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5 Giugno 2023

Inadempimento del lodo arbitrale in punto di riparto delle spese

Il lodo arbitrale che pone le spese a carico delle parti in via solidale legittima il soggetto che ha sostenuto per l’intero le spese dell’arbitrato ad agire in via di regresso, anche in sede monitoria, al fine di ottenere la corresponsione della quota di spese dovuta dalla controparte. In sede di opposizione al decreto ingiuntivo l’opponente non è legittimato ad eccepire l’eventuale inadempimento della transazione per cercare di superare e modificare il riparto di spese disposto dal lodo, essendo a tal fine necessario proporre impugnazione nei confronti del lodo. [ Continua ]
1 Giugno 2023

Quantificazione del trattamento di fine mandato spettante all’amministratore

Qualora lo statuto della società riconosca ai componenti dell’organo amministrativo un trattamento di fine mandato variabile in funzione alle effettive prestazioni svolte, la misura di tale trattamento potrà essere stabilita in sede giudiziale, ove non previamente determinata dalla società, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzione in rapporto al compenso annuo accordato dalla società per la carica. [ Continua ]
28 Dicembre 2021

L’esclusione del socio inadempiente alle obbligazioni assunte nei confronti della società cooperative

A fronte di disposizioni statutarie che attribuiscono espressamente all’organo amministrativo il potere di escludere il socio che non abbia adempiuto alle obbligazioni assunte nei confronti della società cooperativa, o si sia reso moroso nel versamento delle somme dovute, deve ritenersi legittima, ex art. 2533, c. 1, c.c., la delibera di C.d.A. di esclusione del socio di società cooperativa che, dopo essersi visto assegnare un immobile di proprietà della società, non ha corrisposto il prezzo pattuito per il definitivo trasferimento della proprietà dell’immobile. La legittimità della delibera di esclusione determina la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti tra il socio e la cooperativa ex art. 2533, c. 4, c.c., ivi compresi quelli derivanti dalla suddetta assegnazione “immobiliare”, con conseguente obbligo di rilascio dell’immobile assegnato da parte del socio escluso. [ Continua ]
13 Aprile 2023

Art. 2358 c.c.: sanzione della nullità e applicabilità alle banche costituite in forma di società cooperative per azioni

L’art. 2358 c.c., che prevede le condizioni che rendono possibile l’assistenza finanziaria, afferma nel suo principio generale un divieto che ha carattere imperativo, posto che detto divieto laddove non derogato in ragione della sussistenza delle condizioni di ammissibilità dell’assistenza finanziaria è chiaramente diretto ad impedire operazioni che possano determinare un’erosione anche potenziale del capitale sociale, nell’interesse dei creditori della società. L’imperatività del divieto di assistenza finanziaria si scorge nel fatto che il legislatore ha voluto escludere il rischio della non effettività, totale o parziale, del conferimento dei nuovi soci al tempo dell’aumento di capitale, con ricaduta sul patrimonio netto, stante il rischio di inadempimento del socio entrante, inadempimento che sarà riferito all’obbligazione del rimborso del finanziamento, non a quella del conferimento, già adempiuta con i mezzi finanziari messi a disposizione della società. Detto ciò e considerato il divieto di assistenza finanziaria imposto da norma imperativa, deve escludersi che le norme imperative la cui violazione comporta la nullità del contratto siano solo quelle che si riferiscano alla struttura o al contenuto del regolamento negoziale delineato dalle parti. L’area delle norme inderogabili, la cui violazione può determinare la nullità del contratto in conformità al disposto dell’art. 1418, co. 1 c.c., è più ampia di quanto parrebbe a prima vista suggerire il riferimento al solo contenuto del contratto medesimo, dovendosi ricomprendere anche le norme che, in assoluto, oppure in presenza o in difetto di determinate condizioni, oggettive o soggettive, direttamente o indirettamente, vietano la stipulazione stessa del contratto, per cui ove il contratto venga stipulato, nonostante il divieto imposto dalla legge, è la stessa sua esistenza a porsi in contrasto con la norma imperativa e non par dubbio che ne discenda la nullità dell’atto per ragioni ancora più radicali di quelle dipendenti dalla contrarietà a norma imperativa del contenuto dell’atto. Consegue che, ove il collocamento di azioni avvenga nel mancato rispetto delle condizioni previste dall’art. 2358 c.c. e, quindi, in violazione del divieto di assistenza finanziaria, la sanzione comminabile sarà quella della nullità. La disciplina dell’art. 2358 c.c. non può dirsi incompatibile con la finalità mutualistica propria delle cooperative, tanto che l’art. 2529 c.c. prevede una regolamentazione specifica in tema di acquisto di proprie azioni, pur non derogando espressamente alla disciplina delle altre operazioni vietate, quali quelle di assistenza finanziaria. Quanto alla applicabilità dell’art. 2358 c.c. alle banche costituite in forma cooperativa, si osserva che con l’entrata in vigore del Testo Unico Bancario, giusta art. 161, è stato abrogato il D.Lgs. n. 105/1948 che, al suo art. 9, prevedeva la possibilità per la società di accordare anticipazioni ai soci sulle proprie azioni entro i limiti stabiliti caso per caso dall’organo cui per Legge era demandata la vigilanza sulle aziende di credito, limiti che non potevano in ogni caso eccedere il 40% delle riserve legali. Inoltre, il Testo Unico Bancario, introdotto con il D.Lgs. n. 310/2004, al proprio art. 150-bis, indica espressamente quali norme del codice civile non si applicano alle banche popolari, prevedendosi in tal senso gli artt. 2346 co. 6, 2349 co. 2, 2513, 2514 co. 2, nonché gli artt. 2512, 2514 e 2530 co. 1, norme del codice civile antecedenti e successive all’art. 2358 c.c. che così il legislatore non ha ritenuto di escludere dal novero di applicabilità. In altre parole, l’abrogazione del citato art. 9 D.Lgs. n. 105/1948 ed il disposto dell’art. 150-bis T.U.B. autorizzano a ritenere che sussista anche per le banche popolari il divieto di finanziare l’acquisto di proprie azioni secondo il paradigma dell’art. 2358 c.c. [ Continua ]
26 Dicembre 2021

Sulla responsabilità del liquidatore nella vendita del compendio aziendale

In tema di società a responsabilità limitata, la legittimazione all'esercizio dell'azione (sociale) di responsabilità attribuita ai singoli soci, a prescindere dalla quota di partecipazione al capitale sociale posseduta, non si sostituisce, ma si affianca alla legittimazione processuale ordinaria della società quale titolare del relativo diritto risarcitorio e non viene meno con la nomina e con la costituzione in giudizio del curatore speciale della società stessa. Una volta che sia intervenuta la nomina di un curatore speciale, sussiste litisconsorzio necessario tra il singolo socio che ha promosso azione di responsabilità sociale e la società stessa, configurandosi, in tal modo, una concorrente legittimazione attiva in capo al socio. La responsabilità verso la società degli amministratori, liquidatori o soci che hanno autorizzato o deciso il compimento di un atto dannoso, ha, come noto, natura contrattuale e, quindi, sull’attore incombe l’onere di allegare la condotta asseritamente illecita ed il danno eziologicamente ad essa collegato, gravando, invece, sul convenuto un onere di dimostrare il proprio esatto adempimento ovvero la non imputabilità dell’evento dannoso alla sua condotta. In tema di responsabilità degli amministratori di società e, in particolare, di responsabilità derivante non da atti distrattivi bensì da decisioni e/o iniziative assunte nell’esercizio dell’attività di impresa, eventualmente rivelatesi non proficue per il sodalizio, va comunque ribadita la regola (c.d. business judgment rule), dell’insindacabilità, nel merito, delle scelte gestionali da essi operate. Al riguardo, va pure precisato che il divieto per il giudice di valutare le scelte gestionali connotate da discrezionalità vale esclusivamente ove queste siano state effettuate con la dovuta diligenza nell'apprezzamento dei loro presupposti, delle regole di scienza ed esperienza applicate e dei loro possibili risultati. Infatti, la regola del c.d. business judgment rule trova un limite nel corollario della necessaria ragionevolezza dell’agire dell’amministratore nonché nella valutazione della diligenza mostrata nell'apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all'operazione contestata. Pertanto, è consentito al giudice soltanto di sanzionare le scelte negligenti, o addirittura insensate, manifestamente irrazionali, macroscopicamente ed evidentemente dannose ex ante. In assenza di offerte, occasioni e condizioni migliori, lo scarto tra il prezzo di vendita pattuito dal liquidatore e il valore economico della azienda quantificato in giudizio dal CTU non può costituire, di per sé, danno per la società, in particolar modo qualora il liquidatore, in adempimento dei doveri istituzionali inerenti la sua funzione di estinzione dei debiti societari e di ripartizione tra i soci del residuo attivo, proceda alla dismissione del patrimonio aziendale attraverso un’operazione incentrata sull’accettazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa (se non addirittura, l’unica praticabile) a lui pervenuta al termine di una procedura di scelta condotta secondo criteri di sufficiente trasparenza e correttezza, aperta alla più ampia partecipazione in concreto esigibile. [ Continua ]

Esercizio del diritto di recesso mediante spedizione di lettera raccomandata priva di avviso di ricevimento

Il diritto di recesso deve ritenersi validamente esercitato anche mediante spedizione di lettera raccomandata priva di avviso di ricevimento. Infatti, la lettera raccomandata – anche in mancanza dell’avviso di ricevimento – costituisce prova certa della spedizione attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell’atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso, per cui spetta al destinatario l’onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di acquisire la conoscenza dell’atto. [ Continua ]

La presunzione di onerosità del mandato ad amministrare nelle società di persone

Qualora il contratto sociale non preveda regole particolari con riferimento all’attribuzione di compenso per l’amministrazione, all’attività del socio amministratore di società di persone si applica la presunzione di onerosità posta dall’art. 1709 c.c. in tema di mandato e, salva la prova di una sua pattizia esclusione, compete all’amministratore un compenso. Tale presunzione di onerosità del mandato ad amministrare può comunque essere vinta dimostrando che la società, in assenza di un’espressa disciplina statutaria, non ha mai remunerato i soci per le attività di amministrazione svolte. [ Continua ]

Termine per la riassunzione del giudizio da parte degli eredi a fronte della comunicazione dell’evento interruttivo effettuata dal difensore

L'evento della morte o della perdita della capacità processuale della parte costituita che sia dichiarato in udienza o notificato alle altre parti dal procuratore della stessa parte colpita da uno di detti eventi produce, ai sensi dell'art. 300, c. 2, c.p.c., l'effetto automatico dell'interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione o notificazione e il conseguente termine per la riassunzione, in tale ipotesi, come previsto in generale dall'art. 305 c.p.c., decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore o la notificazione dell'evento, ad opera dello stesso, nei confronti delle altre parti, senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, il momento nel quale venga adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell'intervenuta interruzione (avente natura meramente ricognitiva) pronunziato successivamente e senza che tale disciplina incida negativamente sul diritto di difesa delle parti. Da tanto consegue che il termine perentorio di tre mesi di cui all’art. 305 c.p.c. per la riassunzione del processo decorre, anche riguardo agli eredi della persona colpita dall’evento interruttivo, dalla notificazione dell’evento stesso da parte del procuratore costituito per la parte deceduta. La comunicazione della dichiarazione dell’evento interruttivo del giudizio, effettuata mediante posta elettronica certificata dal difensore della parte interessata dallo stesso a quello della controparte, è equivalente, ai sensi dell’art. 48, cc. 1 e 2, D.lgs. 82/2005, alla notificazione a mezzo posta ed è pertanto idonea, in mancanza di prova contraria, a dimostrare la conoscenza legale dell'evento da parte del destinatario. [ Continua ]