Art. 2 legge 287 1990
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Irrilevanza per le fideiussioni specifiche della conformità allo schema ABI
In materia di nullità delle fideiussioni per violazione dell’art. 2, co. 2, lett. a), l. n. 287 del 1990, l’oggetto dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale nel provvedimento del 2005 della Banca d’Italia è costituito dalle condizioni generali della fideiussione c.d. omnibus, ossia di quella particolare garanzia personale di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, che il debitore principale ha assunto entro un limite massimo predeterminato ex art. 1938 c.c.
Diversamente, essendo le fideiussioni specifiche prestate con riferimento ad un unico e specifico rapporto di finanziamento, non vi sono dubbi sul fatto che non si tratta di fideiussioni a garanzia di una serie indeterminata di operazioni bancarie tra il debitore principale e l’istituto di credito, con indicazione dell’esposizione massima garantita. In merito a queste ultime, pertanto, non si può pervenire ad una censura di invalidità, valendosi della prova privilegiata costituita dalla delibera della Banca d’Italia del 2005.
Fideiussioni specifiche e nullità per intese anticoncorrenziale
In materia di nullità delle fideiussioni, il provvedimento n. 55/2005 con cui la Banca d’Italia ha giudicato gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI in contrasto con l’art. 2, comma 2, lettera a) della Legge n. 287/1990 (ritenendo che tali clausole possano determinare effetti anticoncorrenziali in senso sfavorevole alla clientela) riguarda esclusivamente le fideiussioni omnibus, non investendo invece le fideiussioni rilasciate a garanzia di obbligazioni derivanti da specifiche operazioni bancarie.
(Nel caso di specie, parte attrice aveva chiesto al Tribunale di accertare e dichiarare la nullità di una fideiussione prestata con riferimento ad un unico e specifico rapporto di finanziamento, deducendo quale prova privilegiata a sostegno della natura anticoncorrenziale delle clausola impugnate il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005).
Fideiussione omnibus e fideiussione specifica: violazione della normativa antitrust
Il contratto costituente un’ipotesi di fideiussione specifica non rientra nell’ambito di applicazione del provvedimento n. 55 del 2005 della Banca d’Italia, che ha dichiarato la contrarietà alla L. n. 287/90 degli artt. 2, 6, 8 dello schema ABI del 2002, riferito esclusivamente alle fideiussioni omnibus perfezionate sulla scorta di tale modello contrattuale.
In particolare, il provvedimento della Banca d’Italia evidenzia che la fideiussione omnibus presenta una funzione specifica e diversa da quella della fideiussione civile, volta a garantire una particolare tutela alle specificità del credito bancario, in considerazione della rilevanza dell’attività di concessione di finanziamenti in via professionale e sistematica agli operatori economici. È con riguardo a tale fattispecie contrattuale che la Banca d’Italia ha valutato come le clausole dello schema ABI (riguardante la fideiussione omnibus), di per sé lecite se inserite in fideiussioni specifiche, possono determinare effetti anticoncorrenziali, in senso ingiustificatamente sfavorevole alla clientela. La nullità non può colpire anche le fideiussioni specifiche, riproducenti lo schema ABI relativo alla fideiussione omnibus.
Con riguardo alle fideiussioni specifiche, non è sufficiente nemmeno l’allegazione di moduli contenenti le clausole censurate, predisposte da vari istituti di credito al fine della prova dell’illiceità dell’intesa “a monte”, in quanto la standardizzazione contrattuale non produce necessariamente effetti anticoncorrenziali, né costituisce elemento dirimente per accertare l’accordo illecito tra gli istituti di credito.
La prova semplificata derivante dalla conformità allo schema ABI riguarda solo le fideiussioni omnibus
L’oggetto dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale nel provvedimento di Banca d’Italia del 2005 è costituito dalle condizioni generali della fideiussione c.d. omnibus, ossia di quella particolare garanzia personale di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, assunti dal debitore principale entro un limite massimo predeterminato, ai sensi dell’art. 1938 c.c. Ciò significa che, qualora taluno si sia obbligato rispetto ad una fideiussione avente i caratteri su esposti, e così qualificata, potrà invocare la natura di prova privilegiata della decisione della Banca d’Italia del 2 maggio 2005 e porla a fondamento della sua invalidità, unitamente alla prova dell’applicazione uniforme. Lo stesso non vale, però, per le fideiussioni specifiche conformi allo schema ABI.
In assenza di alcun provvedimento di natura sanzionatoria emesso dall’Autorità di vigilanza competente (ora l’AGCM) che abbia accertato l’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale in violazione dell’art. 2, comma 2, lettera a), della L. n. 287/90 relativa alla formulazione uniforme dei contratti di fideiussione a valere come prova c.d. privilegiata, l’onere probatorio relativo all’esistenza di un’intesa illecita all’epoca della stipula dei contratti di fideiussione grava interamente sulla parte attrice, che ne eccepisce la nullità per asserita violazione della normativa antitrust.
Nullità del contratto di fideiussione per violazione della normativa in materia di concorrenza
La mera presenza nel regolamento contrattuale di una clausola di pagamento a prima richiesta non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come contratto autonomo di garanzia o come fideiussione, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita. Per poter configurare un negozio fideiussorio come contratto autonomo di garanzia, è necessario che dal contratto emerga la volontà dei contraenti di rendere autonoma la garanzia, imponendo al garante non solo di pagare immediatamente, ma anche di non sollevare in modo assoluto – anche in un secondo momento – eccezioni. Sebbene l’inserimento dell’inciso “a semplice richiesta” possa, in astratto, essere un indice della volontà delle parti di elidere il nesso di accessorietà tipico della fideiussione, al fine di operare una più corretta qualificazione giuridica dell’impegno assunto dal garante è necessario esaminare l’intero contesto delle pattuizioni.
In tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall’art. 2 della l. n. 287/1990 e con particolare riguardo alle clausole relative a contratti di fideiussione da parte delle banche, il provvedimento della Banca di Italia di accertamento dell’infrazione, adottato prima delle modifiche apportate dall’art. 19, co. 11, l. n. 262/2005, possiede, al pari di quelli emessi dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano in esso pronunciate. Il giudice di merito è, quindi, tenuto, per un verso, ad apprezzarne il contenuto complessivo, senza poter limitare il suo esame a parti isolate di esso, e, per altro verso, a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva, non potendo attribuire rilievo decisivo all’attuazione o meno della prescrizione contenuta nel menzionato provvedimento, con cui è stato imposto dall’ABI di estromettere le clausole vietate dallo schema contrattuale diffuso presso il sistema bancario.
Con riferimento alle fideiussioni omnibus, laddove sia accertato che le clausole del contratto siano l’estrinsecazione di un’intesa illecita ex art. 2 l. n. 287/1990, può configurarsi, oltre al rimedio del risarcimento del danno, anche quello civilistico della nullità speciale, posta – attraverso le previsioni di cui agli artt. 101 TFUE e 2, co. 2, l. 287/1990 – a presidio di un interesse pubblico e, in specie, dell’ordine pubblico economico; dunque, nullità ulteriore a quella che il sistema già conosceva. In tal senso depone la considerazione che siffatta forma di nullità ha una portata più ampia della nullità codicistica (art. 1418 c.c.) e delle altre nullità conosciute dall’ordinamento – come la “nullità di protezione” nei contratti del consumatore (c.d. secondo contratto) e la nullità nei rapporti tra imprese (c.d. terzo contratto) – in quanto colpisce anche atti, o combinazione di atti avvinti da un nesso funzionale, non tutti riconducibili alle suindicate fattispecie di natura contrattuale. La ratio di tale speciale regime è tale da ravvisarsi nell’esigenza di salvaguardia dell’ordine pubblico economico, a presidio del quale sono state dettate le norme imperative nazionali ed europee antitrust.
Nullità del contratto di fideiussione per contrasto con la normativa antitrust
Al fine di far valere la nullità di clausole contrattuali contenute in un contratto di fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust e invocare l’applicazione uniforme di clausole anticoncorrenziali, l’attore deve provare l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale anteriore o coeva alla stipulazione del contratto di garanzia e finalizzata all’applicazione uniforme delle clausole contestate, intesa che è elemento costitutivo essenziale ed imprescindibile per poter configurare una violazione dell’art. 2, co. 2, lett. a) della l. n. 287/1990. Al contrario, non è sufficiente fondare la domanda giudiziale sulla riproduzione, nel modello contrattuale fideiussorio impugnato predisposto dalla banca, di clausole contrattuali, quali la c.d. clausola di riviviscenza, quella di rinuncia per il garante ai termini dell’art. 1957 c.c. e di sopravvivenza, che riproducano lo schema negoziale predisposto dall’ABI già accertato come non compatibile con il suddetto art. 2, l. n. 287/1990 da parte della Banca d’Italia.
Distinzione tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia (garantievertrag)
Una mera clausola di pagamento a prima richiesta non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come contratto autonomo di garanzia o come fideiussione, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita. Per poter configurare un negozio come contratto autonomo di garanzia, è necessario che dal contratto emerga la volontà dei contraenti di rendere autonoma la garanzia, imponendo al garante non solo di pagare immediatamente, ma anche di non sollevare in modo assoluto – anche in un secondo momento – eccezioni. Sebbene l’inserimento dell’inciso “a semplice richiesta” possa, in astratto, essere un indice della volontà delle parti di elidere il nesso di accessorietà tipico della fideiussione, al fine di operare una più corretta qualificazione giuridica dell’impegno assunto dal garante è necessario esaminare l’intero contesto delle pattuizioni contrattuali. In tal senso, quindi assumono rilevanza le ulteriori clausole previste nella fideiussione.
È incompatibile con un contratto autonomo una garanzia che non predetermini in maniera precisa l’oggetto della prestazione del garante, ma lo individui in relazione al debito del debitore principale (limitatamente all’importo massimo garantito), che può variare nel tempo: l’autonomia dell’obbligazione di garanzia rispetto all’obbligazione del garantito, che vale ad escludere la sua accessorietà e la possibilità di proporre le eccezioni del debitore principale, richiede la sussistenza di un contratto (anziché un atto unilaterale di prestazione di garanzia) e la predeterminazione della somma di denaro che il garante in via autonoma si obbliga a corrispondere, in via sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore. Tale contenuto, che risponde al requisito di determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto (art. 1346 c.c.), richiesto a pena di nullità (art. 1418, co. 2, c.c.), non si rinviene esattamente nella fideiussione omnibus che indica solo l’importo massimo garantito e che comporta, da parte del garante, l’impossibilità di conoscere preventivamente la prestazione che si obbliga ad effettuare a semplice richiesta. Una garanzia personale che indica un importo massimo garantito – e la prestazione alla quale sarà tenuto il garante non ha alcun carattere di autonomia rispetto all’obbligazione principale, dalla quale dipende il quantum garantito – può qualificarsi solo come fideiussione per obbligazioni future.
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3 della legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti. Dunque, le polizze fideiussorie sono nulle limitatamente alle clausole riproduttive dello schema ABI in violazione della normativa antitrust, non estendendosi all’intero contratto di garanzia che conserva la propria validità e causa concreta.
In ordine al profilo probatorio deve ritenersi che, in tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall’art. 2 della l. n. 287/90, e con particolare riguardo alle clausole relative a contratti di fideiussione da parte delle banche, il provvedimento della Banca di Italia di accertamento dell’infrazione, adottato prima delle modifiche apportate dall’art. 19, co. 11, della L. n. 262 del 2005, possiede, al pari di quelli emessi dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano in esso pronunciate. Invece, in assenza di alcun provvedimento di natura sanzionatoria emesso dall’Autorità di vigilanza competente (ora l’AGCM), che abbia accertato l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale in violazione dell’art. 2, co. 2, lettera a) della L. n.287/1990, relativa alla formulazione uniforme dei contratti di fideiussione a valere come prova c.d. privilegiata, l’onere probatorio relativo all’esistenza di una intesa illecita, all’epoca della stipula dei contratti di fideiussione, grava interamente sulla parte che chiede l’accertamento della nullità della fideiussione, per asserita violazione della normativa antitrust.
Sul valore probatorio dell’accertamento di infrazioni anticoncorrenziali ad opera delle Autorità di Vigilanza: le fideiussioni omnibus
In tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall’art. 2 della l. n. 287/90, e con particolare riguardo alle clausole relative a contratti di fideiussione da parte delle banche, il provvedimento della Banca di Italia di accertamento dell’infrazione, adottato prima delle modifiche apportate dall’art. 19, co. 11, della l. n. 262 del 2005, possiede, al pari di quelli emessi dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale. Pertanto, l’accertamento effettuato dalla Banca d’Italia con il provvedimento amministrativo n. 55 del 2005 riferibile al periodo temporale ottobre 2022 – maggio 2005 esplica elevata attitudine probatoria in ordine all’esistenza dell’intesa anticoncorrenziale rispetto alle fideiussioni omnibus stipulate nel corso della finestra temporale oggetto dell’accertamento.
Quel che assume rilievo, ai fini della nullità delle clausole del contratto di fideiussione omnibus riproducenti lo schema ABI, è che esse costituiscono lo sbocco dell’intesa vietata e cioè che attraverso dette disposizioni si siano attuati gli effetti di quella condotta illecita nei confronti di tutti gli operatori del mercato; ciò che va accertato, pertanto, è la coincidenza delle condizioni contrattuali col testo di uno schema contrattuale che possa ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva, per cui il giudice deve valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva.
Con riferimento alle fideiussioni omnibus, laddove sia accertato che le clausole del contratto siano il frutto o, meglio, l’estrinsecazione di un’intesa illecita ex art. 2 l. n. 287/1990, può configurarsi, oltre al rimedio del risarcimento del danno, anche quello civilistico della nullità speciale, posta – attraverso le previsioni di cui agli artt. 101 del TFUE e all’art. 2, co. 2, della l. 287/90 – a presidio di un interesse pubblico e, in specie, dell’ordine pubblico economico; dunque, nullità ulteriore a quella che il sistema già conosceva. In tal senso depone la considerazione che siffatta forma di nullità ha una portata più ampia della nullità codicistica (art. 1418 c.c.) e delle altre nullità conosciute dall’ordinamento – come la nullità di protezione nei contratti del consumatore (c.d. secondo contratto), e la nullità nei rapporti tra imprese (c.d. terzo contratto) –, in quanto colpisce anche atti, o combinazione di atti avvinti da un nesso funzionale, non tutti riconducibili alle suindicate fattispecie di natura contrattuale. La ratio di tale speciale regime è tale da ravvisarsi nell’esigenza di salvaguardia dell’ordine pubblico economico, a presidio del quale sono state dettate le norme imperative nazionali ed europee antitrust. Il contratto tra imprenditore e utente finale costituisce il compimento stesso dell’intesa anticompetitiva tra imprenditori, la sua realizzazione finale, il suo senso pregnante, mentre ragionando diversamente si giungerebbe a negare l’intero assetto, comunitario e nazionale, della normativa antitrust, la quale è posta a tutela non solo dell’imprenditore, ma di tutti i partecipanti al mercato.
Le clausole del contratto di fideiussione omnibus conformi a quelle di cui allo schema ABI illecito, devono essere dichiarate nulle in virtù al principio di conservazione degli atti negoziali, costituente la regola nell’ordinamento, a meno che non risulti comprovata agli atti una diversa volontà delle parti, nel senso dell’essenzialità, per l’assetto degli interessi divisato, dalla parte del contratto colpita da nullità. Va, per contro, esclusa la nullità totale del contratto a valle, con specifico riferimento alla fattispecie oggetto del presente giudizio. Ed invero, anche a prescindere dalle critiche mosse a siffatta impostazione – sotto i diversi profili dell’inconfigurabilità di un collegamento negoziale tra intesa e fideiussione, della non ravvisabilità di un vizio della causa o dell’oggetto, ecc.) –, è proprio la finalità perseguita dalla normativa antitrust ad escludere l’adeguatezza del rimedio in questione.
Il provvedimento n. 55 del 2005, quale prova privilegiata relativa alla sussistenza dell’intesa anticoncorrenziale, non si estende né alla prova dell’esistenza del nesso di causalità tra il fatto illecito e il danno patito, né alla prova del danno conseguenza, che resta rimessa all’onere probatorio di parte istante. Se il legislatore avesse voluto estendere l’efficacia della decisione dell’Autorità Garante anche alla prova del nesso di causalità e del danno lo avrebbe fatto espressamente.
Intese restrittive della concorrenza: i rapporti con i contratti stipulati a valle
Tra l’intesa a monte e la fideiussione bancaria a valle si configura un collegamento funzionale, alla cui stregua la stipula di tali atti può essere individuata come un’operazione unitaria tesa alla violazione della normativa antitrust nazionale ed europea. In tal guisa, l’art. 2, co. 3, l. 287/1990, statuisce che le intese vietate sono nulle ad ogni effetto, così comprendendo anche i contratti che conferiscono concreta attuazione all’intesa vietata.
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a), l. 287 del 1990 e 101 TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3, della legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
Onere probatorio e prova privilegiata nell’azione di nullità di fideiussione omnibus
Con riferimento alla situazione antecedente all’entrata in vigore dell’art. 7 d.lgs. n. 3 del 2017, nei giudizi promossi ai sensi dell’art. 33 della legge n. 287 del 1990 le conclusioni assunte dall’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, nonché le decisioni del giudice amministrativo che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle decisioni, costituiscono una prova privilegiata, in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso, anche se ciò non esclude la possibilità che le parti offrano prove a sostegno di tale accertamento o ad esso contrarie. Si tratta infatti di documentazione che, raccogliendo gli esiti di un’esaustiva istruttoria avente carattere definitivo, assume valore intrinseco di fonte probatoria privilegiata dell’illecito antitrust.
Al fine di valutare la validità ed efficacia delle clausole impugnate contenute in un contratto di fideiussione, il punto dirimente non attiene tanto alla diffusione di un modulo ABI da cui non fossero state espunte le nominate clausole, quanto alla coincidenza delle condizioni contrattuali col testo di uno schema contrattuale che potesse ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva. L’illiceità derivata dalle intese anticoncorrenziali a monte deve essere affermata se il contenuto delle stesse sia effettivamente trasposto nelle singole clausole dei contratti a valle, dovendosi pur sempre evitare il sillogismo secondo cui l’accertamento dell’intesa illecita comporterebbe in via automatica la nullità dei negozi conclusi tra le imprese aderenti al cartello e i singoli soggetti ad esso estranei.
Con il provvedimento n. 55 del 2005 la Banca d’Italia ha appurato che gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’art. 2, co. 2, lett. a), l. 287/90, evidenziando in particolare come le verifiche compiute nel corso dell’istruttoria avessero mostrato, con riferimento alle clausole esaminate, la sostanziale uniformità dei contratti utilizzati dalle banche rispetto allo schema standard dell’ABI e come tale uniformità discendesse da una consolidata prassi bancaria preesistente rispetto allo schema dell’ABI (non ancora diffuso presso le associate), che potrebbe però essere perpetuata dall’effettiva introduzione di quest’ultimo.
In caso di controversia con caratteristiche stand alone – e cioè non direttamente fondata su fatti accertati in sede amministrativa di accertamento della violazione antitrust – l’onere probatorio volto a dare fondamento alla contestazione di intesa in relazione al disposto dell’art. 2 l. 287/90 ricade sulla parte che ha formulato la contestazione.