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Tribunale di Bologna


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7 Gennaio 2021

Azione di responsabilità e società pubblica: i criteri di valutazione della condotta degli amministratori non mutano

Nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto un’azione di responsabilità promossa dalla curatela ai sensi dell’art. 146 l. fall., la circostanza che la fallita sia partecipata da enti pubblici non costituisce motivo per adottare logiche diverse nella valutazione della condotta dei suoi amministratori, sindaci e direttore generale, i quali sono comunque tenuti a gestire la società diligentemente e in maniera da assicurarne l’equilibrio economico-finanziario, così da consentire, anche a tutela dei terzi creditori, il regolare adempimento delle obbligazioni assunte. Pertanto, in favore degli organi amministrativi e di controllo, non sussiste alcuna ragione per derogare al generale obbligo di diligente gestione societaria, applicandosi la disciplina privatistica della forma societaria prescelta.

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5 Gennaio 2021

Interesse all’impugnazione in caso di delibera assembleare negativa

La delibera assembleare costituisce l’esito di un procedimento che può e deve essere valutato sotto il profilo della sua correttezza e legittimità; dunque, anche nel caso in cui l’esito del procedimento si traduca in una mancata delibera è coerente con il sistema ammettere l’impugnazione per consentire il rilievo di un vizio procedimentale, determinante dell’esito. L’interesse alla impugnazione deve essere rappresentato, e sussiste, qualora si possa dimostrare che, correggendo il vizio del procedimento, l’esito sarebbe stato diverso.

La necessità di una preventiva autorizzazione assembleare rispetto a una o più materie o decisioni non può dirsi idonea ad esautorare gli amministratori, titolari del potere gestorio, laddove vi sia una giustificazione nello specifico assetto societario

La previsione di quorum assembleari ultra-qualificati deve ritenersi generalmente ammissibile, con le uniche ed espresse eccezioni dei casi di approvazione del bilancio e nomina o revoca delle cariche sociali

5 Gennaio 2021

Efficacia reale della clausola statutaria che prevede il diritto di prelazione

In virtù della natura organizzativa della clausola statutaria che prevede un diritto di prelazione, nel caso di vendita di partecipazioni societarie in violazione di tale diritto, la conseguenza è la mera inefficacia dell’atto di vendita nei confronti della società e degli altri soci. L’acquisto è inopponibile nei confronti di questi ultimi,  mentre la cessione resta perfettamente valida tra le parti contraenti.

Dal patto di opzione scaturisce una proposta irrevocabile cui corrisponde una facoltà di accettazione. Con il patto di opzione è, quindi, contrattualmente convenuta la irrevocabilità della proposta di una delle parti, contenente tutti gli elementi essenziali dell’ulteriore contratto da concludere, in modo da consentirne il perfezionamento nel momento e per effetto della adesione dell’altra parte, senza necessità di ulteriori pattuizioni. Ciò in quanto la causa del patto d’opzione consiste nel rendere ferma per il tempo pattuito la proposta relativamente alla conclusione di un ulteriore contratto, con correlativa attribuzione all’altra parte del diritto di decidere circa la conclusione di quel contratto entro quel medesimo tempo. Ne consegue che il patto di opzione integra una fattispecie a formazione successiva (rectius, progressiva), costituita inizialmente dall’accordo avente a oggetto l’irrevocabilità della proposta e, successivamente, dall’accettazione definitiva del promissario che, saldandosi con la proposta, perfeziona il contratto.

5 Gennaio 2021

Azione di responsabilità dei creditori sociali e inadempimento contrattuale

Non può ritenersi sussistente una violazione degli obblighi imposti agli amministratori dall’art. 2394 c.c. per il solo fatto che essi abbiano ceduto la propria partecipazione nella società e siano cessati dalla carica: il trasferimento delle quote e la modifica dell’organo di rappresentanza, infatti, non integrano comportamenti contrari alla legge o allo statuto [nel caso di specie, il Tribunale ha rigettato le domande proposte dall’attrice – quale concedente l’azienda in forza di un contratto d’affitto stipulato con la società amministrata dai convenuti – che aveva imputato automaticamente l’integrale perdita di valore del ramo d’azienda al mutamento della proprietà e della gestione dell’affittuaria, senza fornire alcuna prova al riguardo].

30 Novembre 2020

I requisiti di protezione delle informazioni segrete o riservate previsti dall’art. 98 c.p.i.

Le condizioni cui il legislatore subordina la tutela delle informazioni segrete o riservate ai sensi dell’art. 98 c.p.i. sono: 1) che siano soggette al legittimo controllo del detentore, sia esso l’ideatore delle stesse, sia esso colui che è autorizzato ad utilizzarle con il consenso del titolare; 2) che siano segrete: in tal senso non occorre che siano assolutamente inaccessibili, ma è necessario che la loro acquisizione, quando sia possibile, sia soggetta a sforzi non indifferenti, superiori rispetto a quelli che occorrono per effettuare una accurata ricerca; esse devono altresì essere state accumulate con un lavoro intellettuale di progettazione individuale; 3) che abbiano valore economico, in quanto sia stato necessario anche uno sforzo economico per ottenerle, mentre analogo sforzo economico sarebbe stato richiesto presumibilmente per duplicarle; 4) che siano sottoposte a misure di segregazione, con particolare riferimento sia ad una protezione fisica, assicurata da sistemi di protezione adeguati, sia ad una protezione giuridica, assicurata da una informazione adeguata, data ai terzi che vengono in contatto con le informazioni, sul carattere riservato e sulla necessità che venga mantenuto tale.

Alla luce della riserva contenuta nell’art. 99 c.p.i., che fa salva la normativa in materia di concorrenza sleale, risulta applicabile l’art. 2598 n. 3 c.c. nelle ipotesi di utilizzazione e divulgazione di notizie riservate o, in genere, di know how aziendale, quando non risultino soddisfatti per intero tutti i requisiti richiesti dall’art. 98 c.p.i., costituiti appunto dalla segretezza, dall’adozione di misure ragionevolmente adeguate a tutelarla, dal valore economico.

24 Novembre 2020

Incompetenza funzionale del tribunale ordinario adito in sede monitoria in luogo della sezione speciale in materia di imprese

È infondata l’eccezione preliminare di nullità del decreto ingiuntivo opposto per incompetenza funzionale inderogabile del tribunale ordinario adito in sede monitoria anziché della competente sezione speciale in materia di imprese del medesimo tribunale in quanto, laddove entrambe le sezioni facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, il rapporto tra le stesse non attiene alla competenza ma rientra nella mera ripartizione degli affari interni all’ufficio giudiziario, da cui l’inammissibilità del regolamento di competenza, richiesto d’ufficio ai sensi dell’art. 45 c.p.c., rientrando, invece, nell’ambito della competenza in senso proprio la relazione tra la sezione specializzata in materia di impresa e l’ufficio giudiziario diverso da quello ove la prima sia istituita.

24 Novembre 2020

Competenza della sezione specializzata in materia di impresa

È competente la Sezione Specializzata in materia di impresa, ai sensi dell’art. 3, co. 2, lett. a) e co. 3, d.lgs. n. 168/2003, a decidere sulla controversia avente ad oggetto il rapporto tra la cooperativa di abitazione ed il socio, relativa all’estinzione del rapporto societario (per effetto della delibera di esclusione) e alle questioni ad essa connesse (rilascio dell’immobile e pagamento dei canoni insoluti).

24 Novembre 2020

Finanziamenti soci: presupposti per l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 2467 c.c.

La disciplina dell’art. 2467 c.c. che prevede la postergazione del rimborso dei finanziamenti soci, rispetto al soddisfacimento degli altri creditori e, in caso di fallimento, la restituzione delle somme corrisposte nell’anno precedente, è circoscritta ai soli finanziamenti erogati nei casi di cui al comma 2, concessi cioè in un momento in cui risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto, oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento: si richiede, dunque, che alla data dell’erogazione del prestito la società versi in una condizione di significativa difficoltà finanziaria, cosicchè la fattispecie non è applicabile ai casi in cui il credito venga concesso in una situazione fisiologica dell’impresa.

E’ pertanto necessario che il requisito dello squilibrio finanziario, previsto dal comma 2, sia valutato con riguardo al momento della concessione del prestito.

24 Novembre 2020

Fusione per incorporazione: validità delle obbligazioni perpetue a favore di terzo assunte dall’incorporante e possibilità di recesso unilaterale

L’obbligazione perpetua assunta dall’incorporante/promittente in occasione di un’operazione di fusione per incorporazione, consistente nel pagamento in favore del terzo di una somma fissa annuale predeterminata, senza termine di durata, è inquadrabile nello schema giuridico-negoziale proprio del contratto a favore di terzo a norma dell’art. 1411 c.c. ed è valida ed efficace ove confacente e satisfattiva rispetto agli interessi tanto della stipulante quanto della promittente. Tale obbligazione non è definibile come atto di liberalità e individua la propria causa nelle ragioni e valutazioni, economico-finanziarie, sottese alla fusione per incorporazione, nonché in quelle di sostegno mutualistico ancora presenti nella stipulante e che, ab origine, ne avevano verosimilmente giustificato e reso legittima la perpetua imposizione ed assunzione, assicurando, in tal modo, validità a detto impegno perpetuo anche ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 1866 e 1869 c.c. in tema, rispettivamente, di rendita perpetua “tipica” e di rendita perpetua “atipica”; ne consegue che, trattandosi di impegno nascente da contratto, l’obbligata non potrà liberarsi dal relativo vincolo attraverso una unilaterale manifestazione di volontà (recesso ex uno latere), trattandosi di facoltà non prevista, per quei casi, né dal legislatore, né dagli stessi contraenti, bensì solamente ai sensi dell’art. 1372 c.c. in virtù di mutuo consenso o per le ulteriori cause ammesse dalla legge.

23 Novembre 2020

La prevalenza del foro del domicilio eletto dal convenuto nelle azioni in materia di proprietà industriale

In base al tenore letterale del comma 3 dell’art. 120 CPI, l’indicazione di domicilio compiuta in occasione della presentazione della domanda di registrazione o di brevettazione radica in via esclusiva la competenza e la giurisdizione nelle azioni in materia di proprietà industriale, prevalendo sugli altri fori di cui al comma 2 dell’art. 120 CPI. Tale regola è applicabile, in combinato disposto con il comma 6bis del medesimo articolo, a tutte le azioni in cui il convenuto è titolare di un brevetto o di una registrazione, comprese quindi le azioni di accertamento negativo della contraffazione.