Si ha concessione abusiva di credito quando una banca concede credito pur sapendo, o potendo sapere, che l’impresa finanziata versa in uno stato di dissesto irreversibile. Da un lato, è possibile che l’artificioso sostegno a un’impresa decotta porti a un indebito ritardo nell’apertura di una procedura concorsuale, con il risultato di aggravare l’entità del dissesto. Dall’altro, è possibile che tale sostegno induca in errore i terzi, facendo credere che l’impresa si trovi in buona salute, tanto da meritare l’instaurazione o la prosecuzione di rapporti negoziali, con conseguente danno laddove poi emerga l’inadempimento provocato dall’insolvenza.
Nell’integrazione delle fattispecie di concessione abusiva del credito soccorrono, accanto alla regola generale del diritto delle obbligazioni relativa all’esecuzione diligente della prestazione professionale ex art. 1176 c.c., la disciplina primaria e secondaria di settore, nonché gli accordi internazionali. Il soggetto finanziatore ha, invero, obblighi di rispetto del principio di c.d. sana e corretta gestione, dovendo verificare, in particolare, il merito creditizio del cliente in forza di informazioni adeguate.
L'erogazione del credito, che sia qualificabile come abusiva, in quanto effettuata a chi si palesi come non in grado di adempiere le proprie obbligazioni e in stato di crisi, ad esempio in presenza della perdita del capitale sociale e in mancanza di concrete prospettive di superamento della crisi stessa, può integrare anche l'illecito del finanziatore per il danno cagionato al patrimonio del soggetto finanziato, per essere venuto meno ai suoi doveri primari di una prudente gestione aziendale, previsti a tutela del mercato e dei terzi in genere, ma idonei a proteggere anche ciascun soggetto impropriamente finanziato e a comportare la responsabilità del finanziatore, ove al patrimonio di quello sia derivato un danno, ai sensi dell'art. 1173 c.c.
Il curatore fallimentare è legittimato ad agire, ai sensi dell'art. 146 l. fall. in correlazione con l'art. 2393 c.c., nei confronti della banca, quale terzo responsabile solidale del danno cagionato alla società fallita per effetto dell'abusivo ricorso al credito da parte dell'amministratore della predetta società, senza che possa assumere rilievo il mancato esercizio dell'azione contro l'amministratore infedele, in quanto, ai sensi dell'art. 2055 c.c., se un unico evento dannoso è imputabile a più persone, sotto il profilo dell'efficienza causale delle singole condotte, sorge a carico delle stesse un'obbligazione solidale, il cui adempimento può essere richiesto, per l'intero, anche a un solo responsabile.
In tema di concessione abusiva del credito, il curatore ha l’onere di dedurre e provare: (i) la condotta violativa delle regole che disciplinano l'attività bancaria, caratterizzata da dolo o almeno da colpa, intesa come imprudenza, negligenza, violazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline, ai sensi dell'art. 43 c.p.; (ii) il danno-evento, dato dalla prosecuzione dell'attività d'impresa in perdita; (iii) il danno-conseguenza, rappresentato dall'aumento del dissesto; (iv) il rapporto di causalità fra tali danni e la condotta tenuta.
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