Azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di società di persone. Legittimazione all’esercizio dell’azione. Limiti al principio della insindacabilità nel merito delle scelte di gestione
Nelle società di persone, la legittimazione a far valere in giudizio il diritto al risarcimento dei danni cagionati al patrimonio sociale dalle condotte di mala gestio degli amministratori compete esclusivamente alla società quale titolare del diritto dedotto in giudizio ed ente munito di autonoma soggettività, distinta rispetto a quella dei soci, e centro di imputazione degli interessi patrimoniali dell’impresa collettiva.
In particolare, va escluso che alle società di persone possa applicarsi, in via analogica, il novellato disposto del 2476 III co. c.c. che, con specifico riferimento alle società a responsabilità limitata, contempla la legittimazione di ciascun socio all’esercizio dell’azione sociale di responsabilità (tale disposizione ha infatti carattere eccezionale).
Il principio della insindacabilità delle scelte di gestione per il quale gli amministratori – sui quali pure come noto incombe un dovere di diligente gestione secondo il metro della normale professionalità il cui difetto diviene apprezzabile in termini di inesatto adempimento delle obbligazioni su di essi gravanti – non possono essere chiamati in responsabilità sol perché la gestione dell’impresa sociale ha avuto un cattivo esito (principio della insindacabilità nel merito), non è assoluto ma soggetto a due limiti: 1) la scelta di gestione è insindacabile solo se essa è stata legittimamente compiuta; 2) la scelta è insindacabile solo se non è irrazionale.Sotto il primo profilo, resta infatti valutabile la diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere così da non esporre l’impresa a perdite (dovere generale di accuratezza imposto a chi governa un’impresa). Sotto il secondo profilo è pur sempre necessario che le informazioni e le verifiche assunte abbiano indotto l’amministratore ad una decisione razionalmente inerente ad esse.
Affinché possa ritenersi sussistente la responsabilità dell’amministratore convenuto non è sufficiente lamentare la violazione delle norme di legge o di Statuto e la non corretta e oculata gestione della società ma è indispensabile dedurre e dimostrare la diminuzione del patrimonio della società e il nesso causale tra la predetta e le suddette condotte.
Nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto infondata l’azione di responsabilità promossa nei confronti dell’amministratore per avere l’attore operato la mera equazione matematica tra le perdite riportate nel bilancio della società e la sua pretesa responsabilità per mala gestio (né era emersa in giudizio la natura irrazionale delle scelte operate o era stata altrimenti dedotta la concreta possibilità di scelte più vantaggiose per la società).
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Fabrizio Caramanico
Laurea con lode presso l'Università degli Studi di Pavia. Abilitazione all'esercizio della professione forense presso la Corte d'Appello di Milano. Attualmente Avvocato presso Bussoletti Nuzzo & Associati (Roma).(continua)