Azione di responsabilità nei confronti del curatore. Legittimazione, natura e distribuzione dell’onere della prova.
Legittimato ad agire in giudizio per far valere la responsabilità dell’ex curatore, ai sensi dell’art. 38 l.f.. -e, conseguentemente, la responsabilità del terzo per concorso nell’illecito ascrivibile al medesimo ex curatore – è il nuovo curatore, incaricato ex lege di tutelare gli interessi dei creditori concorsuali.
È responsabile il curatore che abbia disatteso gli obblighi gravanti a suo carico nella qualità di curatore e, segnatamente, il generale dovere di agire con diligenza per la realizzazione e salvaguardia degli “interessi della massa”. Il parametro cui ancorare il grado della diligenza richiesta al curatore non è quello del buon padre di famiglia, bensì quello esigibile in relazione alla natura dell’incarico ed alle competenze necessariamente proprie del soggetto investito di tale incarico, e ciò anche per le fattispecie antecedenti alla riforma del 2006 che modificato l’art. 38 l.f. in tal senso.
L’incarico di curatore, sebbene conferito dall’autorità giudiziaria, va equiparato ad un contratto di mandato; tanto comporta, dunque, la natura contrattuale della responsabilità conseguente alla violazione degli obblighi specifici e del generale dovere di corretta gestione del patrimonio acquisito alla procedura e di tutela e salvaguardia degli interesse della massa dei creditori. Dalla prospettata natura contrattuale della responsabilità gravante sul curatore discende che, nel giudizio promosso ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 38 l.f., l’istante deve allegare e provare le condotte di inadempimento, il pregiudizio in concreto sofferto dalla massa nonché il nesso di causalità tra tale danno e le condotte od omissioni ascrivibili al curatore; per converso, in forza del disposto dell’art. 1218 c.c., la colpa si presume, onde grava sul convenuto provare la non imputabilità dei concreti eventi lesivi.