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Art. 146 l.fall.
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10 Febbraio 2023

La ripartizione dell’onere probatorio e la rilevanza del nesso causale nell’azione di responsabilità

Chi agisce per il risarcimento del danno deve allegare e provare l’esistenza di un danno attuale e concreto, cioè – nel contesto di un’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore – il depauperamento del patrimonio sociale, di cui si chiede il ristoro, e la riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente. Incombe viceversa sull’amministratore l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi a lui imposti. È pacificamente accolto in giurisprudenza il principio del superamento della ricostruzione della fattispecie risarcitoria in termini di danno-evento, essendo infatti privilegiata l’opzione ermeneutica fondata sul concetto di danno-conseguenza.

Il riferimento al nesso causale, oltre a servire come parametro per l’accertamento della responsabilità risarcitoria degli amministratori, è quindi rilevante anche da un punto di vista oggettivo, in quanto consente, come regola generale, di limitare l’entità del risarcimento all’effettiva e diretta efficienza causale dell’inadempimento e quindi a porre a carico degli amministratori inadempienti solo il danno direttamente riconnesso alla loro condotta omissiva o commissiva.

10 Febbraio 2023

Sulla legittimazione attiva di socio e creditore in caso di Fallimento della società

A seguito del fallimento della società il socio che abbia promosso l’azione di responsabilità sociale nella qualità di sostituto processuale della società ai sensi dell’art. 2476, comma 3, c.c.. perde la legittimazione e così pure il singolo creditore che abbia proposto l’azione del creditore sociale nel mentre il fallimento è legittimato ad agire con l’azione ex art 146 l. fall., azione che “assorbe” sia l’ azione sociale sia azione dei creditori sociali quest’ultima configurandosi in costanza di procedura fallimentare, come azione “di massa”. Finché dura il fallimento non può “sopravvivere” la legittimazione del singolo creditore sociale all’azione dei creditori sociali restando salva solo la diversa azione, individuale e per danno “diretto” del terzo ex art 2476, comma 6 (ora 7), c.c. (azione non predicata nel caso di specie). Ne consegue che nel caso di giudizio di responsabilità già pendente verso l’organo amministrativo della società qualora intervenga il fallimento della società spetta solo al fallimento la decisione di proseguire con le azioni originariamente promosse accettando la causa nello stato in cui si trova con le eventuali preclusioni assertive ed istruttorie già maturate; in difetto di ciò la domanda va dichiarata improcedibile per il sopravvenuto difetto di legittimazione attiva degli originari attori.

1 Febbraio 2023

La responsabilità degli amministratori non esecutivi

Sugli amministratori “non operativi” grava il dovere di agire informati e, quindi, il dovere di assumere, in ogni caso, iniziative volte a prevenire, evitare o limitare il pregiudizio al patrimonio sociale derivante dagli atti di mala gestio eventualmente posti in essere, per iniziativa esclusiva e personale, dall’amministratore operativo e da loro quantomeno conoscibili. Infatti, la circostanza che l’amministratore sia rimasto di fatto estraneo alla gestione della società, avendo consentito ad altri di ingerirsi nella conduzione della stessa o essendosi limitato ad eseguire decisioni prese in altra sede, non è sufficiente ad escludere la sua responsabilità, riconducibile all’inosservanza dei doveri posti  a suo carico dalla legge e dall’atto costitutivo, la cui assunzione, collegata all’accettazione dell’incarico, gli imponeva di vigilare sull’andamento della società e di attivarsi diligentemente per impedire il compimento di atti pregiudizievoli.  Tale responsabilità non è neppure esclusa dall’appartenenza della società ad un gruppo di imprese, la quale, in mancanza di un accordo fra le varie società, diretto a creare una impresa unica, con direzione unitaria e patrimoni tutti destinati al conseguimento di una finalità comune e ulteriore, non esclude la necessità di valutare il comportamento degli amministratori alla stregua dei doveri specificatamente posti a loro carico, della cui inosservanza essi sono tenuti pur sempre a rispondere nei confronti della società di appartenenza. In particolare, la responsabilità dell’amministratore non esecutivo può discendere da un difetto di conoscenza per non avere rilevato colposamente l’altrui illecita gestione, omettendo di ricercare adeguate informazioni, e non rilevando il semplice fatto che nulla traspaia da formali relazioni del comitato esecutivo o degli amministratori delegati, né dalla loro presenza in consiglio. Gli amministratori senza deleghe devono pertanto attivarsi perché il consiglio compia al meglio il proprio dovere di vigilanza al fine impedire il verificarsi o il protrarsi di una situazione di illecita gestione, fermo restando che,  gli stessi non sono sottoposti ad un generale obbligo di vigilanza, tale da trasmodare di fatto in una responsabilità oggettiva, per le condotte dannose degli altri amministratori, ma rispondono solo quando non si siano attivati per impedirle in virtù della conoscenza – o della possibilità di conoscenza per il loro dovere di agire informati ex art. 2381 c.c. – di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta.

1 Febbraio 2023

Compensi degli amministratori di s.r.l. e responsabilità degli amministratori privi di deleghe

Per le s.r.l., a differenza che per le s.p.a. per le quali l’onerosità dell’incarico di amministratore è prevista dall’art.2389 c.c., la remunerazione della carica degli amministratori è regolamentata dallo statuto o, in mancanza, da una specifica delibera societaria. In tale ultimo caso, l’approvazione dei compensi corrisposti agli amministratori, contestuale a quella del bilancio di esercizio, è legittima soltanto nel caso in cui l’assemblea vi abbia provveduto in modo espresso.

Tutti gli amministratori devono adempiere, ai sensi dell’art. 2392 c.c., i doveri ad essi imposti dalla legge o dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Il sistema della responsabilità degli amministratori privi di deleghe posto dagli artt. 2381 e 2392 c.c. conforma l’obbligo di vigilanza dei medesimi non più come avente ad oggetto il generale andamento della gestione, quale controllo continuo e integrale sull’attività dei delegati, ma richiedendo loro, secondo la diligenza esigibile sin dal momento dell’accettazione della carica, di informarsi e essere informati, anche su propria sollecitazione, degli affari sociali, e di trarne le necessarie conseguenze. Il perdurante dovere di controllo in capo ai medesimi può precisarsi come obbligo di informazione attiva e passiva, nonché di conseguente attivazione, al fine di scongiurare le condotte dei delegati da cui possa derivare danno alla società.

25 Gennaio 2023

Obbligo di tenuta delle scritture contabili, illegittima prosecuzione dell’attività, finanziamento soci

La violazione dell’obbligo di tenuta delle scritture contabili da parte degli amministratori non è di per sé sola sufficiente ad integrare un materiale pregiudizio nella sfera patrimoniale della società tale da giustificare sic et simpliciter il riconoscimento del risarcimento del danno che assumerebbe in questo modo natura e finalità sanzionatoria rispetto alla violazione formale, essendo a tal precipuo fine necessario che un danno si sia prodotto e che sia a tale condotta eziologicamente connesso.

Dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, il patrimonio sociale non può più considerarsi destinato quale era in precedenza alla realizzazione dello scopo sociale, onde gli amministratori non possono più utilizzarlo a tal fine, ma sono abilitati a compiere soltanto agli atti correlati strumentalmente al diverso fine della liquidazione dei beni, restando ad essi inibito il compimento di nuovi atti di impresa atti a porre a rischio il diritto dei creditori sociali a soddisfarsi sul patrimonio sociale.

Il finanziamento del socio deve essere postergato quando, secondo un giudizio di prognosi postuma, nel momento in cui venne concesso, era altamente probabile che la società, rimborsandolo, non sarebbe stata in grado di soddisfare regolarmente gli altri creditori.

25 Gennaio 2023

Sull’invalidità della transazione avente ad oggetto l’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore

La transazione stipulata tra la curatela di una società fallita e l’ex amministratore avente ad oggetto la rinuncia all’azione di responsabilità da parte della prima nei confronti del secondo non può essere invalidata per erronea conoscenza della situazione patrimoniale dell’ex amministratore stesso, essendo ciò irrilevante ai fini della validità dell’accordo.

24 Gennaio 2023

Responsabilità dell’amministratore per aggravamento del dissesto in ragione dell’illecita prosecuzione dell’attività

L’azione promossa dal curatore fallimentare ex art. 146 l. fall. compendia in sé tanto l’azione sociale di responsabilità, volta a reintegrare il patrimonio della società, quanto l’azione dei creditori sociali, volta ad assicurare il soddisfacimento delle ragioni di credito di questi. La prima ha natura contrattuale, atteso che l’amministratore assume verso la società l’obbligo di svolgere il proprio compito con l’ordinaria diligenza, mentre la seconda ha natura aquiliana. Ne consegue che, riguardo all’azione contrattuale, sarà onere del convenuto provare l’adempimento agli obblighi sullo stesso gravanti in ragione del ruolo ricoperto e la non imputabilità a sé dei fatti dannosi; invece, con riguardo all’azione aquiliana, la curatela ha l’onere di dimostrare la condotta dolosa o colposa posta in essere dal convenuto, il danno arrecato ai creditori mediante tale condotta ed il nesso di causalità tra la prima ed il secondo.

In nessun caso è dato sindacare il merito gestorio, ossia le singole scelte amministrative e gestionali, purché sorrette da criteri di ragionevolezza. Infatti, l’obbligazione contratta dall’amministratore, come pure del liquidatore, è di natura professionale, trattandosi di un’obbligazione di mezzi e non di risultato, con la conseguenza che non sono addebitabili agli amministratori o ai liquidatori gli esiti infausti di una scelta gestionale, purchè questa sia stata posta in essere secondo criteri di ragionevolezza, previa assunzione di ogni elemento conoscitivo utile alla stessa, da valutarsi ex ante, ossia sulla base delle circostanze note al momento delle condotte in esame.

23 Gennaio 2023

Principi in tema di responsabilità degli amministratori

L’azione ai sensi dell’art. 146 l.f. racchiude sia l’azione sociale (art. 2476, co. 1 e 3, c.c.), sia l’azione creditoria (odierno art. 2476, co. 6, c.c., che dal 16 marzo 2019 esplicita tale titolo di responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali nelle s.r.l., titolo in giurisprudenza già considerato valevole per essi in ragione della ritenuta applicazione anche alle s.r.l. del disposto dell’art. 2394 c.c., quantomeno nell’azione unitaria fallimentare).

L’art. 2476, co. 8 (già co. 7), c.c. stabilisce la corresponsabilità solidale con gli amministratori dei soci che abbiano intenzionalmente deciso atti dannosi per la società, i soci o i terzi. Il tenore del richiamo normativo (“ai sensi dei precedenti commi”) fonda la corresponsabilità degli amministratori sia nell’illecito contrattuale (art. 2476, co. 1 e 3, c.c.) sia in quello extracontrattuale (attuale art. 2476, co. 7, c.c.). La norma richiede un’intenzionalità, che devesi ravvisare anche nel caso del dolo eventuale.

Le due azioni (l’azione sociale ex art. 2476, co. 1 e 3, c.c. e l’azione creditoria ex art. 2476, co. 7, c.c.) rimangono regolate distintamente sia quanto al regime prescrizionale, sia quanto al regime dell’onere probatorio. La prescrizione dell’azione sociale decorre da quando la società in persona dei suoi amministratori è in grado di percepire la dannosità dell’atto, quella dell’azione creditoria da quando ne sono posti in grado i creditori.

I soli amministratori vedono la sospensione della prescrizione ex art. 2941, n. 7, c.c., norma applicabile all’azione sociale; la ratio della causa di sospensione (in mancanza di essa la società rimarrebbe indifesa, dato che il soggetto che dovrebbe agire a tutela della società, essendo suo amministratore, certamente non eserciterebbe l’azione contro sé medesimo) e il disposto espresso dell’art. 1310, co. 2, c.c. comportano tale conseguenza. Anche la causa di sospensione di cui all’art. 2941, n. 8, c.c. opera con solo riguardo al responsabile dell’occultamento e al creditore.

L’art. 1310 c.c. prevede che l’atto interruttivo della prescrizione operante verso uno dei condebitori sia efficace anche contro gli altri.

 

20 Gennaio 2023

Obblighi e responsabilità del liquidatore

Come non sono addebitabili agli amministratori gli esiti infausti di una scelta gestionale, purché questa sia stata posta in essere secondo criteri di ragionevolezza, previa assunzione di ogni elemento conoscitivo utile alla stessa, da valutarsi ex ante, ossia sulla base delle circostanze note al momento delle condotte, così non è addebitabile al liquidatore la scelta gestionale in prospettiva liquidatoria che non abbia sortito l’effetto desiderato, assunta sulla base dei medesimi parametri.

Il liquidatore di società di capitali ha il dovere di procedere a un’ordinata liquidazione del patrimonio sociale, pagando i debiti secondo il principio della par condicio creditorum; tuttavia, il danno subito dai creditori a seguito di pagamenti preferenziali fatti in violazione della par condicio creditorum da amministratori e liquidatori di una società dopo che il patrimonio della medesima sia divenuto insufficiente rispetto alla massa dei crediti, è danno specifico e diretto, corrispondente alla minore misura in cui ciascuno dei creditori potrà concorrere sull’attivo liquidato.

Il liquidatore, una volta constatato che le attività sociali non consentono l’integrale pagamento dei creditori sociali, man mano che i rispettivi crediti giungono a scadenza, anziché provvedere a pagare ugualmente, deve promuovere senza indugio una procedura concorsuale per il soddisfacimento paritetico di tutti i creditori, altrimenti è chiamato a rispondere direttamente nei confronti dei creditori danneggiati, e per essi del curatore in caso di fallimento, ai sensi degli artt. 146 l. fall. e 2394 c.c.

Le dimissioni del collegio sindacale, ove non accompagnate da atti volti a impedire e contrastare il protrarsi degli illeciti gestori, non sono sufficienti ad esimere l’organo di controllo dalla responsabilità derivante dall’omessa vigilanza sulla gestione, divenendo esemplari della condotta colposa e pilatesca tenuta dal sindaco rimasto indifferente ed inerte nel rilevare una situazione di reiterata illegalità. Il ragionamento di probabilità causale per definizione non conduce alla certezza, ma alla ragionevole ricostruzione di un legame tra i fatti, laddove in tema di responsabilità omissiva dei sindaci, l’inerzia è causa del danno, se, con ragionamento controfattuale ipotetico, l’attivazione lo avrebbe ragionevolmente evitato.