Art. 2500 c.c.
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Effetto sanante della pubblicità della trasformazione e tutela cautelare
L’art. 2500 bis, co. 1, c.c. impedisce la pronuncia della invalidità della trasformazione societaria dopo che è intervenuta la pubblicità nel Registro delle Imprese. La norma, essendo volta a dare certezza al traffico giuridico, è applicabile alla trasformazione concernente una società di persone sorta ante riforma.
È ammissibile il ricorso cautelare avente ad oggetto l’inibitoria della pubblicazione dell’atto di trasformazione, in quanto servente una pronuncia di accertamento; infatti, tale inibitoria permettere la trattazione e decisione della domanda di merito e, pertanto, appare strettamente funzionale alla salvaguardia degli effetti della pronuncia. Diversamente, la sospensione dell’atto di trasformazione è un intervento giudiziale che, pure essendo, per la sua natura, latamente cautelare (al pari della sospensiva delle delibere assembleari), non è previsto dalla legge (a differenza di quanto accade appunto per la sospensiva delle delibere assembleari di società). In assenza di una disciplina che espressamente abiliti il giudice a sospendere ex post un qualunque atto, o, meglio, la sua produttività di effetti, non è ammissibile la domanda cautelare volta ad ottenere la sospensione dell’atto di trasformazione.
Nel caso in cui il divieto di pubblicazione sia accolto inaudita altera parte, il decreto cautelare non sia poi ottemperato, e la pubblicità quindi sia avvenuta, l’inibitoria perde la sua utilità e non è confermabile, essendo sopravvenuto l’effetto sanante di cui all’art. 2500 bis c.c. D’altro canto, un’ulteriore domanda cautelare di cancellazione della trascrizione, che si volesse ottenere quale effetto della illegittimità dell’atto di trasformazione, materia estranea all’esame del Conservatore e quindi del Giudice del Registro, non può comunque essere ordinata, anche se si potesse predicare la invalidità dell’atto iscritto: quali che siano i percorsi attraverso i quali si perviene alla pubblicità, essa produce infatti un effetto irredimibile delineato dall’art. 2500 bis c.c., nell’interesse della certezza delle situazioni giuridiche verso i terzi. La norma esprime una scelta legislativa incondizionata, non intaccabile da pronuncia giudiziale. Invero, anche nei casi nei quali un atto soggetto a pubblicità sia illegittimo, l’accertamento della sua illegittimità non comporta la possibilità di ottenere anche la cancellazione della sua pubblicazione, una volta che essa sia avvenuta; ma, semmai, nei casi previsti dalla legge, la iscrizione di atti o provvedimenti successivi che inficino o revochino l’atto già pubblicato.
Trasformazione societaria e domanda di risoluzione del preliminare
Qualora vi sia una trasformazione da Spa in Srl, non è più eseguibile il preliminare avente ad oggetto il trasferimento di partecipazioni sociali nei termini concordati dalle parti, essendo variato l’oggetto anche con riferimento alla qualità del bene: da azione a quote di srl. Da ciò si ricava che dalla diffida ad adempiere di un simile contratto rimasta infruttuosa non possa scaturire la risoluzione del contratto ex art 1454 c.c.
Alcune questioni in tema di recesso ed esclusione del socio di società di persone. Modalità di formazione della volontà dei soci nelle società di persone e trasformazione in società di capitali
La tempestiva opposizione presentata dal socio escluso ai sensi dell’art. 2287, co. 2 c.c. non determina la sospensione dell’efficacia della delibera di esclusione, essendo al riguardo necessario uno specifico provvedimento del tribunale.
Il recesso del socio, come può perfezionarsi per fatti concludenti, così può perdere efficacia, essendo del resto ammissibile nelle società di persone la revoca del recesso, data la prevalenza del rapporto volontaristico-collaborativo tra i soci, che consente di manifestare una diversa volontà comune, tale da intendere rinnovata la partecipazione del socio receduto [nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che l’attrice non avesse perso la qualità di socio, essendosi gli altri soci e la società sempre comportati come se il recesso non fosse mai intervenuto, dal momento che non si era proceduto alla stima e alla liquidazione della quota, erano stati riconosciuti e liquidati gli utili di esercizio e la stessa attrice era stata convocata alle assemblee nonché inserita nelle dichiarazioni dei redditi della società].
Nelle società di persone, anche ai fini dell’adozione della delibera di trasformazione in società di capitali, non è necessario ricorrere al metodo assembleare né che la minoranza sia informata, consultata e convocata per assumere la deliberazione, essendo invece sufficiente che una decisione sia comunque assunta, in modo informale, tramite il raggiungimento di una maggioranza, dovuto all’espressione di più consensi, ancorché manifestati in tempi e in luoghi diversi.
L’art. 2500, comma 2 c.c. non esige che la delibera di trasformazione di una società di persone venga adottata in assemblea – come è invece richiesto per le modifiche statutarie delle società di capitali – dal momento che la disposizione richiama il contenuto, la forma e la pubblicità, non anche le modalità di assunzione della decisione di trasformazione.
La forma dell’atto pubblico implica al più l’adunanza dei soci, non l’osservanza del metodo assembleare [peraltro, nel caso di specie, avente ad oggetto l’impugnazione della delibera di trasformazione, il Tribunale ha rilevato che, anche a voler ritenere necessario il metodo collegiale, la delibera avrebbe dovuto considerarsi ugualmente valida, poiché i soci che avevano deciso la trasformazione rappresentavano la maggioranza sufficiente ad adottare la delibera, ai sensi dell’art. 2500-ter c.c.].
Una volta eseguiti gli adempimenti pubblicitari di cui all’art. 2500 c.c., l’eventuale invalidità dell’atto di trasformazione non può più essere pronunciata e il provvedimento che statuisca positivamente sull’invalidità della delibera non può produrre alcun effetto caducatorio dell’atto di trasformazione.
Opposizione dei creditori alla trasformazione eterogenea
L’opposizione dei creditori alla trasformazione ex art. 2500 novies c.c., in deroga alla previsione generale di cui all’art. 2500 comma 3 c.c., differisce gli effetti della trasformazione eterogenea al decorrere dei 60 giorni dall’ultimo degli adempimenti pubblicitari richiesti. Pertanto, la delibera di trasformazione è sottoposta alla condizione sospensiva della mancata opposizione da parte dei creditori. L’effetto sospensivo originato dalla presentazione dell’opposizione dei creditori non si produce laddove consti il consenso dei creditori o il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso.
La ratio del rimedio dell’opposizione dei creditori deve essere interpretata alla luce della natura prettamente modificativa della trasformazione, che non realizza alcun effetto novativo né di successione tra enti. Se quindi la trasformazione per il principio di continuità dei rapporti giuridici come enucleato nell’art. 2498 c.c. consente la continuazione dell’originaria attività dell’ente, con il medesimo patrimonio, ne consegue che il pregiudizio dedotto dal ceto creditorio va provato sulla base di un concreto pericolo di pregiudizio delle proprie ragioni sulla base di circostanze specifiche adeguatamente comprovate, non potendosi genericamente dolere dell’adozione di un modello societario più debole sotto il profilo della conservazione del patrimonio oppure per la perdita di un regime di responsabilità più vantaggioso per i creditori. Il fondamento dell’opposizione ex art. 2500 novies c.c. deve quindi essere ravvisato nella esigenza di conservazione della consistenza della garanzia patrimoniale generica costituita dal patrimonio della società trasformanda. Non vi è dubbio che il creditore possa lamentare una riduzione delle legittime aspettative di soddisfazione delle sue ragioni a causa del mutamento delle regole di governo e amministrazione o di salvaguardia del patrimonio della forma organizzativa di arrivo rispetto a quella rivestita dall’ente al momento della concessione del credito.
Il riconoscimento della trasformazione eterogenea come modificazione del contratto sociale consistente nel passaggio da un tipo ad un altro sancisce il definitivo superamento del limite dell’omogeneità causale ostativo alla trasformazione di enti non societari, liberalizzando il cd. mutamento “di scopo o di ente” idoneo a consentire ad organizzazioni che non hanno causa societaria a trasformarsi in società e viceversa.
La peculiarità della novella legislativa è stata quella di legittimare l’ampliamento della regola della continuità dei rapporti giuridici oltre il campo strettamente societario, superando consolidate posizioni dottrinali e giurisprudenziali sul punto.
Se allora la trasformazione realizza unicamente un mutamento della componente strutturale della fattispecie (societaria o meno) che può determinare anche un cambiamento dello scopo (da mutualistico a lucrativo, o da lucrativo a non lucrativo, a seconda dei casi), il pregiudizio patrimoniale dedotto dai creditori opponenti non può essere incentrato nel mero mutamento della disciplina conseguente alla trasformazione, dovendosi accertare se effettivamente la modifica delle regole di governo incida sulla garanzia patrimoniale del debitore.
Infatti, fermo restando che l’opposizione ha natura contenziosa dando origine, come nel caso in esame, ad un processo di cognizione nel quale occorre valutare la fondatezza dell’atto oppositivo, la legittimazione all’opposizione deve essere riconosciuta in caso di pericolo di pregiudizio, che deve essere motivato e valutato nel caso concreto, senza bisogno di provare che dalla trasformazione conseguirà un danno effettivo al creditore.
Il secondo comma dell’art. 2500 novies c.c., infine, con l’esplicito richiamo all’ultimo comma dell’art. 2445 c.c. come riformato, prevede che il tribunale possa rimuovere l’impedimento alla piena efficacia della trasformazione qualora ritenga che non sia fondato il “pericolo di pregiudizio” o rilevi che sia stata prestata idonea garanzia.
Il recesso validamente esercitato non risente della successiva trasformazione della società
La comunicazione di recesso del socio è atto ricettizio che si perfeziona con la ricezione della dichiarazione da parte del destinatario, divenendo poi efficace alla scadenza del termine di preavviso ex art. 2285 c.c. Ne deriva che, se dopo l’invio di tale comunicazione [ LEGGI TUTTO ]