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Art. 2485 c.c.
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12 Luglio 2019

Responsabilità dell’amministratore di fatto per il pregiudizio arrecato al patrimonio sociale dalla prosecuzione dell’attività al verificarsi di scioglimento ex lege

Colui che, benché privo di investitura formale, si accerti essere inserito nella gestione della società, impartendo direttive e condizionandone le scelte operative, va considerato amministratore di fatto allorché tale ingerenza non si esaurisca nel compimento di atti eterogenei ed occasionali, ma riveli carattere di sistematicità e completezza, esplicandosi in poteri analoghi, se non addirittura superiori, a quelli spettanti agli amministratori di diritto.

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21 Giugno 2019

Il dissidio fra gli unici due soci di s.r.l. e lo scioglimento giudiziale della società

Il dissidio fra gli unici due soci di una srl caratterizzata da una distribuzione paritetica fra gli stessi del capitale sociale cristallizzato nella mancata approvazione dei bilanci sociali comporta lo scioglimento della stessa ex art. 2484 I comma n.3 cod.civ. [ LEGGI TUTTO ]

17 Giugno 2019

Determinazione del danno in caso di prosecuzione dell’attività al verificarsi di una causa di scioglimento

Per la determinazione del danno causato dalla violazione del divieto di prosecuzione dell’attività in seguito al verificarsi di una causa di scioglimento, il criterio a cui fare riferimento è quello della cd. differenza dei netti patrimoniali. Con tale criterio, il danno viene calcolato come differenza tra i patrimoni netti individuati nel momento in cui si verifica la causa di scioglimento e nel momento del passaggio alla fase di liquidazione (ovvero della dichiarazione di fallimento). In questo modo, il metodo adottato rispetta il nesso di causalità tra il comportamento illegittimo e la produzione del danno, in quanto il dato iniziale – costituito dal patrimonio netto alla data del verificarsi della causa di scioglimento – risulta comprensivo anche delle perdite causate dalla gestione precedente al verificarsi della causa di scioglimento che, in tal modo, non vengono poste a carico della gestione dell’amministratore in relazione al quale viene valutato il comportamento. Il danno in termini di perdita incrementale netta, infatti, consente di apprezzare in via sintetica ma plausibile l’effettiva diminuzione subita dal patrimonio della società per effetto della ritardata liquidazione.

Azione di responsabilità nei confronti di amministratori di s.p.a. e responsabilità degli amministratori privi di deleghe

La presenza di amministratori con funzioni delegate non comporta che gli altri siano esonerati da responsabilità solidale per i comportamenti dei primi che costituiscono inadempimento degli specifici obblighi di condotta della carica rivestita nonché del generale obbligo di amministrazione diligente.

Gli amministratori privi di deleghe sono responsabili se colposamente non abbiano rilevato i segnali, percepibili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, dell’altrui illecita gestione della società e sono tenuti ad agire sulla base delle informazioni ricevute dagli amministratori delegati o, in mancanza, a sollecitare tali informazioni.

29 Aprile 2019

Responsabilità per mancata redazione dei bilanci e delle scritture contabili e per prosecuzione dell’attività d’impresa in assenza dei requisiti di capitale sociale: criteri di determinazione del danno risarcibile

Il curatore che eserciti l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ha l’onere di allegare la specifica violazione dei doveri loro imposti dalla legge e di provare che quelle violazioni abbiano cagionato un pregiudizio alla società. Tale principio opera anche nel caso in cui venisse riconosciuta la violazione relativa alla mancata redazione dei bilanci e delle scritture contabili. Ciò significa che la mancata (o irregolare) tenuta delle scritture contabili, ancorché addebitale all’organo amministrativo, non giustifica che il danno da risarcire sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza fra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare (c.d. deficit fallimentare). Tale criterio di quantificazione del danno, almeno astrattamente, potrebbe essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa ove ne sussistano le condizioni e purché il ricorso a tale criterio, in ragione delle circostanze del caso concreto, risulti plausibile e, in ogni caso, la curatela abbia allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del pregiudizio lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’organo amministrativo. In questo senso, è tuttavia possibile che l’irregolare tenuta delle scritture contabili – non permettendo alla curatela di ricostruire le vicende che hanno condotto all’insolvenza dell’impresa – possa essere addotta, essa stessa, quale causa del danno rappresentato dai maggiori oneri nell’espletamento dei compiti e dall’aggravio dei costi della procedura, non apparendo, invece, plausibile farne discendere la conseguenza dell’insolvenza o dello sbilancio patrimoniale.

Nel caso di prosecuzione di attività d’impresa nonostante l’erosione totale del capitale sociale, l’organo amministrativo può essere ritenuto responsabile delle perdite maturate, laddove sia fornita la prova che le stesse sono state conseguenza delle scelte gestorie assunte dopo la riduzione del capitale sociale e, in ogni caso, può essere chiamato a rispondere solo dell’aggravamento del dissesto cagionato dalle ulteriori perdite che siano derivate dalla condotta illegittima, in quanto commessa al di fuori dei poteri di conservazione del patrimonio sociale. Pertanto, la curatela che intenda far valere la responsabilità dell’organo amministrativo per violazione degli obblighi derivanti dalla perdita del capitale sociale, è tenuta a provare che sono state intraprese iniziative imprenditoriali connotate dall’assunzione di nuovo rischio economico-commerciale e compiute al di fuori di una logica meramente conservativa, ad individuare siffatte iniziative e ad indicare quali conseguenze negative ne siano derivate al netto dei ricavi.

L’assolvimento di tale onere di allegazione può risultare difficoltoso se si considera la natura dinamica e complessa dell’attività d’impresa, e per questa ragione è ammissibile il ricorso a criteri presuntivi e sintetici di prova, e in particolare alla determinazione del danno in via equitativa ex art. 1226 c.c. mediante l’utilizzo del criterio della differenza fra i netti patrimoniali (cioè il patrimonio netto della società al momento in cui l’organo amministrativo avrebbe dovuto accorgersi del verificarsi della causa di scioglimento e il patrimonio netto al momento della sentenza dichiarativa di fallimento). Resta fermo, in ogni caso, che il suddetto criterio presuntivo deve essere applicato con prudente apprezzamento tenendo conto che, in astratto, la prosecuzione dell’attività d’impresa, anche non conservativa, ben potrebbe non aver cagionato alcun danno.

Responsabilità degli amministratori per mancata o irregolare tenuta delle scritture contabili e danno risarcibile

Eventuali irregolarità nella tenuta delle scritture contabili e nella redazione dei bilanci possono certamente rappresentare lo strumento per occultare pregresse operazioni illecite ovvero per celare la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, n. 4, c.c. e così consentire l’indebita prosecuzione dell’ordinaria attività gestoria in epoca successiva alla perdita dei requisiti di capitale previsti dalla legge, ma in tali ipotesi il danno risarcibile è rappresentato all’evidenza, non già dalla misura del “falso”, ma dagli effetti patrimoniali delle condotte che con quei falsi di sono occultate o che grazie a quei falsi sono state consentite. Tali condotte dunque devono essere specificamente contestate da chi agisce per il risarcimento del danno, non potendo il giudice individuarle e verificarle d’ufficio.

Il danno oggi non viene più dunque automaticamente identificato nella differenza tra attivo e passivo fallimentare, a meno che non si dimostri che il dissesto economico della società e il conseguente fallimento si siano verificati per fatto imputabile agli amministratori.

Non è sufficiente, ai fini della configurabilità della responsabilità degli amministratori, addurre che l’evento dannoso è pari al disavanzo fallimentare, bensì occorre dimostrare non solo la specifica violazione dei doveri imposti dalla legge ma anche la correlazione tra tali violazioni e il pregiudizio arrecato alla società. In altri termini, il danno arrecato dagli amministratori responsabili di violazioni della legge e dello statuto va “debitamente provato e quantificato in relazione al concreto pregiudizio arrecato da ciascun atto di mala gestio”.

27 Marzo 2018

Responsabilità per prosecuzione dell’attività in presenza di capitale sociale interamente eroso

Non è addebitabile agli amministratori la responsabilità per aver illecitamente proseguito l’attività in modo eccedente la conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio ex articolo 2485 del codice civile in presenza di capitale sociale interamente eroso – e quindi per non aver accertato senza indugio una causa di scioglimento ex articolo 2485 del codice civile – se l’erosione [ LEGGI TUTTO ]

28 Febbraio 2018

L’azione di responsabilità esercitata dal curatore del fallimento contro l’amministratore di società a responsabilità limitata

In tema di responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata, che sia fallita, deve ritenersi pacifica la legittimazione attiva del curatore, previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, poiché, ai sensi dell’art. 146 L.F., così come riformulato dall’art. 130 del d.lgs. n. 5/2006, tale organo è abilitato all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilità contro gli amministratori, organi di controllo, direttori generali e liquidatori della società. [ LEGGI TUTTO ]

20 Febbraio 2018

Prosecuzione indebita dell’attività e scorretta redazione del bilancio

Non è esente da responsabilità per mala gestio l’amministratore che sostenga di essere un mero prestanome di altro soggetto di riferimento della società. L’amministratore, infatti, che si adegui supinamente alle indicazioni del socio, di fatto trascura ogni controllo sulla correttezza della gestione sociale [ LEGGI TUTTO ]