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Tribunale di Milano


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22 Settembre 2021

Obbligo di accantonamento nel bilancio di esercizio di un fondo rischi relativo a passività potenziali

Non viola i principi contabili – con riferimento alla verità, alla congruità e correttezza della seguente posta: “voce fondo oneri e rischi” – il bilancio privo di un fondo rischi per la
copertura di una passività potenziale connessa all’esito di un giudizio tributario i cui termini sono pacifici in causa. La disciplina legale impone l’appostazione di un fondo rischi solo per i debiti di esistenza “certa o probabile”.
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22 Settembre 2021

Operazione con parti correlate e nota integrativa

Nelle ipotesi di operazioni con parti correlate concluse a normali condizioni di mercato non costituisce violazione dell’articolo 2427, primo comma, n. 22 bis, c.c., una rappresentazione delle suddette operazioni con indicazione, anche per aggregazione, delle parti correlate e del tipo di rapporto intrattenuto.

21 Settembre 2021

Interruzione della prescrizione e sanatoria dei vizi della procura alle liti

La richiesta risarcitoria dell’azionista e obbligazionista bancario avanzata nei confronti dei revisori della banca per aver confidato, in sede di acquisto delle azioni, sulle informazioni riportate nei documenti contabili e sui certificati senza rilievi rilasciati dai revisori in relazione a bilanci poi rivelatisi difformi dalla reale situazione economico-patrimoniale e finanziaria è idonea a interrompere il decorso del termine di prescrizione ex art. 2943, ult. co., c.c. se costituisce una valida diffida ad adempiere e, quindi, costituzione in mora. È tale la comunicazione stragiudiziale trasmessa via PEC in nome e per conto del danneggiato che contenga la chiara esplicitazione della pretesa e l’inequivoca manifestazione della volontà del rappresentato di essere risarcito, nella quale siano indicati compendiosamente ma chiaramente l’evento di danno, il fatto costitutivo del diritto risarcitorio, le norme di diritto asseritamente violate, l’esatto importo del debito risarcitorio. È, inoltre, sufficiente che il mandatario sia investito, anche senza formalità, di un generico potere di rappresentanza, dimostrabile anche mediante presunzioni (prima fra tutte, la circostanza che ad agire in giudizio sia stato proprio colui che aveva speso il nome del danneggiato-creditore e con citazione di contenuto corrispondente alla precedente diffida stragiudiziale).

L’art. 182, co. 2, c.p.c. è stato introdotto per consentire, in modo massimamente ampio, la sanatoria del difetto o di vizi di rappresentanza in giudizio della parte allo scopo di scongiurare il consolidarsi di invalidità processuali prive di riscontro sul piano della effettiva tutela del diritto delle parti alla difesa e al contraddittorio. Tale disposizione deve trovare applicazione anche quando la parte, a prescindere dal rilievo del giudice, opera nel senso ivi indicato, sanando l’originario vizio o difetto di procura: in tal caso, infatti, essa realizza spontaneamente e preventivamente il comportamento sanante che dovrebbe tenere a seguito della disposizione del giudice. L’elencazione degli atti in margine o in calce o in congiunzione ai quali la procura può essere (anche telematicamente) rilasciata non è tassativa, ma può estendersi a ogni altro atto di natura processuale che determini l’ingresso della parte in giudizio; in questo senso, va quindi esaminato non il nomen iuris dell’atto cui la procura spontaneamente prodotta acceda, ma il suo concreto contenuto.

21 Settembre 2021

Decreto ingiuntivo emesso in presenza di clausola compromissoria

È nullo, e quindi deve essere revocato, il decreto ingiuntivo emesso dall’Autorità Giudiziaria in presenza di clausola compromissoria contenuta in un contratto preliminare di acquisto di partecipazioni sociali.

20 Settembre 2021

Responsabilità degli amministratori per prosecuzione dell’attività d’impresa nonostante la perdita integrale del capitale sociale e quantificazione del danno

Gli amministratori vengono meno agli obblighi di legge, nel caso in cui, accertata la perdita del capitale sociale, omettano di attivarsi “senza indugio” e, quindi, di convocare l’assemblea dei soci per un aumento del capitale sociale o per porre la società in liquidazione. Gli amministratori sono personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati alla società e ai creditori sociali quando violano tale dovere.

Il danno derivante da tale inerzia è rappresentato, per i creditori sociali, dall’incremento dell’indebitamento ovvero dall’aggravamento della situazione patrimoniale della società, con conseguente detrimento della prospettiva di soddisfazione per i creditori stessi. Ai fini dell’accertamento del danno e della sua determinazione, il criterio da utilizzare non è quello della differenza fra attivo e passivo accertato in sede fallimentare, ma il criterio differenziale, già elaborato dalla giurisprudenza sia di merito che di legittimità e che, dal 2019, ha ricevuto riconoscimento normativo nell’art. 2486, ultimo comma, c.c. [nel caso di specie il Giudice ha confermato la decisione di primo grado che aveva escluso l’applicazione retroattiva della presunzione di cui al nuovo testo dell’art. 2486 in caso di mancanza delle scritture contabili, ritenendo la disposizione una norma di natura sostanziale della responsabilità].

20 Settembre 2021

Scioglimento della società per irreperibilità del socio amministratore

In caso di società di persone costituita da soli due soci, allorché lo statuto attribuisca il compimento degli atti di ordinaria amministrazione ai soci amministratori congiuntamente, la protratta irreperibilità di uno dei soci amministratori è idonea ad integrare una causa di scioglimento della società ai sensi dell’art. 2272, secondo comma, c.c., in quanto, determinando di fatto l’inattività dell’organo sociale, causa l’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale.

20 Settembre 2021

Criteri di quantificazione del danno e poteri del CTU

Sussiste una situazione di conflitto di interessi giuridicamente rilevante allorquando l’amministratore di una società disponga la vendita nummo uno della domanda di brevetto ad un’altra società a lui riconducibile, in danno della società amministrata.

Il danno derivante dalla condotta in questione si identifica nella perdita patrimoniale e reddituale subita dalla società venditrice per effetto della dismissione del brevetto a prezzo simbolico e, dunque, nel valore e nella reddittività di tale brevetto.

In tema di consulenza tecnica d’ufficio, rientra nel potere del consulente tecnico d’ufficio attingere “aliunde” notizie e dati, non rilevabili dagli atti processuali e concernenti fatti e situazioni formanti oggetto del suo accertamento, quando ciò sia necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli, e che dette indagini possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice purché ne siano indicate le fonti, in modo che le parti siano messe in grado di effettuarne il controllo, a tutela del principio del contraddittorio. L’acquisizione di dati e documenti da parte del consulente tecnico ha funzione di riscontro e verifica rispetto a quanto affermato e documentato dalle parti; mentre non è consentito al consulente sostituirsi alla parte stessa, andando a ricercare aliunde i dati stessi che devono essere oggetto di riscontro da parte sua, che costituiscono materia di onere di allegazione e di prova che non gli siano stati forniti, in quanto in questo modo verrebbe impropriamente a supplire al carente espletamento dell’onere proba-torio, in violazione sia dell’articolo 2697 c.c. che del principio del contraddittorio. Il consulente d’ufficio può pertanto acquisire documenti pubblicamente consultabili o provenienti da terzi o dalle parti nei limiti in cui siano necessari sul piano tecnico ad avere riscontro della correttezza delle affermazioni e produzioni documentali delle parti stesse o, ancora, quando emerga l’indispensabilità dell’accertamento di una situazione di comune interesse, indicandone la fonte di acquisizione e sottoponendoli al vaglio del contraddittorio, esigenza, quest’ultima, che viene soddisfatta sia mediante la possibilità della partecipazione al contraddittorio tecnico attraverso il consulente di parte, sia, a posteriori, con la possibilità di dimostrazione di elementi rilevanti in senso difforme.

17 Settembre 2021

Sui limiti alla proposizione di domande riconvenzionali da parte del ricorrente per decreto ingiuntivo e sulla responsabilità solidale di ciascuna società partecipante alla scissione per i crediti rimasti insoddisfatti

Il ricorrente per decreto ingiuntivo riveste la posizione sostanziale di attore, sicché anche all’esito dell’introduzione del giudizio di opposizione il medesimo non può proporre domande riconvenzionali, con l’unica eccezione del caso in cui a seguito della riconvenzionale formulata dall’opponente la parte opposta si venga a trovare a sua volta in una posizione di convenuto ( in aderenza con Cass., Sez. Un., 27/12/2010, n. 26128 ).

Nell’ordinario giudizio di cognizione che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, rivestendo la posizione sostanziale di attore l’opposto non può dunque avanzare domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso monitorio, salvo che per effetto di domande riconvenzionali o eccezioni in senso stretto proposte dall’opponente determinanti un ampliamento dell’originario thema decidendum fissato dal ricorso ex art. 633 c.p.c. il medesimo venga a trovarsi a sua volta nella posizione processuale di convenuto, non potendo in tal caso al medesimo negarsi il diritto di difesa rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la (eventuale) proposizione di una reconventio reconventionis, che deve però dipendere dal titolo dedotto in causa o da quello che già appartiene alla stessa come mezzo di eccezione ovvero di domanda riconvenzionale” ( in aderenza con Cass., 25/2/2019, n. 5415 ).

L’art 2506 quater comma 3 c.c. subordina la facoltà di agire del creditore verso ciascuna società partecipante alla scissione alla circostanza che i crediti siano rimasti non soddisfatti dalla società cui fanno carico all’esito della scissione stessa, configurando in tal modo tra le società partecipanti alla scissione un vincolo di solidarietà non pura bensì sussidiaria caratterizzata dal semplice beneficium ordinis che presuppone la verifica dell’inadempimento della società cui fa carico il debito sulla base del progetto di scissione.

17 Settembre 2021

Delibera assembleare di rinuncia all’azione di responsabilità: determinatezza dell’oggetto e limiti

La delibera assembleare di una società che contenga l’espressa dichiarazione di volontà di liberare l’amministratore unico da qualsivoglia conflitto di interessi e responsabilità in ordine ad alcune operazioni sociali, al quale aveva preso parte anche in nome e per conto proprio, costituisce una rinuncia pro futuro all’esercizio dell’azione di responsabilità con riferimento alle operazioni oggetto della delibera.

La rinuncia, da parte dell’assemblea, all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (prevista agli artt. 2393, co. 6, c.c. e 2476, co. 5, c.c.), sia essa preventiva o successiva, incontra due limiti invalicabili costituiti dalla determinatezza dell’oggetto della rinuncia e dalla regola dell’art. 1229 c.c., che esclude la validità di patti che esimano preventivamente il debitore da responsabilità dolosa o per colpa grave.

14 Settembre 2021

Obblighi degli amministratori di società in crisi: conflitto tra tutela della par condicio creditorum e gestione conservativa

Quando la società versa in stato di insufficienza patrimoniale irreversibile, il pagamento di debiti sociali senza il rispetto delle cause legittime di prelazione – quindi in violazione della par condicio creditorum – costituisce un fatto generativo di responsabilità degli amministratori verso i creditori, salvo che sia giustificato dal compimento di operazioni conservative dell’integrità e del valore del patrimonio sociale, a garanzia dei creditori medesimi. A fronte della crisi ed a maggior ragione dell’insolvenza sub specie di dissesto, il parametro gestorio deve cambiare, essendo da orientare non più a realizzare un lucro ma: (i) al fine esclusivo di conservare il valore e l’integrità del patrimonio sociale (art. 2486 c.c.; cfr. anche OIC 5, OIC 11 par. 23, 24), cioè in base a criteri diversi da quelli tipici della società in bonis e di salvaguardia della garanzia dei creditori (art. 2740 c.c.); (ii) all’adozione di uno degli strumenti previsti per il superamento della crisi ed il recupero della continuità aziendale: piani attestati di risanamento, accordi di ristrutturazione, concordato preventivo (artt. 67 let. d, 160, 182 bis, l.f.). E con l’obbligo di chiedere il fallimento in proprio ove si profili un rischio di incremento del dissesto (art1. 217 n. 4, 224 n. 1 l.f.).

In caso di insufficienza patrimoniale della società, l’obbligo di rispetto della par condicio creditorum deve essere coniugato con gli altri obblighi gestori concorrenti che sorgono in capo agli amministratori, in particolare l’obbligo di gestire in modo conservativo; pertanto, nel conflitto tra obbligo di gestione conservativa e obbligo di rispettare la par condicio creditorum (obblighi che possono convergere o divergere sul piano degli effetti economici), dovrà, secondo criterio generale di proporzionalità ed adeguatezza, prevalere il primo quando si possa ritenere che i relativi debiti sono contratti nell’interesse di tutti i creditori.

Il curatore ha la legittimazione ad esercitare l’azione di responsabilità verso gli amministratori per il danno alla massa dei creditori derivante da pagamenti preferenziali anche in assenza di condotte penalmente rilevanti.