Art. 2423 ter c.c.
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Principio di continuità dei bilanci e violazione dei principi di chiarezza, veridicità e correttezza
L’inammissibilità della domanda di impugnazione del bilancio per preclusione temporale comporta una preclusione a prenderle in considerazione quali specifici motivi fondanti una decisione di invalidità della delibera di approvazione di quel bilancio. Ciò significa che, in ragione del principio di continuità dei bilanci, sarà consentito eccepire situazioni di invalidità/illegittimità del bilancio dell’esercizio precedente, ma a condizione che tali eccezioni siano collegate e strumentali a far valere l’illegittimità del bilancio successivo. In questi limiti e con questa finalità, il giudice potrà e dovrà conoscere in via incidentale di questo genere di censure rivolte al bilancio precedente.
Essendo le disposizioni relative alla redazione del bilancio poste a tutela di interessi trascendenti i limiti della compagine sociale e riguardando anche i terzi, essendo essi altresì destinatari delle informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società, che il bilancio deve fornire con chiarezza, verità e precisione, è nulla per illiceità dell’oggetto la deliberazione con cui sia stato approvato il bilancio redatto in modo non conforme ai precetti normativi in materia.
Il bilancio d’esercizio di una società di capitali che violi i precetti di chiarezza e precisione è illecito ed è nulla la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato, non soltanto quando la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.
Nullità della delibera di approvazione del bilancio non chiaro
L’art. 2423, co. 2, c.c. deve leggersi in combinato disposto con i principi elaborati dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC), i quali, pur non essendo fonte del diritto, hanno comunque funzione interpretativa e integrativa.
Nella disciplina legale del bilancio d’esercizio delle società, il principio di chiarezza non è subordinato a quello di correttezza e veridicità del bilancio medesimo, ma è dotato di autonoma valenza, essendo obiettivo fondamentale del legislatore quello di garantire non solo la veridicità e correttezza dei risultati contabili, ma anche la più ampia trasparenza dei dati di bilancio che a quei risultati conducono.
La normativa codicistica applicabile impone uno standard di chiarezza tale da consentire una comprensione del bilancio anche, e soprattutto, dall’esterno, in quanto la verità e la chiarezza del bilancio sono canoni posti a tutela non soltanto dei singoli soci, bensì di tutti i terzi e dei creditori.
Pertanto, le integrazioni e le precisazioni del bilancio che si rendono necessarie a tal fine risultano non tanto opportune, quanto piuttosto obbligatorie, poiché funzionali al raggiungimento dello scopo che la legge assegna al bilancio.
La mancata redazione del bilancio in conformità ai principi contabili prescritti dalle disposizioni di legge e dai principi contabili nazionali comporta la nullità, per illiceità dell’oggetto, della relativa deliberazione di approvazione.
Il bilancio d’esercizio di una società di capitali che violi i precetti di chiarezza e precisione è illecito, ed è quindi nulla la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato, non soltanto quando la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.
Nullità della delibera di approvazione del bilancio e interesse ad agire
I principi di chiarezza, verità e correttezza costituiscono la c.d. clausola generale del bilancio di esercizio in quanto criteri cardine legislativamente disposti per la redazione del bilancio medesimo. La chiarezza del bilancio indica la sua comprensibilità al fine di assolvere la funzione informativa nei confronti dei soci e dei terzi, anche al di là della mera osservanza formale delle specifiche norme dettate per la minuta disciplina delle singole poste contabili; quanto al principio della rappresentazione veritiera e corretta, la sua applicazione implica la redazione del documento contabile conformemente alla struttura ed ai criteri di valutazione dettati dalla normativa civilistica. I principi enunciati sono sovraordinati rispetto alle altre regole che sovraintendono alla redazione del bilancio poste dall’art. 2423 bis c.c., cioè i criteri di prudenza, competenza, funzione economica dell’elemento dell’attivo e del passivo considerato, continuità di gestione e non modificabilità dei criteri di valutazione.
Nell’azione di nullità della delibera assembleare – a differenza che nell’azione di annullamento, ove la preselezione operata dal legislatore in punto di legittimazione attiva qualifica il relativo interesse – il terzo che impugni la delibera deve allegare e dimostrare un interesse concreto e attuale alla declaratoria di nullità stessa, in quanto esso è la fonte della sua legittimazione. In particolare, ai fini della proponibilità dell’impugnazione ex art. 2379 c.c. non è sufficiente un generico interesse al rispetto della legalità, laddove ne venga denunciata la nullità, ma è necessaria l’allegazione di un’incidenza negativa nella sfera giuridica del soggetto agente delle irregolarità denunciate riguardo al risultato economico della gestione sociale. Ciò sta a significare che la qualità di socio non è requisito necessario, essendo legittimato qualsiasi soggetto purchè titolare di un interesse concreto ed attuale all’impugnativa, interesse che deve sussistere non solo al momento della proposizione della domanda ma anche al momento della decisione.
L’interesse ad agire, in quanto condizione dell’azione ex art. 100 c.p.c., la cui carenza è rilevabile ex officio, implica a carico dell’attore l’onere di dimostrare l’attualità della lesione del proprio diritto ed il conseguente pregiudizio derivante dalla decisione impugnata alla cui eliminazione è diretto il provvedimento giurisdizionale richiesto. Tale requisito deve essere valutato alla stregua della prospettazione operata dalla parte e la sua sussistenza non può essere negata sulla base del presupposto che quanto sostenuto dall’attore non corrisponda al vero, attenendo tale valutazione di fondatezza al merito della domanda. Pertanto, nel caso dell’azione volta a far dichiarare la nullità di una deliberazione assembleare approvativa del bilancio di esercizio di una società, l’attore che assuma di aver subito un pregiudizio dal difetto di chiarezza, veridicità e correttezza di una o più poste contenute in bilancio ha l’onere di enunciare quali siano esattamente le poste iscritte in violazione dei principi legali vigenti lesive del suo diritto alla corretta informazione relativamente ai dati riportati in bilancio. L’esame delle singole poste e la verifica della loro conformità ai precetti legali è, tuttavia, compito logicamente successivo, che attiene al giudizio di fondatezza della domanda ma non al requisito dell’interesse ad agire [nella specie, il Tribunale ha rigettato la domanda in quanto l’attore ha fondato la propria impugnativa sul diritto alla corretta e veritiera informazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società, senza chiarire quale pregiudizio dallo stesso subito giustificasse l’adozione del provvedimento richiesto].
Il diritto ad ottenere informazioni corrette e veritiere rispetto alla situazione finanziaria della società non è configurabile in capo a chiunque, bensì solo a beneficio di quei soggetti che siano titolari di una posizione giuridica rilevante rispetto alla società, da cui discende tale diritto (ad esempio, un creditore che ha interesse a ricostruire con esattezza il patrimonio sociale in quanto garanzia generica del credito ex art. 2740 c.c.).