Art. 32 t.u.b.
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I requisiti del collegamento negoziale ai fini della sussistenza di un’operazione di assistenza finanziaria e la sua applicabilità anche alle società cooperative e alle banche popolari
Affinché ricorra un collegamento negoziale tra due contratti è necessario un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra gli atti volti alla regolamentazione degli interessi di una o più parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, e un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti, pur manifestato in forma non espressa, di volere, non solo l’effetto tipico dei singoli atti in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale. Ai fini della sussistenza del collegamento negoziale nell’ambito delle c.d. operazioni di assistenza finanziaria, vietate ai sensi dell’art. 2358 c.c., il requisito oggettivo può essere integrato dal fatto che poco dopo l’erogazione di un finanziamento da parte di una banca, il soggetto che lo riceve acquisti azioni della banca finanziatrice per un importo pari a circa 20% degli importi finanziari erogati considerato altresì il tasso particolarmente agevolato al quale era stato ottenuto il finanziamento. È sufficiente a configurare il requisito soggettivo che l’accordo tra le parti prevedesse che il denaro erogato dalla banca fosse utilizzato, anche solo parzialmente, per acquistare azioni proprie.
La disciplina dell’art. 2358 cod. civ. è applicabile anche alle società cooperative, in quanto la disposizione supera il vaglio di compatibilità di cui all’art. 2519 cod. civ., perché lo scopo mutualistico non esclude che possano ritenersi vietate operazioni tali da mettere a rischio l’equilibrio del capitale sociale, la cui tutela è peraltro salvaguardata da norme specifiche, in materia di cooperative, che impongono la formazione di riserve , quali l’artt. 2545 quater e l’art. 32 comma 1 TUB per le banche popolari.
Banca Popolare di Vicenza: applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle banche popolari
L’art. 2358 c.c. è da ricondurre al novero delle norme a carattere imperativo; carattere che, anche nell’attuale versione, non ha perduto solo perché, dopo aver posto un divieto di assistenza finanziaria sulle proprie azioni, disciplina le modalità di approvazione e i limiti del finanziamento, ammettendolo in via generale alle condizioni procedimentali e sostanziali indicate. Conseguentemente, quando il collocamento di azioni avvenga, contro il divieto, nel mancato rispetto delle modalità e limiti indicati, la sanzione è quella della nullità del negozio di collocamento, in quanto solo il rispetto di tali requisiti e limiti permette di superare il divieto. Così, si vuole dalla legge che l’operazione di finanziamento sia deliberata dall’assemblea straordinaria, previa valutazione giuridica ed economica dell’operazione presa nel suo insieme, la quale deve essere illustrata in una relazione degli amministratori inclusiva non solo delle condizioni concrete ma anche più in generale della convenienza rispetto alle ragioni, agli obiettivi imprenditoriali, ai rischi che essa comporta per la solvibilità e liquidità della società.
La disciplina di cui all’art. 2358 c.c. trova applicazione anche nei riguardi delle banche popolari. Difatti, la norma è prevista in materia di società per azioni, alla disciplina delle quali, per quanto compatibile, rimanda l’art. 2519 c.c. per integrare la disciplina legale delle società cooperative che, a loro volta, e ai sensi dell’art. 28 t.u.b., possono esercitare l’attività bancaria in forma di banche popolari. Inoltre, il fattore preminente fatto oggetto di tutela del disposto di cui all’art. 2358 c.c. è quello della tutela del capitale sociale, nell’interesse della società, oltre che dei soci e anche dei creditori, che fanno parte di quel più ampio pubblico al quale la pubblicazione nel Registro delle Imprese rende accessibile la delibera dell’assemblea straordinaria. Ebbene, tali interessi sono centrali anche nelle società cooperative. La loro natura mutualistica comporta infatti che il loro scopo sia fornire beni e servizi ai soci (ed eventualmente a non soci) a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato. Tale scopo si realizza però mediante una struttura imprenditoriale, più o meno complessa, che deve operare secondo criteri di economicità, razionalità e quindi in primo luogo con salvaguardia del capitale mediante il quale solamente lo scopo mutualistico può realizzarsi. Alla costituzione di un solido capitale sociale, che andrà poi mantenuto, sono poste a presidio norme che impongono la formazione di riserve (2545 quater c.c. in generale; per le banche popolari, l’art. 32, co. 1, t.u.b.). Pertanto, una disciplina che vieta (o meglio limita) le operazioni che possono mettere a repentaglio il capitale sociale non è incompatibile con la forma societaria cooperativa.
In merito alla questione se talune delle condizioni o delle modalità prescritte all’art. 2358 c.c. siano incompatibili con la struttura cooperativa, con conseguente non applicazione della disposizione alle società mutualistiche, la previsione della necessità di una delibera assembleare, in luogo di una decisione dell’organo amministrativo, non risulta di per sé incompatibile. Se, infatti, per la struttura aperta delle società cooperative, è compito degli amministratori ammettere nuovi soci, ciò vale unicamente, appunto, per l’ammissione di soci nuovi, e non per il collocamento di azioni presso soggetti già soci e comunque non in presenza di un aumento del capitale sociale. L’apertura della società ad accogliere nuovi soci è regola coessenziale allo scopo mutualistico e dunque essa viene gestita dall’organo amministrativo. L’aumento della partecipazione in sé, invece, non ha un nesso funzionale immediato con la soddisfazione dello scopo mutualistico.
In mancanza di norme che dispongano in tal senso, va escluso che la disciplina civilistica di cui all’art. 2358 c.c., posta a tutela del capitale sociale, non trovi applicazione nei riguardi delle banche popolari in considerazione del fatto che sono sottoposte a forme di vigilanza.