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Wilma Zanin

Wilma Zanin

Avvocato del Foro di Milano con pluriennale esperienza nel diritto della proprietà industriale e intellettuale. Collabora presso lo Studio Legale Avv. Carlo Sala

11 Maggio 2024

La controversia Moncler vs. Rossignol: contraffazione di marchio rinomato

Costituisce marchio rinomato quello conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o servizi contrassegnati, non essendo necessario che detta rinomanza sia necessariamente equivalente alla celebrità né che essa sia analogamente affermata anche al di fuori dell'ambito merceologico in cui il marchio si è affermato. Nell'esaminare tale requisito il giudice nazionale deve prendere in considerazione tutti gli elementi rilevanti della causa, cioè, in particolare, la quota di mercato coperta dal marchio, l'intensità, l'ambito geografico e la durata del suo uso, nonché l'entità degli investimenti realizzati dall'impresa per promuoverlo. A livello territoriale, il requisito in esame è soddisfatto qualora la notorietà esista in una parte sostanziale del territorio di uno Stato membro, posto che, in assenza di precisazioni della norma comunitaria su questo punto, non si può esigere che la notorietà esista su tutto il territorio dello Stato membro. La protezione del marchio che gode di rinomanza non è subordinata alla constatazione di un grado di somiglianza tra il marchio notorio e il segno successivo tale da generare, nel pubblico interessato, un rischio di confusione tra gli stessi, ma è sufficiente che il grado di somiglianza con il marchio notorio ed il segno abbia come effetto che il pubblico interessato stabilisca un nesso tra il segno ed il marchio d'impresa (Corte Giustizia UE, sentenza 23.10.2002 nella causa C-408/01, Adidas/Salomon). Ciò significa che i gradi di somiglianza tra i segni in conflitto differiscono a seconda della necessità di accertare un grado di somiglianza tra tali segni che sia atta a generare, nella mente del pubblico interessato, un rischio di confusione tra gli stessi (nell’ipotesi del marchio non notorio, ai sensi delle lett. b) degli artt. 9 Reg. 1001/17 e 20 c.p.i.) rispetto al caso – proprio del marchio rinomato - in cui la sussistenza di un siffatto rischio non è, invece, richiesta. In relazione al marchio rinomato, invero, è sufficiente che la somiglianza esistente sia atta a portare il pubblico interessato non già a confondere i segni in conflitto, ma ad operare un ravvicinamento tra loro, vale a dire stabilire un nesso tra gli stessi, sicchè la tutela prevista a favore dei marchi notori può applicarsi anche se i segni in conflitto presentano un grado di somiglianza minore (Corte Giustizia UE, sentenza 10.12.2015 nella causa C-603/14, El Corte Inglés SA). Al fine della tutela del marchio rinomato, il titolare del marchio anteriore non è tenuto a dimostrare l’esistenza di una violazione effettiva e attuale del suo marchio, posto che, infatti, quando è prevedibile che dall’uso che il titolare del marchio posteriore ha fatto del proprio marchio potrà derivare una tale violazione, il titolare del marchio anteriore non deve essere obbligato ad attendere che questa si avveri per poter far vietare detto uso ma deve dimostrare l’esistenza di elementi che permettano di concludere per un rischio serio che la violazione abbia luogo in futuro. L’effetto di diluizione od offuscamento della capacità distintiva del segno anteriore si manifesta quando risulta indebolita l’idoneità di tale marchio a identificare come provenienti dal suo titolare i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e viene utilizzato, per il fatto che l’uso del marchio posteriore fa disperdere l’identità del marchio anteriore e della corrispondente impresa nella mente del pubblico. Ciò si verifica, in particolare, quando il marchio anteriore non è più in grado o rischia di non essere più in grado di suscitare un’associazione immediata con i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato.   [ Continua ]
13 Febbraio 2024

Nullità parziale di fideiussione omnibus per violazione di normativa antitrust: onere della prova

L’accesso alla tutela antitrust non è riservato alla sola categoria dei consumatori. Lo scopo della normativa antitrust di cui alla l. 287/1990 è quello di preservare e proteggere il funzionamento del mercato in senso oggettivo, in particolare dei valori della trasparenza e dalla correttezza, obiettivo che va ben oltre la tutela del singolo interesse individuale del soggetto che ha patito una lesione. Chiunque (consumatori, imprenditori, singoli utenti) può ritenersi vittima di illecito anticoncorrenziale e agire al fine di ottenere tutela reale (nullità), ricorrendone i presupposti. In caso di accertamento dell’intesa anticoncorrenziale a monte dei contratti di fideiussioni omnibus per violazione all’art. 2, co. 2, lett. a), l. 287/90, nei contratti a valle si concretizza un regime di nullità parziale, in conformità al principio generale di conservazione del negozio giuridico. L’ipotesi di una nullità totale, quale possibile estensione della nullità di cui le clausole sono affette, rimane uno scenario eccezionale e di difficile verifica, rimesso completamente all’onere di allegazione, a carico della parte che ne ha interesse, di un quadro probatorio che dimostri l’essenzialità della componente viziata del negozio. La mera produzione dello schema ABI e/o del provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia può avere un’esaustiva efficacia probatoria solo quando l’oggetto della controversia sia una fideiussione sottoscritta nel periodo sostanzialmente coincidente con l’istruttoria compiuta o comunque immediatamente successivo a tale accertamento. Al di fuori del perimetro temporale coincidente con l’arco di tempo in cui si è svolta l’istruttoria - o comunque esteso al periodo successivo immediatamente coincidente, in ipotesi ancora verosimilmente connesso all’attuazione di tali intese - e, dunque, nel caso di fideiussioni sottoscritte in un periodo marcatamente precedente o successivo al periodo ricompreso tra il 2002 e il maggio 2005, parte attrice è onerata dall’allegazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito anticoncorrenziale di cui all’art. 2 l. 287/90, sia pure nei limiti in cui essa potrebbe dare conto della permanenza di tale intesa. [ Continua ]
10 Dicembre 2023

Risoluzione per inadempimento di un contratto di cessione d’azienda con riserva di proprietà, risarcimento del danno ed equo compenso

Il creditore che agisce per la risoluzione o per l’adempimento del contratto può limitarsi a fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, e ad allegare l’inadempimento della controparte, spettando al debitore convenuto provare il fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto. Il danno subito dal venditore in caso d’inadempimento del compratore sotto il profilo del lucro cessante consiste nel pregiudizio connesso alla mancata disponibilità del bene, cioè nel reddito che l’alienante avrebbe potuto ricavare ove il bene fosse rimasto nella sua disponibilità.   [ Continua ]
22 Marzo 2023

Tutela dei marchi tridimensionali e dei diritti di sfruttamento patrimoniale d’autore relativi alla borsa “Le Pliage”

Il valore artistico necessario per attribuire la tutela autorale di cui all'art. 2, comma 1, n. 10 l.d.a. ad un’opera di industrial design può essere desunto da una serie di parametri oggettivi, non necessariamente tutti presenti in concreto, quali il riconoscimento, da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l'esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l'attribuzione di premi, l'acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità ovvero la creazione da parte di un noto artista. [ Continua ]
10 Dicembre 2023

Presupposti per la sussistenza del collegamento negoziale in relazione ad un’operazione di cessione di rami d’azienda con subentro nei relativi contratti di locazione

Affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale. La valutazione della sussistenza del collegamento richiede, quindi, l’accertamento di due presupposti. Uno soggettivo, costituito dalla volontà delle parti di realizzare con più contratti un’unica operazione economica ed uno oggettivo, consistente nel nesso teleologico tra gli accordi, tutti accomunati dal fine di regolamentare diversi aspetti di un medesimo assetto negoziale. [ Continua ]