Art. 2932 c.c.
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Legittimità della clausola che impone al dipendente di retrocedere la partecipazione detenuta nella controllante al termine del rapporto di lavoro
La condizione si dice meramente potestativa, con conseguente sanzione di nullità ai sensi dell’art. 1355 c.c., quando l’efficacia del negozio è collegata non già ad una ponderata valutazione di seri od apprezzabili motivi e delinei un’alternativa capace di soddisfare anche l’interesse del soggetto obbligato – sicché l’evento dedotto dipende anche dal concorso di fattori estrinseci che possono influire sulla determinazione della volontà pur se la relativa valutazione è attribuita all’esclusivo apprezzamento dell’interessato – ma è viceversa rimessa al suo mero arbitrio, così da presentarsi come effettiva negazione di ogni vincolo obbligatorio.
Il giudizio di meritevolezza risulta ancorato al presupposto dell’atipicità contrattuale. In particolare, del contratto atipico deve essere individuata la causa concreta, la quale definisce lo scopo pratico del negozio, vale a dire la sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare, quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato. La meritevolezza di cui all’art. 1322, co. 2, c.c. non si esaurisce nella liceità del contratto, del suo oggetto o della sua causa, dovendosi piuttosto procedere all’analisi dell’interesse concretamente perseguito dalle parti nel caso di specie, cioè della ragione pratica dell’affare, dovendosi valutare l’utilità del contratto, intesa come la sua idoneità ad espletare una funzione commisurata sugli interessi concretamente perseguiti dalle parti attraverso quel rapporto contrattuale.
Il giudizio di meritevolezza costituisce una peculiare valutazione concernente non tanto il contratto in sé, quanto piuttosto il risultato che, mediante quel particolare schema contrattuale, viene perseguito dalle parti nell’orbita della dimensione funzionale dell’atto, assurgendo esso giudizio a necessario controllo di conformità dell’atto stesso al sistema giuridico vigente e ai suoi valori costituzionali, da svolgersi alla stregua del parametro dei superiori valori costituzionali previsti a garanzia degli specifici interessi perseguiti attesa l’interazione, sulle previgenti norme codicistiche, delle superiori e successive norme di rango costituzionale e sovranazionale comunque applicabili quali principi informatori o fondanti dell’ordinamento stesso. In particolare, il contratto o la singola clausola pattizia dovranno dirsi immeritevoli allorquando appaiano contrari alla coscienza civile, all’economia, al buon costume o all’ordine pubblico e laddove il risultato che il patto atipico intenda perseguire sia in contrasto con i principi di solidarietà, parità e non prevaricazione che il nostro ordinamento pone a fondamento dei rapporti privati.
La disposizione di cui all’art. 1322 c.c. non può trovare applicazione con riferimento a contratti tipici, riguardando il giudizio sulla meritevolezza unicamente fattispecie negoziali atipiche.
Il riscatto convenzionale costituisce un patto accessorio ad un’alienazione che, in forza del medesimo, risulta conclusa sotto condizione risolutiva potestativa consistente nella manifestazione di volontà del venditore, assunta come fatto condizionante, dalla quale dipende il venire meno dell’efficacia reale della cessione. Dalla previsione di una clausola di riscatto deriva il diritto potestativo del venditore – cui corrisponde una situazione giuridica soggettiva passiva di soggezione del compratore – di risolvere il contratto entro un tempo determinato, così automaticamente riacquistando la proprietà del bene contro restituzione del prezzo e rimborso delle spese. Il legislatore ha disciplinato dettagliatamente gli effetti dell’esercizio del riscatto, prevedendo, agli artt. 1500, co. 1, e 1502 c.c., che il riscattante è tenuto a rimborsare al compratore il prezzo, le spese e ogni altro pagamento legittimamente fatto per la vendita, le spese per le riparazioni necessarie e, nei limiti dell’aumento, quelle che hanno aumentato il valore della cosa, con diritto di ritenzione a favore del compratore fino al rimborso delle spese necessarie e utili. È, poi, previsto, sotto comminatoria di nullità parziale, che il prezzo del riscatto non possa essere superiore al prezzo di vendita (art. 1500, co. 2, c.c.). Ratio della norma e funzione del patto, nella sua declinazione tipica, è di conservare l’originario equilibrio di scambio, avulso da ogni influenza ad esso estranea – se non, del tutto coerentemente, per il dovuto rimborso delle spese di cui all’art. 1502 c.c. –, risolvendosi ogni disciplina diversa in un accordo che non è riconducibile al tipo contrattuale di cui si discorre.
Il patto leonino si configura solo se stipulato al momento della costituzione del rapporto sociale
La configurabilità della nullità della previsione che esclude in modo continuato ed assoluto uno dei soci dalla partecipazione alle perdite per violazione del divieto di patto leonino presuppone logicamente che la pattuizione sia adottata al momento della costituzione del rapporto sociale così che al socio sia assicurata l’esenzione per tutta la sua durata dall’alea tipica dell’investimento nella società, in modo tale da alterare stabilmente la ripartizione del rischio di impresa fra i soci. Per poter avere l’effetto di alterare la causa del contratto sociale, la previsione negoziale che realizzi l’effetto vietato dall’art. 2265 c.c. deve essere contenuta nell’atto costitutivo, nello statuto o in un patto parasociale coevo all’acquisto della partecipazione. La pattuizione dell’opzione di vendita successiva, contenuta in un contratto di compravendita fra soci si risolve, invece, in una comune vicenda circolatoria della partecipazione, esterna al contratto sociale e inidonea ad alterarne la causa.
L’andamento negativo dell’attività di impresa e la perdita di valore della partecipazione sociale che ne deriva non rappresentano uno degli avvenimenti straordinari e imprevedibili che, in un contratto con prestazioni corrispettive, può giustificare la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c.
La compensazione legale è difficilmente configurabile fra obbligazioni reciproche scaturenti dallo stesso contratto e concepite dalle parti per essere ciascuna autonomamente eseguita in funzione della realizzazione degli interessi in concreto perseguiti da ciascuna di esse. In una simile fattispecie, l’effetto estintivo potrebbe prodursi solo a seguito di una compensazione volontaria.
La domanda volta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto che abbia ad oggetto il trasferimento della proprietà di cose determinate non può essere accolta se la parte che l’ha proposta non esegue la sua prestazione o non ne fa offerta nei modi di legge. L’altro presupposto della pronuncia ex art. 2932 c.c. è costituito dalla possibilità giuridica del trasferimento azionario al momento della pronuncia della sentenza, in relazione alla configurabilità o meno nel trasferimento coattivo della titolarità delle azioni di una società fallita del c.d. aliud pro alio rispetto alla prestazione promessa nell’impegno preliminare relativo al trasferimento di azioni di una società ancora in bonis.
Responsabilità degli amministratori e business judgment rule
L’azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori e sindaci di società di capitali ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l’attore provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti. Il thema probandum si articola dunque nell’accertamento di tre elementi: (i) l’inadempimento di uno o più degli obblighi specifici previsti dalla legge o dallo statuto e/o dell’obbligo generale di diligenza previsto dall’art. 2392 c.c. (incombente anche sugli amministratori di s.r.l.), (ii) il danno subito dalla società e (iii) il nesso causale, mentre il danno risarcibile sarà quello causalmente riconducibile, in via immediata e diretta, alla condotta (dolosa o colposa) dell’agente sotto il duplice profilo del danno emergente e del lucro cessante, dunque commisurato in concreto al pregiudizio che la società non avrebbe subito se un determinato comportamento illegittimo, positivo o omissivo, non fosse stato posto in essere.
Nell’ambito di detto accertamento resta invece preclusa l’indagine relativa al c.d. merito gestorio non potendosi valutare la discrezionalità dei singoli atti di gestione sotto il profilo della mera opportunità o convenienza. La gestione della società, infatti, in quanto attività d’impresa, comporta fisiologicamente un alto margine di rischio e richiede il riconoscimento di un ampio potere discrezionale in capo all’organo amministrativo in relazione alla scelta delle operazioni da intraprendere. Ne consegue che, se fosse possibile compiere una valutazione sull’opportunità e convenienza delle scelte di gestione, si legittimerebbe un’indebita ingerenza dell’autorità negli affari sociali, in pregiudizio all’autonomia gestionale dell’organo amministrativo e con probabile paralisi del normale svolgimento dell’attività d’impresa. Ciò che forma oggetto di sindacato da parte del giudice, dunque, non può essere l’atto in sé considerato e il risultato che abbia eventualmente prodotto, bensì, esclusivamente, le modalità di esercizio del potere discrezionale che deve riconoscersi agli amministratori. Se, alla luce del principio di insindacabilità del merito gestorio non ogni atto dannoso per il patrimonio sociale è idoneo a fondare la responsabilità dell’amministratore che lo abbia compiuto, d’altro canto, non tutte le violazioni di obblighi derivanti dalla carica comportano necessariamente una lesione del patrimonio sociale e, dunque, l’individuazione di un danno risarcibile. Non tutti i comportamenti inadempienti degli amministratori danno luogo infatti a responsabilità risarcitoria, ma solo quelli che abbiano causato un danno al patrimonio sociale, danno che deve essere legato da un nesso eziologico ai suddetti inadempimenti.
Risoluzione del contratto, inadempimento e buona fede delle parti
La valutazione dell’esecuzione del contratto in termini di correttezza e buona fede deve essere effettuata con riferimento ad entrambe le parti; se l’obbligato alla prestazione non ha reso noti alla controparte i cambiamenti che avrebbero necessariamente inciso sulla possibilità di adempiere l’obbligazione residua a proprio carico, tale comportamento è contrario ai principi di correttezza e buona fede ove direttamente incidente sulla successiva impossibilità di garantire l’adempimento divenuta vera e propria impossibilità di adempiere.
Offerta in prelazione delle quote quale condizione preliminare alla pronuncia ex art. 2932 c.c.
La previa offerta in prelazione a favore dei soci richiesta dallo statuto in caso di cessione di quote e il mancato esercizio del diritto di prelazione è condizione preliminare ai fini della richiesta di una pronuncia ex art. 2932 c.c. che produca gli effetti del contratto definitivo di vendita di quote societarie non concluso.
Spetta alla parte convenuta e non all’attore dover fornire la prova positiva dell’eventuale esercizio del diritto di prelazione da parte dei soci in base alle regole generali in tema di ripartizione dell’onere della prova e del principio di vicinanza della stessa.
Patto fiduciario avente ad oggetto la costituzione di una s.r.l. e la gestione dell’intera partecipazione societaria
Il pactum fiduciae avente ad oggetto la costituzione da parte del fiduciario di una s.r.l. e la gestione dell’intera partecipazione societaria (con obbligo del fiduciario di provvedere alla re-intestazione delle quote a mera richiesta del fiduciante) non richiede la forma scritta ad substantiam, trattandosi di atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica sul piano obbligatorio. Tale accordo, una volta provato in giudizio, è idoneo a giustificare l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di ritrasferimento gravante sul fiduciario.
La richiesta (del fiduciante) di trasferimento della quota ha valore di mero esercizio di un diritto sussistente in capo al fiduciante e non assume alcuna valenza revocatoria del rapporto fiduciario.
Qualora il fiduciario sottoscriva (in costanza del rapporto fiduciario) in nome e per conto proprio e con provvista personale un aumento di capitale, tali versamenti devono comunque essere ricompresi nel patto fiduciario nel caso in cui in sussista una dichiarazione ricognitiva del fiduciante che chiarisca che il perimetro del rapporto fiduciario si estende anche ad ogni somma erogata alla società a titolo di finanziamento o di versamento in conto capitale.
Principi in tema di responsabilità precontrattuale: il contatto sociale qualificato
Il contatto sociale qualificato che si instaura tra le parti durante la fase delle trattative volte alla stipulazione di un contratto genera reciproco affidamento e costituisce fatto idoneo a produrre obbligazioni (art. 1173 c.c.) dal quale derivano reciprochi obblighi di buona fede, protezione e informazione, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c. Ne discendono una serie di conseguenze, in particolare, sul piano dell’onere della prova e della prescrizione.
La responsabilità precontrattuale regolamenta e limita la libertà negoziale: l’interesse tutelato non è quello all’adempimento (presidiato dalla responsabilità contrattuale), ma l’interesse, comune ad entrambe le parti e, quando realizzato, determinante una relazione specifica, al corretto svolgimento di trattative volte a verificare se vi siano o si possano creare le condizioni per la manifestazione di una comune volontà negoziale. Sicché dalla violazione dei canoni di buona fede e correttezza nella conduzione delle trattative discende il diritto della parte adempiente – non già alla conclusione del contratto, bensì – a ottenere il risarcimento dell’eventuale danno subito sub specie di interesse negativo.
Lo svolgimento delle trattative può altresì essere a sua volta oggetto di un contratto, attraverso strumenti normativamente atipici ma socialmente tipici, quali, tra gli altri, le offerte non vincolanti o le lettere di intenti. Nulla vieta dunque, in astratto, che le parti possano regolamentare, quale aspetto o modalità dello svolgimento delle trattative, attività di esame documentale (c.d. due diligence), con l’avvertenza che, perché si crei un vincolo contrattualmente cogente, devono ricorrere i relativi requisiti, tra i quali, ad esempio, la determinatezza o determinabilità dell’oggetto, cioè appunto dell’attività di esame documentale e quindi dei documenti rispetto ai quali essa si deve svolgere.
Il requisito della necessaria indicazione della causa di merito in un giudizio cautelare non va interpretato in termini strettamente formalistici, con conseguente obbligo in capo al ricorrente di indicare in maniera espressa gli estremi della futura domanda di merito, precisandone finanche le relative conclusioni. Ciò che rileva è, piuttosto, che sia possibile dedurre dal tenore complessivo del ricorso il contenuto del possibile giudizio di cognizione, senza necessità di un’indicazione testuale ed analitica delle richieste da proporsi successivamente in detta sede. Ne consegue che l’onere di specificare l’azione di merito può ritenersi pienamente assolto qualora i termini della controversia siano ricavabili dal contesto complessivo dell’atto, dalla ricostruzione dei fatti e dalle violazioni lamentate.
Ritrasferimento ex art. 2932 c.c. di partecipazioni cedute in via fiduciaria con patto di retrocessione
Con l’accordo fiduciario una parte, nella veste di fiduciante, trasferisce ad un’altra, nella qualità di fiduciario, la titolarità di una res, con il vincolo in capo al fiduciario – in virtù del c.d. pactum fiduciae – di ritrasferire la stessa al fiduciante o ad altro soggetto da lui designato entro un certo termine ovvero al verificarsi di una certa condizione, che comporti il venir meno del rapporto fiduciario. Il negozio fiduciario determina dunque un’interposizione reale di persona, attraverso la quale l’interposto acquista la titolarità della res, pur essendo obbligato a tenere un certo comportamento stabilito con il fiduciante. Il trasferimento ha efficacia reale mentre il patto restitutorio ha forza meramente obbligatoria. Tale figura si contrappone all’interposizione fittizia realizzata dal negozio simulato, ove per comune volontà delle parti la titolarità del bene oggetto del contratto permane in capo al simulato alienante.
La prova del pactum fiduciae, laddove costituisca un accordo connesso e collaterale, ulteriore – e non contrario ed in antitesi – rispetto al regolamento negoziale principale cui accede, non soggiace ai limiti della prova testimoniale di cui agli artt. 2721 ss. c.c. Tale prova può essere raggiunta pertanto anche mediante ragionamento presuntivo secondo il dettato dell’art. 2729 c.c. In particolare, il patto fiduciario che abbia ad oggetto il trasferimento di quote societarie non richiede la forma scritta ad substantiam o ad probationem.
L’attività giuridica che il fiduciario si impegna a svolgere per conto del fiduciante deve risulta dall’accordo fiduciario. Tale patto limita l’esercizio del diritto attribuito al fiduciario entro i confini e gli effetti voluti dai contraenti. Peraltro, ove il fiduciario agisca in modo difforme dalle direttive del fiduciante, è configurabile l’abuso del pactum fiduciae. Considerato che il finanziamento soci costituisce una scelta del socio uti singulo, qualora il fiduciario intenda sostenere di aver compiuto tale versamento per conto del fiduciante, egli deve provare di avere ricevuto istruzioni in tale senso dal fiduciante.
Necessità di motivazione dell’esclusione di un socio di una s.r.l.
La delibera di esclusione del socio di una società di capitali deve essere accompagnata da un atto che espliciti le ragioni dell’esclusione dalla compagine sociale, al fine di consentire al socio idonea ed adeguata difesa. Infatti, ogni qualvolta sia adottato nei confronti di un socio un provvedimento di carattere ablativo o sanzionatorio (sia esso la revoca dall’amministrazione ovvero l’esclusione dalla società), la relativa decisione deve contenere in sé le ragioni poste a suo fondamento, nel contenuto necessario e sufficiente a farle comprendere al suo destinatario e a consentirgli di articolare le proprie difese permettendogliene l’impugnazione.
Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di cessione di quote sociali
In tema di inadempimento del contratto preliminare di compravendita contenente un termine, non rispettato alla scadenza, per la stipulazione del definitivo, l’esercizio dell’azione di esecuzione in forma specifica, ai sensi dell’art. 2932 c.c., dell’obbligo di concludere il medesimo non presuppone necessariamente la natura essenziale di detto termine, né la previa intimazione di una diffida ad adempiere alla controparte, essendo sufficiente la sola condizione oggettiva dell’omessa stipulazione del negozio definitivo che determina di per sé l’interesse alla pronunzia costitutiva, a prescindere da un inadempimento imputabile alla controparte.