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Jacopo Lorenzon

Jacopo Lorenzon

Avvocato iscritto all'albo presso l'Ordine di Venezia. Mi occupo di diritto commerciale e societario, prevalentemente in ambito giudiziale. Ho maturato esperienza presso primari studi legali del Veneto.

29 Luglio 2024

Concessione abusiva di credito e legittimazione attiva del curatore

Si ha concessione abusiva di credito quando una banca concede credito pur sapendo, o potendo sapere, che l’impresa finanziata versa in uno stato di dissesto irreversibile. Da un lato, è possibile che l’artificioso sostegno a un’impresa decotta porti a un indebito ritardo nell’apertura di una procedura concorsuale, con il risultato di aggravare l’entità del dissesto. Dall’altro, è possibile che tale sostegno induca in errore i terzi, facendo credere che l’impresa si trovi in buona salute, tanto da meritare l’instaurazione o la prosecuzione di rapporti negoziali, con conseguente danno laddove poi emerga l’inadempimento provocato dall’insolvenza. Nell’integrazione delle fattispecie di concessione abusiva del credito soccorrono, accanto alla regola generale del diritto delle obbligazioni relativa all’esecuzione diligente della prestazione professionale ex art. 1176 c.c., la disciplina primaria e secondaria di settore, nonché gli accordi internazionali. Il soggetto finanziatore ha, invero, obblighi di rispetto del principio di c.d. sana e corretta gestione, dovendo verificare, in particolare, il merito creditizio del cliente in forza di informazioni adeguate. L'erogazione del credito, che sia qualificabile come abusiva, in quanto effettuata a chi si palesi come non in grado di adempiere le proprie obbligazioni e in stato di crisi, ad esempio in presenza della perdita del capitale sociale e in mancanza di concrete prospettive di superamento della crisi stessa, può integrare anche l'illecito del finanziatore per il danno cagionato al patrimonio del soggetto finanziato, per essere venuto meno ai suoi doveri primari di una prudente gestione aziendale, previsti a tutela del mercato e dei terzi in genere, ma idonei a proteggere anche ciascun soggetto impropriamente finanziato e a comportare la responsabilità del finanziatore, ove al patrimonio di quello sia derivato un danno, ai sensi dell'art. 1173 c.c. Il curatore fallimentare è legittimato ad agire, ai sensi dell'art. 146 l. fall. in correlazione con l'art. 2393 c.c., nei confronti della banca, quale terzo responsabile solidale del danno cagionato alla società fallita per effetto dell'abusivo ricorso al credito da parte dell'amministratore della predetta società, senza che possa assumere rilievo il mancato esercizio dell'azione contro l'amministratore infedele, in quanto, ai sensi dell'art. 2055 c.c., se un unico evento dannoso è imputabile a più persone, sotto il profilo dell'efficienza causale delle singole condotte, sorge a carico delle stesse un'obbligazione solidale, il cui adempimento può essere richiesto, per l'intero, anche a un solo responsabile. In tema di concessione abusiva del credito, il curatore ha l’onere di dedurre e provare: (i) la condotta violativa delle regole che disciplinano l'attività bancaria, caratterizzata da dolo o almeno da colpa, intesa come imprudenza, negligenza, violazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline, ai sensi dell'art. 43 c.p.; (ii) il danno-evento, dato dalla prosecuzione dell'attività d'impresa in perdita; (iii) il danno-conseguenza, rappresentato dall'aumento del dissesto; (iv) il rapporto di causalità fra tali danni e la condotta tenuta. [ Continua ]
8 Marzo 2024

Decadenza dal diritto di voto del socio di s.r.l. moroso e mancata convocazione all’assemblea

Una corretta lettura dell’art. 2466, co. 4, c.c. impone di rilevare che non può esercitare il diritto di voto il socio che non esegue il pagamento della quota nel termine prescritto, che è appunto il "socio in mora", come previsto dal quarto comma della citata disposizione, indipendentemente sia da uno specifico atto di costituzione in mora (v. anche l'art. 1219, co. 2, n. 3, c.c.), sia dall'intimazione di una diffida ad eseguire il pagamento nel termine di trenta giorni, la quale va indirizzata al socio moroso al solo fine di dare inizio alla procedura di vendita in danno della intera quota sottoscritta, salva restando la decadenza dall'esercizio del diritto di voto. In tema di società a responsabilità limitata, la deliberazione dell'assemblea assunta senza la convocazione di uno dei soci è da ritenersi nulla, poiché il disposto dell'art. 2479 ter, co. 3, c.c., nella parte in cui considera le decisioni prese "in assenza assoluta di informazioni" non si riferisce soltanto alla mancanza di informazioni sugli argomenti da trattare ma anche alla mancanza di informazioni sull'avvio del procedimento deliberativo. [ Continua ]
7 Marzo 2024

Diritto di controllo del socio non amministratore

In analogia con quanto previsto dall’art. 2261 c.c. in tema di controllo sulla gestione di società di persone da parte dei soci che non partecipano alla relativa amministrazione, anche nelle società a responsabilità limitata il diritto alla consultazione dei libri e documenti sociali è riconosciuto a qualunque socio non amministratore ai sensi dell’art. 2476 c.c., indipendentemente dalla consistenza della partecipazione di cui lo stesso sia titolare. Tale diritto comprende, quale necessario corollario, anche la facoltà di estrarre copia, a proprie spese, dei documenti esaminati. [ Continua ]
8 Gennaio 2024

Presupposti per la responsabilità dei sindaci per omesso controllo

In tema di responsabilità degli organi sociali, la configurabilità dell'inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall’art. 2407, comma 2, c.c. non richiede l'individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma occorre comunque che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l'incarico con diligenza, correttezza e buona fede, il che implica la sussistenza e l’individuazione di anomalie, se non di macroscopiche violazioni, che avrebbero imposto ai sindaci un’azione di informazione ed eventualmente di contrasto. [ Continua ]
7 Giugno 2024

Revoca e modifica di provvedimenti cautelari ex art. 669 decies c.p.c.: aspetti processuali e sostanziali

È ammissibile il reclamo avverso l’ordinanza di accoglimento o di rigetto resa ex art. 669 decies c.p.c. a seguito di un’istanza di revoca o di modifica di un provvedimento cautelare. In tal caso compito del giudice del reclamo è soltanto quello di sindacare la valutazione da parte del g.i. della persistente meritevolezza della misura cautelare alla luce delle risultanze progressivamente acquisite nella causa di merito, verificando l’effettivo mutamento delle circostanze e l’idoneità di tale mutamento a far venire meno i presupposti del provvedimento revocando. Non integra mutamento delle circostanze, che costituisce il presupposto della richiesta revoca o modifica del provvedimento cautelare ex art. 669 decies c.p.c., l’avere adempiuto totalmente o parzialmente all’ordine impartito con lo stesso provvedimento di cui si chiede la modifica. Ciò in quanto tale adempimento costituisce la fisiologica esecuzione del provvedimento. [ Continua ]
19 Gennaio 2024

Azione di responsabilità contro gli amministratori promossa dal curatore

Ai sensi dell’art. 2476 c.c., gli amministratori rispondono verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge e dall’atto costitutivo ovvero per non avere osservato, nell’adempimento di tali doveri, la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze, come previsto dall’art. 2392 c.c. sulla responsabilità degli amministratori della s.p.a., applicabile ex art. 12 disp. prel. al c.c. anche alle società a responsabilità limitata. Nonostante i doveri degli amministratori non trovino una enumerazione precisa e ordinata nella legge, possono condensarsi nel più generale obbligo di conservazione dell’integrità del patrimonio, che impone loro sia di astenersi dal compiere qualsiasi operazione che possa rivelarsi svantaggiosa per la società e lesiva degli interessi dei soci e dei creditori, in quanto rivolta a vantaggio di terzi o di qualcuno dei creditori a scapito di altri, in violazione del principio della par condicio creditorum, sia di contrastare qualsiasi attività che si riveli dannosa per la società, così da adeguare la gestione sociale ai canoni della corretta amministrazione. Nei casi di azione di responsabilità ex art. 146 l.f. intentata dal curatore nei confronti degli ex amministratori di una società fallita viene esercitata cumulativamente sia l’azione sociale di responsabilità, che sarebbe stata esperibile dalla medesima società, se ancora in bonis, nei confronti dei propri amministratori ai sensi dell’art. 2393 c.c.  – o 2476 c.c. per le s.r.l. – sia l’azione che, ai sensi dell'art. 2394 c.c., sarebbe spettata ai creditori sociali danneggiati dall’incapienza del patrimonio della società debitrice – art. 2476, co. 6, c.c. per le s.r.l. [ Continua ]
23 Settembre 2023

L.c.a. di società cooperativa e opposizione a decreto ingiuntivo

Nell’ipotesi di dichiarazione di fallimento (o liquidazione coatta amministrativa) intervenuta nelle more del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dal debitore ingiunto poi fallito o posto in liquidazione coatta amministrativa, il creditore opposto deve partecipare al concorso con gli altri creditori previa domanda di ammissione al passivo, attesa la inopponibilità, al fallimento, di un decreto non ancora definitivo e, pertanto, privo della indispensabile natura di "sentenza impugnabile", esplicitamente richiesta dall’art. 95, comma terzo, legge fallimentare, norma di carattere eccezionale, insuscettibile di qualsivoglia applicazione analogica. Ne discende in tal caso che, essendo il decreto ingiuntivo inefficace e inopponibile alla massa, la domanda deve essere riproposta al giudice fallimentare, la cui competenza inderogabile prevale sul criterio della competenza funzionale del giudice che ha emesso l’ingiunzione. Conseguentemente, la domanda formulata in sede di cognizione ordinaria, se proposta prima dell’inizio della procedura concorsuale, diventa improcedibile e tale improcedibilità è rilevabile anche d’ufficio, anche nel giudizio di cassazione, derivando da norme inderogabilmente dettate a tutela del principio della par condicio creditorum. In caso di opposizione a decreto ingiuntivo, con domanda riconvenzionale, proposta da un soggetto successivamente fallito nel corso del giudizio, il quale sia stato dichiarato interrotto per poi essere riassunto dal fallimento, deve essere dichiarata improcedibile l’opposizione mentre il giudice adito rimane competente a conoscere della domanda riconvenzionale proposta dal fallito e riassunta dal fallimento. [ Continua ]