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Francesco Gennaro Pezone

Francesco Gennaro Pezone

Laureato con lode presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, indirizzo d'impresa. Cultore della materia in Istituzioni di Diritto Privato, Diritto Commerciale e Diritto Bancario all'Università Cattolica del Sacro Cuore. Tirocinante presso la sezione specializzata in materia d'impresa del Tribunale di Milano. Abilitato all'esercizio della professione forense.

26 Settembre 2022

Cessione della partecipazione in pendenza dell’azione di responsabilità ex art. 2476, co. 3 c.c. Oggetto dell’azione di responsabilità per danno diretto

La cessione dell’intera partecipazione da parte del socio di s.r.l., in pendenza del giudizio avente ad oggetto l’azione di responsabilità ex art. 2476, co. 3 c.c. da quest’ultimo esercitata, determina la declaratoria di improcedibilità della domanda per sopravvenuta carenza di legittimazione ad agire dell’attore, posto che le condizioni dell’azione devono non solo sussistere al momento della proposizione della domanda giudiziale, ma devono altresì persistere sino al momento della relativa decisione. L’ex socio, quale soggetto terzo, resta invece legittimato a proseguire l’azione di responsabilità per danno diretto esercitata nei confronti dell’amministratore e del socio concorrente nell’illecito, ai sensi dell’art. 2476, co. 7 e 8 c.c. Con tale azione, devono essere contestati addebiti di natura gestoria, vale a dire condotte inerenti all’amministrazione in senso stretto dell’ente, connotate in senso illecito in ambito endo-societario e riverberantisi in danno di singoli soci o terzi. Pertanto, se l’attore – richiamando specificamente la responsabilità per danno diretto – contesta  delle condotte che si risolvono non in un atto relativo alla gestione della società, ma in un accordo tra i soci quanto alle loro scelte di partecipazione alla ricapitalizzazione dell’ente, la domanda dev’essere rigettata, in quanto palesemente estranea rispetto allo schema normativo espressamente richiamato, non essendo consentito al Tribunale operare una diversa qualificazione della pretesa risarcitoria [nel caso di specie, con l’azione di responsabilità ex art. 2476, co. 7 e 8 c.c. l’attrice aveva espressamente contestato di essere stata costretta – dall’amministratore in concorso con l’altro socio – a partecipare (indirettamente) alla copertura delle perdite mediante cessione della propria partecipazione, per un corrispettivo pari al valore nominale della quota, che risultava superiore rispetto all’ammontare complessivo delle perdite che ella sarebbe stata chiamata a coprire pro-quota, quantificando il danno diretto in misura pari alla differenza tra il corrispettivo incassato dalla cessione e la somma che avrebbe impiegato a fronte di una diretta partecipazione alle perdite]. [ Continua ]
5 Settembre 2022

Cumulo delle domande cautelari ex art. 2476, co. 2 e 3 c.c. e istanza di nomina del curatore speciale

La domanda cautelare di revoca dell’amministratore di S.r.l. può essere proposta ante causam e il relativo provvedimento ha natura anticipatoria, poiché il dato letterale dell’art. 2476, co. 3 c.c. non implica la necessaria consecuzione e/o contestualità tra la domanda risarcitoria e quella di revoca, come invece espressamente enunciato dall’art. 2378 c.c. in tema di sospensione dell’efficacia delle delibere assembleari. A seguito della riforma del 2003, gli amministratori privi di deleghe non sono più gravati da un generale potere-dovere di vigilanza, ma restano tenuti all’adempimento degli obblighi previsti dall’art. 2381, co. 3 e 6 c.c. e, dunque, ad agire sulla base delle informazioni fornite dagli amministratori delegati ovvero, in mancanza, a sollecitare tali informazioni quando avrebbero dovuto rilevare, secondo la diligenza propria della carica, la presenza di segnali di allarme. Il diritto di ispezione e controllo di cui all’art. 2476, co. 2 c.c. compete anche al socio amministratore di S.r.l. che non abbia in tutto o in parte partecipato alla gestione societaria compiuta dagli altri amministratori. Il diritto del socio di esercitare il controllo, anche tramite l’accesso ai documenti, non può pregiudicare il diritto della società a mantenere la riservatezza su dati sensibili che il socio potrebbe utilizzare commercialmente contro di lei. Tale rischio di strumentalizzazione è più evidente quando il socio si trova in una posizione di potenziale concorrenza, perché opera nel medesimo settore e non è vincolato da un patto di esclusiva a favore della società né da un patto di non concorrenza sufficientemente stringente. Alla luce dell’obbligo di buona fede oggettiva, il diritto di ispezione e controllo del socio può essere limitato mediante il mascheramento preventivo dei dati sensibili presenti nella documentazione (come i dati relativi ai nominativi di clienti e fornitori), laddove alle esigenze di controllo individuale nella gestione sociale – cui è preordinato il diritto del socio – si contrappongano non pretestuose esigenze di riservatezza fatte valere dalla società. Il giudizio di bilanciamento tra i contrapposti interessi del socio da un lato e della società dall’altro dev’essere condotto in concreto, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso: non solo perché i dati sensibili strumentalmente impiegabili possono essere diversi caso per caso, ma anche e soprattutto perché la riservatezza non può costituire un pretesto per coprire le irregolarità gestorie degli amministratori né per frustrare le valutazioni del socio prodromiche ad un’eventuale azione di responsabilità, il cui risultato utile va a vantaggio della società stessa. A fronte del cumulo delle domande cautelari di cui agli artt. 2476, co. 2 e 3 c.c., è fondata l’istanza di nomina di un curatore speciale che garantisca l’effettivo e immediato esercizio dei diritti di ispezione e controllo del socio, dal momento che l’ordinanza è pronunciata nei confronti della società, ma richiede una cooperazione all’adempimento degli amministratori che, in ragione dell’esecutività dell’ordinanza di revoca, devono intendersi immediatamente cessati dalla carica. Ai sensi dell’art. 669-duodecies c.c., l’attuazione di un provvedimento cautelare d’urgenza deve avvenire sotto il controllo del giudice che lo ha emesso e ciò consente a quest’ultimo di anticipare al momento della pronuncia la nomina del curatore che dovrà ottemperare all’esibizione e/o al rilascio di copia della documentazione richiesta. [ Continua ]
19 Giugno 2022

Azione di responsabilità dell’amministratore di S.r.l. per danno diretto. Efficacia probatoria della sentenza di patteggiamento nel giudizio civile

L’articolo 2476, comma 6 [ora comma 7] c.c. attribuisce al singolo socio o al terzo l’azione individuale di responsabilità extracontrattuale per far valere il diritto al risarcimento del danno direttamente cagionato nella loro sfera giuridica dagli atti dolosi o colposi degli amministratori e grava il danneggiato dell’onere di provare, innanzitutto, il fatto illecito addebitato all’amministratore e, quindi, il pregiudizio che ne è direttamente derivato nel suo patrimonio. La sentenza penale di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. non ha alcuna efficacia probatoria vincolante nel giudizio civile di risarcimento del danno in ordine alla colpevolezza dell’imputato né inverte l’onere della prova ma può costituire, come fatto storico, uno degli elementi di convincimento del giudice, liberamente apprezzabile alla stregua di un indizio da valutarsi insieme ad altri elementi gravi precisi e concordanti ai sensi dell’art. 2729 c.c. [Nel caso di specie, il fatto illecito imputabile all’amministratore è consistito in una truffa perpetrata ai danni dell’attrice, società di locazione finanziaria, in concorso con gli utilizzatori: dopo aver consegnato della documentazione contabile falsa ai fini della valutazione di solvibilità delle future imprese utilizzatrici, l’amministratore faceva acquistare all’attrice beni strumentali rivelatisi inesistenti e quindi mai consegnati alle imprese, con le quali poi divideva i proventi della vendita dei beni. Il danno risarcibile è stato quantificato in misura pari agli importi versati dall’attrice per l’acquisto dei beni, dedotte le esigue somme versate dalle utilizzatrici a titolo di canone di locazione]. [ Continua ]
19 Giugno 2022

Note sostanziali e processuali dell’impugnazione della delibera di bilancio. Legittimazione dell’ex socio ad impugnare la delibera ex art. 2447 c.c.

Dev’essere considerata ammissibile la precisazione, effettuata in prima memoria, della domanda di impugnazione di una delibera assembleare quale domanda di nullità, allorché riguardi la mera qualificazione dell’impugnazione in riferimento a presupposti di invalidità della delibera già prospettati in citazione. Non sono compromettibili in arbitri le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione di delibere assembleari di approvazione del bilancio per vizi attinenti alla violazione delle norme che disciplinano la redazione dei documenti contabili. Colui il quale abbia perso la qualità di socio, non avendo sottoscritto la propria quota di ricostituzione del capitale sociale, conserva la legittimazione ad impugnare la delibera assembleare adottata ex art. 2447 c.c., in quanto sarebbe logicamente incongruo, oltre che in contrasto con il principio di cui all’art. 24, co. 1 Cost., ritenere come causa del difetto di legittimazione proprio quel fatto che l’attore assume essere contra legem e di cui vorrebbe vedere eliminati gli effetti. Il corretto richiamo, in nota integrativa, dei principi contabili di cui si è fatta applicazione nella redazione del bilancio esclude l’invalidità della relativa delibera di approvazione [nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto corretta la scelta degli amministratori di svalutare integralmente le immobilizzazioni, dopo aver rilevato la perdita del requisito della continuità aziendale, a fronte di un ingente fabbisogno finanziario immediato, rispetto al quale i soci non avevano manifestato alcuna disponibilità ad intervenire con versamenti o  finanziamenti]. Non può ritenersi annullabile per abuso di maggioranza la delibera di riduzione e contestuale aumento del capitale ex art. 2447 c.c., allorché le alternative astrattamente percorribili dalla società – i.e. il rinvio annuale delle iniziative di cui all’art. 2447 c.c. data la natura di PMI innovativa della società, la trasformazione, il ricorso al credito bancario ovvero l’acquisto delle partecipazioni dei soci di minoranza da parte di quelli di maggioranza – non avrebbero comunque consentito il recupero della continuità aziendale o avrebbero presupposto delle valutazioni aventi carattere discrezionale, in quanto tali libere. [ Continua ]
1 Dicembre 2022

Rapporti tra procura e mandato. Presupposti e prova della qualità di amministratore di fatto. Indebito oggettivo e rilevanza degli stati soggettivi

Il rilascio di procura speciale irrevocabile non è di per sé idoneo ad integrare la stipula di un contratto di mandato, risolvendosi (i) la prima in un atto unilaterale avente ad oggetto il conferimento ad un terzo del potere di compiere un atto giuridico in nome e per conto di un altro soggetto e (ii) il secondo in un contratto in forza del quale una parte assume l’obbligo di compiere uno o più atti giuridici nell’interesse dell’altra [nel caso di specie, in favore dell’attore era stata rilasciata procura a vendere una quota di s.r.l. (anche a se stesso, con espressa autorizzazione del rappresentato ex art. 1395 c.c.): avendo successivamente il rappresentato trasferito detta quota in favore di un terzo, l’attore aveva domandato la risoluzione per inadempimento del contratto di mandato e il risarcimento del danno, entrambe rigettate dal Collegio sul rilievo dell’insussistenza del mandato]. Il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario ex art. 1723, co. 2 c.c. (c.d. mandato in rem propriam), ancorchè revocabile solo per giusta causa, non priva il mandante del potere di disporre dei propri diritti sul bene oggetto del mandato né lo esonera dai correlativi obblighi. Il conferimento di una procura speciale a vendere un bene, ancorché in favore dello stesso rappresentante, non è idoneo a far sorgere in capo al rappresentato alcuna obbligazione di vendere il bene, essendo piuttosto rimessa al rappresentante la facoltà di avvalersi del potere all’uopo conferitogli con la procura. La circostanza che una parte del prezzo oggetto di un contratto di compravendita di una quota venga corrisposta dall’acquirente direttamente in favore della società, piuttosto che del socio venditore, non fa venir meno la giustificazione causale del pagamento, allorquando risulti plausibile che il venditore intendesse destinare una parte del prezzo alla società, per far fronte alla crisi di liquidità in cui quest’ultima versava. La qualifica di amministratore di fatto implica l’esercizio continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla funzione di amministrazione: il soggetto deve aver esercitato, in modo non episodico o occasionale, ma continuativo e sistematico, un’attività di gestione (non meramente esecutiva) della società, attraverso precise condotte aventi rilevanza esterna e tali da ingenerare nei terzi il convincimento che egli sia il gestore della società. La prova della posizione di amministratore di fatto implica l’accertamento di una serie di indici sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società ovvero in un qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare. Ai fini della ripetizione dell’indebito oggettivo, non è necessario che il solvens versi in errore circa l’esistenza dell’obbligazione, posto che – diversamente dall’indebito soggettivo ex latere debitoris, in cui l’errore scusabile è previsto dalla legge come condizione della ripetibilità del pagamento, ricorrendo l’esigenza di tutelare l’affidamento dell’accipiens, che riceve ciò che gli spetta, sia pure da un soggetto diverso dal vero debitore – nell’ipotesi di cui all’art. 2033 c.c. non vi è affidamento da tutelare, in quanto l’accipiens non ha alcun diritto di conseguire, né dal solvens né da altri, la prestazione ricevuta, rilevando il suo stato di buona o mala fede al solo fine della decorrenza degli interessi. Gli interessi contemplati dall’art. 2033 c.c. hanno funzione compensativa e, costituendo oggetto di un’obbligazione autonoma (ancorché accessoria rispetto all’obbligazione restitutoria principale), in forza del principio della domanda devono essere puntualmente richiesti da chi abbia effettuato il pagamento indebito, non potendo altrimenti esserne pronunciata la corresponsione. [ Continua ]
16 Aprile 2022

Sostituzione della delibera assembleare impugnata: profili processuali

La produzione in giudizio della delibera assembleare sostitutiva della delibera impugnata è ammissibile ancorché tale circostanza sia stata dedotta, da parte della società convenuta, nella fase decisoria (nella specie, in comparsa conclusione), trattandosi di un’evenienza espressamente prevista dall’art. 2377, co. 8 c.c., di cui il Tribunale deve prendere atto quale evento ostativo ad una pronuncia di annullamento. Nel giudizio di invalidità della prima delibera non può trovar luogo alcuna valutazione delle eccezioni sollevate dall’attore in relazione all’invalidità della delibera sostitutiva, posto che l’invalidità delle delibere assembleari può essere fatta valere solo in via di azione, dovendo pertanto il giudice limitarsi a verificare l’effettiva portata sostitutiva della seconda delibera. La sostituzione della delibera comporta la chiusura del giudizio con una pronuncia non già di cessazione della materia del contendere, bensì di sopravvenuta carenza di interesse ad agire dell’attore: la sostituzione, infatti, determina il venir meno dell’utilità dell’impugnazione, dal momento che la delibera impugnata è già stata privata di effetti dalla sua sostituzione endo-societaria, così che all’accoglimento della domanda non conseguirebbe alcun effetto utile per l’attore. Nel giudizio di impugnazione di una delibera di approvazione del bilancio per violazione degli obblighi di cui all’art. 2429 c.c., il rifiuto opposto dal socio di ricevere via e-mail la documentazione che avrebbe dovuto essere depositata presso la sede sociale costituisce condotta contraria all’obbligo di buona fede oggettiva ex art. 1375 c.c.: in caso di sostituzione della delibera impugnata, tale condotta consente di superare la presunzione di fondatezza dell’impugnazione, che sta alla base della previsione dell’art. 2377, co. 8 c.c. sulla ripartizione delle spese di lite e ne giustifica l’integrale compensazione. [ Continua ]

Azione di responsabilità: costituzione in mora e giudizio d’appello

Ai fini della valida costituzione in mora idonea ad interrompere la prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti dei membri degli organi sociali, non è necessaria l’individuazione degli specifici addebiti né la distinzione tra le posizioni dei diversi amministratori e sindaci, ma è sufficiente, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto. La parte appellante che intenda censurare l’interpretazione fornita dal primo giudice ai documenti prodotti dalla parte vittoriosa, laddove quest’ultima non si sia costituita in appello e tali documenti non siano stati perciò acquisiti nel relativo giudizio mediante la produzione del fascicolo di parte, ha l’onere di produrli, estraendone copia ai sensi dell’art. 76 disp. att. c.p.c.; in caso contrario, il giudice di secondo grado non può esaminarli e, di conseguenza, gli è preclusa la verifica della fondatezza dei motivi d’appello connessi alla valutazione di quei documenti. Risulta viziata da ultrapetizione la sentenza di primo grado che abbia condannato un amministratore al risarcimento dell’intero danno, in solido con gli altri membri degli organi sociali convenuti, senza al contempo limitarne la responsabilità all’importo indicato dall’attore stesso nell’atto di citazione, quale ammontare del danno imputabile a quell’amministratore. [ Continua ]
1 Dicembre 2022

Annotazione sul libro soci dell’esclusione del socio ed eccezione di giudicato

La cancellazione dal libro soci del nominativo del socio escluso è un’attività materiale avente rilievo meramente ricognitivo di un effetto già prodottosi per legge sin dal momento in cui si è verificata la situazione di fatto posta a fondamento dell’esclusione. Il principio del “dedotto e deducibile” – in virtù del quale l’efficacia del giudicato si estende, oltre a quanto dedotto dalle parti, anche a quanto esse avrebbero potuto dedurre – concerne le ragioni non dedotte che costituiscono un antecedente logico necessario rispetto alla pronuncia, nel senso che deve ritenersi precluso alle parti stesse la proposizione, in altro giudizio, di qualsivoglia domanda avente ad oggetto situazioni soggettive incompatibili con il diritto accertato. L’eccezione di giudicato può essere rilevata d’ufficio dal giudice, in quanto volta a tutelare l’interesse pubblico ad evitare l’insorgere di un conflitto tra giudicati, in conformità al principio del “ne bis in idem”. [ Continua ]

Patto di opzione per la cessione dei diritti di utilizzazione economica di un’opera dell’ingegno

Il patto di opzione ex art. 1331 c.c., avendo natura di negozio preparatorio, deve contenere tutti gli elementi essenziali del futuro contratto, in modo da consentirne la conclusione nel momento e per effetto dell’adesione dell’altra parte, senza la necessità di ulteriori pattuizioni.

Il contratto di cessione dei diritti di utilizzazione economica di un’opera dell’ingegno è un negozio consensuale a forma libera: esso non deve obbligatoriamente essere stipulato per iscritto, posto che l’art. 110 della L. 633 del 1941 ne impone la forma scritta ad probationem tantum.

La dichiarazione negoziale della parte che concede l’opzione si qualifica come proposta irrevocabile ai sensi dell’art. 1329 c.c.: al concedente non è perciò richiesto il compimento di alcuna attività ulteriore per lo sviluppo della dinamica negoziale che conduca all’eventuale perfezionamento del negozio definitivo, se non quella di non impedire al beneficiario dell’opzione l’esercizio del diritto di accettazione, a pena dell’obbligo di risarcimento dei danni. Ne consegue che la comunicazione con cui la parte concedente l’opzione dichiari di recedere dal rapporto – da qualificarsi giuridicamente come revoca della proposta – prima della scadenza del termine di efficacia dell’opzione è illegittima, perché preclude al beneficiario l’esercizio di un diritto ancora facente parte, in quel momento, della sua sfera giuridica.

In forza del principio generale di compensatio lucri cum damno, la domanda riconvenzionale di condanna al risarcimento dei danni subiti a fronte di costi inutilmente sostenuti, pur fondata, dev’essere rigettata allorquando si dia atto che l’attore in riconvenzionale abbia percepito delle somme, in dipendenza di quelle stesse attività [nella specie, si trattava di fondi percepiti dalla società convenuta a seguito della partecipazione a bandi di finanziamento, necessari per dare esecuzione all’accordo principale rimasto poi ineseguito]. Qualora tale importo ecceda l’ammontare del danno che la parte avrebbe avuto diritto a vedersi risarcito, la differenza non può essere devoluta in favore della controparte, in difetto di apposita domanda di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c.

[ Continua ]
19 Febbraio 2022

Sul diritto di ispezione e controllo del socio di S.r.l.

La disposizione dell’art. 2476, co. 2 c.c. ha la funzione di permettere al socio di S.r.l. un controllo sulla società e di consentirgli un esercizio consapevole dei propri diritti. La richiesta del socio deve essere sufficientemente dettagliata; il diritto di consultazione non è limitato ai libri sociali, ma si estende a ogni documento concernente la gestione della società – come, ad esempio, la documentazione amministrativo-contabile e la documentazione più prettamente commerciale – mentre non sono ricomprese elaborazioni contabili non previste dalla legge né relazioni, valutazioni o pareri da parte dell’amministratore. Sebbene la norma, sul piano letterale, ponga il dovere informativo esclusivamente a carico dell’organo amministrativo, tale dovere sussiste anche in capo al liquidatore, quando la società è in fase di liquidazione. Sul piano processuale, il diritto di ispezione e controllo può essere fatto valere anche d’urgenza in via cautelare, senza che sia necessaria, a pena di inammissibilità, la prospettazione di una futura azione di merito, trattandosi di un provvedimento cautelare anticipatorio. È sufficiente ad integrare il requisito del periculum in mora l’ingiustificato protrarsi di una situazione di incertezza e di impossibilità per il socio ricorrente di avere libero accesso alla documentazione sociale, posto che il ritardo è di per sé lesivo del diritto potestativo di cui il socio è titolare. Non è abusiva la condotta del socio ricorrente che abbia presentato reiterate richieste di informazione e di consultazione alla società, qualora la documentazione da quest’ultima già messa a disposizione risulti largamente incompleta e comunque diversa da quella successivamente richiesta in via giudiziale. La circostanza che la società resistente sia in fase di liquidazione rende inconferente la contestazione relativa ad una presunta strumentalizzazione della richiesta da parte del socio per il perseguimento di finalità concorrenziali. [ Continua ]