Per atti che determinano la responsabilità dei soci in solido con gli amministratori ex art. 2476 c.c.
vanno intesi sia quelli decisori o autorizzativi formalmente adottati dai soci nelle forme previste
dagli artt. 2468, co. 3, e 2479 c.c., o addirittura in sede assembleare (art. 2479-bis c.c.), sia gli atti o
comportamenti, non adottati nelle forme sopra indicate, ma idonei a supportare l’azione illegittima e
dannosa posta in essere dagli amministratori. In tal senso, dunque, vanno riconosciute come tali tutte le manifestazioni di volontà espresse dai soci anche in forme non istituzionali, ma comunque capaci di fornire impulso all’attività gestoria, rilevando a tal proposito l’influenza effettiva spiegata dai soci sugli amministratori. Viene in tal modo consacrata una responsabilità del socio determinata da una palese ingerenza, anche soltanto occasionale e circoscritta al singolo atto avallato esplicitamente o a cui ha dato impulso, escludendone di converso la ricorrenza della qualifica tout court di amministratore di fatto con responsabilità per l’intera gestione.
La norma ex art. 2476, co. 7, c.c. prevede, con espressione inequivocabile e volutamente rafforzativa, che le condotte decisorie o autorizzatorie, per essere fonte di responsabilità del socio in solido con gli amministratori, debbano essere compiute "intenzionalmente", esprimendo la volontà di supportare un'operazione illecita, echeggiando la categoria penalistica del dolo intenzionale. In tema di prova, al fine di riconoscere la responsabilità solidale, occorre accertare l'esistenza di una compiuta prova circa il ruolo svolto dal socio nel contesto della singola operazione economica e della sua effettiva intenzionale ingerenza nella gestione dell'organo amministrativo.
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