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Art. 651 c.p.p.
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20 Novembre 2023

L’efficacia del giudicato penale nel processo civile di risarcimento del danno; i presupposti per l’azione di regresso tra condebitori solidali

Ai sensi dell’art. 651 c.p.p., la sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel processo civile di risarcimento del danno quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, mentre non ne ha con riferimento alle valutazioni attinenti agli effetti civili della pronuncia, che spettano esclusivamente al giudice civile.

Il patto di manleva è l’accordo con il quale un soggetto si impegna a sollevare la controparte dalle eventuali conseguenze patrimoniali dannose derivanti da un determinato evento o dal fatto di una delle due parti o di terzi; tale patto viene inquadrato tra i contratti tipici ex art. 1322 c.c., fonte di un autonomo rapporto giuridico sostanziale.

Ai sensi di cui all’art. 1299 c.c., a cui rimanda l’art. 2055 c.c. in tema di responsabilità solidale in caso di fatto dannoso, solo al debitore in solido che abbia pagato l’intero debito spetta il diritto di ripetere dai condebitori la parte di ciascuno di essi. La norma, dunque, richiede quale condizione per l’esercizio del diritto di regresso nei confronti degli altri condebitori che uno di essi abbia effettuato il pagamento dell’intero in favore del creditore. D’altra parte, il principio secondo cui la condanna del condebitore solidale, chiamato in causa in via di regresso, è ammissibile a condizione che l’altro condebitore abbia adempiuto l’obbligazione solidale opera soltanto quando il simultaneus processus sul credito principale giustifichi, in termini di economia processuale, la contemporanea pronuncia sul regresso, e sia definitivamente accertata, a carico del condebitore che chiede la condanna condizionata, la pretesa del credito.

Responsabilità dell’amministratore giudiziario

Il sequestro preventivo disciplinato dall’art. 321, comma 1, c.p.p. è una misura cautelare finalizzata ad evitare l’aggravamento o la protrazione delle conseguenze del reato ovvero l’agevolazione della commissione di altri reati, caratterizzata da ampia genericità cui si collega un’altrettanta ampia discrezionalità riconosciuta al pubblico ministero e al giudice penale nel disporne. Anche le misure cautelari reali debbono fondarsi sui principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, nel senso di assicurare il minor sacrificio possibile di diritti costituzionalmente tutelati quali il diritto di proprietà e di libertà di iniziativa economica privata. Il bilanciamento tra tali principi è demandato al giudice penale, il quale è tenuto a conformare la misura cautelare al caso concreto ed a garantire la minima compressione delle situazioni giuridiche colpite dal sequestro.

In tema di giudicato, la disposizione di cui all’art. 652 c.p.p. costituisce un’eccezione al principio dell’autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile e non è, pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti. Pertanto, soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno, mentre le sentenze di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno alcuna efficacia extrapenale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente.

In ogni caso, il giudice civile può tenere conto di tutti gli elementi di prova acquisiti in sede penale, ripercorrendo lo stesso iter argomentativo del giudice penale decidente e può inoltre trarre elementi di convincimento dalle risultanze del procedimento penale ponendo a base delle proprie conclusioni gli elementi di fatto già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, sottoponendoli al proprio vaglio critico e valutandoli autonomamente

Le norme di cui all’art. 65 e 67 c.p.c. si applicano anche al custode nominato in sede penale ai sensi dell’art. 321 c.p.p. e 104 bis disp. att. c.p.p. Pertanto, il custode deve provvedere alla conservazione e all’ amministrazione dei beni sequestrati secondo la diligenza del buon padre di famiglia, rispondendo altrimenti dei danni prodotti al proprietario dei beni stessi. I compiti del custode vanno individuati sia in tutte quelle attività conservative in senso stretto, finalizzate al mantenimento della piena integrità materiale del bene, sia in quelle attività in senso gestorio (come, ad esempio, l’esercizio del diritto di voto, l’impugnazione delle delibere assembleari) attività quest’ultima preclusa al proprietario e riservata al custode.

Il custode di cose sequestrate in sede penale opera esclusivamente per conto del giudice al cui controllo è sottoposto come suo ausiliare; se da ciò deriva l’assenza di ogni rapporto di tipo privatistico con i titolari delle cose poste sotto sequestro, questo non esclude che, nei confronti degli stessi, il custode possa assumere una propria autonoma responsabilità di natura extracontrattuale ove cagioni loro un danno a causa dell’inosservanza dei suoi doveri inerenti alla conservazione delle cose affidategli in custodia.

26 Novembre 2020

Distinzione tra difetto di legittimazione attiva e difetto di titolarità. Sentenza penale di condanna generica al risarcimento dei danni e giudizio civile.

Allorché un socio eserciti un’azione di responsabilità nei confronti di un amministratore di società fallita per pregiudizio al patrimonio sociale, non si pone un problema di difetto di legittimazione attiva (che configura una condizione dell’azione – eccepibile in ogni grado e stato del giudizio e rilevabile d’ufficio dal giudice – che dev’essere accertata in relazione non già alla sua concreta sussistenza, bensì alla sua affermazione con l’atto introduttivo del giudizio), ma un difetto di titolarità del rapporto controverso che viene determinata con riferimento al rapporto dedotto in giudizio, nel senso che parti legittime sono quelle indicate come parti del rapporto sostanziale.

Ai sensi dell’art. 651 c.p.p. la sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel processo civile di risarcimento del danno quanto all’accertamento della sussistenza del fatto e della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, con esclusione della colpevolezza, il cui esame è autonomamente demandato al giudice civile. Detta sentenza non è, inoltre, vincolante con riferimento alle valutazioni e qualificazioni giuridiche attinenti agli effetti civili della pronuncia, quali sono quelle che riguardano l’individuazione delle conseguenze dannose che possono dare luogo a fattispecie di danno risarcibile.

La condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non esige e non comporta alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l’accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e della probabile esistenza di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, salva restando nel giudizio di liquidazione del “quantum” la possibilità di esclusione della esistenza stessa di un danno collegato eziologicamente all’evento illecito. In definitiva, nel nostro ordinamento, spetta al giudice civile ogni valutazione in ordine alla sussistenza del danno, al nesso di causalità e alla liquidazione del pregiudizio, dovendo egli accertare se la condotta penalmente rilevante abbia cagionato alla vittima una lesione della sfera personale o patrimoniale idonea ad assurgere al rango di violazione costituzionalmente rilevante. La decisione di condanna generica al risarcimento emessa dal giudice penale contiene implicitamente l’accertamento del danno evento e del nesso di causalità materiale tra questo e il fatto-reato, ma non anche quello del danno conseguenza, per il quale si rende necessaria un’ulteriore indagine, in sede civile, sul nesso di causalità giuridica fra l’evento di danno e le sue conseguenze pregiudizievoli.

13 Settembre 2019

Azione di responsabilità esercitata dal fallimento: questioni in tema di nullità della citazione e di prescrizione

L’esigenza di adeguata determinazione dell’oggetto del giudizio, indispensabile garanzia dell’effettività del contraddittorio e del diritto di difesa, è soddisfatta con l’identificazione dei fatti che concorrono a costituire gli elementi costitutivi della responsabilità al fine di consentire alla controparte di approntare tempestivi e completi mezzi difensivi: la nullità della citazione sussiste solo se tali fatti sono del tutto omessi o incerti, inadeguati a tratteggiare l’azione e se l’incertezza investe l’intero contenuto dell’atto. [ LEGGI TUTTO ]

27 Novembre 2018

Azione risarcitoria ai sensi dell’art. 2395 c.c. promossa dal venture capitalist: natura della responsabilità, valore probatorio della sentenza penale di patteggiamento nel giudizio civile e dimostrazione degli elementi costitutivi dell’illecito.

Il parziale mutamento degli elementi fattuali integranti la causa petendi e l’ampliamento del petitum rientrano nei confini della emendatio libelli – come definiti dalla Suprema Corte a sezioni unite, sentenza n. 12310/2017 – quando la domanda così modificata risulta comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio con la citazione, senza che le precisazioni effettuate con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 1), c.p.c. abbiano compromesso le potenzialità difensive del convenuto o comportato un allungamento dei tempi processuali.

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28 Marzo 2018

La querela di falso in caso di violazione dei diritti patrimoniali d’autore su opere fonografiche

La sospensione necessaria del giudizio civile in attesa della definizione di un procedimento penale è limitata all’ipotesi in cui l’azione in sede civile sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile nel processo penale.

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10 Aprile 2017

Puntualizzazioni sugli oneri di allegazione rispetto alla condotta di “svuotamento” del patrimonio sociale ad opera del liquidatore. Valenza probatoria della sentenza ex art. 444 c.p.p. in sede civile.

La domanda proposta dalla parte creditrice ai sensi degli artt. 2489 e 2395 c.c., fattispecie che si riferisce al danno diretto che la parte lamenti di aver subito nel proprio patrimonio per effetto della condotta illegittima del liquidatore, ha ad oggetto [ LEGGI TUTTO ]