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Jacopo Lorenzon

Jacopo Lorenzon

Avvocato iscritto all'albo presso l'Ordine di Venezia. Mi occupo di diritto commerciale e societario, prevalentemente in ambito giudiziale. Ho maturato esperienza presso primari studi legali del Veneto.

13 Aprile 2025

Cause di esclusione del socio di S.r.l. ed impugnazione delle relative delibere assembleari

L’esclusione del socio è possibile solo in caso di renitenza al versamento della quota di capitale da lui dovuta e all’esito del relativo procedimento (articolo 2466 c.c.), ovvero quando l’atto costitutivo lo consenta, ma in quest’ultimo caso, data la necessità di permettere ai soci di evitare la “sanzione” conoscendo preventivamente le condotte che potrebbero darvi causa, si richiede la previa individuazione delle ipotesi che potrebbero integrare una giusta causa di cessazione del vincolo sociale. La clausola statutaria che disciplina l’esclusione del socio, proprio per questa esigenza di consentire la verifica puntuale della ricorrenza della causa di esclusione nel caso concreto, deve quindi descrivere specificamente, a pena di nullità per indeterminatezza, la condotta suscettibile di integrarla. [ Continua ]

Violazione della prelazione statutaria e presupposti per la concessione del sequestro giudiziario

Data la natura contrattuale e non legale della prelazione statutaria è del tutto pacifico in giurisprudenza che il socio prelazionario illegittimamente pretermesso non è titolare di un diritto di riscatto verso il terzo acquirente della partecipazione (tra le tante: Cass., n. 12370 del 2014; Cass., n. 24559 del 2015), sicché in ogni caso, e financo in astratto, non può essere concesso sequestro giudiziario della partecipazione ceduta non essendo configurabile una controversia sulla proprietà o possesso della stessa. [ Continua ]
28 Marzo 2025

Clausola “simul stabunt simul cadent”: ratio, impiego abusivo e onere della prova

La previsione statutaria della cessazione dell’intero consiglio di amministratore per effetto delle dimissioni di taluno dei suoi membri attribuisce all’esercizio da parte del singolo componente dell’organo amministrativo della facoltà di recedere liberamente dal mandato senza alcuna necessità di motivazione desumibile dall’art. 2385 comma 1 c.c., l’ulteriore effetto di determinare la decadenza immediata dell’organo gestorio con la funzione, non solo di conservare gli equilibri interni di composizione del consiglio originariamente voluti e cristallizzati nella delibera assembleare di nomina evitando in particolare l’alterazione che potrebbe derivare a danno della compagine di minoranza dall’applicazione del meccanismo della cooptazione, ma anche di fungere da stimolo alla coesione dell’organo gestorio poiché ciascun amministratore è consapevole che le dimissioni di uno o di alcuni degli altri determina la decadenza dell’intero consiglio e nel contempo può contribuire a quella decadenza quando in disaccordo con gli altri. Il complesso onere probatorio gravante sull’amministratore che deduce l’uso distorto del meccanismo decadenziale concerne un vero e proprio “procedimento” elusivo costituito dalla concatenazione concertata di atti negoziali e comportamenti riferibili a componenti di organi sociali diversi volti a convergere sull’unico scopo della realizzazione di un effetto equivalente alla revoca ingiustificata senza indennizzo dell’amministratore. La configurabilità della fattispecie procedimentale dell’abuso in questione presuppone, in particolare: a) l’esercizio strumentale della facoltà di dimissioni da parte di taluni componenti del consiglio di amministrazione con il solo scopo di provocare la decadenza immediata dell’organo in vista della programmata esclusione da parte dell’assemblea convocata per il rinnovo dell’organo del solo componente sgradito; b) la rinnovazione da parte dell’assemblea dei soci dell’incarico a tutti gli altri membri del consiglio con esclusione del solo componente non dimissionario; c) il collegamento oggettivo e soggettivo tra le dimissioni dei consiglieri che hanno perfezionato la fattispecie statutaria della decadenza dell’intero consiglio di amministrazione e la successiva immediata nomina da parte dell’assemblea del nuovo consiglio di amministrazione composto da tutti i membri precedenti escluso quello non più gradito, connotato dall’esclusivo intento di ottenere la sua estromissione senza indennizzo dall’organo gestorio. [ Continua ]

Azione di responsabilità sociale: l’onere della prova in caso di illecito distrattivo

L'azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori e sindaci di società di capitali ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l'attore provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l'onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi imposti. Nel caso in cui l’addebito ascritto all’amministratore abbia natura distrattiva, l’onere probatorio gravante su parte attrice viene assolto mediante dimostrazione dell’avvenuto prelievo di somme dal patrimonio sociale o pagamento di importi, da parte della società, in favore dell’amministratore o di soggetti terzi, in assenza di valido titolo o per finalità che si assumano essere estranee ai fini sociali, essendo invece onere dell’amministratore quello di provare l’esistenza di una causa giustificatrice dei pagamenti ovvero la destinazione a fini sociali delle somme oggetto di contestazione. [ Continua ]
28 Marzo 2025

Abuso di attività di direzione e coordinamento: questioni sostanziali e processuali

L’attività di direzione e coordinamento, in sé legittima, esercizio del controllo a livello gestorio, trova la sua fonte nel surplus di potere di fatto di cui un soggetto è titolare in virtù di una qualificata relazione con la società, che si crea sulla base di poteri che il soggetto è capace di esercitare sulla società stessa e che, tuttavia, li eccede, consentendo al titolare di esercitare un’attività – appunto l’attività di direzione e coordinamento – di per sé formalmente non inclusa in quei poteri; se l’attività è compiuta non nel rispetto dei corretti principi di gestione societarie e imprenditoriale genera responsabilità risarcitoria se da essa ne deriva un pregiudizio, in difetto di vantaggi compensativi. La responsabilità ex art. 2497 c.c. può sorgere anche in esito ad una singola operazione se essa genera un pregiudizio e non costituisce espressione dei corretti principi di gestione societaria. La responsabilità da abuso di attività di direzione e coordinamento ha natura contrattuale e secondo i principi che regolano gli oneri di allegazione e di prova in ipotesi di responsabilità contrattuale l'attore deve provare: - l'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento (titolo); - il danno (pregiudizio arrecato al valore o alla redditività della partecipazione, pregiudizio all'integrità del patrimonio); - il nesso causale tra attività di direzione e coordinamento e danno. Secondo le usuali categorie l’attore sarebbe invece esentato dalla prova dell'illiceità dell'esercizio dell'attività di direzione e coordinamento e la società convenuta-controllante dovrebbe provare che il danno deriva da causa a lei non imputabile - cioè la liceità dell'attività direttiva (conformità alle regole di corretta gestione societaria ed imprenditoriale) -, ovvero di avere fatto tutto quanto in suo potere per evitare il danno (art. 1218 c.c.). Oppure la società convenuta-controllante potrà, in presenza di abuso, provare l'esistenza di vantaggi compensativi (o che il danno è stato eliminato). In particolare, configurando la responsabilità come contrattuale, non v'è dubbio che la prova dell'esistenza dei vantaggi compensativi si propone come elemento scriminante la responsabilità (e non la loro assenza come elemento costitutivo della responsabilità) e va provata dalla società controllante convenuta. È vero tuttavia che la responsabilità non può derivare, genericamente, da un'attività (qui peraltro in se stessa legittima), ma sempre da un fatto determinato, da un'operazione o da un insieme di operazioni, diverse e collegate o dello stesso tipo e ripetute, ma in ogni caso adeguatamente individuate e, soprattutto, la loro illiceità – specie in relazione ad una clausola molto aperta quale quella che costituisce il criterio di liceità dell'attività di direzione e coordinamento - può non essere di immediata percezione sicché l'attore deve quanto meno allegare in modo specifico e dettagliato il profilo di illiceità che ritiene connotare il fatto generativo di danno, altrimenti la convenuta rimane privata della possibilità di difendersi. [ Continua ]
14 Dicembre 2024

Determinazione della domanda e nullità dell’atto di citazione

La determinazione della domanda, come noto, costituisce non solo il presupposto per l’esercizio effettivo del diritto di difesa da parte del convenuto, ma anche il presupposto per il pieno e corretto esercizio del potere giurisdizionale, anche e soprattutto con riferimento alla corretta formazione del giudicato sostanziale. La declaratoria di nullità della citazione per omissione o assoluta incertezza del petitum postula una valutazione da compiersi caso per caso, nel rispetto di alcuni criteri di ordine generale, occorrendo, da un canto, tener conto che l’identificazione dell’oggetto della domanda va operata avendo riguardo all’insieme delle indicazioni contenute nell’atto di citazione e dei documenti ad esso allegati, dall’altro, che l’oggetto deve risultare assolutamente incerto; in particolare, quest’ultimo elemento deve essere vagliato in coerenza con la ragione ispiratrice della norma che impone all’attore di specificare sin dall’atto introduttivo, a pena di nullità, l’oggetto della sua domanda, ragione che, principalmente, risiede nell’esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese (prima ancora che di offrire al giudice l’immediata contezza del thema decidendum); con la conseguenza che non potrà prescindersi, nel valutare il grado di incertezza della domanda, dalla natura del relativo oggetto e dalla relazione in cui, con esso, si trovi eventualmente la controparte (se tale, cioè, da consentire, comunque, un’agevole individuazione di quanto l’attore richiede e delle ragioni per cui lo fa, o se, viceversa, tale da rendere effettivamente difficile, in difetto di maggiori specificazioni, l'approntamento di una precisa linea di difesa). I vizi attinenti all’editio actionis non possono essere sanati dalla costituzione in giudizio del convenuto, essendo questa inidonea, di per sé, a colmare le lacune della citazione, che compromettono il suo scopo di consentire non solo al convenuto di difendersi, ma anche al giudice di emettere una pronuncia di merito sulla quale dovrà formarsi il giudicato sostanziale. A fronte di un illecito commissivo asseritamente perpetrato dagli amministratori, non è in alcun modo sufficiente la mera denuncia della condotta inerte dei sindaci senza alcun approfondimento e, soprattutto, senza alcun accenno ai c.d. “indici di allarme” che avrebbero innescato l’obbligo in capo a collegio sindacale di intervenire e porre in essere condotte ragionevolmente idonee a evitare l’illecito. [ Continua ]

Trasferimento di azioni mediante girata: valore probatoria dell’autentica

L’autentica della girata azionaria costituisce atto proveniente da pubblico ufficiale che fa fede, sino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. L’unico rimedio processuale riconosciuto dall’ordinamento al fine di scalfire l’efficacia probatoria dell’atto è pertanto l’esperimento della querela di falso. [ Continua ]
22 Gennaio 2025

Cessazione della materia del contendere per assunzione di delibera sostitutiva

L’assunzione, da parte della società, di delibera sostitutiva, ai sensi dell’art. 2377, co. 8 c.c., provoca la cessazione della materia del contendere nell’instaurato giudizio avente ad oggetto la richiesta di annullamento della delibera poi sostituita. [ Continua ]
27 Agosto 2024

Presupposti per la responsabilità per mala gestio degli amministratori ex art. 2476, comma 6 e comma 7 c.c.

La responsabilità degli amministratori di s.r.l. ex art 2476, co. 7, c.c. (o ex art 2395 c.c. in caso di amministratore di s.p.a.) verso i terzi che abbiano stipulato un contratto con la società, per consolidata giurisprudenza, non discende automaticamente ex se da detta loro qualità, né ex se dall’inadempimento sociale ad obblighi discendenti dal contratto. Invero secondo consolidato orientamento giurisprudenziale se la società è inadempiente per non aver rispettato gli obblighi discendenti dal contratto (quale l’obbligo di pagare il corrispettivo di una fornitura) di questi danni risponde la società e soltanto la società: ciò in forza del rapporto di immedesimazione organica tra la società e gli amministratori che per essa agiscono (sicché l'atto dell'amministratore non è atto compiuto per conto della società, ma è atto "della" società) necessitando dunque per potersi configurare la responsabilità dell’amministratore un quid pluris. La responsabilità personale dell’amministratore verso il terzo contraente ai sensi dell'art. 2476, co. 7, c.c. (a differenza della responsabilità ex art. 2476, co. 6, c.c.) è una responsabilità per danno “diretto” e non dunque responsabilità per un danno integrato dalla insoddisfazione della pretesa creditoria discende dalla insufficienza patrimoniale determinata da mala gestio; necessita pertanto non solo la allegazione e prova di condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi integrante mala gestio, ma altresì la allegazione di fatti che consentano di far ritenere che detta mala gestio abbia determinato un danno incidente direttamente nella sfera patrimoniale del creditore e non dunque meramente derivato dalla perdita della “garanzia patrimoniale generica” integrata dalla riduzione del patrimonio sociale idoneo a soddisfare il suo credito, danno che rientra invece nel perimetro del danno “riflesso” azionabile ex art. 2476, co. 6, c.c.; ancora necessita la allegazione del nesso di causalità tale per cui il danno non solo sia diretto ma sia altresì legato da nesso di causalità immediata con la mala gestio e ciò sia conseguenza “immediata e diretta” della suddetta condotta illecita secondo i principi generali (v. art 1223 c.c. richiamato quanto alla responsabilità extracontrattuale dall’art 2056 c.c.). [ Continua ]
10 Settembre 2024

Il perimetro della cessione d’azienda del d.l. 99/2017 per la l.c.a. di Banca Popolare di Vicenza s.p.a. e di Veneto Banca s.p.a.

In forza del principio del burden sharing, contemplato dalla Direttiva 2014/59/UE, c.d. BRRD (Bank Resolution and Recovery Directive), attuata con i d.lgs. nn. 180 e 81 del 2015, le conseguenze delle crisi bancarie vanno sopportate in primis da azionisti e obbligazionisti e non possono essere fatte gravare su terzi, tra i quali è ricompreso il cessionario, e ogni eventuale credito nascente dalla vendita delle azioni deve essere trattato all’interno della procedura concorsuale. La disciplina del d.l. 99 del 2017 è incompatibile con l’applicazione dell’art. 2560, co. 2, c.c. nella parte in cui delimita l’esatto perimetro dell’insieme aggregato di beni, diritti, rapporti giuridici, attività, passività oggetto di cessione, dal quale risultano esclusi i crediti deteriorati, il contenzioso azionario e il contenzioso successivo per fatti pregressi. L’art. 2560 c.c. è dettato solo per l’ipotesi di cessione volontaria di azienda, mentre nell’ambito delle procedure concorsuali vale la regola opposta. La ratio sottostante alla previsione dell’esclusione della responsabilità del cessionario per i debiti del cedente (c.d. effetto purgativo delle vendite) riposa nell’intento di incentivare la vendita di aziende o di rami di aziende fallite, che sarebbe invece pregiudicato a fronte del possibile rischio per l’acquirente di dover rispondere di debiti verosimilmente superiori all’attivo. La disciplina speciale di cui all'art. 3, co. 1, lett. c), d.l. 99/2017, derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria, include tra i fatti o atti anche la nullità del contratto di finanziamento antecedente alla cessione. Rientra nell’alveo dell’art. 3, co. 1, lett. c), d.l. 99/2017 anche l’ulteriore causa di nullità del mutuo per asserita indeterminatezza del tasso di interesse applicato, dovuta all’adozione di un piano di ammortamento alla francese a rate costanti. [ Continua ]