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Art. 50 d.lgs. 267 2000
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21 Maggio 2024

Revoca dell’amministratore di società a totale partecipazione pubblica

Quando a un ente pubblico è attribuito un potere di nomina o revoca di amministratori in una società, l’ente, nell’avvalersi di tale diritto, non esercita un potere a titolo proprio, ma esercita l’ordinario potere dell’assemblea, ad essa surrogandosi, quale organo della società, per autorizzazione della legge o dello statuto. Ciò comporta, per un verso, che gli atti in questione competono all’ente pubblico uti socius, e dunque iure privatorum e non iure imperii, con la conseguenza che in relazione a essi sussiste la giurisdizione del giudice ordinario. Per altro verso, che il rapporto controverso resta nella titolarità della società, unico soggetto tenuto a rispondere dell’eventuale obbligazione risarcitoria derivante dall’illegittimità del provvedimento medesimo, corollario da cui discende la necessaria partecipazione della società al giudizio di impugnazione della revoca.

La delibera di revoca dell’amministratore produce in ogni caso i suoi effetti in funzione della continuità della vita sociale, che esige certezza e stabilità degli atti, e al fine di presidiare la volontà assembleare che, come è libera di scegliere i gestori, così deve poterli revocare in ogni tempo, qualunque sia il motivo di quella scelta. Tale disciplina, dettata per le s.p.a., è applicabile in via analogica agli amministratori di s.r.l., essendo valide e applicabili anche in tale ambito le ragioni che la sorreggono. La delibera di revoca dell’amministratore deve enunciare in maniera esplicita le ragioni della revoca, che devono presentare caratteri di effettività ed essere riportate in modo adeguatamente specifico, mentre la deduzione in sede giudiziaria di ragioni ulteriori non è ammessa, restando esse ormai quelle indicate nella deliberazione, con la conseguenza che alla società compete la posizione di attore sostanziale in giudizio.

La previsione di cui all’art. 50, co. 8 e 9, TUEL identifica ex se una giusta causa oggettiva di revoca degli amministratori nel solo caso in cui la revoca intervenga nel termine di quarantacinque giorni dall’insediamento del nuovo sindaco, come previsto dall’art. 50, co. 9, TUEL. Di contro, la revoca dell’amministratore di una società partecipata da un Comune, disposta dal relativo sindaco oltre il termine di quarantacinque giorni dall’insediamento, è da ritenersi soggetta, quanto al ricorrere della giusta causa, alle regole ordinarie.

Il rapporto fra società ed ente pubblico è di assoluta autonomia, non essendo consentito all’ente di incidere unilateralmente sul suo svolgimento e sull’attività della società mediante l’esercizio di poteri autorizzativi o discrezionali. L’amministratore di designazione pubblica non è soggetto agli ordini dell’ente nominante e, anzi, per testuale previsione del codice civile (art. 2449 c.c.), ha i medesimi diritti e i medesimi obblighi dell’amministratore di nomina assembleare.

L’accertamento del venir meno del rapporto fiduciario, quale presupposto della delibera di revoca, è rilevante ai fini di integrare una giusta causa di revoca del mandato solo quando i fatti che abbiano determinato il venir meno dell’affidamento siano oggettivamente valutabili come fatti idonei a mettere in forse la correttezza e le attitudini gestionali dell’amministratore. In caso contrario, lo scioglimento del rapporto fiduciario deriva da una valutazione soggettiva della maggioranza dell’assemblea che legittima, da un lato, il recesso ad nutum e, dall’altro, che l’amministratore revocato senza giusta causa richieda il risarcimento del danno derivatogli dalla revoca del mandato.

Revoca del sindaco nominato da un ente pubblico

Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in materia di controversie societarie relative a società a partecipazione pubblica, con riguardo in particolare all’esercizio delle prerogative attribuite al socio pubblico e, segnatamente, dei suoi poteri di nomina e revoca degli amministratori e sindaci ovvero componenti del consiglio di sorveglianza. Una società, infatti, non muta la sua natura di soggetto privato sol perché un ente pubblico ne possiede, in tutto o in parte, il capitale; l’ente pubblico non può esercitare poteri autoritativi o discrezionali nei riguardi della società, ma può avvalersi solamente degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina pubblica presenti negli organi della società.

L’ente pubblico, quando nomina e revoca gli amministratori e i sindaci o i componenti del consiglio di sorveglianza della società, non esercita un potere a titolo proprio, ma esercita l’ordinario potere dell’assemblea, ad essa surrogandosi, quale organo della società, per autorizzazione della legge o dello statuto. L’amministratore e il sindaco o il componente del consiglio di sorveglianza di designazione pubblica non è soggetto agli ordini dell’ente nominante, ma ai sensi dell’art. 2449 c.c. ha gli stessi diritti ed obblighi dei membri di nomina assembleare.

Anche il provvedimento di revoca di amministratori e sindaci emesso ai sensi dell’art. 50, co. 8 e 9, t.u.e.l. attiene pur sempre ad una situazione giuridica successiva alla costituzione della società e, essendo idoneo ad incidere internamente sulla struttura societaria, va ritenuto espressione di una potestà di diritto privato ascrivibile all’ente pubblico uti socius, che il sindaco esercita in conformità agli indirizzi, di natura politico-amministrativa stabiliti dal consiglio.

l’art. 2449 c.c. non contiene una deroga espressa alla disciplina delineata dall’art. 2400, co. 2, c.c. Quest’ultima norma, pertanto, è applicabile anche alle ipotesi di revoca dei sindaci di società partecipate da enti pubblici, con la conseguenza che pure per siffatta revoca devono ritenersi operanti il limite della giusta causa e la necessità di approvazione da parte del tribunale.

È illegittimo il meccanismo di decadenza automatica dei membri del collegio sindacale delle società per azioni ancorché partecipate da un ente pubblico locale. La lettura costituzionalmente orientata dell’art. 50, co. 8, t.u.e.l. impone di escludere dal meccanismo di decadenza automatica ivi previsto le nomine dei membri del collegio sindacale demandate al sindaco del comune quale azionista della società partecipata. Invero, seppur originata da una designazione fiduciaria (implicante un giudizio di affidabilità della persona prescelta), la nomina dei componenti del collegio sindacale da parte del rappresentante dell’ente locale si distingue dalle nomine fiduciarie tout court in quanto riguarda un incarico per l’espletamento del quale il designato si spoglia, dopo la nomina, della sua veste fiduciaria, assumendo la connotazione di organo autonomo e neutrale. La funzione di controllo del collegio sindacale impedisce che vi sia un condizionamento politico nello svolgimento dell’incarico. Il semplice giudizio preventivo di affidabilità del designato compiuto nella fase genetica della sua scelta non comporta, in assenza di vincoli di indirizzo nell’esercizio delle funzioni, che la nomina del componente del collegio sindacale da parte del rappresentante dell’ente locale sia qualificabile in termini di nomina fiduciaria. Nel caso dei sindaci, quindi, la nomina è fiduciaria nel senso minimale di nomina che avviene intuitu personae, ma la fiduciarietà si esaurisce nel momento della individuazione del soggetto ritenuto idoneo a svolgere quella funzione, non potendo invece permanere nel concreto ed obiettivo svolgimento della funzione.

Non vi è alcuna norma che preveda la reintegra del sindaco revocato senza giusta causa, reintegra già esclusa per gli amministratori, per i quali l’art. 2383, co. 3, c.c. prevede solo il diritto al risarcimento dei danni ove il giudice ritenga che la revoca non sia sorretta da giusta causa. Conseguentemente, per il principio normativo di uguaglianza di diritti tra amministratori e sindaci di designazione pubblica e membri di nomina assembleare ex art. 2449, co. 2, c.c., va escluso che possa farsi valere la pretesa alla reintegrazione conseguente al sindacato sulla illegittimità del provvedimento di revoca.

24 Luglio 2019

Illegittimità della revoca degli amministratori di società c.d. in house providing in attuazione del meccanismo di spoils system

La revoca dall’incarico di amministratore di società partecipata pubblica attuata in applicazione del meccanismo di spoils system configura una revoca senza giusta causa dalla carica gestoria, con conseguente diritto al risarcimento del danno ai sensi del terzo comma dell’art. 2383 c.c. in riferimento al lucro cessante, ossia al compenso non percepito per il periodo in cui l’amministratore avrebbe conservato il suo ufficio se non fosse intervenuta la revoca (Cass. 2037/2018).

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