Art. 474 c.p.c.
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Sulla natura non esecutiva del provvedimento di ammissione dei creditori allo stato passivo del fallimento
Il provvedimento di ammissione dei creditori intimanti allo stato passivo del fallimento dell’intimato ha efficacia esclusivamente endoconcorsuale e non possiede alcuna efficacia di giudicato sostanziale; dunque, non può valere come titolo esecutivo neppure nei confronti del debitore tornato in bonis a seguito del suo fallimento. Ciò è confermato dal disposto di cui all’art. 120, co. 4, l.fall., che prevede che il decreto o la sentenza con la quale il credito è stato ammesso al passivo costituisce prova scritta per gli effetti di cui all’art. 634 c.p.c. Di talché il creditore, che intenda agire nei confronti del debitore tornato in bonis, dovrà munirsi di un titolo esecutivo, potendo avvalersi della pronuncia di ammissione al passivo solo come prova scritta, ai fini del conseguimento del decreto ingiuntivo, così chiaramente rimanendo preclusa all’accertamento del credito effettuato nella procedura fallimentare la piena efficacia ultrafallimentare.
I fondi comuni d’investimento sono privi di un’autonoma soggettività giuridica, ma costituiscono patrimoni separati della società di gestione del risparmio. Pertanto, in assenza di una propria soggettività giuridica, i fondi non possono che stare in giudizio in persona delle società che li gestiscono.
Sull’autorità del giudicato nelle controversie contrattuali
L’efficacia preclusiva dell’accertamento è destinata ad estendersi anche alle questioni presupposte che non siano state fatte valere in sede di opposizione, non essendo più consentito al debitore nel successivo giudizio porre in discussione la validità ed efficacia del medesimo rapporto in cui aveva trovato titolo il credito opposto per doglianze differenti.
L’autorità del giudicato copre sia il dedotto che il deducibile, cioè non soltanto le ragioni giuridiche fatte espressamente valere, in via di azione o in via di eccezione, nel medesimo giudizio (giudicato esplicito), ma anche tutte quelle altre che, se pure non specificamente dedotte o enunciate, costituiscano, tuttavia, premesse necessarie della pretesa e dell’accertamento relativo, in quanto si pongono come precedenti logici essenziali e indefettibili della decisione (giudicato implicito).
Ne discende quindi che qualora giudizi tra le stesse parti abbiano per oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, pertanto, l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su punto decisivo comune a entrambe le cause o costituente indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato, precludono il riesame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo e il petitum del primo.
Rapporti tra l’oggetto del contratto di cessione di partecipazioni sociali e di crediti verso la società, andamento economico dell’attività di impresa e clausole di garanzia (o presupposizione)
Va rigettata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse ad agire in capo alla curatela che, pur essendo già in possesso di un valido titolo stragiudiziale ex art. 474, n. 3, c.p.c, ha richiesto ed ottenuto un secondo titolo esecutivo.
Infatti, l’ordinamento riconosce al creditore, che pure ha la possibilità di porre in esecuzione un atto pubblico o una scrittura privata autenticata, la facoltà di procurarsi un decreto ingiuntivo munito di provvisoria esecutività, [ LEGGI TUTTO ]