Art. 2 legge 287 1990
48 risultati
Fideiussioni omnibus: clausole anticoncorrenziali e prova dell’intesa illecita nel giudizio stand alone
In un giudizio c.d. stand alone, l’attore è chiamato a dar prova di tutti i fatti costitutivi della domanda e non può, invece, giovarsi – come nelle cc.dd. “follow on actions” – dell’accertamento dell’intesa illecita, contenuto in un provvedimento dell’autorità amministrativa competente a vigilare sulla conservazione dell’assetto concorrenziale del mercato, in quanto un simile accertamento o manca del tutto o c’è, ma riguarda un periodo diverso da quello in cui si colloca la specifica vicenda negoziale, che avrebbe leso la sfera giuridica dell’attore, onerando di conseguenza quest’ultimo dell’allegazione e della dimostrazione di tutti gli elementi della fattispecie, tra i quali l’esistenza della stessa intesa illecita.
Fideiussioni omnibus: i limiti del provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia
Qualunque fattispecie al di fuori del perimetro oggettivo e temporale dell’accertamento contenuto nella decisione n. 55/2005 di Banca d’Italia non può essere risolta semplicemente applicando le conclusioni cui l’Autorità è pervenuta, non estendendosi esse automaticamente a fatti diversi e/o successivi a quelli specificamente indagati. In quella sede, l’Autorità di vigilanza aveva infatti accertato l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza limitatamente al settore delle fideiussioni omnibus bancarie e nel solo periodo compreso tra il 2002 e il 2005. Al di fuori del perimetro oggettivo e temporale dell’accertamento di Banca d’Italia, come in qualunque causa stand alone, l’onere della prova dell’illecito anticoncorrenziale grava allora sulla parte che ne assume l’esistenza secondo le regole ordinarie del processo civile. [Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto inutilizzabile la decisione della Banca d’Italia come prova privilegiata dell’illecito anticoncorrenziale in quanto i contratti di cui gli attori invocavano la nullità erano qualificabili come contratti autonomi di garanzia e non come fideiussioni. Peraltro, erano stati stipulati dopo il 2005 ed erano volti a garantire non per operazioni bancarie ma di leasing].
Fideiussioni omnibus successive al 2005: onere della prova dell’illecito anticoncorrenziale in capo al fideiussore
La produzione in giudizio del provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005 non fornisce di per sé prova idonea dell’esistenza dell’intesa restrittiva della concorrenza quando la stipulazione della garanzia fideiussoria omnibus è intervenuta successivamente al provvedimento stesso, relativo a una fase temporale conclusasi nel maggio del 2005. Pertanto, la vicenda contrattuale dà origine ad un giudizio c.d. “stand alone”, nel quale la parte che intende far valere la nullità delle clausole di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c., di reviviscenza e di sopravvivenza, chiamata a dar prova dei fatti costitutivi della domanda, non può giovarsi – come nelle c.d. “follow on actions” – dell’accertamento dell’intesa illecita contenuto in un provvedimento dell’autorità amministrativa competente a vigilare sulla conservazione dell’assetto concorrenziale del mercato, e ciò perché un simile accertamento manca del tutto o comunque riguarda un periodo diverso da quello in cui si colloca la specifica vicenda negoziale che avrebbe leso la sfera giuridica del fideiussore. Pertanto, l’inquadramento della controversia tra le cause “stand alone” fa sì che l’attore sia onerato dell’allegazione e dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, tra i quali rientra quello della perdurante esistenza di un’intesa illecita all’epoca della sottoscrizione del contratto di fideiussione per cui è causa.
La legge antitrust n. 287 del 1990 detta norme, segnatamente l’art. 2, a tutela della libertà di concorrenza, aventi come destinatario qualunque soggetto del mercato che abbia un interesse processualmente rilevante alla conservazione del suo carattere competitivo, al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un’intesa vietata. In tale prospettiva chiunque, a prescindere dalla qualità rivestita, può ritenersi vittima dell’illecito anticoncorrenziale e far valere quindi la nullità del contratto.
Domanda di nullità della fideiussione omnibus e mancata produzione del Provvedimento di Banca d’Italia n. 55/2005
Il modello predisposto dall’ABI e giudicato contrastante con la normativa antitrust con provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005 conteneva clausole che, se applicate in modo uniforme, sarebbero risultate in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/1990. Si trattava delle clausole di deroga al termine di decadenza previsto dall’art. 1957 c.c., di c.d. “reviviscenza” e di c.d. “sopravvivenza”. La Banca d’Italia aveva evidenziato in particolare come le verifiche compiute nel corso dell’istruttoria avessero mostrato, con riferimento alle clausole esaminate, la sostanziale uniformità dei contratti utilizzati dalle banche rispetto allo schema standard dell’ABI e come tale uniformità discendesse da una consolidata prassi bancaria preesistente rispetto allo schema dell’ABI, che non era ancora diffuso presso le associate, che avrebbe potuto però essere perpetuata dall’effettiva introduzione di quest’ultimo. A tale conclusione l’Istituto era pervenuto sulla scorta del parere reso dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato in data 22 agosto 2003, secondo cui l’ampia diffusione delle clausole oggetto di verifica non poteva essere ascritta a un fenomeno spontaneo del mercato, ma piuttosto agli effetti di un’intesa esistente tra le banche sul tema della contrattualistica. [Nel caso di specie, il Tribunale ha respinto la domanda di accertamento della nullità della fideiussione omnibus per asserita conformità allo schema ABI in quanto l’attore non aveva prodotto in giudizio il Provvedimento di Banca d’Italia n. 55/2005 e, in ogni caso, le clausole della fideiussione divergevano da quelle censurate dall’Autorità. Inoltre, il Tribunale ha rilevato come la fideiussione fosse stata stipulata nel 2017, quindi, diversi anni dopo il periodo preso in considerazione da Banca d’Italia ai fini dell’accertamento dell’intesa restrittiva della concorrenza].
Fideiussioni omnibus: clausole conformi al modello ABI e divieto di doppia garanzia ex art. 4.4, Parte II, All., DM 23.9.2005
Il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005 costituisce prova privilegiata dell’esistenza di una intesa illecita anticoncorrenziale con riferimento alle sole fideiussioni omnibus che si collocano nell’arco temporale (ottobre 2002 – maggio 2005) oggetto dell’istruttoria condotta dalla Banca d’Italia, all’epoca Autorità Garante per la concorrenza tra istituti di credito, sfociata nell’emanazione del provvedimento stesso. Esso non è invece applicabile alle fideiussioni specifiche, le quali si collocano al di fuori del campo di indagine oggetto dell’istruttoria svolta dalla Banca d’Italia, riferito alle sole fideiussioni omnibus (par. 9 provvedimento) e del conseguente ambito di produzione di effetti del provvedimento stesso, nè a fideiussioni stipulate tra il 2014 e il 2016, per la distanza temporale che intercorre tra l’illecito accertato dalla Banca d’Italia nel lontano 2005 e l’epoca di sottoscrizione delle fideiussioni dedotte in giudizio. In tali casi, l’azione di nullità va inquadrata nelle azioni c.d. “stand alone”, in cui l’attore è chiamato a dar prova dei fatti costitutivi della domanda ex art. 2697 c.c. Lo stesso, quindi, deve dimostrare la persistenza e attualità, all’epoca della stipula delle fideiussioni, di una intesa illecita fra istituti di credito relativa all’applicazione uniforme e, quindi, anticoncorrenziale delle clausole 2, 6 e 8 previste dallo schema ABI del 2003, intesa accertata col provvedimento del 2005, il cui valore di prova privilegiata di una intesa antitrust tuttavia si affievolisce, sino a esaurirsi, con riguardo a condotte tenute in epoca distante da quella oggetto dell’accertamento risalente al 2005. Peraltro, a prescindere dal profilo antitrust, le singole clausole di una fideiussione corrispondenti alle clausole 2, 6 e 8 dello schema ABI del 2003, censurate dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005, non sono, per il resto, contrarie a norme imperative, bensì legittimamente derogatorie di norme codicistiche.
In tema di fideiussione per obbligazioni future (e, quindi, solo di fideiussioni omnibus) per l’applicazione dell’art.1956 c.c. – a mente del quale il fideiussore è liberato in caso di finanziamenti al terzo nonostante il sopravvenuto deterioramento delle sue condizioni economiche, conosciuto dal creditore – devono ricorrere sia il requisito oggettivo della concessione di un ulteriore finanziamento successivo al deterioramento delle condizioni economiche del debitore, sopravvenuto alla prestazione della garanzia, sia il requisito soggettivo della consapevolezza del creditore del mutamento delle condizioni economiche del debitore, raffrontate a quelle esistenti all’atto della costituzione del rapporto. Inoltre, il fideiussore che invochi l’applicazione dell’art. 1956 c.c. ha l’onere di provare, ai sensi dell’art.2697 c.c. che successivamente alla prestazione della fideiussione per obbligazioni future, il creditore, senza l’autorizzazione del fideiussore, abbia fatto credito al terzo pur essendo consapevole dell’intervenuto peggioramento delle sue condizioni economiche in misura tale da ingenerare il fondato timore che questi potesse divenire insolvente. Quindi, la violazione da parte del fideiussore dell’art.1956 c.c., ricollegabile al principio di buona fede nell’esecuzione del rapporto, presuppone l’onere per il fideiussore di dimostrare che la banca conosceva il peggioramento della situazione del debitore principale e che lo abbia occultato al garante, prova che tuttavia gli attori non hanno fornito nel presente giudizio
Con riguardo alla violazione del divieto di doppia garanzia sulla quota di finanziamento che beneficia della garanzia pubblica del Fondo di Garanzia, previsto dal punto sub 4.4. della Parte II dell’Allegato al DM 23 settembre 2005, che preclude all’istituto di credito erogante il finanziamento di munirsi di ulteriore garanzia reale, bancaria o assicurativa sulla parte del finanziamento garantita dal Fondo di Garanzia, si rileva che tale divieto non risulta testualmente esteso anche alle garanzie personali (come la fideiussione). Inoltre, il disposto dell’art. 4.4 è applicabile solo nell’ambito del rapporto interno tra il Fondo di Garanzia e il soggetto finanziatore (banca), rapporto rispetto al quale il soggetto beneficiario del finanziamento si pone come terzo estraneo. Ne consegue che il predetto divieto, contenuto in una norma di rango secondario relativa alle condizioni di ammissibilità della garanzia pubblica, non può incidere sul rapporto contrattuale che intercorre tra i fideiussori e la banca. Pertanto, la surroga legale del Fondo di Garanzia non soffre limitazioni e si realizza anche nei confronti dei fideiussori.
Nel contratto di fideiussione i requisiti soggettivi per l’applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso e non già al distinto contratto principale, dando rilievo all’entità della partecipazione al capitale sociale, nonché all’eventuale qualità di amministratore della società garantita assunta dal fideiussore.
La decadenza del creditore dal diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione fideiussoria, sancita dall’art. 1957 c.c., per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, può formare oggetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore o essere comunque derogata dalle parti, sia esplicitamente sia implicitamente, attraverso un comportamento concludente, trattandosi di pattuizione rimessa alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione, da parte del fideiussore, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore. La clausola relativa a detta rinuncia non rientra, inoltre, tra quelle particolarmente onerose per le quali l’art. 1341, comma 2, c.c. esige, nel caso che siano predisposte da uno dei contraenti, la specifica approvazione per iscritto dell’altro contraente
Nullità della fideiussione omnibus: legittimazione ad agire ed onere della prova nelle cause “stand alone”
L’interesse protetto dalla normativa antitrust è principalmente quello del mercato in senso oggettivo, cioè quello della trasparenza e della correttezza del mercato, e non soltanto l’interesse individuale del singolo contraente pregiudicato. Infatti, la legge antitrust n. 287 del 1990 detta norme, segnatamente l’art. 2, a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatario qualunque soggetto del mercato che abbia un interesse processualmente rilevante alla conservazione del suo carattere competitivo, al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un’intesa vietata. In tale prospettiva, chiunque, sia esso imprenditore o consumatore, può ritenersi vittima dell’illecito anticoncorrenziale e far valere quindi la nullità del contratto. [Nel caso di specie, il Tribunale respingeva l’eccezione della banca che lamentava la carenza di legittimazione attiva in capo agli attori deducendo che fossero soci dell’impresa garantita e non consumatori].
La sola produzione in giudizio del Provvedimento di Banca d’Italia n. 55 del 2005 non fornisce prova idonea dell’esistenza dell’intesa restrittiva della concorrenza invocata a fondamento dell’invalidità della fideiussione omnibus, se la stessa è stata stipulata in un periodo diverso da quello compreso tra il 2002 e il maggio del 2005 o di poco successivo a tale data: infatti, l’istruttoria e le conseguenti determinazioni dell’Autorità di vigilanza coprono quell’arco temporale. Pertanto, le vicende relative a periodi diversi sono inquadrabile nell’ambito dei giudizi c.d. “stand alone”, nei quali la parte attrice, chiamata a dar prova dei fatti costitutivi della domanda, non può giovarsi – come nelle c.d. “follow on actions” – dell’accertamento dell’intesa illecita contenuto in un provvedimento dell’Autorità amministrativa competente a vigilare sulla conservazione dell’assetto concorrenziale del mercato, e ciò perché un simile accertamento o manca del tutto o c’è, ma riguarda un periodo diverso da quello in cui si colloca la specifica vicenda negoziale che avrebbe leso la sfera giuridica dei garanti. [Nel caso di specie, la fideiussione oggetto della controversia era stata stipulata il 14 settembre 2000, quindi non coperta dal Provvedimento di Banca d’Italia].
Nullità delle clausole contenute nella fideiussione uniforme allo schema predisposto dall’ABI in violazione della Legge Antitrust
Il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 della Banca d’Italia – in funzione di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi ex artt. 14 e 20 L. n. 287 del 1990, vigenti fino al trasferimento dei poteri all’AGCM, con la l. n. 262 del 2005, a far tempo dal 12/01/2016, avente ad oggetto il denunziato contrasto tra lo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI e l’art. 2 della l. n. 287 del 1990 (“Legge Antitrust”) – ha statuito, applicando tale norma, la violazione del divieto di intese restrittive della concorrenza, con riferimento agli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale uniforme predisposto dall’associazione bancaria italiana ABI e da alcune associazioni di consumatori avente ad oggetto uno schema di fideiussione omnibus a garanzia delle operazioni bancarie.
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la l. n. 287 del 1990, art. 2, co. 2, lett. a), e art. 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, co. 3, della legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa dichiarata vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
Il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia costituisce prova privilegiata solo in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso in relazione al periodo rispetto all’arco temporale interessato dall’indagine svolta dall’autorità di vigilanza, compreso tra il mese di ottobre 2002 e il maggio 2005. Inoltre, gli accertamenti della Banca d’Italia non comportano alcun automatismo che conduca alla nullità delle clausole contenute nella singola fideiussione. Pertanto, l’attore che voglia far valere la nullità della singola fideiussione stipulata potrà avvalersi di tale prova privilegiata nella misura in cui vi sia uniformità tra la fideiussione oggetto di lite e lo schema standardizzato predisposto dall’ABI, oggetto del provvedimento del 2005 di Banca d’Italia.
L’onere della prova della nullità della fideiussione grava sull’attore, secondo il principio generale ex art. 2697 c.c. e non può dirsi assolto, se il contratto di cui si controverte è stato stipulato in un periodo successivo rispetto a quello oggetto dell’accertamento effettuato dalla Banca d’Italia – in tal caso, grava sull’attore l’onere di dimostrare l’esistenza di un accordo anticoncorrenziale a monte – né qualora il medesimo contratto non presenti le tre clausole oggetto della decisione della Banca d’Italia, ovvero: (i) la clausola di reviviscenza, in base alla quale “il fideiussore s’impegna a rimborsare alla banca le somme che dalla banca fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi o per qualsiasi altro motivo” (art. 2 dello schema ABI); (ii) la clausola di sopravvivenza, a mente della quale “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate” (art. 8 dello schema ABI); (iii) la clausola di deroga, a mente della quale “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato” (art. 6 dello schema ABI).
Il provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia non riguarda le fideiussioni specifiche
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la l. n. 287 del 1990, art. 2, co. 2, lett. a), e art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, co. 3, della legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
Ai sensi dell’art. 2697 c.c., grava su parte attrice l’onere di provare l’effettiva sussistenza di un accordo o intesa anticoncorrenziale a cui abbia aderito la banca e, pertanto, la dimostrazione dell’uniformità nella predisposizione delle previsioni contrattuali oggetto di censura da parte degli istituti di credito nel tempo e nel luogo della fideiussione contestata. Compete all’attore che deduca un’intesa restrittiva provare il carattere uniforme della clausola che si assuma essere oggetto dell’intesa stessa.
Ai fini della pronuncia sulla nullità delle clausole della fideiussione, risulta necessaria la prova dell’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale tra un ampio “cartello” di istituti di credito nel momento della stipulazione dei contratti di garanzia di cui si predica la nullità parziale.
Con provvedimento n. 55 del 02/05/2005, avente ad oggetto il denunziato contrasto tra lo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI e l’articolo 2 della L. n. 287 del 1990, la Banca d’Italia – nella sua qualità pro tempore di autorità di vigilanza sulla concorrenza e sul mercato finanziario (oggi deferita all’AGCM) – ha espresso un giudizio negativo in relazione allo schema contrattuale uniforme predisposto dall’associazione bancaria italiana ABI e da alcune associazioni di consumatori avente ad oggetto uno schema di fideiussione omnibus a garanzia delle operazioni bancarie. L’oggetto dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale nel provvedimento della Banca d’Italia del 2005 è costituito dalle condizioni generali della fideiussione c.d. omnibus, ossia di quella particolare garanzia personale di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, assunti dal debitore principale entro un limite massimo predeterminato ai sensi dell’art. 1938 c.c.
Il provvedimento della Banca d’Italia evidenzia che la fideiussione omnibus presenta una funzione specifica e diversa da quella della fideiussione civile, volta a garantire una particolare tutela alle specificità del credito bancario in considerazione della rilevanza dell’attività di concessione di finanziamenti in via professionale e sistematica agli operatori.
In assenza di provvedimenti di natura sanzionatoria emessi dall’Autorità di vigilanza competente che abbia accertato l’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale, l’onere probatorio relativo alla contestazione di intesa in relazione all’art. 2 L. 287/90 nel settore delle fideiussioni specifiche non può che ricadere sulla parte che ha formulato detta contestazione, secondo le regole proprie del giudizio civile.
Contratto autonomo di garanzia e intesa concorrenziale
L’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia. Ciononostante, in materia di contratto autonomo di garanzia, la previsione, nel testo contrattuale, della clausola “a prima richiesta e senza eccezioni” fa presumere l’assenza dell’accessorietà, la quale, tuttavia, può derivarsi, in difetto, anche dal tenore dell’accordo, e in particolare dalla presenza di una clausola che fissa al garante il ristretto termine di trenta giorni per provvedere al pagamento dietro richiesta del creditore, insufficiente per l’effettiva opposizione delle eccezioni, e dalla esclusione, al contempo, della possibilità per il debitore principale di eccepire alcunché al garante in merito al pagamento stesso.
Al contratto autonomo di garanzia, in difetto di diversa previsione da parte dei contraenti, non si applica la norma di cui all’art. 1957 c.c. sull’onere del creditore garantito di far valere tempestivamente le sue ragioni di credito nei confronti del debitore principale, poiché tale disposizione, collegata al carattere accessorio dell’obbligazione fideiussoria, instaura un collegamento necessario e ineludibile tra la scadenza dell’obbligazione di garanzia e quella dell’obbligazione principale e, come tale, rientra tra quelle su cui si fonda l’accessorietà del vincolo fideiussorio, per ciò solo inapplicabile a una obbligazione di garanzia autonoma.
Il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia si riferisce solo alla fattispecie delle fideiussioni omnibus.