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28 Marzo 2023

Contraffazione di un marchio registrato per prodotti cosmetici e keyword advertising

Tramite il servizio a pagamento di sponsorizzazione online “AdWords” di Google qualsiasi operatore economico può, mediante la scelta di più parole chiavi, far apparire un link promozionale che rinvii direttamente al proprio sito. La giurisprudenza comunitaria considera illecito l’utilizzo di marchi altrui quali parole chiavi nel servizio AdWords (o anche come keyword-metatag) solo ove ricorrano specifiche condizioni. In particolare, si configura l’illecito quando l’annuncio non consente o consente soltanto difficilmente all’utente internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se i prodotti o servizi a cui l’annuncio si riferisce provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo oppure, al contrario, da un terzo. Infatti, in tal modo, l’utilizzo del segno da parte di un terzo potrebbe pregiudicare le funzioni del marchio, ossia quella di garantire ai consumatori la provenienza del prodotto o garantire la qualità di detto prodotto o servizio, oppure di comunicazione, investimento o pubblicità. Spetterà poi al giudice nazionale l’esame dell’annuncio che compare tra i link sponsorizzati, facendo proprio il punto di vista dell’utente informato di Internet. [ Continua ]
28 Settembre 2022

Modelli di utilità: novità e predivulgazioni su internet.

Ai fini del riconoscimento del brevetto per modello di utilità è richiesto, come per il brevetto per le invenzioni, oltre al requisito formale della descrizione chiara e completa, il requisito sostanziale della novità intrinseca od originalità, da riconoscersi ogni qual volta sia possibile rinvenire un'idea nuova che incida su un meccanismo od una forma già noti, conferendogli nuova utilità mediante soluzioni ed accorgimenti che vadano oltre la mera applicazione di regole ovvie ed elementari e attribuiscano a macchine, strumenti, utensili ed oggetti, un incremento di efficienza o di comodità d'impiego. Caratteristica giuridica del modello di utilità è, infatti, (anche) la sua particolare novità intrinseca, che determina un incremento di utilità, ovvero di comodità, di un oggetto preesistente; pertanto, il regime di protezione previsto per i brevetti si estende a siffatti modelli, poiché, pur con un grado "minore" di novità, migliorano l'attuazione del "già noto", conferendo un'utilità nuova ed ulteriore. Il modello di utilità, quindi, richiedendo, come detto, un carattere di intrinseca novità, opera sul piano dell'efficacia e della comodità di impiego di un oggetto preesistente, al quale conferisce, in certa misura, un'utilità nuova ed ulteriore. Ne consegue che, al fine di riconoscere ad un modello di utilità un gradiente di originalità, occorre che esso non si ponga come ovvio sviluppo della situazione preesistente o come trovato conseguibile attraverso una ricerca banale, ossia con applicazione di regole elementari o composizione di altri brevetti o di modelli preesistenti, ma che abbia, al contrario, richiesto un certo sviluppo inventivo ed il superamento di qualche difficoltà tecnica. Sussiste, quindi, il requisito dell'attività inventiva in capo ad un brevetto quando il problema risolto dal medesimo non era in alcun modo menzionato nei documenti della tecnica anteriore, cosicché non vi è nulla nella "prior art" che possa portare la persona esperta del ramo a pensare a tale problema e, quindi, alla sua soluzione. Un'invenzione è considerata nuova, a norma dell'art. 46 c.p.i., ogni qualvolta non è compresa nello stato della tecnica, con ciò intendendosi l'insieme di tutte le informazioni, in qualsiasi modo acquisibili, che formano la sapienza tecnologica accessibile al pubblico nel mondo intero del settore al quale l'invenzione appartiene nel momento in cui è depositata la domanda di brevetto. Tra i fatti idonei a far venir meno il requisito della novità si suole distinguere tra pre-divulgazioni, ovvero comunicazioni dell'invenzione a terzi da parte dello stesso inventore prima del deposito della domanda di brevetto, e anteriorità, costituite da tutte le conoscenze, brevettate o meno, diffuse con qualsiasi mezzo prima della domanda di brevetto. Le informazioni divulgate su internet o in banche dati online sono considerate come pubblicamente disponibili a partire dalla data in cui l’informazione è stata pubblicamente postata. Il Test per stabilire se un documento internet forma parte dello stato della tecnica prevede che, se prima della data di deposito o di priorità, un documento salvato sulla rete internet ed accessibile attraverso uno specifico URL poteva essere trovato con l’aiuto di un motore di ricerca pubblico utilizzando una o più parole-chiave tutte relative all’essenza del contenuto di quel documento e rimaneva accessibile a quell’URL per un periodo di tempo sufficientemente lungo affinché un membro del pubblico, ossia qualcuno che non avesse alcun obbligo di mantenere segreto il contenuto del documento, potesse avere accesso diretto e non ambiguo al documento. Ove soddisfatte le condizioni postulate dal test, il documento va considerato come stato della tecnica reso disponibile al pubblico. Invece, se una delle condizioni non è soddisfatta, il suddetto test non permette di concludere se il documento in questione è stato reso disponibile al pubblico oppure no. La pubblicazione del documento in un forum di discussione è, del resto, assimilabile ai post sul blog e costituisce condivisione sufficiente per appartenere allo stato della tecnica. [ Continua ]
26 Marzo 2023

Quando si può parlare di “Format televisivo”?

In tema di diritto di autore relativo a programmi televisivi, ai fini della configurabilità di un'opera dell'ingegno, pur potendosi prescindere da una assoluta novità e originalità di essa e nell'ambito di un concetto giuridico di creatività comunque soggettivo, è necessario, con riferimento al "format", cioè all'idea base di programma quale modello da ripetere anche da altre emittenti o in altre occasioni ed in assenza di una definizione normativa, avere riguardo alla nozione risultante dal bollettino ufficiale della SIAE n. 66 del 1994, secondo cui l'opera, ai fini della prescritta tutela, deve presentare, come elementi qualificanti, delle articolazioni sequenziali e tematiche, costituite da un titolo, un canovaccio o struttura narrativa di base, un apparato scenico e personaggi fissi, così realizzando una struttura esplicativa ripetibile del programma. In particolare, ai fini di considerare un format “nuovo” è necessario che i profili innovativi siano tali da delineare lo stesso in modo diverso rispetto alle edizioni precedenti. Qualora, invece, gli elementi costituenti il nocciolo centrale del programma, quale, ad esempio, il nucleo centrale del titolo, la sigla, la struttura narrativa di base, l’apparato scenico quest’ultimo itinerante sul territorio e personaggi rimangano invariati, non potrà essere riconosciuta una portata innovativa tale da consentire di ascrivere l’ideazione di una diversa trasmissione televisiva [ Continua ]
4 Aprile 2023

Sufficiente descrizione del brevetto per modello di utilità relativo a macchinari di stampa

Il brevetto relativo ad un modello di utilità è atto a conferire particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego a macchine, o parti di esse, strumenti, utensili od oggetti di uso in genere, quali i nuovi modelli, consistenti in particolari conformazioni, disposizioni, configurazioni o combinazioni di parti. Rilevano, pertanto, ai fini della disciplina, le disposizioni poste nella Sezione V del Capo II del Codice di proprietà industriale, e, tra queste, l’art. 86 c.p.i. che opera per i modelli di utilità il rinvio alle disposizioni contenute nella sezione IV del Capo II, in ordine ai requisiti di validità del brevetto (tra gli altri, agli artt. 46 c.p.i. “Novità”, 48 c.p.i. “Attività inventiva”, 51 c.p.i. “Sufficiente descrizione”). In particolare, il requisito della sufficiente descrizione previsto dall’art. 51 c.p.i. può ritenersi ricorrente allorché sia possibile riprodurre l’invenzione sulla base degli insegnamenti presenti nella descrizione senza l’impiego di alcuno sforzo creativo da parte dell’esperto del ramo. [ Continua ]
19 Febbraio 2023

Rischio di confusione tra marchi: il caso “Gambero Rosso”

Anche un termine di uso comune può essere qualificato marchio forte ai sensi e per le conseguenze giuridiche di cui all’art. 20 c.p.i. Infatti, se la scelta di tale termine è frutto di uno sforzo inventivo e se lo stesso viene utilizzato in un contesto differente rispetto a quello usuale, in tal caso non può essere negata la sussistenza di un aspetto creativo, unico ed originale, che si riverbera sulla forza del marchio. Inoltre, se il termine viene utilizzato come marchio registrato per contraddistinguere la propria attività sul mercato per un periodo di tempo prolungato, mantenendo tale uso grazie ad investimenti e a profusioni di energie per renderlo singolare ed evocativo, a tale marchio è riconosciuta la qualità di marchio rinomato. [ Continua ]
1 Ottobre 2022

Esaurimento del marchio e onore della prova

L’art. 5 del Codice della Proprietà Industriale prevede, al primo comma, che “Le facoltà esclusive attribuite dal presente codice al titolare di un diritto di proprietà industriale si esauriscono una volta che i prodotti protetti da un diritto di proprietà industriale siano stati immessi in commercio dal titolare o con il suo consenso nel territorio dello Stato o nel territorio di uno Stato membro della Comunità economica europea o dello Spazio economico europeo”. L’art. 13.1 del Regolamento Comunitario (CE) 207/2009 dispone: “Il diritto conferito dal marchio comunitario non permette al titolare di impedirne l’uso per prodotti immessi in commercio nella Comunità con tale marchio dal titolare stesso o con il suo consenso”. E’ per contro pacifico nella giurisprudenza comunitaria che l’esaurimento non opera in relazione a prodotti originali messi in commercio dal titolare o con il suo consenso al di fuori del SEE (c.d. esaurimento internazionale). Ne consegue che i diritti del titolare di un marchio comunitario non si esauriscono in caso di commercializzazione dei prodotti al di fuori della UE atteso che in tal modo è consentito al titolare del marchio di controllare la prima immissione in commercio dei prodotti recanti il marchio nel SEE; per contro, in caso di vendite dei prodotti nel SEE da parte del titolare o con il suo consenso, l’esaurimento si determina in quanto la vendita "consente al titolare di realizzare il valore economico del suo marchio". In tema di onere della prova della sussistenza o della assenza dei fatti costitutivi dell’esaurimento si è pronunciata più volte la Corte di Giustizia chiarendo preliminarmente che, nonostante l’assenza di una normativa comunitaria specifica sul punto, la regolazione dell’onere della prova deve essere uniforme sul territorio comunitario, ed anzi che è possibile in questa materia procedere alla disapplicazione del diritto interno, se contrastante. E, quindi, che spetta al soggetto che invoca l’esistenza di un consenso del titolare all’immissione in commercio fornire la prova di questa circostanza, mentre non è onere del titolare del marchio dimostrare la mancanza di consenso . E’ stato chiarito che l’esaurimento del diritto di marchio costituisce una eccezione che può essere sollevata dal terzo convenuto in contraffazione dal titolare del marchio, cosicché è il terzo a dover provare, in line di principio, i presupposti dell’esaurimento. Un temperamento a tale criterio di distribuzione dell’onere probatorio si verifica quando il titolare commercia i prodotti nella UE attraverso un sistema di distribuzione esclusiva, dato che in questo caso, se il terzo dovesse fornire la prova del luogo in cui i prodotti sono stati messi in commercio per la prima volta, il titolare potrebbe individuare il distributore infedele ed eliminare la possibilità di approvvigionamento del terzo presso questo distributore così verificandosi il rischio di isolamento dei mercati nazionali con le relative differenze di prezzo tra i vari rivenditori. Il terzo dunque, per beneficiare dell’inversione dell’onere probatorio dovrà fornire la prova che l’immissione in commercio dei prodotti nella UE da parte del titolare o con il suo consenso determina un rischio concreto di compartimentazione dei mercati nazionali, solo in questo caso spettando al titolare la prova che i prodotti sono stati immessi con il suo consenso al di fuori della UE. Se questa prova fosse raggiunta il terzo dovrebbe provare che vi fosse un consenso del titolare alla successiva commercializzazione dei prodotti nella UE. [ Continua ]