Art. 2492 c.c.
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Il titolare della quota pignorata è legittimato a impugnare la delibera invalida
Il diritto all’impugnazione della delibera assembleare spetta in maniera concorrente al custode della quota e al socio la cui quota sia stata sottoposta a pignoramento.
La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda e attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione da parte del convenuto. Contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotto dall’attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l’eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori.
La conversione del credito di un socio in versamento in conto futuro aumento di capitale non necessita di una deliberazione assembleare, non essendo materia devoluta alla approvazione dei soci, bensì vertendosi in tema di fattispecie pattizia e necessitando dunque unicamente dell’accordo tra creditore e società, in persona del suo legale rappresentante, e non l’approvazione da parte della assemblea dei soci, che può solo prenderne atto. È dunque rimesso al socio titolare del credito la relativa decisione a cui deve seguire l’accettazione della società. L’adesione di quest’ultima a detta conversione può esser desunta da vari indicatori, tra cui ex latere societatis anche, in assenza di elementi di segno contrario, la collocazione della relativa posta nelle scritture contabili e la sua rappresentazione in bilancio o nelle situazioni patrimoniali.
Anche in corso di liquidazione i soci possono procedere al ripianamento delle perdite mediante riduzione del capitale e sua ricostituzione con apporto di finanza propria dei soci.
Legittimazione attiva e passiva nel reclamo avverso il bilancio finale di liquidazione
Alla proposizione del reclamo avverso il bilancio finale di liquidazione di cui all’art. 2492, co. 3, c.c. sono legittimati attivamente anche i componenti del collegio sindacale; quanto alla legittimazione passiva, essa deve riconoscersi in capo solo ai liquidatori e non già alla società.
Nel caso in cui sia proposto reclamo avverso il bilancio finale di liquidazione (o sia proposta l’azione impugnativa del bilancio sociale), nel caso in cui, nel corso del giudizio, il bilancio sia revocato dall’assemblea dei soci e di tale fatto sia dato atto solo da una parte, non può dichiararsi cessata la materia del contendere, bensì dev’essere rilevata la sopravvenuta carenza di interesse ad agire in capo agli attori, poiché la pronuncia di nullità/annullabilità di un bilancio ormai revocato è inidonea a spiegare alcun effetto utile alla parte che ha proposto la domanda. Invero, la cessione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e non può essere dichiarata laddove la sopravvenienza del fatto sia dedotta da una sola parte e l’altra non aderisca a tale prospettazione.
Nullità del bilancio finale di liquidazione redatto in violazione del principio di chiarezza
Nonostante il codice civile non contenga indicazioni specifiche, il principio contabile OIC 5 indica alcune metodologie utili al fine di una corretta redazione del bilancio finale di liquidazione. Nello stesso si precisa che il bilancio deve contenere lo stato patrimoniale ed il conto economico, per quanto in forma ridotta o completa a seconda della complessità della società, nonché delle esigenze di rendicontazione che caso per caso il liquidatore affronta nell’esecuzione del proprio compito. In relazione alla nota integrativa, nel documento OIC 5 è precisato che il bilancio finale di liquidazione debba essere corredato, come i bilanci intermedi, di una nota integrativa e di una relazione sulla gestione e che un possibile elemento di novità rispetto alle informazioni normalmente richiamate per la nota integrativa dei bilanci intermedi è rappresentato dal necessario approfondimento che si rende indispensabile nel caso di sussistenza nello stato patrimoniale finale di liquidazione di elementi attivi e passivi non ancora realizzati/estinti, ciò per l’eventuale presenza di assegnazioni di beni in natura ai soci o per esposizioni debitorie non ancora estinte. Appare quindi rilevante una corretta e chiara redazione della nota integrativa anche nel bilancio finale di liquidazione, viste le possibili variazioni di poste – in particolare, con riferimento a debiti non ancora estinti –, che possono pregiudicare una corretta interpretazione del bilancio da parte dei soci o dei terzi.
Ai sensi dell’art. 2495 c.c., vige in capo al liquidatore un vero e proprio obbligo di chiedere la cancellazione della società al termine del procedimento di liquidazione, una volta approvato il bilancio finale di liquidazione. I soci hanno la possibilità di impugnare detto bilancio finale di liquidazione nel termine di 90 giorni, come previsto dall’art. 2492, co. 3, c.c., e la vera e propria iscrizione della cancellazione avverrà solo nel caso in cui il conservatore non riceva notizia della presentazione di reclami da parte del cancelliere. La cancellazione, dunque, una volta depositato il bilancio finale di liquidazione e una volta che esso non sia impugnato, non può essere subordinata ad altri eventi.
A seguito dell’estinzione della società si determina un fenomeno di tipo successorio, nel quale le obbligazioni della società non si estinguono, ma si trasferiscono ai soci, i quali, quanto ai debiti sociali, ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione, o illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate, mentre, quanto alle sopravvenienze attive, si determina un acquisto in comunione tra i soci dei diritti e dei beni non compresi nel bilancio finale di liquidazione, escluse le mere pretese e le ragioni creditorie incerte, la cui mancata liquidazione manifesta rinuncia.
Sull’efficacia della clausola di liquidation preference non inserita nello statuto sociale
La clausola di liquidazione preferenziale (cd. “liquidation preference clause“) inserita in un accordo di investimento – e non replicata in alcuna disposizione statutaria – ha efficacia esclusivamente tra i sottoscrittori dell’accordo di investimento nel quale è stata inserita e non è opponibile, all’interno della società, ai soci non aderenti, nell’ambito della distribuzione dell’attivo di liquidazione, non avendo trovato tale clausola di liquidazione preferenziale collocazione nello statuto sociale; il bilancio finale di liquidazione che non abbia correttamente individuato il riparto dell’attivo ai soci deve essere dichiarato invalido.
Sulla revoca del liquidatore e l’impugnazione del bilancio finale di liquidazione. Nullità della delibera assembleare di approvazione del bilancio redatto in modo contrario alla forma legale di amministrazione della società.
Le contestazioni intese ad ottenere la revoca della nomina del Curatore speciale non hanno incidenza alcuna sulla validità degli atti da lui compiuti, posto che la revoca non può che operare ex nunc, restando salva, ad ogni effetto, l’attività già compiuta. L’eventuale impugnazione del decreto di nomina, ove ammissibile, avrebbe dovuto essere proposta col diverso mezzo reclamo alla Corte di Appello ex art. 739 c.p.c.
In ordine alla particolare impugnazione (reclamo) del bilancio di liquidazione ex art. 2492 co. 3 c.c. si deve osservare come la stessa costituisca un mezzo straordinario per impugnare lo stesso ove già adottato ed “eseguito”, come consentito dalla legge (art. 2492), dall’organo amministrativo. Nel caso in cui appare approvato un bilancio dell’ultima fase di amministrazione liquidatoria con piano di riparto finale ancora da eseguirsi, ed in effetti poi non eseguito i soci dissenzienti possono sicuramente impugnare “a monte” la delibera di approvazione di un riparto che non condividono, risultando anzi dubbia, ove non lo facciano, la loro facoltà di contestare “a valle” l’esecuzione conforme di quel riparto.
Nelle società di capitali, al contrario che nelle società di persone, la precisa articolazione dei compiti degli organi e la loro potenziale, e nel caso effettiva, distinzione soggettiva, non consente di ritenere alcun effetto sanante della assemblea plenaria, restando la stessa convocata a deliberare su oggetto illecito, ovvero su una proposta avanzata in forma contraria all’ amministrazione in forma legale della società (nel caso di specie il bilancio era stato redatto da uno solo dei due amministratori con poteri paritari e congiunti risultando così l’adozione del suddetto bilancio una violazione di precetto inderogabile costituente causa di nullità della delibera).
Approvazione del bilancio finale di liquidazione e legittimazione a proporre reclamo in caso di comproprietà di una partecipazione in srl
Qualunque socio, indipendentemente dall’entità della sua partecipazione, è legittimato – secondo quanto stabilito nell’art. 2492 co. 3 c.c. – all’impugnazione del bilancio finale di liquidazione nei novanta giorni successivi all’iscrizione dell’avvenuto deposito. La mancata proposizione del reclamo, decorsi novanta giorni dalla data dell’iscrizione, vale quale approvazione tacita del bilancio finale di liquidazione. Tuttavia, al di là della procedura legale tipica di approvazione del bilancio finale di liquidazione contenuta nell’art. 2493 co. 1 c.c., è data ai soci la possibilità di approvare lo stesso espressamente prima del decorso del termine. Ove intervenga l’approvazione espressa, a maggioranza dei soci, del bilancio finale di liquidazione e l’autorizzazione all’immediata cancellazione della società dal registro delle imprese, il diritto del singolo di reclamare il bilancio finale è neutralizzato. Una volta avvenuta [come nella specie] la cancellazione della società alle condizioni di legge, questa non può più esser revocata e la persona giuridica è definitivamente estinta, in quanto, il sistema delineato dagli artt. 2492 / 2495 c.c. è speciale rispetto alla regola generale di cui all’art. 1421 c.c.
Nel caso di contitolarità di una quota di partecipazione indivisa, ai sensi dell’art. 2468 ult.co. c.c. il diritto a proporre reclamo avverso il bilancio finale di liquidazione è del rappresentante comune risultante dalla pubblicità commerciale, in quanto, l’efficacia nei confronti della società a responsabilità limitata delle vicende circolatorie – e quindi degli assetti proprietari – delle quote, dipende, per espresso disposto di legge, dalle iscrizioni nel registro delle imprese. Non può essere riconosciuta un’autonoma legittimazione al singolo contitolare, diverso dal rappresentante comune, ad impugnare il bilancio finale di liquidazione; tantomeno, contro la volontà approvativa espressa dal rappresentante comune della quota. Eventuali abusi o inadempimenti del rappresentante comune alle indicazioni eventualmente ricevute dai contitolari rappresentati, possono trovare sanzione azionando in giudizio la sua responsabilità ex mandato.
Impugnazione del bilancio finale di liquidazione
Il reclamo ex art. 2492 c.c. attribuisce al singolo socio la facoltà di censurare il bilancio finale di liquidazione sia sotto il profilo formale, sia sotto il profilo sostanziale. Tuttavia, sebbene la giurisprudenza di legittimità ritenga illecito il bilancio di una società che violi i precetti di chiarezza e precisione di cui all’art. 2423, comma 2, c.c. non soltanto quando la violazione determini la divaricazione tra il risultato effettivo di esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste scritte, la contestazione al bilancio deve essere specifica ed avere ad oggetto le singole poste che si assumono viziate, non potendo risolversi in una generica impugnazione.
Cancellazione dell’iscrizione di cancellazione di società dal registro delle imprese per inidoneità formale del bilancio finale di liquidazione. Controllo qualificatorio del Giudice del registro
E’ ammissibile la cancellazione dell’iscrizione relativa alla cancellazione di una società in liquidazione dal registro delle imprese, in tutti quei casi nei quali il bilancio finale di liquidazione non sia riconducibile allo schema legale tipico di cui all’art. 2492 c.c.
E’ rimessa al Giudice del registro, nell’ambito del c.d. controllo qualificatorio, la verifica della conformità del bilancio finale di liquidazione al documento di cui all’art. 2492 c.c.
Cancellazione di s.r.l. dal Registro delle imprese ed impugnazione della messa in liquidazione.
Nel caso in cui all’estinzione di una società (sia di persone che di capitali), ed alla sua cancellazione dal Registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni situazione giuridica soggettiva facente capo alla stessa, si determina un fenomeno di tipo successorio, per cui : (a) le eventuali passività sociali non si estinguono, ma [ LEGGI TUTTO ]
Revoca di liquidatore nominato dal tribunale per violazione di norme imperative della fase liquidatoria
La liquidazione delle società di capitali, ancor più dell’amministrazione delle stesse, è presidiata da alcune regole imperative ma è rimessa nel dettaglio alla volontà espressa in sede statutaria o di nomina dai soci, i quali possono [ LEGGI TUTTO ]