Azione di responsabilità del curatore ex art. 146 l. fall., clausola compromissoria e presupposti per l’esercizio dell’azione dei creditori sociali
L’azione del curatore ex art. 146 l. fall. cumula le due diverse azioni di responsabilità sociale (art. 2392 c.c.) e verso i creditori (art. 2394 c.c.), che tuttavia si mantengono distinte nei presupposti e nella disciplina, sicché l’azione di responsabilità esercitata a tutela del patrimonio sociale resta assoggettata alla clausola compromissoria eventualmente prevista nello statuto.
Il disposto previsto dall’art. 2393 co. 4 c.c. in tema di s.p.a., secondo il quale l’azione di responsabilità può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica, deve ritenersi applicabile anche alle s.r.l. pur se non espressamente richiamato, posto che la norma non introduce un’ipotesi di decadenza ma piuttosto riproduce la regola generale di cui all’art. 2941 n. 7 c.c., secondo cui la prescrizione rimane sospesa tra le persone giuridiche e i loro amministratori, finchè sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.
L’azione di responsabilità verso gli amministratori si prescrive in cinque anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica ovvero dal successivo momento in cui il danno si sia prodotto ed esteriorizzato. Nella specie, ove il danno derivi dal mancato tempestivo pagamento di oneri tributari e previdenziali – e consista quindi nel maggior esborso per sanzioni, interessi e spese – il momento della sua esteriorizzazione non coincide con il momento in cui i pagamenti dovuti sono stati omessi, ma piuttosto con quello in cui il maggior credito tributario e previdenziale si è effettivamente concretizzato e manifestato attraverso la notifica delle relative cartelle esattoriali.
Il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità ex art. 2394 c.c. decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità da parte dei creditori dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti, momento che presuntivamente coincide con la dichiarazione di fallimento, salvo che l’amministratore convenuto fornisca prova contraria della diversa data anteriore in cui si è manifestato lo stato di incapienza patrimoniale.
Il secondo comma dell’art. 2394 c.c., nel dettare che “l’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti”, individua una condizione dell’azione, che deve quindi ricorrere al momento della proposizione della stessa, essendo invece irrilevante che l’insufficienza patrimoniale consegua direttamente a condotte negligenti degli amministratori quanto alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale; ne deriva che il danno risarcibile per i creditori va individuato nella diminuzione della garanzia patrimoniale generica derivante dagli atti di mala gestio, pur essendo azionabile solo nel momento in cui il patrimonio sociale si rivela incapiente.
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Giorgio Grossi
AmministratoreAvvocato, già tirocinante ex art. 73 d.l. n. 69/2013 presso la Sezione Specializzata in materia d'Impresa del Tribunale di Milano. Cultore della materia presso la cattedra di Diritto Commerciale dell'Università...(continua)