La fattispecie dell'abuso del diritto di voto da parte del socio di maggioranza (fondata sulla violazione del principio di buona fede nell'esecuzione del contratto ex art. 1375 c.c.) è integrata quando il socio di maggioranza esercita il diritto di voto a danno degli altri soci;
rectius, determina l'adozione, da parte della società, di una delibera che lede gli interessi sociali di altri soci. L'interesse di cui la società è portatrice assume decisivo ruolo "negativo" nella fattispecie, nel senso che la sua realizzazione per il tramite della delibera pur dannosa per il socio minoritario fungerà da scriminante, impedendo che il vizio - per carenza del composito elemento dell'offensività - sia integrato. Tale ruolo dell'interesse sociale si concreta nell'esigenza che, perché abuso vi sia, la lesione dell'interesse sociale del socio minoritario sia "ingiustificata" o "arbitraria", dove appunto la "giustificazione" si rinviene nella realizzazione, a mezzo della delibera, dell'interesse sociale (anche nell'eventuale concorrenza di quello extrasociale del socio maggioritario). Il vantaggio personale del socio di maggioranza non pare essere invece elemento essenziale della fattispecie, potendo semmai rivestire un ruolo sul (diverso) piano probatorio, con particolare riferimento alla prova dell'elemento soggettivo (la fraudolenza) e/o dei motivi che hanno mosso il socio maggioritario a quel voto. Nulla esclude, perciò, che rientri nella sfera di applicazione della fattispecie il caso della delibera puramente emulativa, assunta soltanto a danno del socio di minoranza, senza vantaggio alcuno per il socio di maggioranza. E, viceversa, in assenza di un danno/svantaggio per gli altri soci e nell'indifferenza per l'interesse sociale, non si realizza alcun abuso nella delibera con cui il socio maggioritario realizza un proprio vantaggio (solo se la delibera fosse dannosa per la società si verserà nella fattispecie di abuso tipizzata dall'art. 2373, co. 1, c.c.). A livello soggettivo, infine, il requisito della "fraudolenza" si risolve nell'esercizio del voto effettuato con la consapevolezza di ledere interessi sociali degli altri soci e di non perseguire l'interesse sociale, con il solo limite dell'ignoranza incolpevole. In definitiva, il voto del socio maggioritario è abusivo quando determina consapevolmente l'adozione di un deliberazione lesiva di interessi sociali degli altri soci, nell'indifferenza per l'interesse della società.
Non è revocabile in dubbio l'applicabilità dell'art. 2373 co. 1 c.c. anche alle s.r.l., imposta, in assenza di specifica previsione omologa, sia dalla natura della s.r.l. come società di capitali persona giuridica terza rispetto ai soci, sia dalla natura della decisione assembleare, assunta dai soci ma imputata alla società, sia da elementari esigenze di tutela del patrimonio di cui la società stessa è titolare rispetto a condotte predatorie (di alcuni dei) soci.
Versa in conflitto di interessi il socio/amministratore chiamato a deliberare in assemblea sul compenso dell'organo amministrativo, essendo determinate ai fini dell'annullamento della deliberazione assembleare il requisito del potenziale danno,
sub specie di sproporzione tra il valore della prestazione assicurata dall'amministratore e il compenso deliberato (nella specie il Tribunale ha peraltro rigettato l'impugnativa della delibera di determinazione del compenso, non avendo l'attore dedotto alcunché in ordine al danno potenziale per la società).
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