Art. 2 legge 287 1990
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Nullità parziale di fideiussione omnibus per violazione di normativa antitrust: onere della prova
L’accesso alla tutela antitrust non è riservato alla sola categoria dei consumatori. Lo scopo della normativa antitrust di cui alla l. 287/1990 è quello di preservare e proteggere il funzionamento del mercato in senso oggettivo, in particolare dei valori della trasparenza e dalla correttezza, obiettivo che va ben oltre la tutela del singolo interesse individuale del soggetto che ha patito una lesione. Chiunque (consumatori, imprenditori, singoli utenti) può ritenersi vittima di illecito anticoncorrenziale e agire al fine di ottenere tutela reale (nullità), ricorrendone i presupposti.
In caso di accertamento dell’intesa anticoncorrenziale a monte dei contratti di fideiussioni omnibus per violazione all’art. 2, co. 2, lett. a), l. 287/90, nei contratti a valle si concretizza un regime di nullità parziale, in conformità al principio generale di conservazione del negozio giuridico. L’ipotesi di una nullità totale, quale possibile estensione della nullità di cui le clausole sono affette, rimane uno scenario eccezionale e di difficile verifica, rimesso completamente all’onere di allegazione, a carico della parte che ne ha interesse, di un quadro probatorio che dimostri l’essenzialità della componente viziata del negozio.
La mera produzione dello schema ABI e/o del provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia può avere un’esaustiva efficacia probatoria solo quando l’oggetto della controversia sia una fideiussione sottoscritta nel periodo sostanzialmente coincidente con l’istruttoria compiuta o comunque immediatamente successivo a tale accertamento. Al di fuori del perimetro temporale coincidente con l’arco di tempo in cui si è svolta l’istruttoria – o comunque esteso al periodo successivo immediatamente coincidente, in ipotesi ancora verosimilmente connesso all’attuazione di tali intese – e, dunque, nel caso di fideiussioni sottoscritte in un periodo marcatamente precedente o successivo al periodo ricompreso tra il 2002 e il maggio 2005, parte attrice è onerata dall’allegazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito anticoncorrenziale di cui all’art. 2 l. 287/90, sia pure nei limiti in cui essa potrebbe dare conto della permanenza di tale intesa.
Irrilevanza ai fini della validità delle fideiussioni specifiche dell’applicazione dello schema ABI
La natura dell’accertamento cui è chiamato il tribunale nelle controversie antitrust si fonda sulla verifica dell’esistenza di un’intesa illecita a monte, da cui discende la nullità dei contratti a valle.
Il contratto costituente una fideiussione specifica non rientra nell’ambito di applicazione del provvedimento n. 55 del 2005 della Banca d’Italia, che ha dichiarato la contrarietà alla l. n. 287/90 degli artt. 2, 6, 8 dello schema ABI del 2002, riferito esclusivamente alle fideiussioni omnibus perfezionate sulla scorta di tale modello contrattuale.
In particolare, il provvedimento della Banca d’Italia evidenzia che la fideiussione omnibus presenta una funzione specifica e diversa da quella della fideiussione civile, volta a garantire una particolare tutela alle specificità del credito bancario, in considerazione della rilevanza dell’attività di concessione di finanziamenti in via professionale e sistematica agli operatori economici. È con riguardo a tale fattispecie contrattuale che la Banca d’Italia ha valutato come le clausole dello schema ABI, di per sé lecite se inserite in fideiussioni specifiche, possono determinare effetti anticoncorrenziali, in senso ingiustificatamente sfavorevole alla clientela.
Alla luce della specificità della questione e delle censure rilevate con riguardo alla garanzia bancaria in materia di fideiussioni omnibus, aventi ad oggetto non solo le obbligazioni assunte dal debitore, ma anche quelle da assumere, è da escludere l’ammissibilità dell’applicazione analogica del provvedimento n. 55 del 2005 della Banca d’Italia alle fideiussioni specifiche, per due ordini di ragioni. La prima concerne l’impossibilità di procedere all’interpretazione analogica ex art. 12 delle preleggi del provvedimento, il quale non va qualificato in termini di fonte del diritto in mancanza del requisito dell’innovatività dell’ordinamento giuridico in modo stabile, trattandosi di un provvedimento amministrativo di carattere sanzionatorio circoscritto all’ambito temporale, oggetto dell’accertamento e dell’istruttoria espletata dall’autorità di vigilanza. La seconda afferisce alla vincolatività del suindicato provvedimento sanzionatorio, il cui oggetto incidente soltanto sulle fideiussioni omnibus va interpretato restrittivamente, in ossequio al principio di legalità che informa il sistema sanzionatorio previsto dalla l. n. 287/90.
Con riguardo alle fideiussioni specifiche, non è sufficiente nemmeno l’allegazione di moduli contenenti le clausole censurate, predisposte da vari istituti di credito, al fine della prova dell’illiceità dell’intesa a monte, in quanto la standardizzazione contrattuale non produce necessariamente effetti anticoncorrenziali, né costituisce elemento dirimente per accertare l’accordo illecito tra gli istituti di credit.
La clausola c.d. “a prima richiesta” è stata esclusa dal perimetro sanzionatorio del provvedimento della Banca d’Italia, la quale ne ha riconosciuto la validità, in ragione dell’importante funzione di protezione del credito bancario. Più precisamente, la clausola c.d. “a prima richiesta”, da un lato, permette alla banca di recuperare il proprio credito senza dovere escutere in precedenza il debitore principale, né di dimostrare il verificarsi di una specifica condizione; dall’altro, consente al fideiussore di far valere i suoi diritti nel momento successivo all’adempimento al pari di una lecita clausola solve et repete, in caso di un’eventuale ripetizione dell’indebito oggettivo nei confronti della banca, quale soggetto ragionevolmente solvibile.
Accertamento della nullità della fideiussione e onere della prova dei fatti costitutivi
Ai fini dell’accoglimento della domanda di accertamento della nullità della fideiussione nella parte in cui riprodurrebbe le clausole conformi allo schema ABI – ossia la clausola di reviviscenza e la clausola derogativa all’art. 1957, c.c – e, per l’effetto, della decadenza/inesistenza del diritto della Banca ad agire nei confronti dei debitori, non è sufficiente l’allegazione provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia concernente la conformità delle condizioni generali di contratto predisposte per le fideiussioni – sottoscritte a garanzia delle “operazioni bancarie” – all’art. 2, co. 2, della l. 287/1990. [Nel caso di ispecie, la stipulazione della garanzia fideiussoria è intervenuta a distanza di quasi dieci anni dal provvedimento citato e risale ad un periodo rispetto al quale nessuna indagine è stata svolta dall’autorità di vigilanza. Inoltre trattandosi di un’azione c.d. stand alone, l’attore, chiamato a dar prova dei fatti costitutivi della domanda, non può giovarsi di tale accertamento in maniera esclusiva, essendo onerato dell’allegazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie d’illecito concorrenziale dedotto in giudizio, di cui all’art. 2, L. 287/1990.]
Nullità parziale delle fideiussioni omnibus
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a), l. 287/1990 e 101 del TFUE) sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, co. 3, l. 287/1990 e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
Tale ipotesi di nullità riguarda esclusivamente le fideiussioni omnibus, caratterizzate dalla previsione secondo la quale fideiussore garantisce il debitore di una banca per tutte le obbligazioni da questo assunte, comprensive non solo dei debiti esistenti nel momento in cui la garanzia fideiussoria viene prestata, ma anche di quelli che deriveranno in futuro da operazioni, di qualunque natura, intercorrenti tra la banca e il debitore principale, entro un importo massimo garantito, da definire comunque in sede di sottoscrizione del contratto ai fini della sua validità, ai sensi della formulazione vigente dell’art 1938 c.c., predeterminazione necessaria per evitare che il fideiussore resti obbligato oltre a quanto stabilito al momento del rilascio della garanzia. La nullità non può colpire anche le fideiussioni specifiche, riproducenti lo schema ABI relativo alla fideiussione omnibus, ai sensi dell’art. 2 della l. 287/1990 e ciò a prescindere dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005. Con riguardo alle fideiussioni specifiche, è da considerarsi quindi non sufficiente l’allegazione di moduli contenenti le clausole censurate, predisposte da vari istituti di credito, al fine della prova dell’illiceità dell’intesa a monte, in quanto la standardizzazione contrattuale non produce necessariamente effetti anticoncorrenziali, né costituisce elemento dirimente per accertare l’accordo illecito tra gli istituti di credito.
Fideiussione omnibus: azione per declaratoria di nullità totale, parziale e onus probandi
Il procedimento di mediazione non costituisce condizione di procedibilità nelle azioni promosse per la declaratoria di nullità delle fideiussioni omnibus, in quanto, da un lato, la fideiussione è un contratto di garanzia tipico non rientrante nei contratti bancari in senso stretto e, dall’altro lato, si tratta di un’azione rientrante nell’alveo della materia antitrust in cui il tribunale è chiamato a verificare l’esistenza di un’intesa illecita a monte, da cui discenda la nullità dei contratti a valle, la cui natura (contratto bancario/finanziario/assicurativo) è quindi irrilevante ai fini dell’accertamento.
Le suddette azioni non possono essere sospese in ragione del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia col quale si chieda di accertare l’inclusione o meno del contratto a valle nella nozione di accordi prevista dall’art. 101, § 1 e 2 del TFUE e, in caso di risposta negativa, se osta all’applicazione del diritto eurounitario un’interpretazione estensiva dell’accordo da parte della giurisprudenza interna, atteso che si tratterebbe di una nullità assoluta, più ampia di quella codicistica ex art. 1418 c.c., a presidio dell’ordine pubblico economico che deve essere assecondata anche nelle ipotesi in cui l’istituto de quo non trovi una specifica disciplina in una previsione normativa.
Il potere officioso di rilievo della nullità ex art. 1421 c.c. non comprende la rilevabilità d’ufficio della nullità parziale del contratto, in mancanza di una domanda ritualmente esperita in tal senso dalla parte in virtù del principio dispositivo che governa il processo ai sensi degli artt. 2907 c.c., 99 e 112 c.p.c. Quando il giudice sia stato investito fin dall’inizio da una domanda di nullità, il rilievo d’ufficio può riguardare anche una causa di nullità diversa da quella fatta valere dall’attore in quanto vi è coincidenza tra petitum (declaratoria di nullità e conseguente inefficacia ab origine dell’atto) e causa petendi (inidoneità del contratto a produrre effetti a causa della nullità). E ciò sempre a condizione che la diversa causa di nullità emerga ex actis e purché si instauri il contraddittorio sul punto ex artt. 183, co. 4, e 101, co. 2, c.p.c. Nel caso di domanda di nullità parziale del contratto è doverosa la rilevazione d’ufficio della nullità totale e, in caso di mancata modifica della domanda inizialmente proposta a seguito della rilevazione d’ufficio, occorrerà rigettare la domanda di nullità parziale, in quanto tra le domande vi è la diversità strutturale del petitum; vale anche l’ipotesi speculare di domanda avente ad oggetto la declaratoria di nullità totale del contratto e di rilevazione d’ufficio della nullità parziale.
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a), l. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3, della legge citata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
Quanto all’onus probandi, in ipotesi di formulazione di richiesta di declaratoria di nullità totale della fideiussione, l’attore dovrà provare l’essenzialità delle clausole per la manifestazione della volontà delle parti contraenti di concessione del finanziamento, per l’istituto di credito, e di prestazione della garanzia, per il garante.
L’eventuale domanda riconvenzionale di richiesta di pagamento da parte dell’istituto di credito è inammissibile, atteso che le domande devolvibili per ragioni di connessione ex art. 31 e 36 c.p.c. alle sezioni specializzate di impresa ex art. 3, co. 3, d. lgs. 163/2003 sono solo quelle che, per valore e materia, dipendono dal titolo già dedotto in giudizio dall’attore.
Nullità parziale della fideiussione conforme allo schema ABI; differenze tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia
In tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall’art. 2 della l. n. 287 del 1990, e con particolare riguardo alle clausole relative a contratti di fideiussione da parte delle banche, il provvedimento della Banca d’Italia di accertamento dell’infrazione, adottato prima delle modifiche apportate dall’art. 19, co. 11, l. n. 262 del 2005, possiede, al pari di quelli emessi dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano in esso pronunciate, e il giudice del merito è tenuto, per un verso, ad apprezzarne il contenuto complessivo, senza poter limitare il suo esame a parti isolate di esso, e, per altro verso, a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva. La lettura di tale provvedimento consente di rilevare che gli accertamenti all’epoca svolti dalla Banca d’Italia – posti in essere nel 2004 – avevano consentito di confermare che i testi in uso nella prassi bancaria esistente prima dell’adozione dello schema delle condizioni generali di contratto redatte dall’ABI e oggetto delle valutazioni della Banca d’Italia disciplinavano già in maniera sostanzialmente uniforme le principali clausole oggetto dell’istruttoria allora in corso, tanto che la stessa Banca d’Italia constatava che l’uniformità discendeva da una consolidata prassi bancaria preesistente rispetto allo schema dell’ABI non ancora diffuso, la cui approvazione avrebbe determinato la certa perpetuazione di tale già consolidata prassi.
A differenza del contratto di fideiussione, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui, tutelando l’interesse all’esatto adempimento della relativa prestazione, il contratto autonomo di garanzia ha la funzione di tenere indenne, mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, avendo come causa quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso a detta mancata esecuzione.
La caratteristica principale che distingue il contratto autonomo di garanzia dalla fideiussione è l’assenza dell’elemento dell’accessorietà della garanzia, insita nella circostanza che viene esclusa la facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale, in deroga alla regola essenziale della fideiussione, posta dall’art. 1945 c.c. Pertanto, ai fini della configurabilità di un contratto autonomo di garanzia piuttosto che di un contratto di fideiussione, non è decisivo l’impiego delle espressioni “a semplice richiesta” o “a prima richiesta” del creditore, bensì la relazione in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale e l’obbligazione di garanzia.
Nullità delle clausole di fideiussioni contrarie al divieto delle intese anticoncorrenziali
Il provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005 possiede un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale e il giudice di merito non può attribuire rilievo decisivo all’attuazione o non attuazione della prescrizione impartita da Banca d’Italia ad ABI, essendo, invece, tenuto a verificare se le disposizioni contrattualmente pattuite coincidano con le condizioni vietate dell’intesa restrittiva (cfr. Cass., Sent. 13846/2019).
La conseguenza di tale accertamento è il rilievo della nullità delle sole clausole che si pongono in contrasto con il divieto di intese anticoncorrenziali e ciò vale sia per i contratti conclusi prima del provvedimento della Banca d’Italia, sia per quelli conclusi in epoca successiva e che dello stesso non sono rispettosi (cfr. Cass., Sent. 41994/2021).
Fideiussione omnibus: nullità, onere probatorio e prova privilegiata
Nei giudizi aventi a oggetto controversie antitrust, l’organo giudicante è chiamato a verificare l’esistenza di un’intesa illecita “a monte” che ha come conseguenza la nullità dei contratti “a valle”. Tale accertamento si riflette nei giudizi aventi a oggetto la declaratoria di nullità di una fideiussione in una verifica, in primo luogo, del rapporto personale di garanzia dedotto e, in secondo luogo, del periodo temporale in cui detto rapporto personale di garanzia è stato dedotto con una conseguente gradazione dell’onus probandi.
L’organo giudicante, quanto al rapporto personale di garanzia dedotto, è chiamato a verificare la sussumibilità della fideiussione nello schema delle fideiussioni omnibus, avendo quest’ultima la finalità, specifica e diversa dalla fideiussione civile, di garantire specificatamente il credito bancario in ragione dell’attività di concessione di finanziamenti in via professionale e sistematica agli operatori economici. È, infatti, questa specifica fattispecie contrattuale oggetto di valutazione da parte della Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2005; quanto al periodo temporale di assunzione del rapporto di garanzia, la data di assunzione dell’impegno di garanzia. E invero, il provvedimento n. 55 del 2005 di Banca d’Italia costituisce prova privilegiata dell’intesa restrittiva della concorrenza solo per gli impegni di garanzia assunti tra il 2002 e il 2005. Ne consegue che, per gli impegni di garanzia assunti successivamente a tale arco temporale, l’attore sarà onerato dell’allegazione e della dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito concorrenziale ex art. 2, co. 2, lett. a), l. 287/1990. Tale onere sarà ancora più stringente laddove la declaratoria di nullità venga invocata per fideiussioni che, in ragione del relativo contenuto, non essendo sussumibili alla figura della fideiussione omnibus, rientrino nella fideiussione civile specifica; in tale ipotesi, l’attore sarà onerato di allegare e dimostrare con autonomi e specifici fatti l’esistenza di una fattispecie di comportamento anticoncorrenziale censurabile.
Intese vietate dalla normativa antitrust: estensione della nullità delle singole clausole all’intero negozio fideiussorio
L’estensione all’intero contratto di fideiussione della nullità che colpisce la singola parte o la singola clausola ha portata eccezionale ed è a carico di chi ha interesse a far cadere del tutto l’assetto di interessi programmato fornire la prova dell’interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, restando precluso al giudice di rilevare d’ufficio l’effetto estensivo della nullità parziale all’intero contratto. Tale prova consiste nella dimostrazione che la porzione colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità.
Il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia, che ha accertato la presenza di clausole idonee a restringere la concorrenza in seno allo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana), vale quale prova privilegiata dell’illecito antitrust soltanto con riferimento alle fideiussioni prestate nel periodo di tempo oggetto di esame della Banca medesima. Al fine di accertare l’esistenza a monte di un’intesa vietata, grava sulla parte attrice l’onere dell’allegazione e della dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie d’illecito concorrenziale di cui all’art. 2 della legge n.287/90.
Nullità del contratto di fideiussione per violazione della disciplina in tema di intese anticoncorrenziali
L’estensione, per via interpretativa, alle fideiussioni “non omnibus” della nullità delle clausole oggetto del provvedimento n.55/2005 della Banca d’Italia – relativo alle sole fideiussioni omnibus e che, come noto, ha giudicato anticoncorrenziali alcune clausole presenti nello schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) con la circolare serie tecnica n. 20 del 17 giugno 1987 – potrebbe, in ipotesi, cagionare la sola nullità parziale – limitata, appunto, a tali clausole – ma non anche la totale invalidità del negozio fideiussorio.
Il rimedio di cui al primo comma dell’art.1419 c.c. trova applicazione solo laddove l’assetto degli interessi negoziali venga pregiudicato dall’eliminazione di singole clausole nulle, al punto che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità.