Azione di responsabilità del creditore di srl, dopo la chiusura del fallimento della società, contro il cessato amministratore unico e il liquidatore
I creditori sociali perdono, per effetto della dichiarazione di fallimento della società di capitali debitrice, la legittimazione – spettante in via esclusiva al curatore durante il corso della procedura concorsuale – ad esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società, ai sensi dell’art. 2394 c.c., e la riacquistano a seguito della chiusura del fallimento (Cass. n. 14961/2007). La chiusura del fallimento, infatti, permette la riespansione del diritto del creditore di agire in giudizio ai sensi dell’art. 2476 c.c. a salvaguardia del danno sofferto per la mancata salvaguardia del patrimonio sociale.
La distrazione del prezzo ricavata dalla vendita di un immobile ad opera dell’amministratore unico di srl può essere provata per presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. e, in particolare, costituisce indice presuntivo di distrazione la circostanza che l’amministratore unico, dopo aver ricavato un’ingente somma dalla vendita di un immobile della società, abbia violato il dovere di redazione dei bilanci successivi alla predetta vendita, lasciando inadempiuto un obbligo informativo posto dall’ordinamento non solo a favore dei soci, ma anche a beneficio dei creditori e dei terzi, omettendo così di dar conto della somma in parola.
Nelle procedure di liquidazione volontaria di società di capitali grava sul liquidatore, ai sensi dell’art. 2741 c.c., l’obbligo di rispettare la parità di trattamento nel pagamento dei debiti sociali.
A carico del creditore totalmente o parzialmente insoddisfatto che agisca per l’accertamento della responsabilità del liquidatore di società di capitali sta l’onere di dimostrare esistenza, consistenza e momento di esigibilità del proprio credito, nonché la conoscenza di tali caratteristiche del credito in questione in capo al liquidatore nel corso della gestione di quest’ultimo, e l’ulteriore onere di dimostrare la presenza nel patrimonio aziendale di risorse sufficienti a garantire un’apprezzabile misura di soddisfacimento del proprio credito, in termini almeno pari a quelli che potevano ragionevolmente prevedersi in esito ad una “normale” procedura concorsuale. Per parte sua, ove l’esistenza del credito non sia contestata, per andare esente da responsabilità il liquidatore dovrà provare le ragioni per le quali, in presenza di una situazione sostanziale di insolvenza aziendale (e non di semplice disavanzo tra crediti e debiti), egli non abbia proceduto a tacitazione concorsuale del ceto creditorio secondo i dettami di poziorità legale (e non solo cronologica) e di “par condicio” dell’art. 2741 c.c. In mancanza di idonee giustificazioni, il fatto di non aver dato seguito ai rimedi concorsuali nelle forme proprie della legge fallimentare o almeno di non aver volontariamente dato corso ad una gestione liquidatoria informata ai criteri dell’art. 2741 c.c. non potrà andare esente da responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c. (cfr. Trib. Genova, 2 aprile 2013, n. 1125)
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Daniela Russo
Avvocato del Foro di MilanoLaurea in giurisprudenza a pieni voti presso l'Università degli Studi di Parma e abilitazione all'esercizio della professione forense presso la Corte d'Appello di Milano. Tirocinio formativo presso la Sezione...(continua)