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Tribunale di Catania


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19 Dicembre 2020

Responsabilità dell’amministratore verso la società e riparto dell’onere probatorio

In tema di responsabilità (contrattuale) dell’amministratore verso la società, spetta all’amministratore fornire la prova che gli inadempimenti specificamente allegati dalla società non sono a lui imputabili per andare esente da responsabilità, essendo a tal fine insufficienti allegazioni prive di ogni elemento di riscontro.

19 Dicembre 2020

Invalidità dell’atto di fusione e inesistenza della delibera assembleare

La determinazione del giudice competente dev’essere compiuta con riferimento al petitum e alla causa petendi dedotti dall’attore, mentre le controdeduzioni del convenuto rilevano soltanto quando rendono evidente che la prospettazione dell’attore costituisce mero artificio verbale, tendente a portare la causa davanti a un giudice diverso da quello naturale. Spetta poi al giudice del merito, una volta radicata la causa, pronunziarsi sul fondamento delle domande ed eccezioni, senza essere vincolato dalle qualificazioni giuridiche sostenute dalle parti. Non vi è dubbio che le impugnazioni delle delibere assembleari rientrino nella competenza del Tribunale delle Imprese, così come non v’è dubbio che l’impugnazione della parte straordinaria relativa alla fusione e il conseguente accertamento del credito vadano trattate innanzi al medesimo Tribunale adito, sussistendo ragioni di connessione oggettiva con l’originaria impugnazione.

Nell’ambito di un’azione di impugnazione della delibera straordinaria di approvazione del progetto di fusione, ove nelle more tra la notifica dell’atto di citazione e la prima udienza di comparizione delle parti intervenga l’iscrizione presso il registro delle imprese della delibera di fusione, viene meno l’interesse ad agire di parte attrice in relazione all’impugnazione della delibera medesima in ragione del disposto dell’art. 2504 quater, che prevede l’impossibilità di dichiarare l’invalidità o l’inefficacia della fusione, e degli atti presupposti, ove l’atto di fusione sia stato rogato e iscritto.

La modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali.

L’inesistenza della delibera assembleare di società di capitali ricorre quando manca alcuno dei requisiti procedimentali indispensabili per la formazione di una delibera imputabile alla società, determinandosi così una fattispecie apparente, non sussumibile nella categoria giuridica delle deliberazioni assembleari. Dopo la riforma del 2003 sono, infatti, state ampliate le ipotesi di nullità e di annullabilità delle delibere proprio al fine di oscurare il dilagante fenomeno della categoria, di derivazione dottrinale e giurisprudenziale, delle delibere inesistenti e ciò anche in ragione del principio di tassatività delle cause di invalidità.

16 Dicembre 2020

Rilevanza probatoria nell’azione di responsabilità del patteggiamento dell’amministratore

Benché la sentenza di patteggiamento non abbia efficacia di giudicato nel giudizio civile inerente la responsabilità gestoria e risarcitoria degli amministratori, essa assume tuttavia in sede civile (in ordine agli specifici ed identici fatti contestati) natura e valenza di prova critica e, quindi, una valenza probatoria importante. Questo significa che il Giudice civile può utilizzarla come elemento di prova sufficiente a ritenere fondata la responsabilità gestoria in merito agli stessi fatti dedotti; al contrario, qualora voglia discostarsene dovrà motivare specificatamente le ragioni del non utilizzo: in tal caso, il Giudice ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’amministratore imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione (la richiesta di patteggiamento, dell’imputato implica pur sempre il riconoscimento del fatto-reato, quindi, una ammissione di colpevolezza che esonera la controparte dall’onere della prova).

Per lo stesso fatto soltanto alla stregua di valide giustificazioni, debitamente argomentate, possono ammettersi differenti e contrastanti decisioni giudiziali, pur nell’autonomia dei relativi giudizi assicurata e disciplinata da norme di rango costituzionale e di natura processuale.

16 Dicembre 2020

La pattuizione di un prezzo simbolico ed apparente rende nullo il contratto di compravendita

L’indicazione di un prezzo assolutamente privo di valore, meramente apparente e simbolico, può determinare la nullità del contratto di compravendita per difetto di causa.

16 Dicembre 2020

Azione di responsabilità ex art. 146 l. fall. In caso di omesso adempimento degli oneri fiscali da parte dell’amministratore

L’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l. fall. cumula i presupposti e gli scopi dell’azione sociale di responsabilità ex artt. 2392-2393 c.c. e dell’azione spettante ai creditori sociali ex art. 2934 c.c.

È onere probatorio incombente sulla curatela (attrice ex art. 146 l. fall) quello di dimostrare: (i) il mancato o negligente adempimento agli obblighi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo a tutela della compagine sociale e dei creditori sociali; (ii) l’esistenza di un danno causalmente imputabile al comportamento negligente dell’organo gestorio. La contumacia dell’amministratore convenuto è qualificabile come rinuncia alla prova della sussistenza di fatti impeditivi ed ostativi all’assolvimento del proprio onere probatorio.

Ai fini dell’imputabilità all’amministratore dei danni patiti dalla fallita, tra gli obblighi di diligente gestione e di conservazione del patrimonio sociale è compreso quello di gestire le risorse finanziarie in modo da provvedere agli obblighi fiscali, evitando così l’aggravio delle relative sanzioni e interessi di mora. Nel caso di omesso pagamento di oneri fiscali e contributivi da parte dell’amministratore della fallita, il danno è pari all’aggravamento del passivo provocato – da detta omissione – a causa dei maturati oneri per interessi e sanzioni, giacché non è sulla debenza o meno dell’imposta che incide il comportamento dell’amministratore stesso.

26 Novembre 2020

Cancellazione d’ufficio della società ed effetti successori. Azioni del creditore sociale

L’estinzione della società configura un fenomeno di tipo successorio in ordine ai rapporti facenti capo alla stessa, tale per cui i debiti sociali, non liquidati in tale sede o sopravvenuti, non si estinguono (in quanto ne deriverebbe un ingiustificato sacrificio del diritto del creditore sociale) ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione se, pendente societate, erano limitatamente responsabili o illimitatamente, nel caso contrario; si trasferiscono altresì ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore il cui mancato esperimento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato (Cass. civ., Sez. unite, n. 6071 del 2013).

Il fenomeno successorio si realizza anche in caso di cancellazione d’ufficio dal registro delle imprese ex art. 2490 c.c., co. VI, disposizione che rinvia espressamente agli effetti sanciti dalla norma generale sulla cancellazione della società di capitali di cui al 2495 c.c.

Quanto all’azione esercitata dal creditore nei confronti della società – e, di riflesso, sul socio beneficiario di una illecita distribuzione degli utili –, incombe sul creditore che agisce in giudizio l’onere di provare l’effettiva distribuzione dell’attivo e la riscossione di una quota di esso da parte del socio, trattandosi di elementi della fattispecie costitutiva del diritto azionato.

In relazione all’azione del creditore nei confronti del liquidatore, quest’ultimo, secondo l’orientamento maggioritario, risponde in via aquiliana (lesione del diritto di credito del terzo); talché, l’onere probatorio relativo alla sussistenza di tali elementi grava sul creditore. Peraltro, il liquidatore di una società estinta può essere chiamato a rispondere nei confronti del creditore insoddisfatto solo a condizione che si dimostri l’esistenza, nel bilancio finale di liquidazione, di una massa attiva che sarebbe stata sufficiente a soddisfare il suo credito e che è stata, invece, distribuita ai soci, oppure di una condotta colposa o dolosa del liquidatore stesso cui sia imputabile la mancanza di tale massa attiva.

26 Novembre 2020

Presunzione e retrodatazione della decorrenza del termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità verso amministratori e sindaci.

In tema di decorrenza del termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità verso amministratori e sindaci ai sensi dell’art. 2394 c.c., l’azione di responsabilità relativa può essere proposta dai creditori sociali (e per essi dal curatore del fallimento) dal momento in cui l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto, anche senza verifica diretta della contabilità della società, non richiedendosi a tal fine che essa risulti da un bilancio approvato dall’assemblea dei soci. Se la citata insufficienza patrimoniale può anche essere anteriore alla data di apertura della procedura concorsuale, l’onere di provare che essa si è manifestata ed è divenuta conoscibile prima della dichiarazione di fallimento grava sull’amministratore o sul sindaco che eccepisca la prescrizione. In difetto di prova per retrodatare la decorrenza del termine di prescrizione, questa deve considerarsi coincidente con la pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento.

24 Novembre 2020

Opponibilità ai terzi della cessazione dalla carica di amministratore e sindacato sull’operato dell’organo amministrativo

Considerato che ai sensi dell’art. 2385, ult. co., c.c. la cessazione degli amministratori dall’ufficio per qualsiasi causa deve essere iscritta entro trenta giorni nel registro delle imprese e considerato, inoltre, che l’art. 2193 c.c. dispone che i fatti di cui la legge prevede l’iscrizione, se non sono stati iscritti, non possono essere opposti ai terzi da chi è obbligato a richiederne l’iscrizione a meno che questi provi che i terzi ne abbiano avuto conoscenza, l’eventuale cessazione dalla carica di amministratore per essere opponibile ai terzi creditori sociali deve necessariamente essere iscritta nel registro delle imprese

Se è vero che le determinazioni dell’imprenditore – ovvero del suo organo amministrativo – sono tradizionalmente considerate esenti da sindacato in sede giurisdizionale, ciò non significa che l’amministratore della società sia libero di adottare qualsivoglia decisione, essendo questi comunque tenuto ad espletare il proprio incarico con la diligenza professionale prescritta ex lege, la quale si estrinseca nella fase preliminare all’adozione della decisione e si fonda sull’acquisizione delle conoscenze tecniche e fattuali necessarie in relazione al caso di specie. Ne consegue, dunque, che il giudizio de quo possa investire unicamente l’eventuale omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostante e con quelle modalità.

 

23 Novembre 2020

Azione di responsabilità degli amministratori e danno rappresentato da debiti tributari

In tema di danno risarcibile dagli amministratori nell’ipotesi di azione di responsabilità esercitata nei loro confronti dal curatore fallimentare ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 146 l.fall., qualora il danno sia rappresentato da debiti tributari, il danno sussiste per tutte quelle componenti accessorie del debito che si sarebbero potute evitare con una gestione diligente.

Quindi, rileva non il mancato pagamento dell’imposta, che rimane un inadempimento che genera un debito al pari degli altri debiti concorsuali (al netto di un eventuale pagamento preferenziale) ma, invero, la mala gestio degli amministratori, che consiste nell’aggravarsi di tale debito, causalmente connesso ad una condotta negligente ed imprudente della gestione, vuoi per non avere pagato l’imposta quando ve ne era la possibilità, vuoi per avere fatto maturare ulteriori accessori tributari, non chiedendo il proprio fallimento pur avendone un obbligo penalmente sanzionato.

23 Novembre 2020

La responsabilità solidale del socio di s.r.l. ex art. 2476 co. 8 c.c.: ambito applicativo e limiti

La responsabilità solidale del socio prevista dall’art. 2476 comma 8 c.c., richiede – per la sua operatività – che i soci abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato atti dannosi per la società, per i soci o per i terzi. Le espressioni “decidere” e “autorizzare” assumono valore in considerazione della specifica disciplina normativa riferita dal codice civile alle s.r.l.: la circostanza che in materia di s.p.a. non è prevista una responsabilità dei soci è diretta conseguenza della mancanza di una norma simile a quella dell’art. 2479 c.c., che prevede la possibilità che gli statuti delle s.r.l. riservino poteri gestionali ai soci. Tale responsabilità sussiste anche nell’ipotesi in cui, in assenza di un conferimento formale al socio di potere gestorio, questi abbia di fatto “concorso” nell’operazione intrapresa dall’amministratore ovvero il socio abbia espresso la propria approvazione in termini autorizzativi, quindi ex ante.

Per quanto riguada l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2476 co.8 c.c. e formalizzato dall’uso del termine “intenzionalmente”, esso introduce, in sostanza, un limite alla responsabilità dei soci: occorre infatti che si provi il dolo degli stessi, i quali dovrebbero aver previsto e voluto l’atto (deciso o autorizzato) dannoso per la società. Ai fini della configurabilità della responsabilità solidale del socio è richiesta una specifica connotazione soggettiva dell’agire del socio stesso, il quale potrà essere coinvolto nella responsabilità degli amministratori solo con riferimento ad atti gestori dannosi decisi o autorizzati nella piena consapevolezza delle caratteristiche dell’atto e delle possibili conseguenze, non essendo invece sufficiente la mera volontà di intervenire nella gestione della società.

L’esercizio del diritto di voto del socio in assemblea – ivi compresa quella di approvazione del bilancio – costituisce prerogativa della qualità del socio che non appare censurabile di per sé ai fini della responsabilità solidale del socio ex art. 2476 co. 8 c.c., in assenza di ulteriori elementi di allegazione o prova in ordine all’ingerenza nell’attività gestoria.