Cancellazione di società e diritto al pagamento del corrispettivo di cessione di azienda tramite accollo di debiti
Se l’esistenza dell’ente collettivo e l’autonomia patrimoniale che lo contraddistingue impediscono, pendente societate, di riferire ai soci la titolarità dei beni e dei diritti unificati dalla destinazione impressa loro dal vincolo societario, è ragionevole ipotizzare che, venuto meno tale vincolo, la titolarità dei beni e dei diritti residui o sopravvenuti torni ad essere direttamente imputabile a coloro che della società costituivano il sostrato personale. Il fatto che sia mancata la liquidazione di quei beni o di quei diritti, il cui valore economico sarebbe stato altrimenti ripartito tra i soci, comporta soltanto che, sparita la società, s’instauri tra i soci medesimi, ai quali quei diritti o quei beni pertengono, un regime di contitolarità o di comunione indivisa, onde anche la relativa gestione seguirà il regime proprio della contitolarità o della comunione. Tale conseguenza si produce con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione nel bilancio di liquidazione avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo.
Il diritto al pagamento del corrispettivo di cessione tramite l’accollo di debiti, di un determinato importo definito con il contratto di cessione, maturati fino ad una specificata data, verso i fornitori pure nominativamente indicati, nascente da un’obbligazione rimasta inadempiuta costituisce un diritto certo e liquido, essendo i debiti già scaduti al momento della conclusione della compravendita aziendale e determinati nel relativo ammontare. Esso non è qualificabile, pertanto, né come mera pretesa né come diritto incerto ed illiquido, necessitante di un accertamento giudiziale non concluso. Da ciò consegue che, secondo gli insegnamenti della Cassazione, la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese non può valere quale atto di rinuncia a tale diritto da parte della società (cfr. Cass. 2016/23269) e che, pertanto, è delineabile una successione del rapporto attivo a favore dei singoli soci.
La volontà del creditore di liberare l’accollato deve risultare in maniera espressa ed inequivoca, non essendo sufficiente l’adesione del creditore alla convenzione d’accollo, intervenuta fra il debitore ed un terzo ai sensi dell’art. 1273 c.c. La mancanza di un’espressa previsione o dichiarazione del creditore medesimo determina la persistenza dell’obbligazione in capo al debitore originario che ne rimane vincolato in solido con l’accollante (cfr. Cass. 2006/9371; tra le tante, cfr. Cass, 2009/14708).
Nei casi di accollo cumulativo esterno non liberatorio per il debitore originario, in analogia con quanto previsto per la delegazione dall’art. 1268 c.c., comma 2, l’obbligazione dell’accollato degrada ad obbligazione sussidiaria, di talché il creditore ha l’onere di richiedere preventivamente l’adempimento all’accollante, anche se non è tenuto ad escuterlo preventivamente e solo dopo che la richiesta sia stata infruttuosa, può rivolgersi all’accollato (Cass. 2010/4482).
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Alice Garlisi
Laureata presso l'Università degli Studi di Milano nel 2016, con una tesi in diritto della proprietà intellettuale. Abilitata all'esercizio della professione forense presso il foro di Milano. Si occupa di proprietà...(continua)