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Art. 2947 c.c.
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Azioni a tutela dell’amministratore delegato per la liquidazione del compenso

La domanda volta ad ottenere la liquidazione del compenso di amministratore delegato è soggetta al termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 2949 c.c.; tale termine opera anche in relazione al diritto all’indennizzo per l’ingiustificato arricchimento della società ex art. 2041 c.c., quando anch’esso inerisca e derivi da un rapporto societario.

Se è prevista un’azione tipica che il danneggiato avrebbe potuto esperire nei confronti dell’arricchito e che invece non ha tempestivamente esercitato, la domanda subordinata di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. è inammissibile ed improponibile, attesa la natura sussidiaria dell’azione ex art. 2042 c.c.

15 Aprile 2021

Responsabilità da c.d. contatto sociale di Consob: termine decennale di prescrizione e presupposto della “relazione qualificata”

Alla responsabilità da c.d. contatto sociale fatta valere dal privato entrato in relazione con la Pubblica Amministrazione è applicabile il termine prescrizionale decennale di cui all’art. 2946 c.c. [ LEGGI TUTTO ]

Natura extracontrattuale dell’abuso di posizione dominante ex art. 102 TFUE ai fini della prescrizione e degli effetti restitutori

La data di decorrenza del termine prescrizionale quinquennale ai sensi dell’art. 2935 c.c. dell’azione per illecito antitrust coincide con il momento in cui il danneggiato abbia avuto sufficiente ed adeguata informazione quanto alla sussistenza dell’illecito lamentato.

I comportamenti tenuti dalla società di gestione di un aeroporto, consistenti nell’applicare canoni di sub-concessione non equi ed eccessivamente onerosi, quanto alla messa a disposizione di spazi operativi (uffici) all’interno dell’aeroporto per lo svolgimento delle attività di handling cargo, sono idonei ad integrare esclusivamente un illecito concorrenziale per violazione dell’art. 102 TFUE (con correlata prescrizione quinquennale) e non anche una responsabilità contrattuale, né una responsabilità precontrattuale da contatto sociale qualificato (con correlata prescrizione decennale). Infatti, l’obbligo di comportamento antidiscriminatorio si pone a monte del contratto e impone un obbligo di tenere una determinata condotta che può collocarsi sia all’interno di un contratto in essere, che all’esterno dello stesso (ad esempio con un obbligo a contrarre). Dunque non si tratta di obblighi derivanti dal contratto, ma nascenti da norme esterne al contratto stesso. Il fatto che l’applicazione di determinate tariffe non discriminatorie incida, poi, sul contratto, non può cambiare la natura dell’illecito. Inoltre, è indubbio che l’illecito è tale in quanto è violata la normativa comunitaria che regola i comportamenti di abuso di posizione dominante, e dunque, come sopra detto, è violata una regola di comportamento che si pone al di fuori del contratto. In altri termini non è violata la norma che si sono date le parti (cioè la regola contrattuale), ma sono violate norme che si pongono a monte del contratto, e, in ipotesi, anche al di fuori di esso. Né può ritenersi che una tale valutazione possa porre dei problemi di compatibilità e di tenuta della normativa rispetto al contesto comunitario, essendoci già stata occasione di rilevare come in materia di disciplina della concorrenza nell’ordinamento italiano, anche nel regime anteriore all’entrata in vigore della direttiva 2014/104/Ue , il diritto al risarcimento del danno da illecito antitrust risulta garantito, senza che possa ravvisarsi un’impossibilità o eccessiva difficoltà di esercizio, al punto di vanificare il principio di effettività della tutela posto dall’ art. 102 TFUE , dalla previsione di un termine quinquennale di prescrizione, dettato dalla normativa nazionale, che cominci a decorrere dal momento in cui sia stato dato, con pubblicità legale, avvio al procedimento amministrativo dinanzi all’Autorità Garante per l’accertamento dell’abuso di posizione dominante, rispetto ad un’impresa concorrente.

17 Aprile 2020

Estensione del termine prescrizionale dell’azione di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci

Nel caso in cui l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, l’eventuale più lunga prescrizione prevista per il reato si applica anche all’azione di risarcimento, a condizione che il giudice civile accerti, incidenter tantum, e con gli strumenti probatori e i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie integrante gli estremi di un reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi. La prescrizione decorre dalla data dell’illecito, rimanendo irrilevante che non sia stata iniziata l’azione penale.

 

Termine di prescrizione dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare

Qualora sia stata promossa azione penale per bancarotta nei confronti degli amministratori di una società soggetta a procedura concorsuale e sia stata esperita azione di responsabilità contro tali organi per gli stessi fatti, si applica il termine di prescrizione più lungo previsto per l’azione di danno derivante da reato anche agli effetti delle azioni di responsabilità ai sensi degli artt. 2393 e 2394 c.c.

La prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci di una società fallita decorre dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento , quando i fatti che costituiscono l’illecito civile siano gli stessi di quelli che integrano i reati fallimentari.

L’azione esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 l.fall. compendia in sé sia l’azione sociale che quella dei creditori sociali, e la stessa è pacificamente ammissibile anche nel caso di S.r.l.

Il termine di prescrizione dell’azione spettante ai creditori sociali decorre dal momento in cui si manifesta lo stato di insolvenza della società (e non dal momento del compimento del singolo atto dannoso); pertanto,  ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, occorre  avere riguardo non alla data cui far risalire l’effettiva insolvenza, ma alla data in cui essa si è manifestata all’esterno. Nel caso in cui tale data non sia stata indicata e dimostrata dalla parte interessata, essa coincide con il deposito della sentenza di fallimento.

Intervenuta l’insolvenza della società,  la mancata tenuta delle scritture contabili non consente di stabilire in modo preciso quando la società si sia trovata in stato di scioglimento per perdita del capitale o per altri motivi; pertanto, in tale ipotesi, si determina una inversione dell’onere della prova, dovendo essere gli amministratori inadempienti a quell’obbligo a provare che il dissesto è derivato da cause loro non imputabili o non imputabili ad un loro comportamento negligente.

Prescrizione dell’azione di risarcimento derivante da illecito civile considerato come reato

In un giudizio riguardante l’azione di responsabilità proposta dal curatore fallimentare nei confronti dall’amministratore unico di srl per il suo volontario aggravamento della situazione patrimoniale, nel caso in cui l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato (ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche se per mancata presentazione della querela) trova applicazione l’eventuale, più lunga prescrizione prevista per il reato anche all’azione di risarcimento, a condizione che il giudice civile accerti, incidenter tantum, e con gli strumenti probatori e i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto di reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, e la prescrizione stessa decorre dalla data del fatto (cfr. Cass. Civ. sez. unite 27337/08).

 

16 Marzo 2020

Non punibilità di illecito antitrust per intervenuta prescrizione e mancata prova

Le condotte illecite attuate da un ente pubblico, consistenti nell’abnorme aumento tariffario per la consultazione dei nominativi negli elenchi soggetti previsti ai sensi del d.l. 262/2006 e nella predisposizione e pubblicizzazione di un sistema di monitoraggio alternativo a quelle delle imprese private, non sono più punibili una volta che sia decorso il termine di prescrizione quinquennale stabilito dall’art. 2947 c.c., e conformemente dall’art. 8, d.lgs. 3/2017, tale termine decorrendo dal momento in cui qualsiasi condotta illecita era cessata.

Effetti del giudicato penale di condanna generica sulla prescrizione del diritto al risarcimento del danno

Nel caso in cui la sentenza penale di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile, sia passata in giudicato, la successiva azione volta alla quantificazione del danno non è soggetta al termine di prescrizione breve ex art. 2947 c.c., ma a quello decennale ex art. 2953 c.c., decorrente dalla data in cui la sentenza stessa è divenuta irrevocabile, atteso che la pronuncia di condanna generica, pur difettando dell’attitudine all’esecuzione forzata, costituisce una statuizione autonoma contenente l’accertamento dell’obbligo risarcitorio in via strumentale rispetto alla successiva determinazione del quantum; la conversione del termine di prescrizione, da breve a decennale, per effetto del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è invocabile anche nei confronti di un soggetto rimasto estraneo al processo nel quale è stata pronunciata la stessa sentenza, a meno che non si tratti di diritti che non furono oggetto di valutazione o di decisione.

La responsabilità solidale dei danneggianti ex art. 2055 c.c. richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, anche se per condotte autonome e per titoli diversi, purché causalmente efficienti nella produzione del danno, in quanto l’unicità del fatto dannoso richiesto dalla norma riguarda il danneggiato e non l’identità delle azioni dei responsabili o delle norme violate, sicché, nell’ipotesi in cui, ai sensi dell’art. 2953 c.c., intervenga un giudicato di condanna, la conversione del termine di prescrizione breve del diritto in quello decennale si estende anche ai coobbligati solidali che siano rimasti estranei al giudizio.

26 Febbraio 2020

Durata del termine di prescrizione delle azioni di responsabilità nei confronti degli organi sociali e sussistenza di reati penali e fallimentari

La sussistenza di reati compiuti dagli amministratori di società determina (ai sensi dell’art. 2947, co. 1, c.c.) l’applicazione del maggior termine di durata della prescrizione all’azione civile di responsabilità, con la conseguenza che il termine non è più quello quinquennale ma il diverso e più lungo previsto dalla specifica fattispecie penale.

In caso di fallimento della società, il termine ordinario di prescrizione quinquennale per l’azione sociale di responsabilità (art. 2393, co. 4 c.c.) e per quella dei creditori sociali (artt. 2394 e 2949 c.c.) subisce – per effetto della sussistenza di reati fallimentari (quali ad esempio quello di bancarotta) – l’incremento del periodo di durata (6 o anche 10 anni) connesso e conseguente al reato compiuto, applicandosi in tal caso il maggior termine di prescrizione previsto per la fattispecie illecita compiuta.

In ipotesi di addebiti specifici di condotte lesive e pregiudizievoli nei confronti degli organi gestori, la Curatela non può ricorrere a criteri equitativi di liquidazione del danno come quello della differenza tra attivo e passivo del fallimento.

A prescindere dalla attendibilità, comunque, resta fermo che le dichiarazioni di circostanze sfavorevoli contenute nelle scritture contabili hanno un valore confessorio che conferisce una efficacia probatoria contra se rispetto all’amministratore che le ha redatte: conseguentemente è onere dello stesso convenuto dimostrare analiticamente le movimentazioni del denaro e delle vendite attraverso le relative pezze di appoggio; onere probatorio che deve essere assolto in modo ancora più rigoroso se si considera un quadro di sostanziale inadempimento di basilari obblighi gestori.

31 Luglio 2019

Azione di responsabilità dei creditori sociali e termine di prescrizione

La pretesa risarcitoria dei creditori sociali ex art. 2476 c.c., sesto comma, si prescrive nel termine quinquennale di cui all’art. 2947 c.c..

Tale termine decorre dal momento in cui il danno – vale a dire l’incapienza del patrimonio sociale rispetto alla soddisfazione del credito – è conoscibile dal creditore terzo; la conoscibilità del danno può pertanto coincidere con il deposito nel Registro delle Imprese del bilancio sociale dal quale risulta il valore negativo del patrimonio netto.