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Wilma Zanin

Wilma Zanin

Avvocato del Foro di Milano con pluriennale esperienza nel diritto della proprietà industriale e intellettuale. Collabora presso lo Studio Legale Avv. Carlo Sala

Risoluzione del contratto di affiliazione commerciale, concorrenza sleale e tutela delle informazioni riservate

Il mancato riscontro probatorio dell’esistenza di un know how tutelabile ex art.98, 99 c.p.i. non esclude che il complesso di informazioni riservate, comunque esistenti e qualificabili come know how in senso lato, possa rientrare nell’ambito dell’operatività e quindi della tutela riconosciuta dall’art.2598 c.c. Le informazioni segrete ex art.98 c.p.i. non esauriscono l'ambito di tutela delle informazioni riservate in ambito industriale, pur sempre esperibile anche attraverso la disciplina della concorrenza sleale contro gli atti contrari alla correttezza professionale ex art.2598 n.3 c.c. nei confronti della scorretta acquisizione di informazioni riservate, ancorché non caratterizzate dai requisiti di segretezza e segretazione dell'art.98 c.p.i. Appartiene al tribunale ordinario, e non alle sezioni specializzate in materia di impresa, ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 168 del 2003, la competenza a decidere sulla domanda di accertamento di un'ipotesi di concorrenza sleale in cui la prospettata lesione degli interessi della società danneggiata riguardi l’appropriazione, mediante storno di dirigenti, di informazioni aziendali, di processi produttivi e di esperienze tecnico-industriali e commerciali (cd. “know how” aziendale, in senso ampio), ma non sia ipotizzata la sussistenza di privative o altri diritti di proprietà intellettuale, direttamente o indirettamente risultanti quali elementi costitutivi, o relativi all’accertamento, dell’illecito concorrenziale. [ Continua ]
14 Marzo 2023

Abuso di posizione dominante e illegittimità delle “airport fees” corrisposte da Alitalia per il rifornimento di carburante presso alcuni scali aeroportuali

La delibera assunta dall'AGCM su un abuso di posizione dominante ex art. 102 TFUE nonché le decisioni dei giudici amministrativi che l'abbiano eventualmente confermata o riformata, costituiscono, in relazione all’autorevolezza dell’organo da cui promanano ed agli strumenti e modalità di indagine poste in atto dalla medesima Autorità, una prova particolarmente qualificata (c.d. prova privilegiata). Tale efficacia probatoria deve intendersi limitata all’accertamento della posizione rivestita sul mercato dalla società indagata, alla qualifica di tale posizione come dominante, alla sussistenza del comportamento accertato e alla sua qualificazione come abuso della posizione dominante, senza dunque estendersi altresì anche all’accertamento di tutti gli ulteriori elementi necessari alla liquidazione del risarcimento dei danni a favore delle vittime (sussistenza dei danni, nesso di causalità, quantificazione del risarcimento, analisi delle diverse componenti del danno ecc.). A fronte di provvedimenti dell’AGCM che hanno ritenuto sussistente un abuso di posizione dominante ex art. 102 TFUE e che si sono definitivamente consolidati a seguito della conclusione delle successive fasi di impugnazione svolte dinanzi alla giurisdizione amministrativa, il giudice adito per il risarcimento del danno cagionato a un terzo dalla condotta ritenuta abusiva non può attribuire rilevanza a considerazioni generali già tenute presenti dall'Autorità, ma al più ad eventuali precise indicazioni di situazioni e comportamenti specifici delle imprese interessate, idonei a dimostrare l’insussistenza in sé della condotta abusiva. [ Continua ]
3 Settembre 2022

Tutela delle informazioni aziendali segrete ai sensi degli artt. 98 e 99 c.p.i.

La tutela delle informazioni segrete è contenuta nell’art. 98 e 99 del c.p.i.; la fattispecie ricomprende le informazioni aziendali (incluso anche il cd. know-how) e le esperienze tecnico-commerciali ove tali informazioni siano nella loro precisa configurazione non generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed operatori del settore, abbiano valore economico in quanto segrete e siano sottoposte a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete. Il primo requisito per poter invocare la tutela del c.d. “segreto industriale” è rappresentato dal carattere di “novità” delle informazioni, da intendersi non in senso assoluto, ma in senso relativo, come informazione non facilmente accessibile o reperibile. La privativa riconosciuta dagli art. 98 e 99 c.p.i. è infatti incentrata – più che sulle informazioni “in quanto tali” – sull’investimento attuato dall’imprenditore per ottenerle e segretarle. Colui che invoca la tutela delle informazioni segrete, inoltre, ha l’onere di allegare quali siano le informazioni o il complesso di informazioni di cui si ritiene titolare. In difetto di una descrizione sufficientemente esauriente non è infatti possibile verificare il carattere di novità e la sottoposizione a misure di segretezza. L’art. 98, 1° comma, c.p.i. individua poi un onere di adozione di specifiche misure di protezione in capo a chi invoca la tutela. Le misure di protezione devono essere dirette verso l’interno (es. dipendenti) e verso l’esterno e vanno adeguate alla tipologia di informazioni che si intende mantenere riservate, dei soggetti che possono accedervi e del progresso tecnologico. Si può dunque trattare di misure negoziali, organizzative e/o tecnologiche. [ Continua ]
16 Febbraio 2023

Ammissibilità della domanda di nullità del modello comunitario registrato proposta in via riconvenzionale

Secondo la giurisprudenza, nell’ipotesi in cui la domanda sia stata proposta due volte dinanzi al medesimo ufficio e che i processi siano stati riuniti ai sensi dell’art. 273 c.p.c., in osservanza del principio del ne bis in idem e al fine di evitare l’elusione delle decadenze verificatesi nel primo processo, il giudice deve trattare soltanto la causa iniziata per prima. ll giudice tratta solo la prima causa, salva l’eventualità che, non potendo tale causa condurre a una pronuncia sul merito, venga meno l’impedimento alla trattazione della causa successivamente iniziata. Tale ultima regola giurisprudenziale deve ritenersi applicabile anche nel caso in cui le due identiche domande pendano davanti al medesimo giudice, per essere stata la prima introdotta in via principale e la seconda in via di reconventio reconventionis. Il diverso iter procedimentale non ha invero riflessi sull’interesse protetto dalla regola, che è quello di far pervenire il processo a una decisione sul merito e che sussiste invariato, quale che sia il meccanismo che ha condotto alla compresenza delle due domande nel medesimo processo. [ Continua ]

Controversia in materia di concorrenza sleale per imitazione servile

L’imitazione servile concerne le forme aventi efficacia individualizzante e diversificatrice del prodotto rispetto ad altri simili, idonee a ricollegare il prodotto ad una determinata impresa. L'imitazione rilevante ai fini della concorrenza sleale per confondibilità non si identifica con la riproduzione di qualsiasi forma del prodotto altrui, ma solo con quella che cade sulle caratteristiche esteriori dotate di efficacia individualizzante e cioè idonee, proprio in virtù della loro capacità distintiva, a ricollegare il prodotto ad una determinata impresa. Inoltre, non si può attribuire carattere individualizzante alla forma funzionale, cioè a quella resa necessaria dalle stesse caratteristiche funzionali del prodotto. La fabbricazione di prodotti identici nella forma a quelli realizzati da impresa concorrente (che non fruisca della tutela brevettuale), costituisce atto di concorrenza sleale soltanto se la ripetizione dei connotati formali non si limiti a quei profili resi necessari dalle stesse caratteristiche funzionali del prodotto, ma investa caratteristiche non essenziali alla relativa funzione. Risponde in proprio, in concorso con la società concorrente, il terzo interposto che, pur non avendo i necessari requisiti soggettivi, non essendo concorrente del danneggiato, ha agito in collegamento con un concorrente del danneggiato. Il terzo va legittimamente ritenuto responsabile, in solido con l’imprenditore che si sia giovato della sua condotta, mentre mancando siffatto collegamento tra il terzo autore del comportamento lesivo del principio della correttezza professionale e l’imprenditore concorrente del danneggiato, il terzo stesso è chiamato a rispondere ai sensi dell’art 2043 c.c. dell’attività perpetrata dalla società.   [ Continua ]
12 Settembre 2022

Valore probatorio del provvedimento AGCM di accoglimento degli impegni nella controversia civile e presupposti di alcune fattispecie di abuso di posizione dominante (imposizione di prezzi iniqui, margin squeeze)

Il provvedimento di accoglimento degli impegni adottato dall’AGCM, pur nella specifica ottica della violazione antitrust, non presuppone l’accertamento formale dell’infrazione, ma mira alla risoluzione di criticità concorrenziali riscontrate nel provvedimento di avvio, rendendo obbligatoria l’attuazione delle misure volontariamente proposte dalla parte. Davanti al giudice ordinario il citato provvedimento di accoglimento dell’AGCM non ha quindi valore di prova privilegiata e la sua valenza probatoria deve essere sindacata dal giudice secondo i canoni del codice civile, con la conseguenza che la parte danneggiata dal presunto illecito antitrust – onerata della relativa prova – deve indicare stringenti elementi probatori a supporto delle proprie posizioni. L’art. 102(2) TFUE tipizza l’illecito di abuso di posizione dominante nell’imposizione diretta o indiretta di prezzi o condizioni di transazione inique, che consiste nel praticare un prezzo eccessivo, privo di ogni ragionevole rapporto con il valore economico della prestazione fornita. Per accertare tale illecito si tratta quindi di determinare, da una parte, il valore economico di una determinata prestazione; dall’altra, l’eccessiva sproporzione del prezzo richiesto, quest’ultimo da considerare sulla base del margine di profitto come differenza tra i costi di produzione del bene e il prezzo di vendita. Il fatto che il margine di profitto sia sproporzionato rispetto ai costi sostenuti dall’impresa dominante è inconclusivo ex se di un abuso di posizione dominante ex art. 102 TFUE e rappresenta piuttosto un elemento che deve essere considerato nell’ambito di una valutazione globale, vertente a stabilire se i prezzi, oltre ad essere sproporzionati, siano altresì iniqui; e ciò sia considerandoli in sé che confrontandoli con i prezzi praticati dai concorrenti. L’abuso di posizione dominante per c.d. margin squeeze è qualificabile in presenza di tre condizioni cumulative: i) l’essenzialità della risorsa a cui si chiede l’accesso; ii) l'eliminazione di una concorrenza effettiva sul mercato a valle; iii) il danno ai consumatori. La mancanza anche solo di uno di questi elementi fa venire meno l’illecito. Al riguardo, il fattore produttivo deve ritenersi essenziale quando non è duplicabile ovvero non esista un’alternativa, anche potenziale, che possa permettere ai concorrenti di esercitare una pressione concorrenziale sull'impresa dominante nel mercato a valle. [ Continua ]