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Federico Amaducci

Federico Amaducci

Avvocato praticante presso lo Studio Legale Giliberti Triscornia e Associati di Milano

5 Dicembre 2023

Differenze tra responsabilità nei confronti dei creditori e da danno diretto

Le azioni di responsabilità ex artt. 2476, co. 6, e 2476, co. 7, c.c. sono connotate da distinti presupposti. L’azione ex art. 2476, co. 6, c.c. (così come l’analoga azione verso l’amministratore di s.p.a. ex art. 2394 c.c.) si fonda sull’inosservanza da parte degli amministratori degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, tale da ingenerare un danno che colpisce direttamente il patrimonio della società e solo in via mediata il ceto creditorio (c.d. danno riflesso), e ciò nella misura in cui a causa della inosservanza degli obblighi di conservazione del patrimonio la riduzione del patrimonio determinata causalmente da detta mala gestio abbia a sua volta comportato la insufficienza del patrimonio alla soddisfazione delle ragioni creditorie. Nel caso di sopravvenuto fallimento, la legittimazione per l’azione ex art. 2476, co. 6, c.c. dei creditori sociali spetta ex art. 146 l.fall. solo ed esclusivamente al curatore fallimentare, di tal che la sopravvenienza in corso di causa della dichiarazione di fallimento comporta la perdita della legittimazione attiva in capo ai singoli creditori e la improcedibilità della relativa domanda. Residua invece la legittimazione attiva del terzo (e dunque anche del creditore sociale) con riferimento alla azione per danno diretto ex art. 2476, co. 7, c.c. La responsabilità da danno diretto degli amministratori di s.r.l. ex art. 2476, co. 7, c.c. (o ex art. 2395 c.c. in caso di amministratore di s.p.a.) verso i terzi che abbiano stipulato un contratto con la società non discende automaticamente ex se né da detta loro qualità, né dall’inadempimento ad obblighi discendenti dal contratto. Invero, se la società è inadempiente per non aver rispettato gli obblighi discendenti dal contratto (quale l’obbligo di pagare il corrispettivo), di questi danni risponde la società e soltanto la società: ciò in forza del rapporto di immedesimazione organica tra la società e gli amministratori che per essa agiscono, sicché l’atto dell’amministratore non è atto compiuto per conto della società, ma atto “della” società, necessitando dunque per potersi configurare la responsabilità dell’amministratore un quid pluris. La responsabilità personale dell’amministratore verso il terzo contraente ex art. 2476, co. 7, c.c. è una responsabilità per danno diretto e non dunque responsabilità per un danno integrato dalla insoddisfazione della pretesa creditoria discendente dalla insufficienza patrimoniale determinata dalla mala gestio. Necessitano pertanto non solo la allegazione e prova di condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi integrante mala gestio, ma altresì la allegazione di fatti che consentano di far ritenere che detta mala gestio abbia determinato un danno diretto al creditore, cioè un danno incidente direttamente sulla sua sfera patrimoniale e non, dunque, meramente derivato dalla perdita della garanzia patrimoniale generica integrata dalla riduzione del patrimonio sociale idoneo a soddisfare il suo credito (rientrando invece quest’ultimo danno nel perimetro del danno riflesso azionabile ex art. 2476, co. 6, c.c.). Ancora, necessita la allegazione del nesso di causalità tale per cui il danno sia non solo diretto, ma altresì legato da nesso di causalità immediata con la mala gestio, e cioè sia conseguenza immediata e diretta della suddetta condotta illecita secondo i principi generali (v. art. 1223 c.c. richiamato quanto alla responsabilità extracontrattuale dall’art. 2056 c.c.). [ Continua ]
19 Febbraio 2024

Aumento di capitale a pagamento e abuso di maggioranza

La fattispecie dell’abuso di maggioranza deve ritenersi riconducibile alla violazione del principio di correttezza desumibile in via generale dall’art. 1175 c.c., operante anche nel settore societario e a cui debbono attenersi i soci. Imponendo la correttezza dell’agire della maggioranza, l’art. 1175 c.c. funge da limite intrinseco al principio maggioritario consentendo di censurare forme distorte di esercizio dei poteri della maggioranza a detrimento della minoranza integranti, appunto, l’abuso di maggioranza. Tale abuso non consiste, dunque, nel fatto che la delibera adottata dalla maggioranza possa comportare vantaggi per detta maggioranza e/o sacrificio di interessi della minoranza, poiché ciò è connaturato al principio maggioritario stesso. Non è consentito al giudice di operare un sindacato volto a verificare se tra le varie opzioni e interessi sul campo, in relazione ad una delibera adottata a maggioranza, siano preferibili l’opzione e gli interessi perseguiti dalla maggioranza con il suo deliberare, piuttosto che le contrapposte opzioni e interessi della minoranza. Ciò che va verificato, piuttosto, è se il principio maggioritario sia stato piegato sic et simpliciter ad avvantaggiare del tutto ingiustificatamente i soci di maggioranza e ledere altrettanto ingiustificatamente gli interessi del socio di minoranza in violazione del limite interno dato dalla regola della correttezza. [ Continua ]

La controversia sul rimborso di tributi è affidata al giudice tributario se il diritto alla ripetizione è contestato

In tema di rimborso di tributi, spettano al giudice tributario i procedimenti nei quali il diritto del contribuente alla restituzione sia contestato, mentre sono devoluti al giudice ordinario solamente quelle controversie in cui non residuino questioni alcune circa l’esistenza dell’obbligazione, il quantum della restituzione e le modalità della sua esecuzione: ciò attesa la riserva alle commissioni tributarie di tutte le cause di cognizione aventi per oggetto tributi ex art. 2 del d.lgs. n. 546/92. Nell’ordinamento tributario per la ripetizione dell’indebito non opera tout court l’art. 2033 c.c., bensì un regime speciale basato sull’istanza di parte da presentare, a pena di decadenza, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta o, comunque, in difetto, dalle norme sul contenzioso tributario, regime che impedisce, in linea di massima, l’applicazione della disciplina prevista per l’indebito di diritto comune di cui all’art. 2033 c.c. Le controversie aventi ad oggetto i rimborsi di versamenti di tributi non dovuti, nei casi in cui il diritto alla ripetizione del tributo sia contestato, sono dunque affidate in via esclusiva al giudice tributario. [ Continua ]

La rivalutazione monetaria del danno cagionato dagli ex amministratori di società fallita

L’ammontare risarcibile del danno cagionato dagli ex amministratori di una società fallita che abbiano proseguito l’attività sociale nonostante la perdita di capitale costituisce un debito di valore cui deve aggiungersi la rivalutazione monetaria, la cui data di decorrenza deve essere individuata nella data di fallimento. Poiché tale somma rappresenta il controvalore monetario del danno patrimoniale subito, potrebbe in astratto essere riconosciuto al danneggiato anche il danno provocato dal ritardato pagamento in misura pari agli interessi legali. Tuttavia, poiché è preciso onere del creditore provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo, e poiché non è configurabile alcun automatismo nel riconoscimento degli interessi compensativi, non è possibile riconoscere detti accessori in assenza di qualsiasi specifica allegazione sul punto da parte dell'attore. [ Continua ]
31 Luglio 2024

Presupposti del conflitto di interessi rilevante ai fini dell’annullamento delle delibere del CdA di s.r.l.

Sussiste il conflitto di interessi rilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 2475 ter, co. 2, c.c. allorquando, in relazione a una determinata operazione, l’interesse della società e quello dell’amministratore sono orientati in direzioni opposte, di modo che alla realizzazione dell’uno segua, o possa seguire, il sacrificio dell’altro. I conflitti di interessi rilevanti sono quelli attuali in cui l’interesse portato dall’amministratore ha effettivamente inciso, in senso sfavorevole alla società, sul contenuto del contratto o dell’operazione decisa dall’organo amministrativo, senza che abbiano rilevanza i conflitti meramente potenziali in cui a un’astratta contrapposizione ex ante degli interessi (derivante, ad esempio, da una soggettiva coincidenza di ruoli ricoperti dall’amministratore in entrambe le società parti del contratto) non corrisponda un’effettiva condotta abusiva dell’amministratore tesa a perseguire il proprio interesse a scapito di quello sociale nella singola operazione. [ Continua ]
13 Novembre 2023

La regola di cui all’art. 2388 c.c. costituisce un principio generale dell’ordinamento

La regola dettata in materia di società per azioni dall’art. 2388 c.c. costituisce un principio generale dell’ordinamento. Ne consegue che, con riferimento ai consorzi, i membri del consiglio direttivo e i consociati possano impugnare le delibere dell’assemblea dei consociati, così come gli stessi consociati possono impugnare le delibere dell’organo amministrativo o direttivo, laddove ne risulti direttamente leso un loro diritto. [ Continua ]
20 Ottobre 2023

L’azione ex art. 2394 c.c. nell’esecuzione di un concordato preventivo e la responsabilità per asserita illegittima prosecuzione dell’attività

Il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità dell’amministratore nei confronti dei creditori sociali rimane sospeso tra la data dell’omologazione del concordato preventivo e la data di risoluzione dello stesso in ragione dell’obbligatorietà del concordato omologato per tutti i creditori anteriori ai sensi dell’art. 184 l. fall., cosicché risulta agli stessi preclusa l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, tenuto conto dell’estinzione dei crediti per la parte che supera la percentuale prospettata nella proposta concordataria. L’individuazione del momento in cui si è verificata la perdita del capitale sociale e/o della continuità aziendale è rilevante per accertare la responsabilità degli amministratori per i danni cagionati alla società e ai creditori, per effetto dell’illegittima prosecuzione dell’attività sociale ex art. 2486 c.c., in relazione ad atti non conservativi dell’integrità e del valore del patrimonio sociale. Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore della stessa, l’individuazione e la liquidazione del danno risarcibile dev’essere operata avendo riguardo agli specifici inadempimenti dell’amministratore, che l’attore ha l’onere di allegare, onde possa essere verificata l’esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti e il danno di cui si pretende il risarcimento. Gli amministratori non possono essere ritenuti responsabili delle perdite maturate dall’impresa, senza la prova che il deficit patrimoniale sia stato conseguenza delle condotte gestorie compiute dopo la riduzione del capitale sociale, e possono essere chiamati a rispondere solo dell’aggravamento del dissesto cagionato dalle ulteriori perdite che siano derivate dalla loro condotta illegittima, in quanto commessa al di fuori dei poteri di conservazione del patrimonio sociale. Il curatore fallimentare che intenda far valere la responsabilità dell’ex amministratore per illegittima prosecuzione dell’attività dopo il realizzarsi di una causa di scioglimento deve allegare e provare che, successivamente alla perdita del capitale, sono state intraprese iniziative imprenditoriali connotate dall’assunzione di nuovo rischio economico-commerciale e compiute al di fuori di una logica meramente conservativa. [ Continua ]
14 Agosto 2024

Nullità della fideiussione omnibus e competenza

In tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall’art. 2 della l. 287/1990, e con particolare riguardo alle clausole relative a contratti di fideiussione da parte delle banche, il noto provvedimento n. 55 del 2005 della Banca d’Italia di accertamento dell’infrazione, adottato prima delle modifiche apportate dall’art. 19, co. 11, della l. 262/2005, possiede, al pari di quelli emessi dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano in esso pronunciate. Il giudice del merito è, quindi, tenuto, per un verso, ad apprezzarne il contenuto complessivo, senza poter limitare il suo esame a parti isolate di esso, e, per altro verso, a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva, non potendo attribuire rilievo decisivo all’attuazione o meno della prescrizione contenuta nel menzionato provvedimento, con cui è stato imposto dall’ABI di estromettere le clausole vietate dallo schema contrattuale diffuso presso il sistema bancario. Quel che assume rilievo, ai fini della nullità delle clausole del contratto di fideiussione di cui agli artt. 2, 6 e 8 dello schema ABI è il fatto che costituiscono lo sbocco dell’intesa vietata e cioè che attraverso dette disposizioni si siano attuati gli effetti di quella condotta illecita nei confronti di tutti gli operatori del mercato. Ciò che va accertato, pertanto, è la coincidenza delle convenute condizioni contrattuali col testo di uno schema contrattuale che possa ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva. Il giudice deve dunque valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva. Con riferimento alla fideiussione omnibus, laddove sia accertato che le clausole del contratto siano il frutto o, meglio, l’estrinsecazione di un’intesa illecita ex art. 2 l. 287/1990, può configurarsi, oltre al rimedio del risarcimento del danno, anche quello civilistico della nullità speciale, posta – attraverso le disposizioni di cui agli artt. 101 del TFUE e dell’art. 2 l. 287/1990 – a presidio di un interesse pubblico e, in specie, dell’ordine pubblico economico: dunque, nullità ulteriore a quella che il sistema già conosceva. In tal senso depone la considerazione che siffatta forma di nullità ha una portata più ampia sia della nullità codicistica di cui all'art. 1418 c.c. sia delle altre nullità conosciute dall’ordinamento, in quanto colpisce anche atti o combinazione di atti avvinti da un nesso funzionale, non tutti riconducibili alle suindicate fattispecie di natura contrattuale. In caso di proposizione di una domanda finalizzata all’accertamento e alla dichiarazione di nullità di una fideiussione riproducente lo schema contrattuale censurato dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2005, la relativa cognizione è rimessa alla competenza esclusiva della sezione specializzata per le imprese. Tale principio non deve però essere travisato giungendo conseguentemente a ritenere che la competenza spetti inderogabilmente alla sezione specializzata per le imprese ogniqualvolta venga dedotta o allegata la nullità della fideiussione perché conforme allo schema ABI del 2003, censurato dalla Banca d’Italia. Invero, la riserva di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa riguarda, per espressa disposizione della lettera dell’articolo 33 l. 287 del 1990, le sole azioni, non anche le eccezioni. Così, nel risolvere la questione del coordinamento tra la competenza funzionale a conoscere dell’opposizione del decreto ingiuntivo e la competenza del tribunale delle imprese in materia di nullità dei contratti per violazione delle norme antitrust, occorre riconoscere che soltanto se l’opponente formula una vera e propria domanda riconvenzionale di accertamento della nullità della fideiussione omnibus, indicata quale modalità di attuazione dell’intesa anticoncorrenziale, sussiste la competenza sul punto delle sezioni specializzate in materia di impresa. [ Continua ]
10 Luglio 2023

Sui poteri dell’amministratore di sostegno dell’amministratore di s.r.l.

Il potere dell’amministratore di sostegno dell’amministratore di s.r.l. investito – ai sensi del relativo provvedimento di nomina del Giudice tutelare – di tutti gli adempimenti connessi all’attività societaria e alla sua gestione ordinaria e straordinaria quale rappresentante del beneficiario (che per l’effetto è da intendersi privato di ogni conseguente potere connesso e derivante dal ruolo e dalle cariche ricoperte nella indicata società), comprende tutti gli atti e le decisioni che beneficiario poteva assumere nell’ambito della società sia come socio, sia come amministratore. [ Continua ]