Art. 821 c.p.c.
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inapplicabilità dell’art. 820 c.p.c. all’arbitrato irrituale
L’art. 820, co. 4, lett. b) c.p.c., il quale prevede una proroga del termine per la definizione dell’arbitrato di centottanta giorni nel caso in cui sia disposta la consulenza tecnica d’ufficio, è norma applicabile esclusivamente all’arbitrato rituale e non anche a quello irrituale. Infatti, l’art. 820 c.p.c. è insuscettibile di estensione all’arbitrato irrituale (se le parti nella clausola compromissoria hanno previsto un termine per la conclusione del giudizio arbitrale) poiché l’art. 808-ter c.p.c., che disciplina l’arbitrato irrituale, prevede l’applicabilità delle disposizione del titolo VIII del libro IV del codice di rito solo se le parti non dispongono mediante determinazione contrattuale.
La natura di tale termine è necessariamente determinata: infatti, nell’arbitrato libero, l’obbligo assunto dagli arbitri, secondo le regole del mandato, è quello di emettere la decisione loro affidata entro un determinato termine, non essendo ammissibile che le parti siano vincolate alla definizione extragiudiziale della controversia, ed alla conseguente improponibilità della domanda giudiziale, per un tempo non definito. Ne consegue che, applicandosi all’arbitrato irrituale la disciplina dell’art. 1722 n. 1, c.c., il mandato conferito agli arbitri deve considerarsi estinto alla scadenza del termine prefissato dalle parti, salvo che esse non abbiano inteso in modo univoco conferire a detto termine un valore meramente orientativo.
La matrice negoziale dell’arbitrato comporta, altresì, che la dichiarazione di scioglimento dell’obbligo assunto con il conferimento dell’incarico di arbitrato, quale espressione di volontà negoziale, deve essere manifestata direttamente dalla parte, ovvero da suo rappresentante munito di procura in cui è conferito esplicitamente il potere di compiere l’attività negoziale, e deve essere portata a conoscenza delle altre parti e degli arbitri, prima del deposito del lodo.