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Art. 2497 c.c.
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25 Maggio 2023

Azione di responsabilità da direzione e coordinamento esercitata dal curatore

In caso di fallimento di una società, la clausola compromissoria contenuta nello statuto della stessa non è applicabile all’azione di responsabilità proposta dal curatore ai sensi dell’art. 146 L.F.

L’art. 2497 c.c. è applicabile anche nelle ipotesi in cui il potere di etero-direzione competa ad un soggetto pubblico (enti locali compresi) purché diverso dallo Stato, e la relativa partecipazione in società (o anche la costituzione in una società in house) venga attuata non solo per scopi lucrativi, ma anche per la realizzazione di finalità istituzionali che richiedano lo svolgimento di attività economica o finanziaria da realizzare attraverso la società partecipata.

La mera titolarità, in capo ad un ente, di una posizione di controllo e di conseguenti poteri di direzione nei confronti di altra società non implica, di per sé, la responsabilità dello stesso per ogni scelta ed attività posta in essere dagli amministratori preposti alla gestione della società eterodiretta. Al contrario, la responsabilità ex art. 2497, comma 1, c.c. presuppone che il pregiudizio alla redditività ed al valore della partecipazione dei soci (di minoranza) della società eterodiretta, e/o la lesione dell’integrità del patrimonio sociale, con susseguente insufficienza dello stesso al soddisfacimento dei creditori sociali, sia portato e conseguenza di attività e scelte poste in essere in esecuzione di direttive ascrivibili alla cd. holding ed integranti esercizio abusivo ed illegittimo dell’attività di direzione e coordinamento, in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale della società eterodiretta.

L’attività di direzione e coordinamento si distingue dall’amministrazione di fatto della società controllata: l’ente dirigente non agisce compiendo esso stesso atti di gestione della società eterodiretta rilevanti verso i terzi e/o spendendo il nome della stessa sì da generare un effetto di imputazione alla medesima eterodiretta dei suoi atti; l’ente dirigente, invece, influenza o determina le scelte operate dagli amministratori della società diretta, che si tradurranno in atti gestori rilevanti verso i terzi compiuti, in esecuzione delle direttive, dagli amministratori della stessa eterodiretta.

26 Aprile 2023

Principi in tema di responsabilità ex art. 2486 c.c. e di amministratore di fatto

Affinché possa affermarsi una responsabilità risarcitoria ai sensi dell’art. 2486 c.c., in caso di difetto e/o inattendibilità della documentazione contabile reperita dal curatore, non è sufficiente affermare il difetto della regolare tenuta della contabilità, non essendo detto inadempimento gestorio in sé foriero di pregiudizio patrimoniale per la società. Al contrario, è sempre necessario che sia allegato un inadempimento tale da rendere plausibile il verificarsi di un danno che abbia le caratteristiche del dissesto economico e patrimoniale della società la cui ricostruzione non sia resa possibile proprio dal difetto delle scritture contabili.

La circostanza che il curatore fallimentare non abbia reperito, al momento dell’apertura del concorso, i beni strumentali iscritti nel libro dei cespiti espone l’organo gestorio alla relativa responsabilità per condotta distrattiva, in difetto di allegazione e prova dell’impiego di detti beni nell’interesse della società in bonis.

La fattispecie dell’amministratore di fatto può configurarsi ove si dimostri il significativo e continuativo esercizio, in via non occasionale ed episodica, dei poteri tipici inerenti alla carica societaria e ciò nei molteplici settori dell’attività dell’ente, dalla gestione dei conti, alle questioni di carattere fiscale, dalla predisposizione dei bilanci alla definizione delle problematiche afferenti i rapporti con il personale dipendente. Gli elementi indiziari della fattispecie possono desumersi, ad esempio, dal fatto che il soggetto autorizzi pagamenti in favore dei creditori della società, anche gestendo i conti bancari della stessa, assegni incarichi a terzi, ovvero impartisca direttive ai dipendenti, con particolare riguardano alla gestione amministrativa. Inoltre, non occorre che l’amministratore di fatto eserciti tutti i poteri tipici dell’organo di gestione, ma è necessaria una significativa e continua attività gestoria.

27 Febbraio 2023

Responsabilità da attività di direzione e coordinamento: in particolare, la ripartizione dell’onere probatorio

La responsabilità da abuso di attività di direzione e coordinamento ha natura contrattuale e secondo i principi che regolano gli oneri di allegazione e di prova in ipotesi di responsabilità contrattuale l’attore deve provare: (i) l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento (titolo); (ii) il danno (pregiudizio arrecato al valore o alla redditività della partecipazione, pregiudizio all’integrità del patrimonio); (iii) il nesso causale tra attività di direzione e coordinamento e danno. L’attore è, invece, esentato dalla prova dell’illiceità dell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento e la società convenuta-controllante deve provare che il danno deriva da causa a lei non imputabile – cioè la liceità dell’attività direttiva (conformità alle regole di corretta gestione societaria ed imprenditoriale) –, ovvero di avere fatto tutto quanto in suo potere per evitare il danno (art. 1218 c.c.). Oppure la società convenuta-controllante può, in presenza di abuso, provare l’esistenza di vantaggi compensativi, o che il danno è stato eliminato. In particolare, configurando la responsabilità come contrattuale, non v’è dubbio che la prova dell’esistenza dei vantaggi compensativi si propone come elemento scriminante la responsabilità, e non la loro assenza come elemento costitutivo della responsabilità, e va provata dalla società controllante convenuta. È vero tuttavia che la responsabilità non può derivare, genericamente, da un’attività (in sé legittima), ma sempre da un fatto determinato, da un’operazione o da un insieme di operazioni, diverse e collegate o dello stesso tipo e ripetute, ma in ogni caso adeguatamente individuate e, soprattutto, la loro illiceità – specie in relazione ad una clausola molto aperta quale quella che costituisce il criterio di liceità dell’attività di direzione e coordinamento – può non essere di immediata percezione, sicché l’attore deve quanto meno allegare in modo specifico e dettagliato il profilo di illiceità che ritiene connotare il fatto generativo di danno, altrimenti la convenuta rimane privata della possibilità di difendersi.

La configurabilità del controllo esterno di una società su di un’altra, quale disciplinata dal primo comma, n. 3, dell’art. 2359 c.c. e consistente nella influenza dominante che la controllante esercita sulla controllata in virtù di particolari vincoli contrattuali, postula l’esistenza di determinati rapporti contrattuali la cui costituzione ed il cui perdurare rappresentino la condizione di esistenza e di sopravvivenza della capacità di impresa della società controllata. Deve trattarsi di contratti che per le obbligazioni e prescrizioni che ne discendono impediscono stabilmente alla società debole contraente di svolgere autonomamente le proprie scelte di gestione imprenditoriale di fatto vincolate, imposte dalle disposizioni contrattuali tanto da trasformare la società in una sorta di mera succursale dell’altra contraente che quindi assume verso la controparte una posizione di effettivo controllo.

La direzione e coordinamento consiste in attività di indirizzo idonea a incidere sulle decisioni gestorie dell’impresa, sulle scelte strategiche, operative, finanziarie, commerciali. L’attività di direzione e coordinamento è attività lecita se si svolge secondo i corretti principi di gestione societarie e imprenditoriale, assumendo invece connotati illeciti quando trasmoda assumendo i connotati dell’abuso. Il potere di direzione e coordinamento su base contrattuale può ravvisarsi quando, per esempio, una parte può imporre all’altra una certa organizzazione del personale, le caratteristiche dei servizi o dei beni da rendere, una politica dei prezzi, o specifiche strategie di mercato.

L’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l.fall., pur essendo un atto di autonomia negoziale, appartiene agli istituti del diritto concorsuale e fa parte di una procedura di natura concorsuale; tale procedura concorsuale deve considerarsi superata, assorbita, qualora ad essa succeda, come strumento di ristrutturazione del medesimo indebitamento, il fallimento del debitore che, quale procedura concorsuale maggiore, prevale; il successivo fallimento travolge anche l’accordo anche se non espressamente risolto, salva diversa espressa volontà delle parti.

26 Gennaio 2023

La responsabilità per attività di direzione e coordinamento ex art. 2497 c.c.

L’art. 2497 c.c. prevede una azione di responsabilità che può essere esercitata dai creditori sociali della società eterodiretta (e, in caso di fallimento, dal curatore) nei confronti dell’ente o della società che ha abusato dell’attività di direzione e coordinamento, al fine di ottenere il ristoro del pregiudizio conseguente alla lesione cagionata all’integrità del patrimonio sociale, lesione di cui risponde solidalmente (oltre chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio nei limiti del vantaggio conseguito) anche “chi abbia preso parte al fatto lesivo”, cioè gli amministratori della controllante e della controllata che hanno elaborato ed attuato le direttive lesive. La direzione e coordinamento rilevante ex art. 2497 c.c. si realizza per il solo fatto del suo effettivo esercizio e l’art. 2497-sexies c.c. sancisce che tale attività si presume sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento del bilancio o che comunque controlla la società in questione ai sensi dell’art. 2359 c.c.: vengono dunque in rilievo il controllo esercitato disponendo “della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria”, il controllo esercitato mediante “voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria” e “l’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa”, cioè ogni forma di potere effettivo e di ingerenza anche non tipizzati realizzati attraverso l’organizzazione societaria o attraverso la gestione di rapporti contrattuali e senza che sia necessaria alcuna spendita del nome della società etero diretta. Quanto all’antigiuridicità della gestione – ossia l’esercizio di quella attività di direzione “nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale” – tale espressione ricomprende nell’ambito di responsabilità ex art. 2497 c.c. tutte le ipotesi in cui è stato perseguito un interesse extrasociale rispetto a quello della società eterodiretta e il parametro concernente i “principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale” impone il rispetto dei principi di diritto societario ricavabili dalle norme di legge e dallo statuto della controllata e preclude all’ente controllante di imporre, nell’interesse esclusivamente proprio, politiche aziendali o singole operazioni prive di sostenibilità economica eventualmente anche per assenza di vantaggi compensativi. Infatti, l’attività di direzione e coordinamento deve essere caratterizzata, ex art. 2497 c.c., dall’osservanza dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società controllate, nel senso che l’unitarietà della direzione non può giustificare l’utilizzo della gestione delle imprese controllate ad esclusivo beneficio dell’interesse delle società controllanti, bensì per il coordinamento degli interessi delle due.

9 Gennaio 2023

Responsabilità per danno indiretto dell’amministratore e domanda di risarcimento per responsabilità da direzione e coordinamento

La pronuncia di condanna per illecito dell’amministratore ai sensi dell’art. 2476, comma 7 c.c.,  presuppone, oltre al danno diretto al patrimonio del terzo, anche il compimento da parte dell’amministratore di un atto illecito nell’esercizio del suo ufficio.

La responsabilità per danno indiretto dell’amministratore, ai sensi dell’art. 2476, comma 6 c.c., per inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale deve essere provata con elementi che consentano di muovere un rimprovero per mala gestio nei confronti dell’amministratore, tale da aver reso la società incapace di far fronte alle sue obbligazioni.

La domanda di risarcimento per responsabilità da direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 c.c., presuppone, ai termini di legge, che la società esercitante la direzione e coordinamento arrechi un pregiudizio al patrimonio della società eterodiretta con ciò cagionando un danno (indiretto) al creditore.

17 Novembre 2022

Responsabilità di amministratori e sindaci ed effetti degli accordi transattivi nei confronti degli altri debitori in solido

Nel caso di esercizio dell’azione di responsabilità nell’esclusivo interesse dei creditori sociali, a norma degli artt. 146 l. fall. e 2476 c.c., in difetto di elementi di valutazione in base ai quali poter fondatamente anticipare il momento di conoscenza da parte dei terzi creditori dell’insolvenza della società, l’exordium prescriptionis o il dies a quo del termine quinquennale previsto dall’art. 2949 c.c. può essere identificato nella data del deposito della domanda prenotativa di concordato.

L’art. 1304, co. 1, c.c. costituisce una deroga la principio in virtù del quale il contratto produce effetti solo fra le parti e permette che il condebitore in solido, pur non avendo partecipato alla stipulazione della transazione tra il creditore e uno dei debitori solidali, possa avvalersi di quanto concordato all’interno dell’atto di transizione stipulato da altri. Detto atto deve avere ad oggetto l’intero debito. Infatti, il disposto di cui alla norma sopracitata non include la transazione parziale che, in quanto tesa a determinare lo scioglimento della solidarietà passiva, riguarda unicamente il debitore che vi aderisce e non può coinvolgere gli altri condebitori, che non hanno alcun titolo per profittarne. Di conseguenza, il condebitore solidale estraneo alla transazione risulta titolare di un diritto potestativo esercitabile anche nel corso del processo.

In ipotesi in cui vi sia la sopravvenuta transizione della lite, il giudice di merito è chiamato a valutare se la situazione sopravvenuta sia idonea ad eliminare ogni contrasto sull’intero oggetto della lite, anche in riferimento al condebitore solidale rimasto estraneo alla transazione e valutare se quest’ultimo voglia o meno profittare di tale transizione ai sensi dell’art. 1304 c.c.

Nel caso di transazione novativa, che comporti la rideterminazione del quantum e l’estinzione del rapporto debitorio originario, si estendono ai condebitori solidali solo gli effetti vantaggiosi e non anche quelli pregiudizievoli e ciò in quanto transazione e novazione sono fattispecie non assimilabili; di conseguenza, resta applicabile, in tema di transazione novativa, solo l’art. 1304 c.c. e non anche gli artt. 1300 e 1372 c.c., nel senso che detta transazione è inefficace nei confronti del condebitore che non vi ha partecipato e non ha dichiarato di volerne profittare sia in ordine ai rapporti esterni, sia a quelli interni.

Se, invece, la transazione tra il creditore ed uno dei condebitori solidali ha avuto ad oggetto esclusivamente la quota del condebitore che l’ha conclusa, occorre distinguere fra l’ipotesi in cui il condebitore che ha transatto abbia versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito e quella in cui il pagamento sia stato inferiore. Nel primo caso il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato; nel secondo il debito residuo degli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.

Le circostanze che attestano che gli accordi transattivi abbiano avuto ad oggetto l’intera lite ovvero che l’importo transattivamente conseguito dalla creditrice abbia, comunque, soddisfatto integralmente la sua pretesa risarcitoria, con conseguente cessazione della residua materia del contendere e declaratoria di improcedibilità delle domande ancora coltivate nei riguardi dei convenuti rimasti, devono essere provate dalla parte creditrice. Diversamente, si graverebbe il debitore convenuto in giudizio di una prova impossibile da fornire in quanto terzo estraneo agli accordi in questione.

8 Novembre 2022

Attività di direzione e coordinamento: il pregiudizio al valore della partecipazione sociale

Il danno al valore della partecipazione del socio della società eterodiretta non costituisce una proiezione immediata ed automatica del pregiudizio subito dal patrimonio sociale della eterodiretta, frazionato in proporzione alla partecipazione. Piuttosto, il pregiudizio al valore della partecipazione del socio consiste nella diminuzione del valore della partecipazione causato dall’esercizio illecito dell’attività direttiva e sta nella differenza tra il valore che la partecipazione ha dopo l’esercizio abusivo dell’attività di direzione e coordinamento e il valore che avrebbe avuto se quella attività fosse stata esercitata positivamente.

7 Ottobre 2022

Responsabilità della capogruppo per obbligazioni contratte dalla controllata

Ai sensi dell’art. 2497 c.c., l’attività di direzione e coordinamento può assumere i connotati dell’antigiuridicità quando viene esercitata da parte della società controllante nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui e in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società sottoposte ad essa. La responsabilità in questione è di natura extracontrattuale ex articolo 2043 c.c. ed è, quindi, riconducibile alla violazione dei principi di corretta gestione societaria dell’attività di direzione e coordinamento della società controllata da parte della controllante. Gli amministratori della società controllante rispondono in solido – in via aquiliana e successivamente alla violazione dei principi di buona e corretta amministrazione – per la lesione prodotta all’integrità del patrimonio della società controllata e per aver concorso con gli amministratori di quest’ultima al depauperamento del suo patrimonio sociale. Detta ipotesi di responsabilità sarebbe imputabile alla società controllante se e quando si dovesse dimostrare l’esistenza di un’interferenza nei confronti della società controllata, tale da determinare una compromissione della autonomia gestoria di quest’ultima. L’eventuale risarcimento del danno è identificato per i soci della controllata nel pregiudizio alla redditività o nel minor valore della partecipazione sociale e per i suoi creditori nella lesione cagionata all’integrità del patrimonio sociale.

Non può configurarsi una responsabilità della capogruppo per obbligazioni fisiologicamente assunte dalla controllata e rimaste inadempiute nella normale dinamica dello svolgimento dell’attività d’impresa.

La domanda di un fallimento per far valere un credito risarcitorio (nella specie, da abuso di direzione e coordinamento) nei confronti di altro fallimento deve essere dichiarata inammissibile se non è stata proposta avanti al giudice fallimentare nel pieno rispetto del principio generale sancito dal citato art. 52 l.f.

26 Settembre 2022

Sulle caratteristiche dell’attività di direzione e coordinamento e sulla legittimazione attiva della società eterodiretta ai sensi dell’art. 2497 c.c.

Per attività di direzione e coordinamento si intende la formulazione ed attuazione di regole organizzative secondo un progetto unitario, inteso quale manifestazione di volontà dell’ente dirigente. In particolare, la direzione unitaria non si esaurisce nel solo effettivo esercizio di influenza dominante ad opera di una società o di un ente su altra società: ciò che connota l’attività di direzione e coordinamento è l’accentramento presso gli organi gestori della controllante o delle holding intermedie di funzioni amministrative inerenti alle diverse entità aggregate, in modo da creare una struttura organizzativa intesa ad assicurare un processo di direzione unitario, articolato nella pianificazione e programmazione, nell’organizzazione, nel coordinamento e nella guida riconducibile ad un unico soggetto giuridico. L’attività di direzione e coordinamento è un quid pluris rispetto al controllo, in quanto manifestazione di un potere di ingerenza più intenso e pregnante, consistente nel flusso costante di istruzioni impartite dalla società controllante e trasposte all’interno delle decisioni assunte dagli organi della controllata, involgenti momenti significativi della vita della società quali le scelte imprenditoriali, il reperimento dei mezzi finanziari, le politiche di bilancio e la conclusione di contratti importanti.

L’art 2497 c.c., nel mentre configura una responsabilità da abuso di direzione e coordinamento della società dirigente verso i soci e creditori della società controllata, finisce inevitabilmente per svolgere una funzione conformativa della fattispecie anche rispetto alla responsabilità della società dirigente verso il soggetto direttamente danneggiato, cioè la società controllata, la quale è legittimata ad agire ai sensi dell’art. 2497 c.c.