Art. 2476 c.c.
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Azione sociale di responsabilità davanti al giudice incompetente e traslatio iudicii
In caso di traslatio iudicii ex artt. 50 c.p.c. e 125 disp. att. c.p.c., la riassunzione davanti al giudice competente va effettuata con comparsa – o atto equipollente, citazione o ricorso, che tuttavia presenti i requisiti formali ex art. 125 disp. att. c.p.c. – da notificarsi alla controparte (al procuratore costituito o alla parte personalmente se non costituita) entro il termine assegnato dal giudice dichiaratosi incompetente, o entro tre mesi dalla comunicazione della pronuncia di incompetenza. Se la forma dell’atto non è vincolante, è invece indispensabile che la notifica avvenga nel termine prescritto, a pena di estinzione del processo.
Rapporti tra azione cautelare di revoca degli amministratori ex art. 2476, terzo comma, c.c. e denuncia al tribunale ex art. 2409 c.c. nell’ambito delle società a responsabilità limitata alla luce della riforma della crisi d’impresa
Alla luce della re-introduzione nel 2020 dell’istituto della denuncia al Tribunale ex art. 2409 c.c. anche per le s.r.l., deve chiaramente affermarsi che ogni qualvolta i soci lamentino, attraverso i diversi indicatori della società, di sospettare gravi irregolarità gestionali frutto di violazione di doveri, centrando solo sulla regolarità della gestione corrente l’oggetto delle censure con un petitum coincidente al ripristino della corretta gestione, non v’è dubbio che tali censure vadano incanalate nell’unico strumento in grado di accertare in itinere l’esistenza delle irregolarità e la loro gravità, e di procedere alla rimozione delle stesse con la nomina di un amministratore giudiziario, ossia un ricorso ex art. 2409 c.c. E ciò, a maggior ragione, quando i soci esprimono una minoranza, per cui più che alla rimozione in sé dell’organo di gestione (che può anche avvenire, ma alla quale seguirebbe la nomina di altro amministratore sempre da parte della stessa maggioranza) essi hanno interesse a che, tramite il tribunale, vi sia il ripristino della corretta gestione anche in contrasto con la maggioranza.
Invece, quando le censure attengono a fatti consumati ed il petitum coincide con il ripristino in quella fase della corretta gestione, perché l’interesse della società, e del socio che agisce in giudizio, è salvaguardato dalla rimozione dell’amministratore e dal ripristino del pregiudizio patrimoniale subito dalla società, non v’è dubbio che il rimedio sia quello di cui all’art. 2476, terzo comma, c.c.
In altri termini, alla luce della reintroduzione dell’esperibilità della denunzia ex art. 2409 c.c. per le s.r.l., è venuto meno il presupposto che nel 2005 aveva giustamente mosso la Consulta ad affermare che il rimedio cautelare di cui all’art. 2476, terzo comma, c.c. potesse essere sganciato dall’azione risarcitoria, là dove parte del percorso motivazionale fondava l’allargamento della tutela proprio al venir meno, all’epoca, del rimedio naturale per la rimozione dell’amministratore di cui all’art. 2409 c.c. Con la conseguenza che quando la revoca dell’amministratore è funzionale al ristoro del pregiudizio patrimoniale l’interesse sarà tutelato proprio dalla fattispecie di cui all’art. 2476, terzo comma, c.c., mentre quando essa è funzionale al ripristino della corretta gestione l’interesse del socio sarà tutelato con l’attivazione del rimedio di cui all’art. 2409 c.c.
Effetti dell’accordo transattivo nei confronti degli altri amministratori convenuti in solido e onere di produzione da parte del creditore
In tema di società di capitali, la delibera assembleare con la quale è autorizzato il promovimento dell’azione sociale di responsabilità ex art. 2393 c.c. deve contenere l’individuazione degli elementi costitutivi dell’azione, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo.
E’ onere del creditore che abbia concluso nel corso del giudizio una transazione che ha sciolto il vincolo di solidarietà con solo alcuni dei debitori in solido convenuti produrre in causa la transazione per dimostrare il quantum della sua residua obbligazione verso i debitori non transigenti; l’omessa produzione della transazione implica sul piano della prova la mancata dimostrazione del quantum della obbligazione risarcitoria su cui il Tribunale è chiamato a pronunciare la condanna: senza la produzione della transazione o in altro modo offrire la prova del suo contenuto non è dato al giudice determinare il quantum della obbligazione residua cui i convenuti devono essere condannati. Infatti, “ove la transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideate di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’ accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.” (Cass SU 30174/2011).
Relativamente alle domande risarcitorie per responsabilità contrattuale, il criterio di riparto dell’onere di allegazione e prova dei fatti costitutivi è regolato dagli artt. 1218 e 2697 cc e dal principio della vicinanza della prova, in forza dei quali spetta a chi agisce in risarcimento allegare e provare la fonte legale o convenzionale dell’obbligazione che si assume totalmente o parzialmente inadempiuta, la condotta, il danno ed il nesso causale tra la prima e il secondo; incombe, invece, al convenuto provare di avere adempiuto esattamente o di non avere potuto adempiere per causa a sé non imputabile, ovvero altri fatti idonei a paralizzare la pretesa attorea [nel caso in esame, la Società attrice, aveva dunque l’onere – per provare il suo credito risarcitorio verso i convenuti coobbligati in solido rimasti in causa – di produrre in giudizio gli accordi transattivi intervenuti e ciò al fine di dimostrare il residuo danno oggetto del petitum; omettendo la produzione delle transazioni l’attrice è venuta meno all’onere di fornire elementi a sua disposizione e necessari per provare il quantum del residuo danno nel suo preciso ammontare. Né può presumersi che i co debitori transigenti abbiano transatto per un importo non superiore alla loro quota di responsabilità, potendosi apprezzare tale elemento solo in concreto alla luce del contenuto della transazione in relazione all’apporto causale della condotta di ciascun transigente].
Inadempimento degli obblighi conservativi ex art. 2486 c.c. e quantificazione del danno
Ai sensi dell’art. 2489 c.c., il liquidatore ha il potere/dovere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società e deve adempiere i suoi doveri con la professionalità e diligenza richieste dalla natura dell’incarico, rispondendo per gli eventuali danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri secondo le norme in tema di responsabilità degli amministratori.
L’azione sociale di responsabilità ha natura contrattuale e dunque, quanto al riparto dell’onere della prova, spetta al fallimento allegare l’inadempimento, ovvero indicare il singolo atto gestorio che si pone in violazione dei doveri degli amministratori (e dei sindaci) posti dalla legge o dallo statuto e il danno derivante da tale inadempimento, mentre è onere dei convenuti contrastare lo specifico addebito, fornendo la prova dell’esatto adempimento.
Azione di responsabilità nei confronti degli attuali amministratori di s.r.l. con estensione a carico dei precedenti
In un giudizio di responsabilità di amministratori, di fatto o di diritto, di società a responsabilità limitata, la circostanza per cui il socio amministratore convenuto chiami in causa, quali corresponsabili, i precedenti amministratori integra la fattispecie di cui all’art. 2476, co. 3, c.c. esercitata dal socio amministratore in surroga alla società. Corresponsabilità che, tuttavia, incontra un limite nel decorso del periodo di prescrizione quinquennale dalla cessazione della carica di amministratore.
In tale giudizio di responsabilità, che assume rilievo ogni qual volta risulti violato, dagli amministratori di fatto o di diritto, il dovere di diligenza professionale posto dagli artt. 2392 e 2476 c.c. e che si sostanzia nella gestione del patrimonio sociale e nella conduzione dell’attività economica nel modo più idoneo agli interessi della società, quest’ultima (o il socio che agisce in surroga ai sensi dell’art. 2476, co. 3, c.c.) ha soltanto l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni, l’illiceità delle condotte ed il nesso di causalità tra queste ed il danno verificatosi; grava invece sugli amministratori, di fatto o di diritto, convenuti l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.
Mancata convocazione dell’assemblea per la ricapitalizzazione ex art. 2482 ter c.c. e responsabilità dell’amministratore unico
Il mancato adempimento dell’obbligo di convocare l’assemblea per la ricapitalizzazione di una s.r.l. ex art. 2482 ter c.c. non integra di per sé una responsabilità dell’amministratore nei confronti del creditore sociale insoddisfatto, atteso che, ove l’amministratore avesse ottemperato all’obbligo richiamato, i soci avrebbero potuto scegliere, in luogo della ricapitalizzazione, l’alternativa loro offerta dalla legge di sciogliere la società, cui sarebbero comunque conseguite l’incapienza del patrimonio sociale e, quindi, l’infruttuosità di qualsiasi tentativo di escussione del creditore.
Azione di responsabilità ex art. 2476 c.c.: profili processuali e natura del debito risarcitorio
L’art. 2476, co. 3, c.c. contempla un’ipotesi di sostituzione processuale che rende comunque necessaria la compartecipazione al giudizio della società titolare del credito risarcitorio, in quanto nel suo patrimonio confluirà la somma eventualmente liquidata all’esito positivo del giudizio, onde, la sua presenza attiva, con possibilità anche di resistere all’azione, si giustifica anche in ragione del brocardo nemo invitus locupletari potest.
Alla luce del disposto dell’art. 2476 c.c., chi non riveste il ruolo di legale rappresentante, socio e/o creditore della società non è legittimato in alcun modo ad agire per conto e/o in luogo di quest’ultima per far valere la responsabilità degli amministratori.
L’interesse richiesto per la legittimazione all’intervento adesivo dipendente nel processo in corso fra altri soggetti (art. 105, co. 2, c.p.c.), deve essere non di mero fatto, ma giuridico, nel senso che tra adiuvante e adiuvato deve sussistere un vero e proprio rapporto giuridico sostanziale, tal che la posizione soggettiva del primo in questo rapporto possa essere – anche solo in via indiretta o riflessa – pregiudicata dal disconoscimento delle ragioni che il secondo sostiene contro il suo avversario in causa.
Azione personale del socio nei confronti dell’amministratore di una società di capitali
L’azione individuale del socio nei confronti dell’amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l’art. 2395 c.c., in tema di s.p.a., e l’art. 2476, co. 7, c.c., in tema di s.r.l., esigono che il singolo socio sia stato danneggiato direttamente dagli atti colposi o dolosi dell’amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società. La mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione non costituiscono danno diretto del singolo socio, poiché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all’eventuale delibera assembleare di distribuzione e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell’amministratore.
L’azione del terzo creditore ex art. 2476, comma 7 c.c.: onere della prova
La riconducibilità della responsabilità ex art. 2476, co. 7, c.c. allo schema della responsabilità aquiliana comporta che è sul creditore che agisce che grava l’onere di allegare in maniera specifica e di provare a) la addebitabilità agli amministratori, di omissioni e condotte in violazione degli obblighi specifici e dei doveri connessi alla carica rivestita; b) i pregiudizi patrimoniali diretti asseritamente subiti e, non ultimo, c) il nesso eziologico tra gli addebiti formulati ed i danni prospettati.
La natura contrattuale della responsabilità del curatore fallimentare, del commissario giudiziale e del liquidatore nel concodato preventivo
Le azioni esperibili nei confronti dei commissari e dei liquidatori giudiziali di una procedura di concordato preventivo sono le stesse previste per il curatore fallimentare. Infatti, ai sensi dell’art. 182 l.fall., qualora il concordato consista nella cessione dei beni e non sia diversamente disposto, il tribunale nomina nel decreto di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione. La stessa norma rimanda alle norme applicabili al curatore fallimentare e, in particolare, richiama gli artt. 37 e 38 l.fall. in tema di revoca e responsabilità.
L’azione volta al riconoscimento della responsabilità del curatore fallimentare ex art. 38 l.fall. ha natura contrattuale, in considerazione della natura del rapporto (equiparabile lato sensu al mandato) e del suo ricollegarsi alla violazione degli obblighi posti dalla legge a carico dell’organo concorsuale. Infatti, la responsabilità nella quale incorre il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta (art. 1218 c.c.) può dirsi contrattuale non soltanto nel caso in cui l’obbligo di prestazione derivi propriamente da un contratto, nell’accezione che ne dà il successivo art. 1321 c.c., ma anche in ogni altra ipotesi in cui essa dipenda dall’inesatto adempimento di un’obbligazione preesistente, quale che ne sia la fonte, potendo discendere anche dalla violazione di obblighi nascenti da situazioni (non già di contratto, bensì) di semplice contatto sociale, ogni qual volta l’ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in tali situazioni, un determinato comportamento. In altri termini, la distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale sta essenzialmente nel fatto che quest’ultima consegue dalla violazione di un dovere primario di non ledere ingiustamente la sfera di interessi altrui, onde essa nasce con la stessa obbligazione risarcitoria, laddove quella contrattuale presuppone l’inadempimento di uno specifico obbligo giuridico già preesistente e volontariamente assunto nei confronti di un determinato soggetto (o di una determinata cerchia di soggetti.