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Tribunale di Bologna


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14 Giugno 2021

Estensione alla S.r.l. della disciplina sull’annullabilità delle delibere assembleari delle S.p.A.

Il vizio di nullità della delibera in quanto “presa in assenza assoluta di informazione”, previsto dall’art. 2479 ter co. 3 c.c. per le decisioni adottate dai soci delle S.r.l., si risolve, nel caso di deliberazione assembleare, nella completa carenza della convocazione del socio, riecheggiando, in materia di S.r.l., l’analoga previsione di nullità contenuta per le delibere assembleari delle S.p.A. dall’art.2397 co.1 c.c. in riferimento ai casi di “mancata convocazione dell’assemblea”. Viceversa, ogni qual volta è configurabile una irregolarità ovvero un vizio che inficia la convocazione, la conseguenza non è la radicale inesistenza o nullità della delibera, bensì quella dell’annullabilità [nel caso di specie veniva qualificata come ipotesi di mera annullabilità la fattispecie ove l’avviso di convocazione era stato effettivamente spedito, ma non era pervenuto al destinatario].

28 Maggio 2021

Responsabilità degli amministratori per illegittima prosecuzione dell’attività di impresa

Gli amministratori non possono essere ritenuti responsabili delle perdite maturate dall’impresa, senza la prova che il deficit patrimoniale sia stato conseguenza delle condotte gestorie compiute dopo la riduzione del capitale sociale, e possono essere chiamati a rispondere solo dell’aggravamento del dissesto cagionato dalle ulteriori perdite che siano derivate dalla loro condotta illegittima, in quanto commessa al di fuori dei poteri di conservazione del patrimonio sociale. Infatti, integra responsabilità degli amministratori la prosecuzione, dopo che si sia verificata una causa di scioglimento, dell’attività economica della società con assunzione di nuovo rischio imprenditoriale che abbia determinato effetti pregiudizievoli per la società stessa, i creditori od i terzi. Il curatore fallimentare che intenda far valere la responsabilità dell’ex amministratore deve allegare e provare che, successivamente alla perdita del capitale, sono state intraprese iniziative imprenditoriali connotate dall’assunzione di nuovo rischio economico-commerciale e compiute al di fuori di una logica meramente conservativa.

28 Maggio 2021

La mancata approvazione da parte dell’assemblea speciale di una delibera pregiudizievole per una categoria di soci

Il fatto che una delibera dell’assemblea ordinaria pregiudichi i diritti di una categoria di soci, può condizionarne la validità al rispetto della disciplina di cui all’art. 2376 c.c., ma non la trasforma in ciò che non è e non pretende di essere. Secondo la giurisprudenza, la mancata approvazione della delibera pregiudizievole per una categoria di soci da parte dell’assemblea speciale può dar luogo ad annullabilità, ma non a nullità della delibera. L’annullabilità degli atti negoziali, a differenza della nullità, non è questione che possa essere introdotta in ogni fase del processo o che possa essere rilevata d’ufficio.

28 Maggio 2021

I limiti al compenso dell’organo amministrativo di società partecipate e il concorso di responsabilità del socio ex art. 2476 c.c.

A decorrere dal 1° gennaio 2015, il compenso dell’amministratore di società a partecipazione pubblica soggiace al limite dell’80% del compenso erogato nel 2013, da intendersi come il costo effettivamente sostenuto dalla società, indipendentemente da qualsivoglia distinzione circa il numero delle mensilità concretamente erogate in tale annualità (nel caso di specie, la società aveva erogato un compenso nel 2013 per due sole mensilità).

Ai fini della configurabilità della peculiare ipotesi di responsabilità prevista dall’art. 2476, VII c., c.c. a carico del socio che abbia intenzionalmente deciso o autorizzato l’atto di gestione dannoso per la società, occorre che vi sia stato un concorso di responsabilità del socio e dell’amministratore, e che in giudizio emergano, quantomeno in via incidentale, i profili che depongano per la responsabilità di quest’ultimo.

 

13 Maggio 2021

L’azione di responsabilità contro gli amministratori esperita per ottenere la riduzione del prezzo di (avvenuto) acquisto delle azioni della società

Per la determinazione della responsabilità degli amministratori ex art. 2476 c.c., avente natura contrattuale, non è sufficiente il risultato negativo dell’attività sociale o di singoli atti. Occorre invero provare la sussistenza di specifiche violazioni – da parte degli amministratori – dei doveri loro imposti dalla legge e/o dallo statuto, nonché il nesso di causalità tra le violazioni medesime e il danno verificatosi. L’onus probandi della non imputabilità del fatto dannoso alla propria condotta spetta invece all’amministratore, il quale deve fornire prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti.

Ciò posto, resta fermo che – in ottemperanza alla cd. business judgement rule o giudizio prognostico postumo – all’organo giudicante non è dato vagliare il merito delle scelte di gestione, dovendo l’analisi di questo limitarsi alla diligenza degli amministratori, ivi compresa la correttezza procedurale delle decisioni adottate e/o attuate da tali soggetti.

La domanda in sede giudiziale della riduzione del prezzo di (avvenuto) acquisto delle azioni di una società, asseritamente inficiato dal comportamento doloso del precedente amministratore, giustificata invocando l’invalidità del contratto per vizio del consenso, deve essere accompagnata dalla dimostrazione de: (i) l’artificio o raggiro posto in essere per indurre la conclusione del contratto che non sarebbe stato altrimenti concluso ovvero che sarebbe stato concluso a condizioni diverse; (ii) il fatto che l’altrui dolo fosse idoneo a viziare la propria volontà, i.e. che l’agente avesse contezza  delle false rappresentazioni indotte e fosse convinto di poter inficiare l’altrui volontà, traendola specificamente in inganno, con artifici, raggiri e menzogne.

Invalidità della delibera di ammissione come socio di una cooperativa assunta in violazione delle previsioni statutarie

L’attività caratteristica di una cooperativa a scopo mutualistico consiste nel far conseguire ai soci cooperatori occasioni di lavoro e una remunerazione dell’attività lavorativa a condizioni migliori rispetto a quelle ottenibili sul mercato. I soci lavoratori, a propria volta, intendono ottenere, tramite la gestione in forma associata e la prestazione di lavoro a favore della cooperativa, continuità di occupazione, con le migliori condizioni economiche, sociali e professionali.
In una società cooperativa a r.l., non possono essere attribuite ai soci ammessi qualifiche diverse da quelle stabilite nello statuto della cooperativa e non previste dallo statuto medesimo. La delibera di ammissione come socio di una cooperativa è invalida qualora il socio ammesso si trovasse, al momento della delibera, in una delle situazioni di incompatibilità previste dallo statuto della cooperativa.

Distribuzione non autorizzata di copie di quotidiani e concorrenza sleale

In tema di concorrenza sleale, il rapporto di concorrenza tra due o più imprenditori, derivante dal contemporaneo esercizio di una medesima attività industriale o commerciale in un ambito territoriale anche solo potenzialmente comune, comporta che la comunanza di clientela non è data dall’identità soggettiva degli acquirenti dei prodotti, bensì dall’insieme dei consumatori che sentono il medesimo bisogno di mercato e, pertanto, si rivolgono a tutti i prodotti, uguali ovvero affini o succedanei a quelli posti in commercio dall’imprenditore che lamenta la concorrenza sleale, che sono in grado di soddisfare quel bisogno.

La concorrenza sleale per appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa altrui (art. 2598, n. 2, c.c.) non consiste nell’adozione di tecniche materiali o procedimenti già usati da altra impresa – che può dar luogo, invece, alla concorrenza sleale per imitazione servile – ma ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisce ai propri prodotti od alla propria impresa pregi, quali ad esempio medaglie, riconoscimenti, indicazioni di qualità, requisiti, virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti od all’impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori.

La concorrenza sleale parassitaria, ricompresa fra le ipotesi previste dall’art. 2598, n. 3, c.c., consiste in un continuo e sistematico operare sulle orme dell’imprenditore concorrente, mediante l’imitazione non tanto dei prodotti, quanto piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali di quest’ultimo, in un contesto temporale prossimo alla ideazione dell’opera, in quanto effettuata a breve distanza di tempo da ogni singola iniziativa del concorrente (nella concorrenza parassitaria diacronica) o dall’ultima e più significativa di esse (in quella sincronica), vale a dire prima che questa diventi patrimonio comune di tutti gli operatori del settore.

L’ipotesi prevista dall’art. 2598, n. 3, cod. civ. – consistente nell’avvalersi direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo «non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda» – si riferisce a mezzi diversi e distinti da quelli relativi ai casi tipici previsti dai precedenti nn. 1 e 2 della medesima disposizione e costituisce un’ipotesi autonoma di possibili casi alternativi, per i quali è necessaria la prova in concreto dell’idoneità degli atti ad arrecare pregiudizio al concorrente (v. ad es. Cass. civ. Sez. I Sent., 04/12/2014, n. 25652).

La messa in commercio dell’opera giornalistica, se, da un lato, può comportare l’esaurimento del diritto alla sua successiva circolazione, dall’altro, non determina un effetto estintivo con riferimento alla facoltà di sfruttamento anche pubblicitario dell’opera stessa che rimane in capo al suo autore o, comunque, al suo titolare.

30 Aprile 2021

Inadempimento del terzo e responsabilità dell’amministratore

L’amministratore di società a responsabilità limitata risponde dell’inadempimento del terzo solo nel caso in cui sia configurabile a tal riguardo una sua condotta dolosa o colposa.

29 Aprile 2021

Sulla responsabilità del liquidatore nella vendita del compendio aziendale

In tema di società a responsabilità limitata, la legittimazione all’esercizio dell’azione (sociale) di responsabilità attribuita ai singoli soci, a prescindere dalla quota di partecipazione al capitale sociale posseduta, non si sostituisce, ma si affianca alla legittimazione processuale ordinaria della società quale titolare del relativo diritto risarcitorio e non viene meno con la nomina e con la costituzione in giudizio del curatore speciale della società stessa. Una volta che sia intervenuta la nomina di un curatore speciale, sussiste litisconsorzio necessario tra il singolo socio che ha promosso azione di responsabilità sociale e la società stessa, configurandosi, in tal modo, una concorrente legittimazione attiva in capo al socio.

La responsabilità verso la società degli amministratori, liquidatori o soci che hanno autorizzato o deciso il compimento di un atto dannoso, ha, come noto, natura contrattuale e, quindi, sull’attore incombe l’onere di allegare la condotta asseritamente illecita ed il danno eziologicamente ad essa collegato, gravando, invece, sul convenuto un onere di dimostrare il proprio esatto adempimento ovvero la non imputabilità dell’evento dannoso alla sua condotta.

In tema di responsabilità degli amministratori di società e, in particolare, di responsabilità derivante non da atti distrattivi bensì da decisioni e/o iniziative assunte nell’esercizio dell’attività di impresa, eventualmente rivelatesi non proficue per il sodalizio, va comunque ribadita la regola (c.d. business judgment rule), dell’insindacabilità, nel merito, delle scelte gestionali da essi operate. Al riguardo, va pure precisato che il divieto per il giudice di valutare le scelte gestionali connotate da discrezionalità vale esclusivamente ove queste siano state effettuate con la dovuta diligenza nell’apprezzamento dei loro presupposti, delle regole di scienza ed esperienza applicate e dei loro possibili risultati. Infatti, la regola del c.d. business judgment rule trova un limite nel corollario della necessaria ragionevolezza dell’agire dell’amministratore nonché nella valutazione della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione contestata. Pertanto, è consentito al giudice soltanto di sanzionare le scelte negligenti, o addirittura insensate, manifestamente irrazionali, macroscopicamente ed evidentemente dannose ex ante.

In assenza di offerte, occasioni e condizioni migliori, lo scarto tra il prezzo di vendita pattuito dal liquidatore e il valore economico della azienda quantificato in giudizio dal CTU non può costituire, di per sé, danno per la società, in particolar modo qualora il liquidatore, in adempimento dei doveri istituzionali inerenti la sua funzione di estinzione dei debiti societari e di ripartizione tra i soci del residuo attivo, proceda alla dismissione del patrimonio aziendale attraverso un’operazione incentrata sull’accettazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (se non addirittura, l’unica praticabile) a lui pervenuta al termine di una procedura di scelta condotta secondo criteri di sufficiente trasparenza e correttezza, aperta alla più ampia partecipazione in concreto esigibile.

15 Aprile 2021

Responsabilità da c.d. contatto sociale di Consob: termine decennale di prescrizione e presupposto della “relazione qualificata”

Alla responsabilità da c.d. contatto sociale fatta valere dal privato entrato in relazione con la Pubblica Amministrazione è applicabile il termine prescrizionale decennale di cui all’art. 2946 c.c. [ LEGGI TUTTO ]