hai cercato per: Luigi També
28 Gennaio 2023

Principio di solidarietà nella cessione di azienda, prescrizione e presupposti dell’azione revocatoria

In tema di cessione di azienda, il principio di solidarietà fra cedente e cessionario – fissato dall’art. 2560, comma 2, c.c. con riferimento ai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento e condizionato a che i debiti risultino dai libri contabili obbligatori – deve essere applicato considerando la “finalità di protezione” della disposizione, la quale permette di far comunque prevalere il principio generale di responsabilità solidale del cessionario qualora risulti, da un lato, un utilizzo della norma volto a perseguire fini diversi rispetto a quelli per i quali essa è stata introdotta e, dall’altro, un quadro probatorio che, ricondotto alle regole generali fondate anche sul valore delle presunzioni, consenta di assicurare tutela effettiva al creditore. La prescrizione dell’azione revocatoria, regolata dall’art. 2903 c.c., deve essere fatta decorrere dal momento in cui la parte, titolare del diritto a cui l’azione è sottesa, è messa in condizione di farlo valere, secondo il principio generale di cui all’art. 2935 c.c. La prescrizione è quindi necessariamente connessa alla consapevolezza in capo al titolare del potere di far valere il diritto, e non può quindi che farsi decorrere dal momento in cui dell’atto si ha notizia, attraverso le usuali forme di pubblicità. I presupposti dell’actio pauliana desumibili dalla previsione di cui all’art. 2901 c.c., oltre alla sussistenza di una pretesa creditoria insoddisfatta, consistono nel cd. eventus damni e nella scientia damni, a cui poi si aggiunge la posizione soggettiva del terzo contraente, declinabile in “conoscenza del pregiudizio” nel caso di atto a titolo oneroso, e partecipazione alla “dolosa preordinazione” nel caso di atto anteriore al sorgere del credito. Rispetto all’eventus damni non occorre una prospettiva di danno effettivo ed attuale, essendo sufficiente che a seguito dell’attività dispositiva e fraudolenta del debitore, si profili un pericolo concreto che lo stesso non provveda ad adempiere ai propri obblighi e che l’azione esecutiva non consenta di conseguire alcun utile risultato. Rispetto alla scientia damni, invece, non occorre una specifica conoscenza in capo al debitore del pregiudizio che il proprio atto arreca alle ragioni del creditore, poiché è sufficiente che il debitore sia invece consapevole che il proprio comportamento riduca la consistenza del proprio patrimonio; né costituisce presupposto dell’azione il fatto che il credito sia sorto prima dell’atto che si pretende di revocare; in tali ipotesi, stabilisce l’art. 2901, co. 1, n. 1 c.c., l’intenzione fraudolenta del debitore deve atteggiarsi nella “dolosa preordinazione”, la cui prova incombe sul creditore, ammesso a dimostrare il requisito anche mediante il ricorso a presunzioni. [ Continua ]
18 Marzo 2023

La natura della prestazione e il relativo tempo di adempimento dell’obbligazione

L’edificazione di due palazzine, per sua natura, non è una prestazione il cui adempimento potrebbe essere immediatamente richiesto, necessitando l’opera di un tempo fisiologico di esecuzione. Il riferimento alla “natura della prestazione” si rinviene nel testo dell’art. 1183, comma 1, c.c. relativo al tempo di adempimento delle obbligazioni, che, dopo aver disposto che se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, “il creditore può esigerla immediatamente”, aggiunge che qualora, tuttavia, “in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell'esecuzione, sia necessario un termine, questo, in mancanza di accordo delle parti, è stabilito dal giudice”. [ Continua ]
24 Gennaio 2023

Inesistenza e nullità della notificazione

L’ipotesi di inesistenza giuridica della notificazione ricorre quando essa sia stata effettuata in modo assolutamente non previsto dalla normativa e sia pertanto inidonea a realizzare lo schema tipico dell’istituto (come accade quando la consegna dell’atto avvenga a persona ed in luogo assolutamente non riferibili al destinatario ovvero quando non vi sia stata una qualsiasi consegna dell’atto da notificare), mentre si configura la nullità della notificazione quando, nonostante l’inosservanza di formalità e di disposizioni di legge in tema di individuazione delle persone legittimate a ricevere la consegna dell’atto notificato o del luogo in cui detta consegna deve essere eseguita, una notificazione sia, comunque, materialmente avvenuta mediante rilascio di copia dell’atto a persona e luogo avente un qualche riferimento con il destinatario della notificazione. In questa seconda ipotesi il vizio della notificazione è sanato ex tunc per raggiungimento dello scopo quando segua la costituzione del destinatario dell’atto. [ Continua ]
27 Gennaio 2023

Nullità della delibera di approvazione del bilancio privo del requisito di chiarezza e informativa in merito alle operazioni con parti correlate

Il giudizio circa la liceità del bilancio non può dipendere da precedenti gestioni, mai contestate, neppure in nome della continuità, che non può legittimare una deroga ai principi di chiarezza e trasparenza. La circostanza che il bilancio d’esercizio di una società di capitali abbia come destinatari non solo i soci, ma tutta una pluralità di terzi, i quali, potendo venire in contatto con la società, abbiano interesse a valutarne la situazione patrimoniale ed economica, rende irrilevante, ai fini della illiceità del bilancio stesso e della conseguente nullità della relativa deliberazione assembleare di approvazione, che il metodo di redazione del bilancio contrario ai principi di chiarezza e precisione sia stato adottato in passato con il consenso o, addirittura, su iniziativa del socio che poi ha impugnato il bilancio. Né giova in senso contrario fare appello al principio di continuità formale dei bilanci, il quale comporta solo che non si adottino metodi di rilevazione del bilancio diversi da quelli adottati in passato, senza darne adeguato conto nella relazione degli amministratori, ma non giustifica certo il protrarsi nel tempo dell’adozione di metodi di redazione poco chiari o imprecisi. Il disposto di cui all’art. 2377, co. 8, c.c., applicabile anche alle s.r.l. in virtù del richiamo espresso contenuto nell’art. 2479 ter, ult. co., c.c., impedisce l’annullamento della deliberazione impugnata, ma a condizione che quella sostitutiva sia stata assunta in conformità alla legge e allo statuto della società; l’effetto che ne consegue, di cessazione della materia del contendere e di sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione, deve quindi misurarsi con la legittimità della delibera sostitutiva, senza alcun effetto automatico. La circostanza che la società sia ammessa a redigere il bilancio in forma abbreviata non la esonera dal rispetto dei principi generali espressi dall’art. 2423, co. 2, c.c., posti non solo a tutela del socio, ma anche di una pluralità di terzi, non indifferenti alle sorti della società. Gli amministratori devono soddisfare l’interesse del socio a una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio al fine di realizzare il diritto di informazione previsto dall’art. 2423 c.c., che è in rapporto di strumentalità con il principio di chiarezza, sicché sono obbligati a rispondere alla domanda d’informazione pertinente e a cui non ostino oggettive esigenze di riservatezza, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di chiarezza in ordine ai dati di bilancio ed alla relativa relazione. Ciascun principio racchiuso nella previsione di cui all’art. 2423, co. 2, c.c., appare dotato di una propria autonoma valenza, senza che sussista alcuna gerarchia, anche rispetto ai valori che esprime. Invero, nella disciplina legale del bilancio d’esercizio delle società, il principio di chiarezza non è affatto subordinato a quello di correttezza e veridicità del bilancio medesimo, ma è dotato di autonoma valenza, essendo obiettivo fondamentale del legislatore quello di garantire non solo la veridicità e correttezza dei risultati contabili, ma anche la più ampia trasparenza dei dati di bilancio che a quei risultati conducono. Conseguentemente, il bilancio d’esercizio di una società di capitali che violi i precetti di chiarezza e precisione dettati dall’art. 2423, co. 2, c.c. è illecito ed è nulla la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato, non soltanto quando la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte. La descrizione delle operazioni con parti correlate costituisce specifica voce della nota integrativa di bilancio ex art. 2427, n. 22 bis, c.c., applicabile anche nelle ipotesi di bilancio redatto in forma abbreviata. Le informazioni da fornire in base alla previsione in commento debbono poi essere integrate attraverso il principio contabile internazionale adottato dall’UE (IAS 24) e dal principio contabile OIC 12. Sono quindi parti correlate (IAS 24) le persone fisiche o le entità societarie che esercitano un controllo o comunque un’influenza notevole sull’entità che redige il bilancio, mentre le normali condizioni di mercato, che esonerano dall’obbligo di informativa, non attengono solo al prezzo praticato nell’operazione, ma si estendono anche alle ragioni che hanno condotto a porre in essere quell’affare con tale parte e non con altri soggetti terzi. L’esigenza di fornire informazioni in merito costituisce una declinazione del più generale principio di trasparenza del bilancio, poiché la conclusione di contratti con società collegate o controllate ovvero con persone fisiche in stretto rapporto con chi è tenuto alla redazione del bilancio può indurre il sospetto di conflitti d’interesse e di scelte di favore, non del tutto adeguate e rispondenti all’interesse della società. Le informazioni sono necessarie a fronte di operazioni che, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo, sono suscettibili di orientare ed influenzare le decisioni di coloro che usufruiscono delle indicazioni ed informazioni contenute nel bilancio. Quanto alle “normali condizioni di mercato”, all’interpretazione del criterio concorrono le indicazioni di cui al principio contabile OIC 12, che indica quali elementi di valutazione non solo il prezzo, ma anche le motivazioni in base a cui si è concluso l’affare con tale controparte contrattuale piuttosto che con soggetti terzi. [ Continua ]
28 Giugno 2022

Eccezione ex art. 2497, co. 3, c.c. ed effettiva soggezione all’influenza dominante di un’altra società

In ragione dell’eccezionalità e della non estensibilità delle condizioni di procedibilità in senso stretto, nel silenzio del legislatore, il mancato soddisfacimento del credito del socio da parte della società partecipata ed etero diretta (che va quindi ad escludere il mancato avveramento della condizione a cui il legislatore – ex art.2497 comma 3 c.c. – subordina la possibilità di agire verso la società controllante), non integra un’eccezione di improcedibilità assoluta dell’azione di responsabilità verso la controllante (ex art.2497 c.c.), bensì può costituire una condizione di procedibilità in ambito esecutivo, operando essa come un sorta di beneficium excussionis, di per sé, non ostativo alla formazione di un titolo giudiziale (di merito) nel quale consacrare e cristallizzare il diritto di credito. Si deve ritenere che il giudicato formatosi copra il decisum della sentenza di primo grado non soltanto nei limiti delle deliberazioni e statuizioni espressamente contenute nella sentenza d’appello afferenti i petita e le causae petendi esplicitamente esaminati, ma anche quelli che, ancorché non deliberati, avevano comunque formato oggetto di motivi d’appello, e la cui omessa valutazione e decisione da parte della Corte d’Appello avrebbe dovuto essere, per ciò, impugnata dalla parte soccombente con ricorso per Cassazione al fine di prevenire il passaggio in giudicato anche di siffatti ultimi temi. Va esclusa una effettiva soggezione di una società all’asserita influenza dominante di un’altra società, qualora i benefici concessi a quest’ultima [nomina di un membro del CdA e di un sindaco effettivo; diritto di veto su deliberazioni aventi ad oggetto, tra le altre, modifica dello statuto, del capitale sociale, riorganizzazione societaria; prelazione su quote preferenziali della operatività della società con il sistema banca], ancorché “significanti e incidenti”, trovino adeguato bilanciamento in altre disposizioni [diritto degli altri soci di nominare il Presidente, l’amministratore delegato, il vice presidente ed un membro del Cda, l’alternanza della carica di Presidente tra gruppi di soci, la necessità che le condizioni bancarie praticate dall’istituto di credito fossero effettuate a “parità di costi e condizioni di mercato”].   [ Continua ]
6 Ottobre 2023

Il danno cagionato dagli amministratori con pagamenti preferenziali e la irregolare tenuta delle scritture contabili

Se i pagamenti preferenziali sono certamente dannosi per la massa dei creditori e il curatore del fallimento è l’unico soggetto legittimato ad agire per il relativo risarcimento, tale danno non può essere indentificato nell’intero importo versato, volto comunque a estinguere una passività societaria. Il danno andrà piuttosto quantificato in via equitativa in relazione all’entità della falcidia fallimentare e all’art. 185 c.p., anche alla luce di eventuali vantaggi dell’autore dei pagamenti, che per esempio abbia estinto debiti societari assistiti da proprie garanzie personali. Se, alla luce del principio di insindacabilità del merito gestorio, non ogni atto dannoso per il patrimonio sociale è idoneo a fondare la responsabilità dell’amministratore che lo abbia compiuto, non tutte le violazioni di obblighi derivanti dalla carica comportano necessariamente una lesione del patrimonio sociale e, dunque, l’individuazione di un danno risarcibile. Non tutti i comportamenti illeciti degli amministratori danno luogo infatti a responsabilità risarcitoria, ma solo quelli che abbiano causato un danno al patrimonio sociale rendendolo incapiente, danno che deve essere legato da un nesso eziologico ai suddetti illeciti. L’irregolare e anche disordinata tenuta della contabilità integra una violazione dei doveri dell’amministratore, solo potenzialmente, ma non necessariamente, foriera di danno per la società. Eventuali irregolarità nella tenuta delle scritture contabili e nella redazione dei bilanci possono certamente rappresentare lo strumento per occultare pregresse operazioni illecite, ovvero per celare la causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, n. 4, c.c. e così consentire l’indebita prosecuzione dell’ordinaria attività gestoria in epoca successiva alla perdita dei requisiti di capitale previsti dalla legge; ma in tali ipotesi il danno risarcibile è rappresentato, all’evidenza, non già dalla misura del falso, ma dagli effetti patrimoniali delle condotte che con quei falsi si sono occultate o che, grazie a quei falsi, sono state consentite. Tali condotte dunque devono essere specificamente contestate da chi agisce per il risarcimento del danno, non potendo il giudice individuarle e verificarle d’ufficio. [ Continua ]

La compromettibilità in arbitri dell’azione di responsabilità degli amministratori

In considerazione della natura giurisdizionale dell’arbitrato rituale e della sua funzione sostitutiva della giurisdizione ordinaria, l’eccezione di compromesso rituale ha carattere processuale ed integra una questione di competenza. In ipotesi di devoluzione della controversia ad un arbitro, il giudice, nel negare la propria competenza, si pronuncia con sentenza decidendo sulle relative spese, ai sensi del combinato disposto degli artt. 819 ter e 91 c.p.c. La compromettibilità in arbitri dell’azione di responsabilità degli amministratori è oggi ammessa dalla giurisprudenza in considerazione del dispositivo del quinto comma dell’art.2476 c.c. che consente che l’azione di responsabilità contro gli amministratori possa essere oggetto di rinuncia o transazione. [ Continua ]
1 Giugno 2022

Postergazione del rimborso del finanziamento soci verso S.r.l. in liquidazione

Dalla cessione di una partecipazione societaria non consegue quale naturale negotii il trasferimento dei crediti che il socio cedente vanti verso la società, in quanto aventi fonte in un rapporto connesso ma distinto da quello sociale. Sarà quindi onere del cessionario dimostrare l’intervenuta cessione a lui anche dei crediti che altro ex socio vantava verso la società. Riguardo all’opponibilità di detta cessione alla debitrice società ceduta, saranno sufficienti la notifica del ricorso monitorio prima e la comunicazione della comparsa di risposta poi, da considerarsi atti ad ogni effetto equipollenti alla informale denuntiatio richiesta dall’art. 1264 co. 1° c.c. La questione dell’assoggettabilità di un credito, derivante da un precedente finanziamento soci, alla postergazione di cui all’art. 2467 co. 2° c.c., non può essere posta con riguardo al momento in cui il rimborso è stato per la prima volta richiesto se la società è stata posta in liquidazione, data la persistenza delle condizioni alle quali l’art. 2467 co. 2° c.c. àncora la postergazione.   [ Continua ]