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Francesco Calosso

Francesco Calosso

Avvocato

Nato a Torino, il 9 luglio 1994. Laureato in giurisprudenza nel corso dell’anno 2019 presso l'Università degli Studi di Torino, con tesi in diritto bancario. Attualmente svolgo la professione di avvocato, iscritto presso il Foro di Torino, collaborando con lo Studio Legale Associato Fenoglio Callegari.

Azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di una società consortile

Alle società consortili si applicano le disposizioni relative al tipo sociale prescelto, eventualmente temperate da quelle sui consorzi. Da ciò discende che se la causa consortile può comportare la deroga delle norme che disciplinano il tipo adottato, ciò non consente di giustificarne lo stravolgimento dei connotati fondamentali, tra cui quello che riguarda la disciplina di tutela dei soci e dei creditori sociali. L’azione di responsabilità esercitata nell’interesse dei creditori decorre dal momento in cui i creditori sono oggettivamente in grado di avere percezione dell’insufficienza del patrimonio sociale, per l’inidoneità dell’attivo, raffrontato alle passività, a soddisfare i loro crediti, con la precisazione che tale condizione non corrisponde allo stato d’insolvenza, derivante, in primis, dall’impossibilità di ottenere ulteriore credito, sicché in ragione della onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull’amministratore la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se non per vizi motivazionali che la rendano del tutto illogica o lacunosa. L’azione sociale di responsabilità ha natura contrattuale, anche se esercitata dal curatore, in quanto trova la sua fonte nell’inadempimento dei doveri imposti agli amministratori dalla legge o dallo statuto, cui questi devono adempiere con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Di contro, l’azione spettante ai creditori sociali ha natura aquiliana, rispetto alla quale il danno ingiusto è integrato dalla lesione dell’aspettativa di prestazione dei creditori sociali, a garanzia della quale è posto il patrimonio della società con conseguente diritto del creditore di ottenere, a titolo di risarcimento, l’equivalente della prestazione che la società non è più in grado di compiere. L’esistenza di un conflitto di interessi tra la società e il suo amministratore non può essere fatta discendere genericamente dalla mera coincidenza nella stessa persona dei ruoli di amministratore e controparte contrattuale, ma deve essere accertata in concreto, sulla base di una comprovata relazione antagonistica di incompatibilità degli interessi di cui siano portatori, rispettivamente, la società e il suo amministratore. Sussiste conflitto di interessi quando l’amministratore persegue una finalità inconciliabile con quella della società rappresentata, di guisa che all’utilità conseguita o conseguibile da quest’ultimo, per sé medesimo o per conto del terzo, segua o possa seguire il danno della società rappresentata. Viceversa, il conflitto di interessi non produttivo di danno, si risolve in una mera situazione potenzialmente lesiva, che, sul piano civilistico, non determina l’insorgenza di alcun obbligo risarcitorio. [ Continua ]
19 Giugno 2024

Azione di responsabilità esercitata dal curatore e quantificazione del danno

L’azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 146, co. 2, l. fall. cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2392, 2393 e 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali. Invero, il curatore può, anche separatamente, formulare domande risarcitorie tanto con riferimento ai presupposti dell’azione sociale, che ha natura contrattuale, quanto con riguardo a quelli della responsabilità verso i creditori, che ha natura extracontrattuale. Tali azioni non perdono la loro originaria identità giuridica, rimanendo tra loro distinte sia nei presupposti di fatto che nella disciplina applicabile, differenti essendo la distribuzione dell’onere della prova, i criteri di determinazione dei danni risarcibili e il regime di decorrenza del termine di prescrizione. In tema di azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l. fall., la mancanza di scritture contabili, ovvero la loro sommarietà o inintelligibilità, non è di per sé sufficiente a giustificare la condanna dell'amministratore in conseguenza dell'impedimento frapposto alla prova occorrente ai fini del nesso eziologico rispetto ai fatti causativi del dissesto, in quanto la stessa presuppone che sia comunque previamente assolto l'onere della prova circa l'esistenza di condotte per lo meno astrattamente causative di un danno patrimoniale, restando perciò applicabile il criterio del deficit fallimentare soltanto come criterio equitativo, per l'ipotesi di impossibilità di quantificare esattamente il danno in conseguenza dell'affermazione di esistenza della prova, almeno presuntiva, di condotte di tal genere. [ Continua ]

Azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di s.r.l. per dissipazione del patrimonio sociale

L’azione spettante ai creditori sociali ai sensi dell’art. 2394 c.c. ha natura aquiliana, sicché, in conformità al principio generale della tutela extracontrattuale del credito di cui agli artt. 2740 e 2043 c.c., il danno ingiusto è integrato dalla lesione dell’aspettativa di prestazione dei creditori sociali, a garanzia della quale è posto il patrimonio della società. L’esercizio dell’azione ex art. 2934 c.c. presuppone l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti in quanto causalmente connessa all’inosservanza da parte degli amministratori degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale, con conseguente diritto del creditore di ottenere, a titolo di risarcimento, l’equivalente della prestazione che la società non è più in grado di compiere. Tale situazione di insufficienza patrimoniale viene in rilievo solo in termini di eccedenza delle passività sulle attività – ipotesi autonoma rispetto all’insolvenza –, che può essere determinata anche da una situazione di semplice illiquidità. L’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto fatti negativi, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, tanto più se l’applicazione di tale regola dia luogo a un risultato coerente con quello derivante dal principio della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova, riconducibile all’art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio. Tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo. Ricorre una distrazione/dissipazione patrimoniale allorché un bene che rientra nel patrimonio della società ne sia fatto materialmente o giuridicamente fuoriuscire, determinando un suo mutamento di destinazione, per il soddisfacimento di uno scopo economico diverso da quello impressogli in ragione della sua disponibilità in capo alla società, ovvero allorché un bene viene ceduto o un servizio viene prestato dalla società in assenza di corrispettivo o con corrispettivo ontologicamente inadeguato. [ Continua ]
2 Aprile 2024

Azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di s.r.l. per atti di mala gestio

Per effetto del fallimento di una società di capitali, le  diverse fattispecie di responsabilità degli amministratori di cui agli artt. 2392 e 2394 c.c. (ante riforma) confluiscono in un’unica azione, dal carattere unitario ed inscindibile, all’esercizio della quale è legittimato, in via esclusiva, il curatore del fallimento, ai sensi dell’art. 146 l. fall., che può, conseguentemente, formulare istanze risarcitorie verso gli amministratori, i liquidatori ed i sindaci tanto con riferimento ai presupposti della responsabilità contrattuale di questi verso la società, quanto a quelli della responsabilità extracontrattuale verso i creditori sociali. Per gli amministratori di una società a responsabilità limitata, al pari di quelli delle società per azioni, è richiesta non la generica diligenza del mandatario (art. 1710 c.c.), cioè quella tipizzata nella figura dell’uomo medio, ma quella desumibile in relazione alla natura dell’incarico ed alle specifiche competenze, cioè quella speciale diligenza prevista dall’art. 1176, 2° comma, c.c. per il professionista. All’amministratore di una società non può essere imputato a titolo di responsabilità ex art. 2392 c.c. di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e può pertanto eventualmente rilevare come giusta causa di revoca dell’amministratore, non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società. Ne consegue che il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione, o le modalità e circostanze di tali scelte, ma solo l’omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità. Il risarcimento del danno cui è tenuto l’amministratore, ai sensi dell’art. 2476 c.c., dà luogo ad un debito di valore, avendo per contenuto la reintegrazione del patrimonio del danneggiato nella situazione economica preesistente al verificarsi dell’evento dannoso, con la conseguenza che nella liquidazione del risarcimento deve tenersi conto della svalutazione monetaria verificatasi tra il momento in cui si è prodotto il danno e la data della liquidazione definitiva. [ Continua ]
18 Dicembre 2023

Distinzione tra arbitrato rituale e irrituale. Il provvedimento di correzione dell’errore materiale

La distinzione tra lodo rituale e irrituale si sostanzia nel diverso regime processuale dei due lodi, ferma restando per entrambi la comune natura ed efficacia sostanziale di tipo negoziale: ossia nell'attribuzione al lodo rituale degli effetti processuali propri della sentenza e nell'esclusione per il lodo irrituale della possibilità di conseguire effetti esecutivi ai sensi dell'art. 825 c.p.c. e della impugnabilità innanzi alla corte d'appello in unico grado, per nullità, revocazione ed opposizione di terzo, con un regime impugnatorio incompatibile con quello risultante dagli artt. 827 ss. c.p.c.

Il provvedimento di correzione di errore materiale, avendo natura ordinatoria, non è suscettibile di gravame per violazione del contraddittorio, in quanto non realizza una statuizione sostitutiva di quella corretta e non ha, quindi, rispetto ad essa, alcuna autonoma rilevanza, ripetendo invece da essa medesima la sua validità, così da non esprimere un suo proprio contenuto precettino rispetto al regolamento degli interessi in contestazione. Il procedimento di correzione della sentenza non rappresenta una nuova fase processuale, ma mero incidente dello stesso giudizio, diretto solo ad adeguare l’espressione grafica all’effettiva volontà del giudice, già espressa in sentenza.

Il debitore ceduto può opporre al cessionario solo le eccezioni opponibili al cedente. Tali eccezioni sono sia quelle dirette contro la validità dell'originario rapporto (nullità - annullabilità), sia quelle dirette a far valere l'estinzione del credito (pagamento - prescrizione). Al contrario, non può il debitore ceduto opporre al cessionario le eccezioni che attengono al rapporto di cessione, perché il debitore è rimasto ad essa estraneo e tale rapporto non incide in alcun modo sull'obbligo di adempiere. [ Continua ]
24 Aprile 2024

Efficacia dell’impegno del socio a sottoscrivere un aumento di capitale non deliberato

A un impegno di ripatrimonializzazione della società integrante una manifestazioni di intento del socio volto a rassicurare il mercato e le autorità di vigilanza può riconoscersi la natura di un preliminare del negozio di sottoscrizione dell’aumento di capitale, che vincola il socio nei confronti della società a sottoscrivere un determinato aumento di capitale prima che sia formalmente deliberato dall’assemblea e da cui deriva un obbligo di sottoscrizione sospensivamente condizionato alla deliberazione dell’aumento del capitale nel termine stabilito. Tuttavia, tale impegno non è fonte dell’obbligo di versare la somma prevista, destinato a sorgere solo con la distinta manifestazione della volontà negoziale da parte del socio di sottoscrivere la quota di capitale oggetto della delibera di aumento di capitale. L’impegno alla ricapitalizzazione non attribuisce alla società alcun diritto alla riscossione della somma preventivata dal momento che solo la sottoscrizione dell’aumento di capitale deliberato può costituire fonte dell’obbligazione di pagamento del socio. A fronte della mancata sottoscrizione dell’aumento di capitale deliberato la società potrebbe, quindi, lamentare l’inadempimento del socio all’impegno preliminare di sottoscrizione ma non certo l’inadempimento all’obbligo di pagamento della somma corrispondente che non le è dovuta in mancanza della sottoscrizione dell’aumento di capitale. [ Continua ]
18 Dicembre 2023

Condizioni per l’annullamento della transazione su pretesa temeraria

L'annullamento della transazione su pretesa temeraria ai sensi dell'art. 1971 c.c. presuppone che la pretesa fatta valere dalla parte nei cui confronti si chieda l'annullamento sia assolutamente ed obiettivamente infondata, e ciò in aderenza alla necessità che il rapporto dal quale scaturisce la transazione sia una res dubia, che, cioè, vi sia incertezza sui rispettivi diritti delle parti. La mancanza di detto presupposto esclude, di per sé, l'annullamento. L'annullamento della transazione su pretesa temeraria, ai sensi dell'art. 1971 c.c., presuppone la presenza di due elementi, uno obiettivo ed uno soggettivo: che la pretesa fatta valere dalla parte nei cui confronti si chiede l'annullamento sia totalmente infondata, e che la parte versi in mala fede, ovvero che, pur essendo consapevole della infondatezza della propria pretesa, l'abbia dolosamente sostenuta.

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15 Giugno 2024

Diritto al rimborso del finanziamento effettuato dal socio in favore della società e azione di regresso

Il socio che effettua un finanziamento alla società, così diventando creditore di questa, non è comparabile al terzo creditore, sia perché il socio amministratore agisce in conflitto di interessi sia perché, in caso contrario, avrebbe l’inusitato potere di rendere gli altri soci immediatamente suoi debitori, senza una loro adesione volontaria ed a prescindere dall’incapienza della società finanziata. In tema di società in nome collettivo, nell'ipotesi di cessione di quota, il cedente che non abbia garantito gli acquirenti di quest'ultima dell'inesistenza dei debiti sociali risponde delle obbligazioni sorte anteriormente alla cessione esclusivamente nei confronti dei creditori sociali - trovando generale applicazione la disposizione di cui all'art. 2290 cod. civ. - ma non nei confronti della società o dei cessionari; ne consegue che né la società, né i predetti cessionari della quota, una volta adempiute le predette obbligazioni, hanno titolo per essere tenuti indenni, dall'ex socio cedente, di quanto corrisposto ai creditori. Il socio di una società in nome collettivo che, per effetto della responsabilità solidale e illimitata stabilita dall'art. 2291 cod. civ., abbia pagato un debito sociale, può direttamente rivalersi nei confronti del consocio, tenuto in via di regresso a rifondere la parte di debito sociale su di lui gravante, senza che tale rivalsa resti condizionata all'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei creditori, dato che il beneficio di previa escussione di detto patrimonio, previsto dall'art. 2304 cod. civ., opera solo nei confronti dei creditori e non dei soci che abbiano pagato i debiti sociali. [ Continua ]