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Art. 2598 c.c.
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19 Aprile 2019

Azione sociale di responsabilità nella Srl: nomina curatore speciale; condizione dell’azione e oneri allegativi

Non è condivisibile l’interpretazione restrittiva dell’art. 78 co. 2 c.p.c. secondo cui la nomina del curatore speciale sarebbe ammissibile  solo in caso di esercizio dell’azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. da parte del socio nei confronti degli amministratori (anziché nell’azione sociale di responsabilità): invero l’ipotesi di conflitto di interessi di cui all’art. 78 co.2 c.p.c. ha carattere generale e vale ad evitare situazioni di contrasto tra le parti in causa, che possono pregiudicare la posizione processuale del soggetto rappresentato. Si è infatti sostenuto che “Nel contenzioso societario, in ipotesi di azioni di annullamento di contratti conclusi dagli amministratori, di responsabilità contro gli amministratori, di impugnativa di delibere del C.d.A., la potenzialità del suddetto conflitto è palese ed «in re ipsa», laddove gli amministratori siano al contempo attori, nella veste di legali rappresentanti della società beneficiata dalla pronuncia, e convenuti, quali autori del danno di cui si chiede il ristoro” (Cfr. Trib. Verona 8.10.2012).

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17 Aprile 2019

Imitazione delle condizioni generali di un modello contrattuale e diritto d’autore

La legittimazione attiva è una condizione dell’azione, che presuppone l’identità tra il soggetto che agisce in giudizio, e colui che nella domanda giudiziale è indicato quale titolare del diritto soggettivo che si fa valere. [ LEGGI TUTTO ]

Il caso Vespa: validità del marchio di forma e tutela come opera di industrial design

La volgarizzazione o generalizzazione del marchio quale causa di decadenza ai sensi degli artt. 13, co. 4, e 26 c.p.i., si produce a seguito di un uso del segno tale da produrre la perdita del suo carattere distintivo, divenendo così il marchio inidoneo a caratterizzare specificamente il prodotto come proveniente da un determinato imprenditore: va ribadito inoltre che la prova della volgarizzazione, nei termini idonei a produrre gli effetti ora descritti, deve essere offerta da chi la invochi. Il codice di proprietà industriale, pur non contenendo una norma ad hoc, sicuramente non impedisce che la forma – ove dotata dei requisiti di cui agli artt. 32 e ss. cpi – possa eventualmente essere registrata come disegno o modello e, successivamente, una volta affermatasi sul mercato come indicatore dell’origine del bene, ottenere la registrazione come marchio di forma ai sensi dell’art. 9 cpi. Anzi, proprio con specifico riferimento all’acquisizione di una capacità distintiva di fatto, può ravvisarsi il punto di contatto tra la protezione del marchio di forma e quella dei disegni e modelli. Il riconoscimento collettivo da parte del mondo culturale costituisce evidenziazione e prova del valore artistico dell’opera del design.

16 Aprile 2019

Nullità del brevetto per difetto di novità e pubblicità ingannevole

Il convenuto in una azione di nullità non può difendere il proprio brevetto attribuendogli contenuti che non sono presenti nelle rivendicazioni.

Presentare una data tecnologia come già brevettata mentre all’epoca era solo oggetto di domanda è condotta non conforme ai principi della correttezza professionale ed idonea a danneggiare una impresa concorrente (nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto ingannevole – e dunque illegittima ai sensi dell’art. 2598 n. 3 c.c. – la condotta di parte convenuta, la quale sul proprio sito internet aveva indicato come brevettata una tecnologia che, all’epoca dei fatti, risultava appena depositata)

7 Aprile 2019

Applicabilità del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria ad attività di promozione e marketing innovative e concorrenza sleale confusoria. Il caso Trenitalia/Italo

L’attività di promozione e offerta commerciale diretta a utenti predeterminati e finalizzata alla conclusione di specifici contratti deve intendersi attività di mera promozione e offerta commerciale, non potendosi propriamente qualificare come attività pubblicitaria soggetta pertanto al Codice di Autodisciplina Pubblicitaria e alla normativa in materia di pubblicità ingannevole dettata dal D.lgs. nr. 145/2007, [ LEGGI TUTTO ]

1 Aprile 2019

La concorrenza sleale c.d. parassitaria prescinde dalla nullità dei segni distintivi dell’impresa, potendo ben risultare aliunde

Ai fini concorrenziali rileva l’attività confusoria e parassitaria in sé considerata, attività che prescinde del tutto dalla validità o meno del marchio. Un’impresa, infatti, ha tutela contro la concorrenza sleale indipendentemente dalla validità dei titoli di privativa industriale di cui fosse eventualmente titolare, come avviene nel caso di utilizzo di una ditta o insegna identica da parte di un concorrente.

In altre parole, quand’anche il marchio fosse nullo in quanto non distintivo, sarebbe in ogni caso concorrenzialmente illecita l’attività di un concorrente che si propone su internet quale rivenditore degli stessi identici prodotti, sfruttandone parassitariamente l’iniziativa commerciale mediante l’adozione dei medesimi codici ASIN, in tal modo comparendo sistematicamente quale rivenditore alternativo all’impresa in qualsivoglia ricerca eseguita da un utente.

25 Marzo 2019

Concorrenza sleale ex art. 2598, nn. 1-2, c.c.: condotte integranti confusione tra segni distintivi e appropriazione di pregi altrui

Costituiscono atti di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. le seguenti condotte: l’uso di un marchio che evoca quello di parte attrice, comprendendo lo stesso termine e gli stessi colori, senza introdurre elementi fortemente distintivi tali da determinare una sicura differenziazione; l’uso per la denominazione sociale, l’insegna, il nome a dominio e il profilo Facebook, di termini che evocano i segni distintivi dell’attrice; l’apertura di un’identica società svolgente la medesima attività di impresa, senza soluzione di continuità subito dopo il recesso del contratto di concessione con l’attrice, nello stesso stabile, seppur ad un diverso piano; la pubblicizzazione della nuova attività eseguita in modo tale da evocare nel pubblico l’idea di una continuità con la precedente realtà imprenditoriale, anziché quella di una società di nuova costituzione del tutto autonoma dall’attività dell’attrice.

In tal modo è integrata la condotta di confusione tra segni distintivi, ai sensi del n. 1 del predetto articolo 2598 c.c., nonché l’illecito di appropriazione di pregi dei prodotti e dell’impresa dell’attrice di cui al n. 2.

11 Marzo 2019

Libero mercato e lecita concorrenza con riferimento all’attività svolta da ex dipendenti

Nel libero mercato è da ritenersi concorrenzialmente lecita, in assenza di prova contraria, l’attività di informazione e supporto tecnico da parte di ex dipendenti o consulenti a favore di soggetti che in precedenza erano in rapporti contrattuali con un unico gestore di servizi laddove tale attività non sia esercitata sulla base di informazioni o documentazione riservate illegittimamente ottenute.

 

20 Febbraio 2019

Tutela di design non registrato nei confronti del (preteso) licenziatario – requisiti di tutela, divulgazione e valore artistico

Si ha mutamento della domanda quando variano il petitum e/o la causa petendi, ma resta ammessa la proposizione della domanda nuova con la memoria ex art. 183, comma 6, n.1. c.p.c. quand’essa sia inerente alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, oppure sia connessa per incompatibilità a quella in origine proposta, ovvero non comporti la compressione del diritto di difesa avversario o un allungamento eccessivo dei tempi processuali.

L’art. 17 della direttiva 6/2002, statuendo che “I disegni e modelli protetti come disegni o modelli registrati in uno stato membro o con effetti in uno stato membro a norma della presente direttiva sono ammessi a beneficiare altresì della protezione della legge sul diritto d’autore vigente in tale stato”, consente di desumere che le suddette disposizioni si applichino esclusivamente ai disegni o modelli oggetto di registrazione, non essendo individuabile alcun appiglio normativo che consenta di estendere la tutela apprestata ai diritti d’autore anche ai disegni e ai modelli non registrati, quali quelli oggetto di causa, sulla base di una pretesa applicazione analogica non consentita dall’eccezionalità della normativa e, in ogni caso, non suffragata da alcuna risultanza probatoria.

Ai fini della tutelabilità, in base alla normativa sul diritto d’autore, di una creazione d’arte applicata all’industria, l’art. 2, n. 10 della l. 633/1941 si esige che l’opera di industrial design abbia un “quid pluris” costituito dal valore artistico, la cui prova spetta alla parte che ne invoca la protezione, che può essere ricavato da una serie di parametri oggettivi, non necessariamente tutti presenti in concreto, quali il riconoscimento, da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l’esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l’attribuzione di premi, l’acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità ovvero la creazione da parte di un noto artista.

La nozione di utilizzatore informato è intermedia tra quella di consumatore medio applicabile in materia di marchi (al quale non è richiesta alcuna conoscenza specifica e che in generale non effettua un confronto diretto tra i marchi in conflitto) e quella della persona competente in materia provvista di competenze tecniche approfondite. Pertanto, l’utilizzatore informato non ha, né tantomeno deve possedere le competenze di un esperto tecnico del settore di riferimento, bensì, utilizzando il prodotto per l’uso cui è destinato, è tuttavia dotato non già di un’attenzione media, bensì di una particolare diligenza, a prescindere dal se quest’ultima sia dovuta alla sua esperienza personale oppure alla sua conoscenza approfondita del settore considerato.

Ai fini della contraffazione di modelli non registrati, non è sufficiente la riproduzione di tutte le caratteristiche individualizzanti, ma la tutela è ristretta ai casi di identità dei modelli, che si verifica quando la violazione derivi dalla integrale “copiatura” del modello.

29 Gennaio 2019

Difetto di legittimazione passiva rispetto alla domanda di nullità del marchio di fatto registrato in malafede.

La regolamentazione del marchio non registrato contenuta nella legge (art. 2571 c.c. e art. 12 comma 1° lett. a c.p.i.) attiene unicamente alla possibile interferenza del marchio di fatto con un marchio registrato uguale o simile, nel caso in cui venga registrato, per prodotti identici o simili, un marchio uguale o simile a un marchio di fatto già precedentemente usato da altri. La tutela erga omnes del marchio di fatto va invece rinvenuta nelle norme sulla concorrenza sleale confusoria, di cui all’art. 2598 n. 1 c.c.. Il titolare del marchio di fatto ha il diritto di inibire ad altri di fare uso dello stesso segno (o di un segno simile) solo se quest’uso sia idoneo a produrre confusione.