Art. 2476 c.c.
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Esercizio del diritto di consultazione ex art. 2476 c.c. da parte del socio titolare di quote pignorate
La legittimazione del socio privo di incarichi gestori ad esercitare il diritto di controllo della documentazione sociale ex art. 2476 c.c. sussiste anche in presenza di pignoramento delle quote di proprietà dello stesso, data la struttura prettamente individuale del diritto di ispezione, indipendentemente dall’interpretazione della disciplina ex art. 2352 c.c. (richiamata per le S.r.l. dall’art. 2471-bis c.c.) in tema di esercizio del diritto di voto e degli altri diritti amministrativi in caso di pegno e sequestro delle quote.
Distinzione tra difetto di legittimazione attiva e difetto di titolarità. Sentenza penale di condanna generica al risarcimento dei danni e giudizio civile.
Allorché un socio eserciti un’azione di responsabilità nei confronti di un amministratore di società fallita per pregiudizio al patrimonio sociale, non si pone un problema di difetto di legittimazione attiva (che configura una condizione dell’azione – eccepibile in ogni grado e stato del giudizio e rilevabile d’ufficio dal giudice – che dev’essere accertata in relazione non già alla sua concreta sussistenza, bensì alla sua affermazione con l’atto introduttivo del giudizio), ma un difetto di titolarità del rapporto controverso che viene determinata con riferimento al rapporto dedotto in giudizio, nel senso che parti legittime sono quelle indicate come parti del rapporto sostanziale.
Ai sensi dell’art. 651 c.p.p. la sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel processo civile di risarcimento del danno quanto all’accertamento della sussistenza del fatto e della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, con esclusione della colpevolezza, il cui esame è autonomamente demandato al giudice civile. Detta sentenza non è, inoltre, vincolante con riferimento alle valutazioni e qualificazioni giuridiche attinenti agli effetti civili della pronuncia, quali sono quelle che riguardano l’individuazione delle conseguenze dannose che possono dare luogo a fattispecie di danno risarcibile.
La condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non esige e non comporta alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e della probabile esistenza di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, salva restando nel giudizio di liquidazione del “quantum” la possibilità di esclusione della esistenza stessa di un danno collegato eziologicamente all’evento illecito. In definitiva, nel nostro ordinamento, spetta al giudice civile ogni valutazione in ordine alla sussistenza del danno, al nesso di causalità e alla liquidazione del pregiudizio, dovendo egli accertare se la condotta penalmente rilevante abbia cagionato alla vittima una lesione della sfera personale o patrimoniale idonea ad assurgere al rango di violazione costituzionalmente rilevante. La decisione di condanna generica al risarcimento emessa dal giudice penale contiene implicitamente l’accertamento del danno evento e del nesso di causalità materiale tra questo e il fatto-reato, ma non anche quello del danno conseguenza, per il quale si rende necessaria un’ulteriore indagine, in sede civile, sul nesso di causalità giuridica fra l’evento di danno e le sue conseguenze pregiudizievoli.
La responsabilità solidale del socio di s.r.l. ex art. 2476 co. 8 c.c.: ambito applicativo e limiti
La responsabilità solidale del socio prevista dall’art. 2476 comma 8 c.c., richiede – per la sua operatività – che i soci abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato atti dannosi per la società, per i soci o per i terzi. Le espressioni “decidere” e “autorizzare” assumono valore in considerazione della specifica disciplina normativa riferita dal codice civile alle s.r.l.: la circostanza che in materia di s.p.a. non è prevista una responsabilità dei soci è diretta conseguenza della mancanza di una norma simile a quella dell’art. 2479 c.c., che prevede la possibilità che gli statuti delle s.r.l. riservino poteri gestionali ai soci. Tale responsabilità sussiste anche nell’ipotesi in cui, in assenza di un conferimento formale al socio di potere gestorio, questi abbia di fatto “concorso” nell’operazione intrapresa dall’amministratore ovvero il socio abbia espresso la propria approvazione in termini autorizzativi, quindi ex ante.
Per quanto riguada l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2476 co.8 c.c. e formalizzato dall’uso del termine “intenzionalmente”, esso introduce, in sostanza, un limite alla responsabilità dei soci: occorre infatti che si provi il dolo degli stessi, i quali dovrebbero aver previsto e voluto l’atto (deciso o autorizzato) dannoso per la società. Ai fini della configurabilità della responsabilità solidale del socio è richiesta una specifica connotazione soggettiva dell’agire del socio stesso, il quale potrà essere coinvolto nella responsabilità degli amministratori solo con riferimento ad atti gestori dannosi decisi o autorizzati nella piena consapevolezza delle caratteristiche dell’atto e delle possibili conseguenze, non essendo invece sufficiente la mera volontà di intervenire nella gestione della società.
L’esercizio del diritto di voto del socio in assemblea – ivi compresa quella di approvazione del bilancio – costituisce prerogativa della qualità del socio che non appare censurabile di per sé ai fini della responsabilità solidale del socio ex art. 2476 co. 8 c.c., in assenza di ulteriori elementi di allegazione o prova in ordine all’ingerenza nell’attività gestoria.
Azione di responsabilità civile da parte del curatore del fallimento in s.r.l. nei confronti dell’amministratore di fatto
La corretta individuazione della figura dell’amministratore di fatto, di cui all’art. 2639 c.c., richiede l’accertamento dell’avvenuto inserimento nella gestione dell’impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società, [ LEGGI TUTTO ]
Responsabilità degli amministratori per finanziamenti infragruppo a favore della controllante.
Difetto di autorizzazione assembleare per lo svolgimento di azione di responsabilità
In caso di carenza di rappresentanza processuale o di autorizzazione, mentre ai sensi dell’art. 182 c.p.c. il giudice che rilevi d’ufficio tale difetto deve promuoverne la sanatoria (assegnando alla parte un termine di carattere perentorio senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze di carattere processuale), nella diversa ipotesi in cui detto vizio sia stato tempestivamente eccepito da una parte l’opportuna documentazione va prodotta immediatamente, giacché su tale rilievo il destinatario è chiamato a contraddire senza potersi giovare del termine sanante.
Azione di responsabilità ex art. 2476 c.c.: natura e onere della prova
La norma di cui all’art. 2476 c.c. struttura la responsabilità degli amministratori in termini colposi, come emerge dal primo comma della disposizione menzionata, in cui si fa riferimento alla inosservanza dei doveri quale criterio di valutazione e di imputazione della responsabilità (richiamo che sarebbe in contrasto con una valutazione in termini oggettivi della responsabilità), e dalla circostanza che il prosieguo della norma consente all’amministratore di andare esente da responsabilità, fornendo la prova positiva di essere immune da colpa. Il comportamento rilevante ai fini dell’esercizio dell’azione di responsabilità è solamente quello che abbia causato un danno; la mancanza del danno rende irrilevante il comportamento inadempiente ai fini dell’azione in esame, perché essa tende per sua natura al risarcimento.
Dalla qualificazione in termini di responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c. della responsabilità nei confronti della società consegue che sull’attore (società o curatore fallimentare che sia) grava esclusivamente l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni agli obblighi (trattandosi di obbligazioni mezzi e non di risultato), anche solo mediante allegazione, oltre agli elementi costitutivi della domanda risarcitoria quali il nesso di causalità e il danno verificatosi; mentre, incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.
Esercizio dell’azione di responsabilità ex art. 146 l.f.: il parametro di riferimento è l’effettiva consistenza patrimoniale della società
Il curatore del fallimento di una società di capitali che esercita azione di responsabilità ex art. 146 l.f. nei confronti dell’amministratore unico e liquidatore della stessa deve dare prova degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore e a quella del liquidatore differenziando tra gli obblighi specifici che gravano sull’amministratore di una società in bonis e i compiti del liquidatore dovendo consistere il parametro di riferimento per l’esercizio dell’azione nell’effettiva consistenza patrimoniale della società a prescindere dalla rappresentazione che della stessa viene data in bilancio non essendo, peraltro, il curatore fallimentare legittimato a proporre azione in vece di quei creditori che potrebbero aver subito un danno diretto per aver fatto affidamento su una consistenza patrimoniale insussistente che, se del caso, potranno tutelarsi con l’azione ex artt. 2395 e 2476, c. 7, c.c.
Nessun danno subiscono creditori (e società) da bilanci non veritieri.
Responsabilità dell’amministratore per disinteresse nella gestione sociale e distrazione del denaro sociale
L’amministratore che si disinteressa completamente della gestione sociale prestandosi a fornire copertura alla gestione di fatto da parte di un soggetto non investito della carica o che non reagisce ai comportamenti prevaricatori di colui che si ingerisce nella gestione viene, per ciò solo, gravemente meno ai doveri derivanti dall’incarico che gli impongono una condotta coerente con le esigenze di tutela dell’integrità del patrimonio sociale. Né le condotte distrattive compiute da uno degli amministratori sono estranee al dovere di vigilanza sulla gestione complessiva dell’impresa gravante sull’altro, in modo tale da esonerarlo dalla responsabilità per la perdita subita dal patrimonio sociale.
Con riguardo alla responsabilità dell’amministratore per la violazione degli obblighi inerenti la conservazione dell’integrità del patrimonio sociale compromessa da prelievi di cassa o pagamenti a
favore di terzi ingiustificati per la mancanza di idoneo riscontro nella contabilità e documentazione sociale della loro causa, deve ritenersi dimostrata per presunzioni la distrazione del denaro sociale da parte dell’amministratore ove non provi la riferibilità alla società delle spese o la destinazione dei pagamenti all’estinzione di debiti sociali.
Esercizio del diritto di controllo ex art. 2476 c.c.
La s.r.l. è tenuta a soddisfare l’esercizio del diritto di controllo ex art 2476 c.c., nei limiti in cui tale esercizio non risulti vessatorio o fatto con deliberato proposito di ledere gli interessi societari. L’esercizio di tale diritto può ingenerare bisogno di approfondimenti e dare luogo a nuove richieste, che l’organo amministrativo è tenuto a soddisfare ai sensi dell’art. 2476, comma secondo, c.c. [ LEGGI TUTTO ]