Azione di responsabilità e onere della prova
Con riferimento alla responsabilità ex art. 2476 c.c., l’inadempimento, da parte degli amministratori di società di capitali, degli obblighi imposti dalla legge o dall’atto costitutivo, non può essere desunto da una scelta di gestione (in quanto frutto di una decisione di natura imprenditoriale, ontologicamente connotata da rischio – art. 41, 1° comma, Cost.), ma dal modo in cui la stessa è stata compiuta. In questi casi infatti è solo l’omissione, da parte dell’amministratore, di quelle cautele, di quelle verifiche ovvero dell’assunzione delle necessarie informazioni preliminari al compimento dell’atto gestorio, normalmente richieste per una scelta del tipo di quella adottata, che può configurare violazione dell’obbligazione di fonte legale in discorso, così come è fonte di responsabilità la colpevole mancata adozione di quei provvedimenti, che per legge o per atti interni avrebbero dovuto essere prontamente assunti a tutela della società.
Incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare l’inesistenza del danno ovvero la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.
Ai fini della risarcibilità del preteso danno, il soggetto agente, oltre ad allegare l’inadempimento dell’amministratore, deve anche allegare e provare, sia pure ricorrendo a presunzioni, l’esistenza di un danno concreto, ovvero il depauperamento del patrimonio sociale di cui chiede il ristoro nell’interesse della società, e la riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico: in ciò appunto consiste il danno risarcibile, che è un quid pluris rispetto alla condotta asseritamente inadempiente; in difetto di tale allegazione e prova la domanda risarcitoria mancherebbe di oggetto.
Gli amministratori di società hanno un vero e proprio diritto al compenso. Con riferimento all’entità del compenso, in mancanza di specifica quantificazione da parte dell’assemblea, esso non può che essere determinato facendo ricorso all’equità e rispettando il criterio di proporzionalità all’entità della prestazione in concreto eseguita ed al risultato fatto conseguire alla società e sulla base di elementi e che consentano di valutare la portata dell’attività richiesta ai soggetti che devono gestire la società e di parametri di riferimento utilizzati dalla società in fattispecie analoghe. In tal senso, rilevano: la situazione societaria, la resa economica e l’impegno dell’amministratore, l’attività prestata, la dimensione economica e finanziaria dell’impresa sociale, il volume di affari, la consistenza del fatturato e gli utili conseguiti, i criteri di determinazione del compenso adottati nei precedenti esercizi, il compenso corrente nel mercato per analoghe prestazioni in relazione a società di simili dimensioni.
Alla risoluzione di un contratto ad esecuzione continuata non osta la circostanza che la parte che ista in tal senso abbia già receduto dal contratto, se l’inadempimento contestato è anteriore all’intimato recesso.