono stanziati in un momento in cui sarebbe stato coerente, piuttosto, aspettarsi un conferimento di capitale di rischio.

18 Novembre 2019

Qualificazione dei versamenti dei soci in favore della società

I versamenti che i soci effettuano in favore della società possono avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo della società di restituire entro un dato termine la somma ricevuta, oppure a titolo di versamento, che confluisce in un’apposita riserva “in conto capitale” e non è quindi iscritto tra i debiti. Tale secondo tipo di contributo non dà luogo ad un credito esigibile, se non al momento dello scioglimento della società, nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio id liquidazione e comunque successivamente al soddisfacimento dei creditori sociali, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito. La qualificazione, nell’uno o nell’altro senso, dipende dall’esame della volontà negoziale delle parti, dovendo trarsi la relativa prova di cui è onerato il socio attore in restituzione, non tanto dalla denominazione dell’erogazione contenuta nelle scritture contabili della società, quanto dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che si sono sottesi. è stato peraltro precisato che ove manchi una chiara manifestazione di volontà, la chiave di lettura della qualificazione debba essere ricavata nella terminologia adottata nel bilancio: infatti questo è soggetto all’approvazione dei soci e le qualificazioni che i versamenti hanno ricevuto nel bilancio diventano determinanti per stabilire se si tratta di finanziamento o di conferimento (Cass. Civile, sez. I, 23/03/2017 n. 7471).