hai cercato per: Gabriele Bustamante
25 Febbraio 2025

Convocazione su richiesta dei soci e potere suppletivo del collegio sindacale

Ai sensi dell’art. 2367 c.c., quando il socio richiede la convocazione, il Consiglio di amministrazione deve provvedere “senza ritardo” ad indire l’assemblea, fissando la data dell’adunanza nel tempo minimo necessario all’espletamento delle formalità statutarie previste per la sua convocazione. Il notevole ed ingiustificato ritardo da parte degli amministratori nella convocazione dell’assemblea per il rinnovo delle cariche sociali richiesta dal socio unico, già di per sé sufficiente a rendere doverosa l’iniziativa suppletoria del Collegio sindacale, ai sensi dell’art. 2406, comma 1, c.c., costituisce, comunque, “fatto censurabile” di rilevante gravità, ai sensi dell’art. 2406, comma 2, c.c., traducendosi in un intollerabile ostacolo frapposto dall’organo amministrativo in prorogatio, privo di qualsiasi diritto a permanere nella carica, al diritto del socio unico, peraltro, esercente sulla società il potere di direzione e coordinamento, a nominare il nuovo organo amministrativo [nel caso di specie è stata rigettata l'istanza di sospensiva della delibera del collegio sindacale che aveva proceduto a convocare l'assemblea per la sostituzione dell'organo amministrativo, avendo il consiglio di amministrazione proceduto a convocare l'assemblea per una data troppo lontana nel tempo sull'assunto dell'interesse sociale a che gli stessi amministratori in prorogatio redigessero il progetto di bilancio]. [ Continua ]
25 Febbraio 2025

Danno da indebita prosecuzione dell’attività d’impresa: applicazione dell’art. 2486 c.c.

L’ultimo comma dell’art. 2486 c.c. attribuisce al criterio dello sbilancio fallimentare una chiara natura residuale, contemplando la sua applicabilità solo qualora manchino le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possano essere determinati. Ove, invece, sia possibile ricostruire la situazione contabile della società, è necessario applicare il criterio incrementale. Il danno quantificato sulla base di tale criterio - come conseguenza della condotta di indebita prosecuzione dell’attività d’impresa nonostante la completa erosione del capitale sociale fosse - trattandosi di debito di valore esige l’aggiunta della rivalutazione monetaria a decorrere dalla data di fallimento. Poiché tale somma rappresenta il controvalore monetario del danno patrimoniale subìto, potrebbe in astratto essere riconosciuto al danneggiato anche il danno provocato dal ritardato pagamento in misura pari agli interessi legali. Tuttavia, poiché è onere del creditore provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo e poiché non è configurabile alcun automatismo nel riconoscimento degli interessi compensativi, non è possibile riconoscere detti accessori in assenza di qualsiasi specifica allegazione sul punto da parte dell’attrice. Sulla somma liquidata all’attualità sono, invece, dovuti gli interessi legali dalla data della sentenza al saldo. [ Continua ]
6 Febbraio 2025

Ratio della disciplina antiriciclaggio e responsabilità omissiva della banca per prosecuzione indebita di attività di impresa

La disciplina antiriciclaggio (D.Lgs. 231/2007) non è dettata al fine di garantire i rapporti fra privati, e in particolare non pone a carico della Banca un obbligo giuridico di impedire gli eventi quali la generazione di insolvenza o la prosecuzione indebita di attività di impresa in stato di perdita di capitale; la sussistenza di un tale obbligo è requisito indispensabile per potere costruire, sulla base della violazione di una norma, la responsabilità omissiva del soggetto agente per le conseguenze dannose. La normativa antiriciclaggio è invece posta a presidio dell’interesse pubblicistico a impedire la circolazione di denaro di provenienza illecita [nel caso di specie il Tribunale ha, quindi, ritenuto insussistente la responsabilità ex artt. 2043 e 2055 c.c. delle banche per non aver impedito all’amministratore di una società cooperativa, poi fallita, di effettuare prelievi in contanti dai conti intestati alla società, dato che anche a voler qualificare tali operazioni come “sospette”, ciascuna banca avrebbe avuto il solo obbligo di effettuare una segnalazione all’UIF, senza avere il potere, né il dovere, di impedire i prelievi]. [ Continua ]
25 Gennaio 2025

Amministratore di società cooperativa: azione di responsabilità

In tema di azione di responsabilità contro gli amministratori di società cooperativa – applicandosi alle cooperative, per quanto non espressamente previsto, le disposizioni sulle società per azioni (ex art. 2519, comma 1, c.c.) – l’art. 2392 c.c. impone agli amministratori di adempiere i doveri loro imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e delle loro specifiche competenze e prevede che essi siano solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri. Trattasi di responsabilità di natura contrattuale che impone a chi agisce in responsabilità di provare l’inadempimento, il danno ed il nesso eziologico; per contro, incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti. La circostanza che un consigliere sia privo di specifiche deleghe non esime il medesimo, quale componente del CdA, dall’esercitare la propria carica con la diligenza richiesta, nonché dal vigilare ed attivarsi al fine di preservare l’integrità del patrimonio sociale, ponendo rimedio alle eventuali illegittimità rilevate. [ Continua ]
19 Gennaio 2025

Abuso di maggioranza nell’aumento di capitale offerto in opzione ai soci senza sovrapprezzo

L’abuso di maggioranza costituisce, in diritto, un esercizio del diritto di voto in modo contrario alla buona fede, il che si ha quando il socio di maggioranza, che sempre ha diritto di votare nel proprio interesse, eserciti il voto allo scopo di ledere il socio di minoranza, oppure intenda avvantaggiarsi ingiustificatamente in danno del socio di minoranza. In questo contesto l’interesse sociale al risultato del voto così esercitato non costituisce elemento dirimente, ma piuttosto un rilevante elemento di riscontro, nel senso che talvolta l’interesse sociale in realtà resta neutro, oppure astrattamente sussiste comunque ma ciò non vieta di ravvisare un abuso [nel caso di specie, il Tribunale non ravvisa abuso di maggioranza in una delibera di aumento di capitale da offrire in opzione ai soci senza sovrapprezzo – in una situazione in cui la società necessitava di nuove risorse economiche, il socio di minoranza non aveva la disponibilità per sottoscrivere l’aumento e la differenza tra valore nominale e valore reale delle azioni non era particolarmente rilevante – precisando che non può affermarsi che la società “non abbia interesse” ad un aumento se esso non sia fatto con sovrapprezzo, in quanto per la società il solo dato rilevante è quello dell’ammontare di entrata patrimoniale, senza che si possa far coincidere il vantaggio per il socio che legittimamente sottoscriva l’aumento senza sovrapprezzo con il danno per la società ed i socio di minoranza]. L’aumento di capitale offerto in opzione ai soci non necessita, per legge, di imposizione di sovrapprezzo: il sovrapprezzo è, infatti, strumento che ha la principale funzione di non ledere i soci a beneficio di terzi investitori. Tuttavia, quando la differenza fra valore nominale e valore effettivo delle quote/azioni è molto rilevante, la mancata previsione di un sovrapprezzo, particolarmente nei casi di seria e nota difficoltà finanziaria del socio minoritario, può essere segno di volontà lesiva, rilevante ai fini dell’abuso di maggioranza. Il dettato dell’art. 2479-bis, comma 1, c.c. va inteso nel senso letterale e, quindi, la convocazione è valida alla sola condizione che la raccomandata sia spedita nel termine di almeno otto giorni prima dell’adunanza, salva la prova, a cura del socio, della impossibilità di partecipare derivante da causa non a lui imputabile (Il Tribunale individua quale esempio di tale causa non imputabile al socio il caso di pervenimento della raccomandata in tempo non utile). [ Continua ]
13 Gennaio 2025

Responsabilità degli amministratori verso la società: presupposti e natura

L’attività gestoria va svolta secondo competenza e diligenza, nell’interesse della società e dei suoi creditori; le decisioni gestorie che non siano assunte previa adeguata valutazione delle ragioni contro e a favore, dei rischi e dei benefici, generano, a carico di coloro che le assumono, responsabilità per i danni che da tali decisioni derivino alla società (2476 comma 3 c.c. – 2392 c.c.) e, indirettamente, ai suoi creditori, quando a causa delle medesime il patrimonio sociale diviene insufficiente a soddisfare i creditori (2476 comma 6 c.c.). Le scelte prive di alcuna logica appartengono a questo tipo di violazione. L’illecito gestorio, relativamente al danno arrecato dall’amministratore alla società amministrata, ha natura contrattuale, con conseguente applicazione a carico dell’amministratore degli oneri probatori conseguenti e presunzione di colpa ex art. 1218 c.c.; gli amministratori, per questo tipo di violazioni, sono dunque tenuti a provare di avere operato le loro scelte, dalle quali si assume derivare un danno alla società, secondo logica e previa adeguata valutazione, nell’interesse sociale (nella specie il Tribunale ritiene fonte di responsabilità la conclusione di una transazione, che prevedeva a carico della fallita una rinuncia senza l'indicazione di qualsivoglia motivazione a fondamento). [ Continua ]