Art. 2476 c.c.
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Natura e caratteri dell’azione sociale di responsabilità
La transazione avente ad oggetto l’azione di responsabilità verso l’organo amministrativo deve necessariamente intercorrere tra la società e l’amministratore (e non, quindi, tra i soci e amministratori) attraverso una espressa deliberazione societaria. La rinuncia ex art. 2476, co. 5, c.c., da parte dell’assemblea all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, sia questa preventiva o successiva, incontra il limite dalla determinatezza dell’oggetto della rinuncia stessa e, dunque, deve contenere la concreta e specifica determinazione degli episodi di amministrazione integranti l’eventuale pretesa risarcitoria.
L’azione sociale di responsabilità ha natura contrattuale. Pertanto, la società attrice è tenuta ad allegare e provare (i) l’inadempimento, da parte dell’amministratore, degli obblighi imposti dalla legge e/o dall’atto costitutivo e/o dal generale obbligo di vigilanza e di intervento preventivo o successivo, al fine di evitare il determinarsi di eventi dannosi, (ii) l’esistenza di un danno concreto e (iii) la riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico. Viceversa, incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare l’inesistenza del danno ovvero la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.
L’inadempimento, da parte degli amministratori di società di capitali, degli obblighi imposti dalla legge o dall’atto costitutivo può essere desunto non da scelte di gestione – poiché, come tali, queste scelte non sono sindacabili in termini di fonte di responsabilità, in quanto conseguenti a scelte di natura imprenditoriale, ontologicamente connotate da rischio –, ma dal modo in cui le stesse sono state compiute. In altre parole, è solo l’omissione, da parte dell’amministratore, di quelle cautele, di quelle verifiche, ovvero dell’assunzione delle necessarie informazioni preliminari al compimento dell’atto gestorio, normalmente richieste per una scelta del tipo di quella adottata, che può configurare violazione dell’obbligazione di fonte legale in discorso, così come è fonte di responsabilità la colpevole mancata adozione di quei provvedimenti, che per legge o statuto avrebbero dovuto essere prontamente assunti a tutela della società o dei terzi. Quindi, va presa in considerazione ed esaminata solo la diligenza mostrata dall’amministratore nell’effettuare adeguate verifiche preventive e nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere.
La responsabilità dell’amministratore per danni diretti
L’inadempimento contrattuale di una società di capitali non è sufficiente a predicare la responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente attraverso il rimedio di cui all’art. 2395 c.c. La responsabilità dell’amministratore per danno diretto ai sensi dell’art. 2395 c.c., il cui accertamento è possibile anche dopo il fallimento della società, ha natura extracontrattuale e presuppone la lesione di un diritto patrimoniale del socio o del terzo che non sia mera conseguenza – indiretta – del depauperamento del patrimonio sociale. Ciò si deduce, fra l’altro, dall’utilizzazione, nel testo della norma, dell’avverbio “direttamente”, il quale esclude che l’inadempimento e la pessima amministrazione del patrimonio sociale siano sufficienti a dare ingresso all’azione di responsabilità. [Nel caso di specie, il Tribunale ha condannato l’amministratore di una s.r.l. per danni diretti cagionati a un terzo, in quanto si era appropriato indebitamente – circostanza riconosciuta altresì in sede penale – di beni detenuti dalla società e concessi alla medesima in leasing dal terzo].
Responsabilità da contatto sociale qualificato dell’amministratore di fatto
La figura dell’amministratore di fatto ricorre qualora un soggetto, non formalmente investito della carica, si ingerisca nell’amministrazione, esercitando (di fatto) i poteri inerenti alla gestione della società. In particolare, costituiscono requisiti per l’integrazione di tale figura da parte dei soggetti che non rivestono formalmente il ruolo di amministratori (cc.dd. amministratori di diritto): (i) l’assenza di una valida ed efficace investitura assembleare; (ii) l’esercizio significativo e continuativo dei poteri tipici riservati agli amministratori; (iv) l’autonomia decisionale; (v) l’accettazione della prestazione resa dall’amministratore di fatto da parte della società, cioè dell’amministratore di diritto.
La responsabilità sociale degli amministratori di diritto verso la società amministrata è responsabilità contrattuale da inadempimento; la responsabilità degli amministratori di fatto va qualificata, invece, come da contatto sociale qualificato. Da un lato, infatti, il contatto sociale qualificato idoneo a costituire ex art 1173 c.c. fonte di obbligazioni opera anche in ambito societario. Dall’altro lato, nella figura dell’amministratore di fatto si rinvengono tutti gli elementi della fattispecie di contatto sociale qualificato o relazione privilegiata generativa di obbligazioni, ossia: (i) l’assenza del contratto (nomina ed accettazione o loro invalidità); (ii) l’esecuzione in via di fatto di atti gestori in favore della società – imputati alla società (artt. 2384, 2475, co. 2, c.c.) – propri dell’amministratore; (iii) l’accettazione di tale situazione di fatto, cioè della prestazione, da parte della società, ovvero dell’amministratore di diritto.
In tema di accertamenti tributari, il processo verbale di constatazione assume un valore probatorio diverso a seconda della natura dei fatti da esso attestati, potendosi distinguere al riguardo un triplice livello di attendibilità: a) il verbale è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese; b) quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi — e dunque anche del contenuto di documenti formati dalla stessa parte e/o da terzi — esso fa fede fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice e alle parti l’eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni; c) in mancanza dell’indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con gli altri elementi, potendo essere disatteso solo in caso di sua motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che quei documenti sono comunque stati esaminati dall’agente verificatore.
Ove la transazione stipulata tra il creditore e uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.
Responsabilità dell’amministratore di s.r.l.
Tra i doveri di diligente gestione e conservazione del patrimonio sociale posti in capo agli amministratori a tutela della società, dei creditori e dei terzi rientra altresì il dovere di assolvere al pagamento degli obblighi fiscali e di gestione delle risorse finanziarie, in specie al fine di garantire la regolarità dei versamenti e non esporre l’ente a relative sanzioni, spese, interessi e aggi.
In tema di transazione pro quota intervenuta tra il creditore e uno o più dei debitori in solido, al fine di evitare un ingiustificato arricchimento in capo al creditore, il residuo debito gravante sugli altri debitori solidalmente obbligati si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dai condebitori transigenti soltanto laddove costoro abbiano versato una somma pari o superiore alla loro quota ideale di debito. Qualora, per converso, i condebitori transigenti abbiamo pagato una somma inferiore alla quota loro facente idealmente capo, il debito residuo deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.
Per poter affermare l’esistenza del nesso causale tra condotta omissiva ed evento dannoso, occorre che l’attore offra la prova del fatto che, laddove la condotta doverosa fosse stata posta in essere, l’evento dannoso non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato con minore intensità lesiva.
Azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore
La responsabilità dell’amministratore va ricostruita secondo lo schema tipico della responsabilità da inadempimento contrattuale. Tra gli obblighi esistenti in capo all’amministratore vi sono sicuramente quelli di tutelare il patrimonio sociale. Affinché vi possa essere risarcimento per comportamento illegittimo dell’amministratore, occorre che sia provata non solo l’illiceità del comportamento, ma anche la conseguenza dannosa che da questa discende, in modo causalmente connesso e, quindi, che una volta individuati i comportamenti violativi degli obblighi di legge e di statuto, che siano addebitabili agli organi gestori, sia dedotto e provato che gli stessi abbiano arrecato un danno al patrimonio sociale (e quello conseguente alle aspettative dei creditori) e che tra condotta illecita e pregiudizi patrimoniali sussista un nesso causale.
Esclusione di responsabilità dell’amministratore di S.r.l.
L’azione di responsabilità esercitata da una s.r.l. nei confronti dell’ex amministratore unico, ai sensi dell’art. 2476 c.c., quantomeno nei rapporti con la società ed i soci, ha natura contrattuale e risponde, per ciò, ai canoni e alla disciplina di cui all’art. 1218 c.c. Ai sensi della disposizione da ultimo citata, la presunzione di responsabilità posta, ex lege, a carico del debitore (nella specie, l’amministratore), può essere da quest’ultimo superata dimostrando di aver adempiuto, con la diligenza richiesta, ex art. 1176 c.c., dalla natura dell’obbligazione, ovvero di non avervi potuto adempiere per fatto a lui non imputabile (c.d. prova liberatoria). Con più specifico riferimento agli obblighi inerenti, per legge e statuto, alla carica di amministratore di società di capitali, gravano sull’organo di gestione, in ragione della carica rivestita, tanto il dovere di curare l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, quanto il dovere di agire, a tal fine, in modo informato, nel prioritario interesse della società. Gli amministratori, quindi, devono adempiere ai doveri ai medesimi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo, con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze, e, per ciò, essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri.
Responsabilità dell’amministratore per disinteresse nella gestione sociale
L’amministratore che si disinteressa completamente della gestione sociale prestandosi a fornire copertura alla gestione di fatto da parte di un soggetto non investito della carica o, diversamente, che non reagisce ai comportamenti prevaricatori di colui che si ingerisce nella gestione viene, per ciò solo, gravemente meno ai doveri derivanti dall’incarico che gli impongono una condotta coerente con le esigenze di tutela dell’integrità del patrimonio sociale integrando una sua diretta responsabilità.
Responsabilità solidale degli amministratori di fatto e di diritto e quantificazione del danno in assenza di scritture contabili
L’amministratore di fatto è titolare, nello svolgimento della sua gestione, dei medesimi poteri degli amministratori di diritto, ed è correlativamente assoggettato agli obblighi previsti dalla legge, ivi compreso, ai sensi dell’art. 2392 c.c., quello generale di vigilanza sull’andamento della gestione. Ne consegue che, nel caso in cui la società sia di fatto amministrata da soggetto diverso dall’amministratore formalmente nominato, le condotte di mala gestio sono imputabili anche all’amministratore di fatto.
In una situazione in cui la carenza delle scritture contabili impedisca al curatore di ricostruire l’andamento della gestione e di individuare specificamente le condotte che hanno cagionato il dissesto o comunque causative di eventuali danni ai creditori sociali, l’utilizzo del criterio dello “sbilancio” deve ritenersi possibile quantomeno allo scopo di quantificare in via equitativa il danno.
Azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di s.r.l.
Invalidità del bilancio il cui progetto è stato approvato da un solo amministratore; i poteri del presidente del CdA
Il vizio di un atto del complesso procedimento di approvazione del bilancio, relativo a un’attribuzione non delegabile dagli amministratori, compromette anche la validità degli atti compiuti da organi diversi, che siano confluenti in un medesimo procedimento o comunque ad esso legati da un nesso di conseguenzialità necessaria, comportandone l’annullabilità. In caso di mancata approvazione del progetto di bilancio da parte del CdA, il procedimento di approvazione del bilancio manca di un suo passaggio fondamentale, se non del suo fondamento, che è la esistenza di un progetto condiviso e approvato dagli amministratori, quale espressione della loro attività e responsabilità gestoria; il progetto da sottoporre alla assemblea deve, infatti, promanare dal solo organo a ciò espressamente abilitato dalla legge.
In difetto di una specifica disciplina sul funzionamento del CdA nelle s.r.l., la lacuna potrà essere integrata con la disciplina delle s.p.a. in quanto compatibile e, in particolare, possono estendersi alle s.r.l. le disposizioni relative ai poteri del presidente del CdA e alle modalità di convocazione del consiglio. L’art. 2381, co. 1, c.c. prevede, infatti, un’articolata disciplina dei poteri del presidente del CdA, che spaziano dal potere di convocare il consiglio, a quello di fissare l’ordine del giorno delle riunioni, di coordinare i lavori e di provvedere affinchè siano fornite a tutti i consiglieri adeguate informazioni sulle materie in discussione. Rientra nei poteri di coordinamento dell’attività del CdA spettante al presidente anche quello di verificare la regolare costituzione dell’adunanza, di dichiarare aperta la seduta, di regolare il potere di intervento dei presenti, di moderare la discussione, di porre in votazione le diverse proposte, di proclamare i risultati della votazione, nonché di controllare la redazione del verbale e di dichiarare sciolta la seduta.