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Art. 2479 ter c.c.
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27 Gennaio 2025

Cause di esclusione del socio di S.r.l. ed impugnazione delle relative delibere assembleari

L’esclusione del socio è possibile solo in caso di renitenza al versamento della quota di capitale da lui dovuta e all’esito del relativo procedimento (articolo 2466 c.c.), ovvero quando l’atto costitutivo lo consenta, ma in quest’ultimo caso, data la necessità di permettere ai soci di evitare la “sanzione” conoscendo preventivamente le condotte che potrebbero darvi causa, si richiede la previa individuazione delle ipotesi che potrebbero integrare una giusta causa di cessazione del vincolo sociale. La clausola statutaria che disciplina l’esclusione del socio, proprio per questa esigenza di consentire la verifica puntuale della ricorrenza della causa di esclusione nel caso concreto, deve quindi descrivere specificamente, a pena di nullità per indeterminatezza, la condotta suscettibile di integrarla.

27 Gennaio 2025

Esclusione del socio e specificità della previsione statutaria

L’esclusione del socio è possibile solo in caso di inadempimento al versamento della quota di capitale da lui dovuta e all’esito del relativo procedimento (art. 2466 c.c.), salvo che lo statuto preveda specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa, dettagliando le condotte sanzionabili. La clausola statutaria che disciplina l’esclusione del socio, proprio per questa esigenza di consentire la verifica puntuale della ricorrenza della causa di esclusione nel caso concreto, deve quindi descrivere specificamente, a pena di nullità per indeterminatezza, la condotta suscettibile di integrarla. Per giusta causa di esclusione deve intendersi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto.

9 Ottobre 2024

Nullità di delibere assembleari e responsabilità degli amministratori di S.r.l.

Nelle società a responsabilità limitata, la convocazione dell’assemblea inviata ad un indirizzo diverso da quello risultante dal registro delle imprese, senza prova della sua ricezione da parte del socio, integra l’ipotesi di “assenza assoluta di informazione” di cui all’art. 2479-ter, comma 3, c.c., determinando la nullità della delibera assembleare.
L’invalidità della nomina dell’amministratore di una s.r.l. non comporta automaticamente l’inefficacia degli atti da lui compiuti, configurandosi la fattispecie dell’amministratore di fatto. Le limitazioni o i vizi dell’atto di nomina non sono opponibili ai terzi, salvo che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società.
L’amministratore di una società immobiliare che aliena un bene sociale a un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato, basandosi su una perizia inattendibile e ignorando precedenti stime di valore superiore, viola i doveri di corretta gestione e risponde del danno causato alla società, quantificabile nella differenza tra il valore di mercato del bene e il prezzo di vendita.

24 Luglio 2024

Abuso di maggioranza: presupposti e conseguenze

La delibera assembleare con cui la società decide la vendita di un immobile per ripianare l’esposizione debitoria e risanare la situazione finanziaria non è illegittima per abuso della maggioranza, non essendo diretta al perseguimento di un interesse dei soci di maggioranza personale e antitetico rispetto a quello sociale o teso alla lesione intenzionale gli interessi del socio di minoranza, bensì alla tutela dell’interesse sociale. Ciò tanto più ove il prezzo di cessione del cespite sia di mercato e non vile e ove l’immobile alienato non sia strumentale all’attività sociale. Sotto il profili risarcitorio, poi, il singolo socio non è legittimato a pretendere alcun risarcimento del danno per l’eventuale pregiudizio subito per pretesa dismissione a prezzo non congruo di un cespite sociale, potendo solo agire per il danno diretto subito nella sua qualità di socio e non per danno indiretto, patito direttamente dalla società.

Il difetto di legittimazione del soggetto che ha predisposto la bozza di bilancio – per essere l’amministratore di fatto della società, non investito efficacemente dall’assemblea della carica – non si trascina né inficia la costituzione dell’assemblea né le sue scelte, poiché tale vizio è circoscritto alla sola fase di redazione della bozza. Nel momento in cui tale bozza è presentata all’assemblea e approvata a maggioranza dei soci, il vizio di procedibilità è assorbito dall’espressione dei volontà dei soci. Costituisce, invece, un vizio rilevante ai fini dell’annullabilità della delibera il mancato deposito del progetto di bilancio e dei suoi allegati presso la sede sociale nei quindici giorni precedenti all’assemblea ai sensi dell’art. 2429, comma 3 c.c. richiamato dall’art. 2429 ter c.c..

23 Luglio 2024

Usufrutto di quota: diritti di intervento, di voto e di impugnazione delle deliberazioni

L’usufruttuario di quota è titolare del diritto di impugnare la delibera assembleare. Tale diritto, infatti, deve intendersi come strettamente connesso al diritto di voto e non può interpretarsi in un’accezione tale da frustrare i diritti partecipativi degli usufruttuari di quota.
In assemblea, ai fini del quorum costitutivo e di quello deliberativo, l’intervento e il voto espresso del  nudo proprietario non possono essere computati, in quanto privo dei relativi diritti partecipativi.
L’art. 2377, comma 8, c.c., norma dettata in materia di società per azioni – ai sensi della quale l’annullamento della deliberazione assembleare non può avere luogo se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello Statuto – si applica, in quanto compatibile, anche alle s.r.l. per effetto del richiamo espresso contenuto nell’art. 2479-ter, u.c., c.c.,

29 Giugno 2024

Abuso di maggioranza e conflitto di interessi nell’aumento del capitale mediante compensazione

Il conflitto di interessi implica una vera e propria incompatibilità fra l’interesse concreto della società e quello del socio, messo in gioco nell’esercizio del voto e non può ritenersi sussistente per il solo fatto che la maggioranza abbia dato corso a un aumento di capitale con “minimo sforzo economico” mediante compensazione con i crediti vantati dai soci stessi per i finanziamenti precedentemente effettuati in favore della società.

Rispetto all’abuso di maggioranza, va ricordato che il socio è pienamente libero di votare le delibere secondo la valutazione del suo proprio interesse, con il solo limite di non esercitare il voto secondo mala fede, ciò che avviene quando il voto è esercitato con il solo scopo di danneggiare gli altri soci, senza che vi sia alcun legittimo interesse proprio. In tale contesto, l’interesse della società, spesso di difficile individuazione, rimane sullo sfondo: ma nella materia dell’aumento di capitale plurimi indici normativi favorevoli agli aumenti (anche della disciplina transitoria del periodo Covid) spingono a considerare l’aumento di capitale tendenzialmente come fatto che risponde sempre all’interesse della società.

Se anche l’aumento è ottenuto mediante liberazione da debiti, senza iniezione di capitale, ciò è sempre di vantaggio della società, che vede anche aumentare il patrimonio netto. Quando si tratta di convertire in capitale delle pregresse effettive iniezioni di liquidità dei soci, non si fa che dare risposta a quella esigenza, normativamente tutelata anche mediante la disciplina della postergazione, secondo la quale le necessità della società vanno sovvenute dai soci mediante aumento di capitale.

L’art. 2467 c.c., stabilendo che siano postergati i finanziamenti soci che siano fatti quando sarebbe invece opportuno un conferimento, non stabilisce una regola sterile e meramente punitiva per il socio, ma sottende la regola dell’obbligo del socio di aumentare il capitale, quando ciò è necessario, se vuole che il programma societario proceda.

Sulla sospensione della deliberazione di esclusione del socio di s.r.l.

L’art. 2378, co. 3, c.c., applicabile anche alle società a responsabilità limitata in forza del richiamo contenuto nell’art. 2479 ter, co. 4, c.c., configura una misura cautelare tipica, diretta a ottenere la sospensione dell’esecuzione della delibera assembleare impugnata, per la concessione della quale il giudice è tenuto a verificare la sussistenza del fumus boni juris e del periculum in mora, quest’ultimo da ravvisarsi, come precisato dall’art. 2378, co. 4, c.c., all’esito di una comparazione tra il pregiudizio che deriverebbe al ricorrente dall’esecuzione della delibera impugnata e quello che deriverebbe alla società dalla sospensione della delibera medesima.

La valutazione comparativa del pregiudizio che subirebbe il socio escluso dall’esecuzione della delibera e quello che subirebbe la società dalla sospensione dell’esecuzione della deliberazione ai sensi dell’art. 2378, co. 3, c.c. implica una comparazione di interessi di per sé autonoma rispetto all’apprezzamento del fumus, nel senso che, anche in presenza di fumus di fondatezza dell’impugnazione, laddove il pregiudizio della società convenuta risulti più grave di quello dell’impugnante, non dovrà essere accolta la richiesta cautelare di sospensione, la tutela della posizione dell’impugnante restando comunque affidata, in caso di irreversibilità dell’esecuzione della delibera, ai meccanismi risarcitori previsti dal sistema normativo, il quale nella materia in esame prevede altri casi in cui la tutela reale – rappresentata dall’annullamento della delibera – recede rispetto alla tutela risarcitoria.

L’esclusione del socio di s.r.l. è possibile solo nell’ipotesi – e all’esito del procedimento previsto per il caso – di renitenza del socio al versamento della quota di capitale da lui dovuta (ex art. 2466 c.c.), ovvero quando l’atto costitutivo lo consenta. Tuttavia, anche in tale secondo caso, per l’ovvia esigenza di consentire ai soci di evitare tale gravissima sanzione privata conoscendo preventivamente le condotte che potrebbero darvi causa, in ipotesi specifiche, espresse e tassative, che integrino, sotto il profilo contenutistico, una giusta causa di cessazione del vincolo sociale (ex art. 2473 bis c.c.).

Invalidità della delibera assembleare di s.r.l. per partecipazione di un soggetto non legittimato

La delibera assembleare di una s.r.l. è invalida se assunta con il voto determinante di un soggetto non legittimato ad esercitare i diritti sociali. In caso di trasferimento mortis causa di quote sociali, l’erede o legatario acquista la qualità di socio e la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali solo dopo aver adempiuto alle formalità pubblicitarie previste dall’art. 2470 c.c., tra cui il deposito presso il registro delle imprese della documentazione attestante la qualità di erede/legatario. La mancata iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese comporta l’inefficacia dello stesso nei confronti della società, senza possibilità di provare la conoscenza del trasferimento da parte degli organi sociali. Pertanto, è invalida la delibera assunta con il voto determinante dell’erede non iscritto, in quanto soggetto estraneo alla compagine sociale e non legittimato all’esercizio dei diritti sociali.

10 Giugno 2024

Delibera di ratifica di deliberazione invalida: questioni processuali

L’adozione di una delibera assembleare di ratifica della decisione dei soci impugnata non preclude l’esame nel merito della domanda cautelare relativa a tale impugnazione. Tuttavia, ai fini della valutazione della verosimile fondatezza dell’impugnazione, è necessario esaminare, in via incidentale, anche la legittimità e l’idoneità della delibera di ratifica a rimuovere la causa di invalidità contestata nella decisione originaria.

6 Giugno 2024

Invalidità della delibera assembleare sull’aumento dei compensi degli amministratori per conflitto di interessi

È invalida ai sensi dell’art. 2479 ter la delibera avente ad oggetto l’aumento dei compensi degli amministratori, assunta con il voto determinante del socio di maggioranza che riveste anche la carica di amministratore ogniqualvolta il compenso risulti di misura sproporzionata ed irragionevole rispetto alle dimensioni dell’impresa e all’impegno richiesto per la sua gestione o al risultato economico dell’attività.

Difatti, la configurabilità della fattispecie tipica di annullabilità della decisione assembleare prevista dall’art. 2479 ter comma 2 c.p.c. presuppone che:

(i) il socio che esprime il voto sia portatore di un interesse personale o di terzi tale da non poter essere soddisfatto se non con il sacrificio del confliggente interesse della società

(ii) e la decisione assunta sia almeno potenzialmente dannosa per la società, non essendo sufficiente il solo conflitto di interessi a giustificare l’annullamento delle deliberazione.

Dunque, il socio di maggioranza che riveste anche la carica di amministratore, portatore dell’interesse personale a percepire la retribuzione più elevata, versa necessariamente in posizione di conflitto di interessi con la società, interessata, invece, al massimo contenimento dei costi di esercizio dell’impresa. Peraltro, nella valutazione dell’annullabilità della deliberazione determinativa del compenso del socio amministratore adottata con il suo voto determinante è essenziale, quindi, l’accertamento della sproporzione ed irragionevolezza del compenso attribuito che, aggravando ingiustificatamente i costi dell’esercizio dell’impresa comune, costituisce sintomo inequivocabile del pregiudizio per l’interesse sociale.