Tribunale di Roma
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Il format di un programma radiofonico o televisivo e la protezione del diritto d’autore
Il format di un programma televisivo è tutelabile quale opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore quando presenti uno schema di programma, un canovaccio delineato nei suoi tratti essenziali, generalmente destinato ad una produzione televisiva seriale, come risultante da una sintetica descrizione. Al contrario, non è tutelabile come opera dell’ingegno una descrizione assolutamente generica e sommaria dei contenuti del programma, senza previsione concreta dello svolgimento dello stesso [Nel caso di specie, veniva richiesta tutela per un programma radiofonico rispetto al quale l’attore invocava la tutela autorale. Il Tribunale ha ritenuto che tale programma sia privo di tutti i requisiti necessari perché possa valere quale opera dell’ingegno, non atteggiandosi ad opera strutturata ed in quanto tale valida come format, trattandosi, al contrario, di trasmissione radiofonica di segmenti di film, compresi la musica e il rumore di sottofondo, peraltro non commentati dal conduttore, il cui parlato non rappresentava una critica o un commento del film tramesso in parte, ma riguardava temi sviluppati dall’attore soggettivamente ed a prescindere con la stretta attinenza alla trama del prodotto cinematografico, senza alcuna indicazione di una scaletta di programma tale da poter essere riprodotto in modo tale da mantenerne gli elementi caratteristici e distintivi.]
Abuso di posizione dominante e di dipendenza economica nella distribuzione di energia elettrica
La posizione dominante corrisponde alla potenza economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la presenza di una concorrenza effettiva sul mercato in questione e alla possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti, dei suoi clienti e dei consumatori.
L’articolo 3 della L. n. 287/1990, nel vietare l’abuso “da parte di una o più imprese in posizione dominante all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante”, non mira a impedire la conquista di una posizione dominante (ovvero di monopolio), bensì a impedire che tali posizioni, una volta raggiunte, tolgano competitività al mercato, ledendo la sua essenziale struttura concorrenziale e, quindi, il diritto degli altri imprenditori a competere con il dominante. Il Giudice, nell’accertamento della posizione dominante, deve andare alla ricerca della concorrenza “virtuale” (ossia di quella che sarebbe rimasta se la posizione dominante non fosse stata esercitata nel modo che si pretende abusivo), definendo il mercato di riferimento, la sua estensione geografica, l’area di sostituibilità dei prodotti e dei servizi in questione, sicché su tale sostituibilità da parte del mercato il comportamento del dominante possa essere valutato nei suoi effetti.
Va ravvisato abuso di dipendenza economica (art. 9 L. n. 192/1998) allorché una parte sia in grado di determinare nei confronti dell’altra un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi, tramite l’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o tramite l’interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto, anche in considerazione della difficoltà, per la vittima dell’abuso, di reperire sul mercato alternative soddisfacenti.
La potenziale concorrenzialità tra imprenditori operanti nel settore automobilistico è idonea ad integrare l’illecito della concorrenza sleale
In tema di concorrenza sleale, presupposto indefettibile dell’illecito è la sussistenza di una situazione di concorrenzialità tra due o più imprenditori, derivante dal contemporaneo esercizio di una medesima attività industriale o commerciale in un ambito territoriale anche solo potenzialmente comune, e quindi la comunanza di clientela, la quale non è data dalla identità soggettiva degli acquirenti dei prodotti, bensì dall’insieme dei consumatori che sentono il medesimo bisogno di mercato e, pertanto, si rivolgono a tutti i prodotti che sono in grado di soddisfare quel bisogno. La sussistenza di tale requisito va verificata anche in una prospettiva potenziale, dovendosi esaminare se l’attività di cui si tratta, considerata nella sua naturale dinamicità, consenta di configurare, quale esito di mercato fisiologico e prevedibile, sul piano temporale e geografico, e quindi su quello merceologico, l’offerta dei medesimi prodotti, ovvero di prodotti affini e succedanei rispetto a quelli offerti dal soggetto che lamenta la concorrenza sleale.
Strutture turistiche: rischio di confusione e/o di associazione tra marchi figurativi
Le norme di cui all’art. 20 c.p.i. richiedono, ai fini del giudizio di confondibilità, una doppia verifica: quella sull’identità o affinità tra i prodotti o servizi e quella sull’identità o somiglianza tra i segni a confronto. Infatti, la sussistenza di un rischio di confusione va apprezzata attraverso una valutazione globale, tenendo conto dell’impressione d’insieme che suscita il raffronto tra i due segni mediante un esame unitario e sintetico che tenga in considerazione i diversi fattori pertinenti del caso di specie tra di loro interdipendenti, quali la identità/somiglianza dei segni, la identità/somiglianza dei prodotti e servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni concorrenti, in relazione al normale grado di percezione dei potenziali acquirenti del prodotto del presunto contraffattore. La confondibilità dei marchi a confronto non deve essere accertata esclusivamente in via analitica, effettuando un esame particolareggiato e una valutazione separata di ogni singolo elemento di dettaglio, neppure può essere valutata avendo riguardo non tanto delle differenze, quanto delle concordanze tra i segni messi a confronto. La dialettica tra esame analitico ed esame sintetico non va risolta in termini di alternatività, quanto piuttosto in termini di complementarità, trattandosi dei due momenti necessari del giudizio di confondibilità. Nel senso che, qualora siano implicati molteplici elementi formali, ad una prima fase di comparazione delle singole caratteristiche essenziali, deve seguire una fase di sintesi dei risultati acquisiti, al fine di relativizzare il risultato dei vari dati formali in quello che è l’aspetto globale del segno. In tal modo, l’esame sintetico assume il ruolo di elemento di chiusura della ricognizione concreta, condotta caso per caso, degli elementi costitutivi dei segni a confronto.
Competenza per territorio nel giudizio di contraffazione di brevetto avente ad oggetto un metodo per la realizzazione di bobine
L’eccezione di incompetenza per territorio del giudice dinanzi a cui pende il giudizio a cognizione piena, fondata sul carattere anticipatorio della pronuncia cautelare che determinerebbe irrevocabilmente il foro della controversia, è infondata dovendosi ritenere, in difetto di una diversa disposizione normativa, che il giudizio di merito, conclusa la fase cautelare ante causam, possa essere validamente instaurato davanti al giudice competente ai sensi dell’art. 4 comma 1 bis, DLgs 27 giugno 2003, n. 168, ancorché diverso da quello della cautela.
Plagio di un’opera letteraria e danno non patrimoniale
Un’opera dell’ingegno riceve protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore, con la conseguenza che la creatività non può essere esclusa soltanto perché l’opera consiste in idee e nozioni semplici, ricomprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia; inoltre, la creatività non è costituita dall’idea in sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di diverse opere che sono o possono essere diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende e che, in quanto tale, rileva ai fini della protezione.
La fattispecie di plagio di un’opera altrui non è data soltanto dal “plagio semplice o mero plagio” o dalla “contraffazione” dell’opera tutelata, ma anche dal cosiddetto “plagio evolutivo”, il quale costituisce un’ipotesi più complessa di tale fenomeno, in quanto integra una distinzione solo formale delle opere comparate, sicché la nuova, per quanto non sia pedissequamente imitativa o riproduttiva dell’originaria, in conseguenza del tratto sostanzialmente rielaborativo dell’intervento su di essa eseguito, si traduce non già in un’opera originale ed individuale, per quanto ispirata da quella preesistente, ma nell’abusiva, e non autorizzata, rielaborazione di quest’ultima, compiuta in violazione degli artt. 4 e 18 l.d.a..
In caso di plagio di un’opera letteraria avvenuto mediante la pubblicazione cartacea e online del testo plagiario per lunga durata, con rilevante potenzialità di diffusione del plagio (circostanze utilmente valutabili ai fini della configurabilità della sofferenza subita dall’autore dell’opera a causa della condotta illecita altrui), deve ritenersi fondata la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla lesione del diritto morale d’autore ovvero del diritto dell’autore, tutelato ex artt. 2 e 41 Cost., di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, e a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione.
Registrazione in malafede e tutela del marchio di fatto utilizzato nel settore alberghiero
I segni distintivi di fatto possono articolarsi in maniera separata, sicché è astrattamente possibile che un imprenditore abbia preusato il segno per la ditta-denominazione sociale, senza aver fatto uso dello stesso come marchio, per contraddistinguere merci prodotte o servizi forniti, onde la necessità, in caso di affermazione del possesso di un marchio di fatto, che colui il quale chieda di affermare il conseguimento di un proprio diritto fornisca, al riguardo, una prova completa sia della ditta-denominazione sociale sia di quello del segno in funzione di marchio (e della conseguente notorietà di esso), atteso che l’uso di fatto di un segno in funzione di ditta/denominazione sociale non ne comporta l’automatica e meccanica estensione in funzione di marchio e viceversa. Il preuso di un marchio di fatto, comporta che il preutente abbia il diritto all’uso esclusivo del segno, ossia abbia il potere di avvalersene che è distinto da ogni successiva registrazione corrispondente alla denominazione da lui usata, la quale si pone su un piano diverso rispetto al diritto di preuso, sicché ben può una tale registrazione essere dichiarata nulla, anche per decettività, in rapporto ai segni confliggenti. Ne consegue che, ove la registrazione decettiva sia dichiarata nulla, non per questo il preutente che aveva provveduto a formalizzarla perde il diritto di continuare a far uso del segno, specie laddove, per la cessata interferenza con i diritti registrati da altro titolare di uno o più marchi, sia venuto meno anche il conflitto.
Progetti didattici a carattere scientifico: onere della prova della paternità esclusiva di un’opera
Qualora venga contestata la esclusività del contributo creativo con esplicita ammissione del fatto che un progetto sia stato realizzato con il contributo di più persone, incombe sul soggetto che rivendichi la paternità esclusiva l’onere di provare l’assenza di qualunque apporto collaborativo da parte di altri soggetti alla creazione dell’opera medesima. In materia, la legge nazionale sul diritto d’autore prevede alcune presunzioni relative circa la paternità esclusiva dell’opera che mirano ad agevolare, sul piano processuale, la posizione probatoria di chi si dichiara autore e ha l’onere di provare la propria legittimazione attiva. In difetto di tali presunzioni legali, incombe su colui che rivendichi la paternità esclusiva e che contesti l’apporto collaborativo di terzi eccepito dalla controparte, l’onere di fornire con ogni mezzo, anche mediante presunzioni semplici o prove atipiche, la prova che l’opera è stata da lui creata senza il contributo indistinguibile ed inscindibile di più persone.
Legittimazione ed interesse ad agire nell’azione di nullità ovvero di decadenza di un titolo di proprietà industriale
In linea generale l’azione diretta alla dichiarazione di nullità o di decadenza di un titolo di proprietà industriale può essere esercitata da chiunque vi abbia interesse e quindi da qualunque soggetto concorrente, anche potenziale o futuro, che affermi di ritenerlo un ostacolo all’esercizio della propria attività, non richiedendosi che si tratti di prodotti o servizi con esso interferenti. [Nel caso di specie, l’interesse ad agire è determinato dalla obiettiva situazione di incertezza causata dall’esistenza della registrazione della convenuta, mentre la legittimazione ad agire è determinata dal potenziale conflitto fra tale registrazione ed i marchi nella titolarità dell’attrice].
Diritto al legittimo utilizzo del patronimico all’interno dei segni distintivi, contraffazione del marchio e concorrenza sleale
L’art. 2564 c.c. nel disciplinare il concorso tra ditte uguali o simili che possano creare confusione per l’oggetto dell’impresa e per il luogo in cui questa è esercitata, impone di integrare o modificare la propria ditta a quello tra i due imprenditori commerciali che l’abbia iscritta nel registro delle imprese in epoca posteriore. Difatti, l’uso precedente del segno –quale marchio di fatto –da parte del richiedente o del suo dante causa non è di ostacolo alla successiva registrazione del marchio (art. 12 C.P.I.), non costituendo anteriorità distruttiva. [Nel caso di specie, al fine di poter validamente rivendicare il diritto di preuso del patronimico, non è sufficiente dimostrare di essere discendenti di imprenditori che esercitavano la stessa attività, ma occorre dimostrare la continuità di impresa.]