Tribunale di Milano
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Natura della sottoscrizione; aumento di capitale con compensazione di crediti
In materia di aumento del capitale di una società a responsabilità limitata, la sottoscrizione della quota del nuovo capitale è qualificabile come atto negoziale e, precisamente, come contratto consensuale, in relazione al quale la legge non prevede l’adozione di una forma particolare e dal quale poi sorge l’obbligo di versamento per il socio. [Nel caso di specie, accertata la validità della sottoscrizione dell’aumento di capitale, il Tribunale ha qualificato l’operazione realizzata come sottoscrizione dell’aumento di capitale in denaro, integralmente liberato mediante la compensazione del debito da conferimento con il credito vantato dal sottoscrittore verso la società a titolo di corrispettivo della cessione di crediti contestualmente stipulata].
Rapporto fra querela di falso e giudicato
La proposizione della querela di falso non è impedita dalla formazione del giudicato sulla situazione sostanziale, anzi è il presupposto – qualora venisse accolta e dichiarata la falsità di tutto o parte del materiale probatorio utilizzato dal giudice, purché rilevante ai fini della decisione – per la caducazione del giudicato medesimo. Ritenere altrimenti significherebbe rendere assolutamente inutilizzabile, salvo il caso di confessione della falsità del documento proveniente dalla parte che l’ha prodotto e se ne è avvalsa, lo strumento di cui all’art. 395, n. 2, c.p.c.
Responsabilità dei sindaci per danno da investimento disinformato
In tema di danno da investimento disinformato il nesso di causalità tra inadempimento e danno sussiste se si accerta che, ove adeguatamente informato, l’investitore avrebbe desistito dall’investimento rivelatosi poi pregiudizievole.
Azione di responsabilità per mala gestio nei confronti dell’amministratore di s.r.l.
Efficacia dell’impegno del socio a sottoscrivere un aumento di capitale non deliberato
A un impegno di ripatrimonializzazione della società integrante una manifestazioni di intento del socio volto a rassicurare il mercato e le autorità di vigilanza può riconoscersi la natura di un preliminare del negozio di sottoscrizione dell’aumento di capitale, che vincola il socio nei confronti della società a sottoscrivere un determinato aumento di capitale prima che sia formalmente deliberato dall’assemblea e da cui deriva un obbligo di sottoscrizione sospensivamente condizionato alla deliberazione dell’aumento del capitale nel termine stabilito. Tuttavia, tale impegno non è fonte dell’obbligo di versare la somma prevista, destinato a sorgere solo con la distinta manifestazione della volontà negoziale da parte del socio di sottoscrivere la quota di capitale oggetto della delibera di aumento di capitale. L’impegno alla ricapitalizzazione non attribuisce alla società alcun diritto alla riscossione della somma preventivata dal momento che solo la sottoscrizione dell’aumento di capitale deliberato può costituire fonte dell’obbligazione di pagamento del socio. A fronte della mancata sottoscrizione dell’aumento di capitale deliberato la società potrebbe, quindi, lamentare l’inadempimento del socio all’impegno preliminare di sottoscrizione ma non certo l’inadempimento all’obbligo di pagamento della somma corrispondente che non le è dovuta in mancanza della sottoscrizione dell’aumento di capitale.
Condizioni per l’annullamento della transazione su pretesa temeraria
L’annullamento della transazione su pretesa temeraria ai sensi dell’art. 1971 c.c. presuppone che la pretesa fatta valere dalla parte nei cui confronti si chieda l’annullamento sia assolutamente ed obiettivamente infondata, e ciò in aderenza alla necessità che il rapporto dal quale scaturisce la transazione sia una res dubia, che, cioè, vi sia incertezza sui rispettivi diritti delle parti. La mancanza di detto presupposto esclude, di per sé, l’annullamento. L’annullamento della transazione su pretesa temeraria, ai sensi dell’art. 1971 c.c., presuppone la presenza di due elementi, uno obiettivo ed uno soggettivo: che la pretesa fatta valere dalla parte nei cui confronti si chiede l’annullamento sia totalmente infondata, e che la parte versi in mala fede, ovvero che, pur essendo consapevole della infondatezza della propria pretesa, l’abbia dolosamente sostenuta.
Sulla legittimazione del singolo componente del CdA a impugnare la delibera assembleare di s.p.a.
Il potere, riconosciuto agli amministratori di s.p.a. dall’art. 2377, co. 2, c.c., di impugnare le deliberazioni dell’assemblea della società che non siano state prese in conformità della legge o dell’atto costitutivo, spetta al CdA e non agli amministratori individualmente considerati, atteso che tale potere è attribuito per la tutela degli interessi sociali, e dunque richiede una deliberazione dell’organo incaricato di detta tutela, il quale, nella società retta da un consiglio di amministrazione, si identifica, appunto, nel consiglio, e non nei singoli componenti di esso. Una legittimazione del consigliere di amministrazione all’impugnazione della delibera assembleare può sussistere qualora questi venga immediatamente leso in un suo diritto dalla delibera stessa: il singolo componente del CdA è legittimato a impugnare per l’annullamento esclusivamente la decisione dell’assemblea che abbia leso la sua posizione individuale.
L’elenco delle materie da trattare all’ordine del giorno dell’assemblea deve essere redatto in modo sintetico e comprende, quindi, anche argomenti impliciti, presupposti, conseguenziali o accessori rispetto a quelli specificamente previsti [nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che nel punto dell’o.d.g. relativo a “Revoca deleghe e poteri attribuiti all’amministratore delegato. Determinazioni” fosse implicita la discussione sulla decadenza dell’amministratori, poiché l’argomento non sarebbe di competenza dell’assemblea ove la revoca delle deleghe non dipendesse a monte da una causa di cessazione dell’amministratore delegato dalla carica gestoria].
Diritto al rimborso del finanziamento effettuato dal socio in favore della società e azione di regresso
Il socio che effettua un finanziamento alla società, così diventando creditore di questa, non è comparabile al terzo creditore, sia perché il socio amministratore agisce in conflitto di interessi sia perché, in caso contrario, avrebbe l’inusitato potere di rendere gli altri soci immediatamente suoi debitori, senza una loro adesione volontaria ed a prescindere dall’incapienza della società finanziata.
In tema di società in nome collettivo, nell’ipotesi di cessione di quota, il cedente che non abbia garantito gli acquirenti di quest’ultima dell’inesistenza dei debiti sociali risponde delle obbligazioni sorte anteriormente alla cessione esclusivamente nei confronti dei creditori sociali – trovando generale applicazione la disposizione di cui all’art. 2290 cod. civ. – ma non nei confronti della società o dei cessionari; ne consegue che né la società, né i predetti cessionari della quota, una volta adempiute le predette obbligazioni, hanno titolo per essere tenuti indenni, dall’ex socio cedente, di quanto corrisposto ai creditori.
Il socio di una società in nome collettivo che, per effetto della responsabilità solidale e illimitata stabilita dall’art. 2291 cod. civ., abbia pagato un debito sociale, può direttamente rivalersi nei confronti del consocio, tenuto in via di regresso a rifondere la parte di debito sociale su di lui gravante, senza che tale rivalsa resti condizionata all’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei creditori, dato che il beneficio di previa escussione di detto patrimonio, previsto dall’art. 2304 cod. civ., opera solo nei confronti dei creditori e non dei soci che abbiano pagato i debiti sociali.
Il nesso di causalità tra informazione al mercato e danno da investimento
Non è configurabile un danno da investimento quando l’emittente abbia fornito tutte le informazioni ad esso relative, seppure ad alta tecnicità, e queste fossero complete e idonee a consentire al singolo investitore di orientare le proprie decisioni di investimento rispetto al rischio dell’operazione. Restano dunque a carico del piccolo investitore i rischi connessi ad operazioni rispetto alle quali l’emittente il titolo ha reso le necessarie informazioni, seppure connotate da alta tecnicità: l’eventuale tutela si colloca invero in un altro segmento contrattuale, ossia rispetto all’intermediario sul quale necessariamente deve appoggiarsi.
Sussiste una presunzione di nesso di causalità tra la scelta di investimento/disinvestimento e l’informazione data al pubblico dall’emittente; la presunzione è suscettibile però di prova contraria se si dimostra e risulta dagli atti del processo, anche alla luce delle condotte tenute dall’investitore successivamente al disvelamento della informazione decettiva, l’irrilevanza delle informazioni date al mercato in rapporto alla scelta concreta dell’investitore specifico. Pertanto, se in virtù di convinzioni autonome gli investitori – anche dopo il disvelamento del vero – hanno inteso non dismettere i precedenti investimenti e, anzi, hanno continuato ad acquistare azioni anche a distanza temporale sensibile dall’acquisizione delle corrette informazioni, non può sussistere un nesso di causalità con l’eventuale successiva perdita, in quanto la perdita lamentata non può essere causalmente derivata dalle carenze informative denunciate.
Nullità della delibera di approvazione del bilancio
Nella valutazione circa la correttezza del bilancio, sulla forma deve prevalere la sostanza, in virtù del principio di prevalenza della sostanza economica sulla forma espresso dagli artt. 2423 e 2423 bis c.c. e funzionale alla compiuta realizzazione della finalità delle informazioni di bilancio destinate a rappresentare in modo veritiero e corretto ai soci e ai terzi la situazione della società.
Le differenze tra i criteri di redazione del bilancio nazionali e quelli internazionali IAS, nonché tra i relativi principi contabili, può condurre a rappresentazioni del capitale e del reddito non del tutto coincidenti. Da un lato, si ha, infatti, un approccio ispirato fondamentalmente a principi di prudenza tendente ad evidenziare il reddito distribuibile ed il patrimonio inteso come somma di risorse di proprietà dell’impresa; dall’altro, si ha più riguardo alla valutazione della performance, strumentale ad analisi di tipo economico che conduce ad una nozione di reddito potenziale e di patrimonio inteso come sistema di risorse controllate dall’impresa.