Art. 840 bis c.p.c.
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Class-action contro Balocco: la decisione del tribunale di Torino sul Pandoro-gate
In tema di pratiche commerciali scorrette sussiste il sistema del doppio binario di tutela, una amministrativa e l’altra di ordine giudiziario. La natura amministrativa dell’AGCM e dei provvedimenti che possono essere da questa adottati e il sistema del doppio binario escludono la possibilità di invocare il principio del “ne bis in idem”.
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 840 sexiesdecies, comma 1, e 840 bis, c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 7 e 8 del D. M. 17 febbraio 2022 n. 27 per violazione degli artt. 3, 24, 111, 117 comma 1, Cost. e 6 CEDU.
Sono legittimate a proporre l’azione inibitoria collettiva le associazioni senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendono la tutela degli interessi pregiudicati dalla condotta di cui al citato art. 840-sexiesdecies, co. 1, primo periodo, c.p.c..
I requisiti di legittimazione delle associazioni che propongono l’azione di classe devono ritenersi sussistere, ove già accertati dal Ministero dello Sviluppo Economico in sede di conferma dell’iscrizione presso l’elenco delle associazioni di consumatori rappresentative a livello nazionale ai sensi dell’art. 17 del Codice del Consumo, nonché ulteriormente verificati dal Ministero della Giustizia in sede di iscrizione delle associazioni nell’elenco di cui all’art. 840 bis c.p.c., essendo tali associazioni legittimate a proporre l’azione fino alla data di aggiornamento dell’elenco ex art. 8, comma 1, del Decreto 17 febbraio 2022 n. 27.
In tema di sospensione necessaria del processo civile, benché nel testo dell’art. 295 c.p.c. manchi il riferimento ad una pregiudiziale controversia amministrativa, non può escludersi in via di principio la configurabilità di una sospensione necessaria del giudizio civile in pendenza di un giudizio amministrativo, che deve ritenersi ammissibile qualcosa imposta dall’esigenza di evitare un conflitto di giudicati, ipotesi che però non ricorre se il possibile contrasto riguardi soltanto gli effetti pratici dell’una o dell’altra pronuncia e, se, in particolare, tra i due giudizi sussista diversità di parti, ostandovi in questo caso il principio del contraddittorio.
Integra una pratica commerciale scorretta vietata dall’art. 20, comma 1, del Codice del Consumo, la diffusione di un comunicato stampa finalizzato alla presentazione della novità di un prodotto e di una iniziativa commerciale intrapresa dalla società produttrice dello stesso, ove quest’ultima risulti consapevole di aver già svolto l’attività reclamata, in quanto pratica contraria alla diligenza professionale. La medesima pratica è altresì idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio ove i messaggi diffusi al pubblico risultino idonei a fornire una rappresentazione scorretta dell’iniziativa commerciale intrapresa dalla società, lasciando intendere che il consumatore avrebbe potuto contribuirvi.
La possibilità di utilizzare la nuova “azione inibitoria collettiva” prevista dall’art. 840 sexiesdecies c.p.c. per conseguire “misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate” ossia per ottenere la tutela ripristinatoria trova il proprio confine invalicabile nell’assegnazione dei risarcimenti e delle restituzioni alla sola “azione di classe” come chiaramente dimostrato dalla specifica previsione dell’art. 840 bis, c.p.c. che, a differenza dell’art. 840 sexiesdecies c.p.c., prevede espressamente anche la “condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni”. Le “misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate” mirano a ristabilire lo stato di fatto preesistente e non un devono essere un mezzo per conseguire un risultato proiettato in avanti [nel caso di specie: la soddisfazione dell’intento che ha indotto i consumatori all’acquisto del prodotto].
La controversia sul rimborso di tributi è affidata al giudice tributario se il diritto alla ripetizione è contestato
In tema di rimborso di tributi, spettano al giudice tributario i procedimenti nei quali il diritto del contribuente alla restituzione sia contestato, mentre sono devoluti al giudice ordinario solamente quelle controversie in cui non residuino questioni alcune circa l’esistenza dell’obbligazione, il quantum della restituzione e le modalità della sua esecuzione: ciò attesa la riserva alle commissioni tributarie di tutte le cause di cognizione aventi per oggetto tributi ex art. 2 del d.lgs. n. 546/92. Nell’ordinamento tributario per la ripetizione dell’indebito non opera tout court l’art. 2033 c.c., bensì un regime speciale basato sull’istanza di parte da presentare, a pena di decadenza, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta o, comunque, in difetto, dalle norme sul contenzioso tributario, regime che impedisce, in linea di massima, l’applicazione della disciplina prevista per l’indebito di diritto comune di cui all’art. 2033 c.c. Le controversie aventi ad oggetto i rimborsi di versamenti di tributi non dovuti, nei casi in cui il diritto alla ripetizione del tributo sia contestato, sono dunque affidate in via esclusiva al giudice tributario.